L’s story. Capitolo 2. Al centro commerciale
di
Laras
genere
dominazione
Adelmo si dimostrò soddisfatto di me e lo disse a Luigi: venivo accettata per essere “educata” nel modo più delicato possibile.
Luigi ne fu soddisfatto e mi chiese i particolari ma, per pudore e timore di perderlo, glieli dissi per sommi capi, pregandolo di farseli raccontare da Adelmo.
Tornai puntualissima, il sabato successivo. E perfettamente vestita come mi era stato chiesto.
A. “Ok, usciamo subito, oggi dovrai mostrare a qualcuno che bel corpicino hai. Ora però leva la gonna”.
Impallidisco ma eseguo rassegnata: in breve sono in piedi in mezzo alla stanza con la maglietta, le calze autoreggenti e le decolleté… ma non potendo mettere intimo, la mia patatina depilata fa bella mostra di sé.
“Andiamo pure” dice, prendendomi il cappottino, che mi copriva in maniera molto sexy.
Mi apre la porta dell’ascensore e ci troviamo la signora Rossi, l’anziana inquilina del piano di sopra.
A. “Buongiorno signora Rossi” saluta.
“Buongiorno Adelmo, dove se ne va di bello? E questa bella ragazza chi è?”
A. “Andiamo al centro commerciale e lei è la mia amica L.”
“Buongiorno Elle…. ma non è un po’ corta quella gonna? Non la si vede nemmeno dal disotto del cappottino”
A. “E cosa vuole signora Rossi, siamo giovani no? Non c’è niente di male”, dice lui.
Lo guardo e arrossisco, cosa che la signora Rossi prende giustamente per pudore… Adelmo ride dentro di sé, perché la gonna è in effetti troppo corta, visto che…. non c’è! così come le mutandine.
Arriviamo al piano terra e ci dirigiamo verso i garage, seguiti dai commenti della signora Rossi sulla sfrontatezza delle ragazze di oggi.
Giungiamo al suo posto macchina.
A. “Bene: ora togliti il cappotto e rimettiti la gonna, se sei abbastanza veloce nessuno ti vedrà”
Resto di sasso. Titubante, indecisa, mi vergogno… ma so che lui punirà le mie esitazioni; inoltre devo approfittare del fatto che nei box non c’è nessuno.
Tolgo velocemente il cappotto e glielo passo… poi lotto per infilarmi la minigonna con le decolleté, l’operazione non è facile e devo sorreggermi… alla fine ci riesco.
Proprio in quel momento veniamo investiti dai fari di un’auto che sta entrando… spero non abbia visto qualcosa!
A. “Bene, ora apri la portiera e siediti, ci esercitiamo un po’ a scendere.
Vedi, d’ora in poi, ogni volta che scenderai dalla macchina, dovrai regalare un bello spettacolo a chi ti sta di fronte; ti dirò io quanto spingerti avanti.
Ora proviamo il livello massimo: lascia una gamba dentro e metti fuori l’altra, nel farlo alzati un poco in modo da facilitare la risalita della gonna”
Lui si è proprio davanti alla portiera, un po’ distante, forse per vedere l’effetto su di un eventuale avventore del parcheggio.
La cosa difficile, rispetto a un normale uscire dall’auto, è quella di sollevarsi un poco sulle braccia: devo perciò provare diverse volte, ma alla fine ottengo l’effetto voluto da Adelmo: la gonna risale fino a scoprirmi tutta, mostrando completamente il davanti e il didietro. Sono in confusione, imbarazzata, ma ubbidisco.
A. “Bene, ora prova a scendere così; appena scesa attendi un attimo, poi fai finta di accorgerti di avere la figa al vento e abbassati la gonna facendo una risatina”.
Anche qui è dura ottenere un risultato accettabile: da una parte sono tesa per il gesto che devo eseguire e dall’altra non mi viene naturale recitare la parte della troietta: a volte mi abbasso subito la gonna, altre eseguo il tutto con gesti affrettati e meccanici. Guardo nervosamente in giro per paura che qualcuno veda. Ho il sospetto che il tizio dell’auto di poco prima sia appostato dentro la sua macchina per spiarci, in quanto ha parcheggiato da tempo e ancora non era uscito.
Alla fine, Adelmo si spazientisce.
A. “Maledizione, perché non ti impegni? Qual è il problema?”
L. “Mi vergogno, padrone, non ho mai fatto queste cose”
A. “Ti vergogni di mostrarti un po’ scosciata? E se ti chiedessi di fare il giro nuda del garage? O di masturbarti sul cofano?”
