The Untouchable

di
genere
etero

Plug anali, piercing al clitoride, palle succhiate e mollette ai capezzoli.

Stanotte mi hai odiato.
Ti sei incazzata con me perché ho stretto le chiappe nel sonno, quando tu hai provato ad accendere la mia eccitazione con una carezza intima, facendo scivolare il dito lungo le pieghe del mio culo, io disteso a pancia in sotto per evitare un’altra notte insonne per il mio russare.
Ho stretto le chiappe.
E tu mi hai odiato.

Dita ficcate in bocca, morsi al collo e inculate strappa-frenulo.

Una bella dottoressa del centro specialistico, camice bianco attillato, mi spalanca le palpebre senza tanti complimenti;
mi squirta nell’occhio le gocce che allargheranno le mie pupille, per penetrare e scandagliare il fondo nel mio occhio.
E’ un preliminare erotico?
Mi scatta un “ECCHECCAZZO”, mi viene da piangere, mi sento violentato.

Sedute di massaggi per alleviare la sciatica che ho vinto assieme all’ernia discale, come trofei per un trasloco azzardato.
Una tortura.

I tuoi capelli sulla mia pancia mentre vuoi regalarmi un pompino: un supplizio, cerco una coperta per proteggere la pelle cercando di non distrarmi dalla tua bocca attorno al mio cazzo.

…che pure quella poi…
Provi a baciarmi il collo: la tua faccia finisce stritolata tra spalla e mento.
Vuoi eccitarmi con un pizzico sui capezzoli, rimedi solo uno scatto nervoso che cerco di smorzare ma che sfugge ad ogni controllo.

Sei esasperata.
Stringo le chiappe.
E mi odi.

Piercing alla lingua, sculacciate e scappellamenti selvaggi.

Sono prigioniero in uno scrigno di carne, una prigione di pelle ipersensibile.
Mi son regalato già mille anni di analisi e terapie per alleviare la mia psiche dalle insicurezze che pascolano nella mia personale piantagione di sensi di colpa.
Sensi di colpa che hanno ben poco a che vedere con il sesso (almeno da quelli mi son liberato), ma che coltivo per ogni altro ambito della vita mia.

Posso pure iniziare l’ennesima terapia, potrei raccontare di quel sogno emerso da adulto in cui un dottore mi visitava e, puntando il dito al centro della mia schiena, decretava:
“è qui il problema” mentre avevo l’impressione potesse penetrarmi sotto la pelle e arrivare chissà dove.
Potrei.

Ma il mio regno sono odori e sapori e la vista della tua fica.
Pene immateriali. Gustare ma non toccare.

Prospero nell’idea di darti piacere, di sentire io – sotto le mie dita – il tuo corpo spalancarsi e regalarmi rumorose carezze bagnate dai tuoi umori.
Così non dovrebbe stupirti il mio godimento che nascerebbe dal vederti toccarti e masturbarti e raggiungere da sola il piacere.
Uno spazio a separarci, a proteggermi dalle nevrotiche fobie che nuotano sotto la mia pelle, ma il resto dei sensi acuito, a cogliere ogni stimolo.

Prigioniero nel mio scrigno di carne.
Stringo le chiappe.
E tu mi odi.
scritto il
2022-12-14
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