Al che mi prende, mi gira e, alzata la gonna mi fa stare con la pancina sul cofano: tolta la cintura dei pantaloni, mi affibbia quattro forti colpi sulle terga che risuonano in tutto il garage.
Strillo, resto immobile, umiliata, i nervi mi cedeno e la mia prima punizione mi causa un’esplosione di lacrime.
A. “Avanti, vieni.”, dice facendomi entrare mentre si accomoda dall’altra parte.
A. “Qual è il problema? Perché non riesci a farlo?” dice, mentre mi accarezza e mi stringe, in lacrime, al suo forte torace.
L. “Signore io voglio molto bene al mio ragazzo… anche lei mi piace…voglio farvi contenti entrambi, ma ancora non ci riesco, mi sembra un comportamento da ragazza poco seria.”
A. “Lo so, forse sto correndo un po’ troppo ma i tempi sono stretti e io ho promesso a Luigi di farti diventare una vera serva prima delle vostre nozze; non ti piacerebbe fargli vedere qualcosa già dal prossimo weekend? Vedi c’è un segreto: come abbiamo capito sabato scorso hai una natura inferiore, ma questo non ti basterà per diventare brava… devi invece sentirti schiava anche dentro, devi sentirti come un’oggetto ed essere contenta di esserlo. Non pensare a nulla, non pensare alle persone che ti vedono, alle loro reazioni, cerca di perdere la tua volontà, ripetiti nella testa solo i miei ordini e pensa soltanto alla soddisfazione di chi ti guarda”.
Mentre parla smette di accarezzarmi la testa e passa la mano sulla coscia, poi tra le gambe… che istintivamente cerco di richiudere, subito bloccata da lui. Me le apre lentamente, mettendomi tutta a disposizione di un invisibile pubblico… piano piano divento rassegnata, mi lascio esibire, sento come se presto sarò domata.
Dopo poco lui sente che sta ottenendo l’effetto sperato: i singhiozzi si trasformano in ansimi di piacere… mi chiude mi chiuse la bocca con un bacio: ho quasi un orgasmo per il solo bacio, come la peggiore delle donnacce.
A. “Allora, ci riproviamo?” chiede quando mi sono calmata.
Questa volta mi impegno di più, i suoi consigli han fatto effetto.
Finalmente ottiene i risultati attesi su questa posizione e me ne fa provare anche altre due: uscire con tutte e due le gambe insieme tenute abbastanza larghe; poi, con prima una gamba poi l’altra, ma non al punto di alzare completamente la gonna.
A. “Brava! … ma il tuo premio te l’ho già dato, sapevo che non mi avresti deluso. Ora sali, da brava. Alzati leggermente la gonna e apri un po’ le gambe, ecco ancora un po'”, dice, mentre orienta lo specchietto in modo da controllare che io abbia la patatina sempre in mostra per tutti.
A. “Ricordati di stare in questa posizione mentre viaggiamo: devi sembrare quasi normale dall’esterno ma è tuo dovere dare un bello spettacolo”.
Partiamo, dirigendoci verso il centro commerciale.
In tangenziale si accinge a superare un camion: vengo sorpresa dal sentire il suo clacson; mi giro e vedo il camionista che mi sorride alzando il pollice; chiaro che dall’alto si sta godendo un bello spettacolo. Ma io vorrei sprofondare!
A. “Salutalo dai”, ordina.
Paralizzata e con le intimità in mostra, rossa come un peperone, non riesco a muovermi.
Comprensivo, è lui che mi slaccia e toglie completamente la gonna, allargandomi le cosce in modo assurdo, ottenendo dal camionista un sorriso a 32 denti.
Resto paralizzata, ma non ho il carattere necessario a ribellarmi.
Completato il sorpasso, appena si affianca a un altro camion sento di nuovo il clacson: evidentemente il primo camionista ha avvisato i suoi colleghi via radio che sulla macchina tale c’è una che la faceva vedere a tutti, così si portano tutti a 60 all’ora, nella speranza di farsi superare.
Adelmo cerca di accontentare un po’ tutti: io mi sento un oggetto di loro proprietà: ricordo le parole di Adelmo e prendo a ripetermi mentalmente che è giusto così per me, che tutti han diritto di valutarmi e usarmi. Ma niente, sono in panico, bloccata.
Ben presto giunge la nostra uscita e lasciamo la tangenziale, salutati dai clacson bitonali e dagli abbaglianti di tutti.
A. “Bello eh? Ti sei divertita?”
L. “No padrone, per niente”
A. “Però vedo che ti si è inumidita di nuovo la micina, come lo spieghi?”
L. “Non lo so, padrone”
A. “Te lo spiego io perché: anche se mentalmente lo rifiuti, sei nata per essere esposta e usata dagli uomini. Ecco perché il tuo corpo reagisce così”
Resto zitta e abbasso la testa: mi sento sporca, ma forse il padrone ha ragione.
A. “Sai che sei più bella quando ti vergogni?”
L. “Padrone, torniamo a casa, per piacere… farò tutto, ma così, in pubblico, mi sento morire”
A. “No ragazzina, e ricorda: non importa cosa senti, importa che tu accetti te stessa come un essere inferiore. Ripetimelo, adesso”
Gli occhi tornano a inumidirsi, ma ubbidisco.
L. “Sono una persona inferiore, padrone”
A. “Stiamo arrivando. Adesso toccati, presto, e se sei bagnata ripetimi il perché con parole tue”.
Mi accarezzo dolcemente… poi, quasi un sussurro:
L. “Sono bagnata perché il mio corpo desidera cose che non riesco ancora ad accettare mentalmente”.
A. “Bravissima. Continua a ripetere a te stessa questi concetti nella mente, non pensare a nient’altro”.
Arriviamo e parcheggia.
A. “Ora vado a prendere il carrello, tu fammi una bella uscita ma senza esagerare, o ci mettono dentro.”
Ferma un ragazzo che sopraggiunge, gli chiese il carrello e naturalmente si mette in modo che lui abbia una bella visuale dell’auto. Io, in panico ho gli occhi fissi in quelli del ragazzo… inizio a uscire.
Lo vedo spalancare occhi e bocca mentre faccio una bella spaccata; mi ha sicuramente visto tutta la fessurina e credo che anche il mio rossore sia stato apprezzato.
Ragazzo: “Ma… ma…è una figa da urlo!”
Voglio scomparire: trotterello svelta fino alle braccia di Adelmo, come cercando rifugio.
“Brava” si complimenta “mi hai anche fatto guadagnare 2 euro, il tipo non ha più capito niente e alla fine non li ha voluti… ah ah ah!”
Mi calmo, cerco di respirare profondamente … e devo ammettere che son contenta di me stessa… e chiaramente sollevata per i risultati ottenuti: mi stringo al suo braccio: provo la strana sensazione di essere utile.
Continua
Luigi ne fu soddisfatto e mi chiese i particolari ma, per pudore e timore di perderlo, glieli dissi per sommi capi, pregandolo di farseli raccontare da Adelmo.
Tornai puntualissima, il sabato successivo. E perfettamente vestita come mi era stato chiesto.
A. “Ok, usciamo subito, oggi dovrai mostrare a qualcuno che bel corpicino hai. Ora però leva la gonna”.
Impallidisco ma eseguo rassegnata: in breve sono in piedi in mezzo alla stanza con la maglietta, le calze autoreggenti e le decolleté… ma non potendo mettere intimo, la mia patatina depilata fa bella mostra di sé.
“Andiamo pure” dice, prendendomi il cappottino, che mi copriva in maniera molto sexy.
Mi apre la porta dell’ascensore e ci troviamo la signora Rossi, l’anziana inquilina del piano di sopra.
A. “Buongiorno signora Rossi” saluta.
“Buongiorno Adelmo, dove se ne va di bello? E questa bella ragazza chi è?”
A. “Andiamo al centro commerciale e lei è la mia amica L.”
“Buongiorno Elle…. ma non è un po’ corta quella gonna? Non la si vede nemmeno dal disotto del cappottino”
A. “E cosa vuole signora Rossi, siamo giovani no? Non c’è niente di male”, dice lui.
Lo guardo e arrossisco, cosa che la signora Rossi prende giustamente per pudore… Adelmo ride dentro di sé, perché la gonna è in effetti troppo corta, visto che…. non c’è! così come le mutandine.
Arriviamo al piano terra e ci dirigiamo verso i garage, seguiti dai commenti della signora Rossi sulla sfrontatezza delle ragazze di oggi.
Giungiamo al suo posto macchina.
A. “Bene: ora togliti il cappotto e rimettiti la gonna, se sei abbastanza veloce nessuno ti vedrà”
Resto di sasso. Titubante, indecisa, mi vergogno… ma so che lui punirà le mie esitazioni; inoltre devo approfittare del fatto che nei box non c’è nessuno.
Tolgo velocemente il cappotto e glielo passo… poi lotto per infilarmi la minigonna con le decolleté, l’operazione non è facile e devo sorreggermi… alla fine ci riesco.
Proprio in quel momento veniamo investiti dai fari di un’auto che sta entrando… spero non abbia visto qualcosa!
A. “Bene, ora apri la portiera e siediti, ci esercitiamo un po’ a scendere.
Vedi, d’ora in poi, ogni volta che scenderai dalla macchina, dovrai regalare un bello spettacolo a chi ti sta di fronte; ti dirò io quanto spingerti avanti.
Ora proviamo il livello massimo: lascia una gamba dentro e metti fuori l’altra, nel farlo alzati un poco in modo da facilitare la risalita della gonna”
Lui si è proprio davanti alla portiera, un po’ distante, forse per vedere l’effetto su di un eventuale avventore del parcheggio.
La cosa difficile, rispetto a un normale uscire dall’auto, è quella di sollevarsi un poco sulle braccia: devo perciò provare diverse volte, ma alla fine ottengo l’effetto voluto da Adelmo: la gonna risale fino a scoprirmi tutta, mostrando completamente il davanti e il didietro. Sono in confusione, imbarazzata, ma ubbidisco.
A. “Bene, ora prova a scendere così; appena scesa attendi un attimo, poi fai finta di accorgerti di avere la figa al vento e abbassati la gonna facendo una risatina”.
Anche qui è dura ottenere un risultato accettabile: da una parte sono tesa per il gesto che devo eseguire e dall’altra non mi viene naturale recitare la parte della troietta: a volte mi abbasso subito la gonna, altre eseguo il tutto con gesti affrettati e meccanici. Guardo nervosamente in giro per paura che qualcuno veda. Ho il sospetto che il tizio dell’auto di poco prima sia appostato dentro la sua macchina per spiarci, in quanto ha parcheggiato da tempo e ancora non era uscito.
Alla fine, Adelmo si spazientisce.
A. “Maledizione, perché non ti impegni? Qual è il problema?”
L. “Mi vergogno, padrone, non ho mai fatto queste cose”
A. “Ti vergogni di mostrarti un po’ scosciata? E se ti chiedessi di fare il giro nuda del garage? O di masturbarti sul cofano?”
Al che mi prende, mi gira e, alzata la gonna mi fa stare con la pancina sul cofano: tolta la cintura dei pantaloni, mi affibbia quattro forti colpi sulle terga che risuonano in tutto il garage.
Strillo, resto immobile, umiliata, i nervi mi cedeno e la mia prima punizione mi causa un’esplosione di lacrime.
A. “Avanti, vieni.”, dice facendomi entrare mentre si accomoda dall’altra parte.
A. “Qual è il problema? Perché non riesci a farlo?” dice, mentre mi accarezza e mi stringe, in lacrime, al suo forte torace.
L. “Signore io voglio molto bene al mio ragazzo… anche lei mi piace…voglio farvi contenti entrambi, ma ancora non ci riesco, mi sembra un comportamento da ragazza poco seria.”
A. “Lo so, forse sto correndo un po’ troppo ma i tempi sono stretti e io ho promesso a Luigi di farti diventare una vera serva prima delle vostre nozze; non ti piacerebbe fargli vedere qualcosa già dal prossimo weekend? Vedi c’è un segreto: come abbiamo capito sabato scorso hai una natura inferiore, ma questo non ti basterà per diventare brava… devi invece sentirti schiava anche dentro, devi sentirti come un’oggetto ed essere contenta di esserlo. Non pensare a nulla, non pensare alle persone che ti vedono, alle loro reazioni, cerca di perdere la tua volontà, ripetiti nella testa solo i miei ordini e pensa soltanto alla soddisfazione di chi ti guarda”.
Mentre parla smette di accarezzarmi la testa e passa la mano sulla coscia, poi tra le gambe… che istintivamente cerco di richiudere, subito bloccata da lui. Me le apre lentamente, mettendomi tutta a disposizione di un invisibile pubblico… piano piano divento rassegnata, mi lascio esibire, sento come se presto sarò domata.
Dopo poco lui sente che sta ottenendo l’effetto sperato: i singhiozzi si trasformano in ansimi di piacere… mi chiude mi chiuse la bocca con un bacio: ho quasi un orgasmo per il solo bacio, come la peggiore delle donnacce.
A. “Allora, ci riproviamo?” chiede quando mi sono calmata.
Questa volta mi impegno di più, i suoi consigli han fatto effetto.
Finalmente ottiene i risultati attesi su questa posizione e me ne fa provare anche altre due: uscire con tutte e due le gambe insieme tenute abbastanza larghe; poi, con prima una gamba poi l’altra, ma non al punto di alzare completamente la gonna.
A. “Brava! … ma il tuo premio te l’ho già dato, sapevo che non mi avresti deluso. Ora sali, da brava. Alzati leggermente la gonna e apri un po’ le gambe, ecco ancora un po'”, dice, mentre orienta lo specchietto in modo da controllare che io abbia la patatina sempre in mostra per tutti.
A. “Ricordati di stare in questa posizione mentre viaggiamo: devi sembrare quasi normale dall’esterno ma è tuo dovere dare un bello spettacolo”.
Partiamo, dirigendoci verso il centro commerciale.
In tangenziale si accinge a superare un camion: vengo sorpresa dal sentire il suo clacson; mi giro e vedo il camionista che mi sorride alzando il pollice; chiaro che dall’alto si sta godendo un bello spettacolo. Ma io vorrei sprofondare!
A. “Salutalo dai”, ordina.
Paralizzata e con le intimità in mostra, rossa come un peperone, non riesco a muovermi.
Comprensivo, è lui che mi slaccia e toglie completamente la gonna, allargandomi le cosce in modo assurdo, ottenendo dal camionista un sorriso a 32 denti.
Resto paralizzata, ma non ho il carattere necessario a ribellarmi.
Completato il sorpasso, appena si affianca a un altro camion sento di nuovo il clacson: evidentemente il primo camionista ha avvisato i suoi colleghi via radio che sulla macchina tale c’è una che la faceva vedere a tutti, così si portano tutti a 60 all’ora, nella speranza di farsi superare.
Adelmo cerca di accontentare un po’ tutti: io mi sento un oggetto di loro proprietà: ricordo le parole di Adelmo e prendo a ripetermi mentalmente che è giusto così per me, che tutti han diritto di valutarmi e usarmi. Ma niente, sono in panico, bloccata.
Ben presto giunge la nostra uscita e lasciamo la tangenziale, salutati dai clacson bitonali e dagli abbaglianti di tutti.
A. “Bello eh? Ti sei divertita?”
L. “No padrone, per niente”
A. “Però vedo che ti si è inumidita di nuovo la micina, come lo spieghi?”
L. “Non lo so, padrone”
A. “Te lo spiego io perché: anche se mentalmente lo rifiuti, sei nata per essere esposta e usata dagli uomini. Ecco perché il tuo corpo reagisce così”
Resto zitta e abbasso la testa: mi sento sporca, ma forse il padrone ha ragione.
A. “Sai che sei più bella quando ti vergogni?”
L. “Padrone, torniamo a casa, per piacere… farò tutto, ma così, in pubblico, mi sento morire”
A. “No ragazzina, e ricorda: non importa cosa senti, importa che tu accetti te stessa come un essere inferiore. Ripetimelo, adesso”
Gli occhi tornano a inumidirsi, ma ubbidisco.
L. “Sono una persona inferiore, padrone”
A. “Stiamo arrivando. Adesso toccati, presto, e se sei bagnata ripetimi il perché con parole tue”.
Mi accarezzo dolcemente… poi, quasi un sussurro:
L. “Sono bagnata perché il mio corpo desidera cose che non riesco ancora ad accettare mentalmente”.
A. “Bravissima. Continua a ripetere a te stessa questi concetti nella mente, non pensare a nient’altro”.
Arriviamo e parcheggia.
A. “Ora vado a prendere il carrello, tu fammi una bella uscita ma senza esagerare, o ci mettono dentro.”
Ferma un ragazzo che sopraggiunge, gli chiese il carrello e naturalmente si mette in modo che lui abbia una bella visuale dell’auto. Io, in panico ho gli occhi fissi in quelli del ragazzo… inizio a uscire.
Lo vedo spalancare occhi e bocca mentre faccio una bella spaccata; mi ha sicuramente visto tutta la fessurina e credo che anche il mio rossore sia stato apprezzato.
Ragazzo: “Ma… ma…è una figa da urlo!”
Voglio scomparire: trotterello svelta fino alle braccia di Adelmo, come cercando rifugio.
“Brava” si complimenta “mi hai anche fatto guadagnare 2 euro, il tipo non ha più capito niente e alla fine non li ha voluti… ah ah ah!”
Mi calmo, cerco di respirare profondamente … e devo ammettere che son contenta di me stessa… e chiaramente sollevata per i risultati ottenuti: mi stringo al suo braccio: provo la strana sensazione di essere utile.
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