Il Party di E.R. - Messaggi Cifrati
di
Chicken1973
genere
comici
Come al solito arrivai in ritardo.
Contravvenendo alla regola fondamentale da seguire quando si va ad una festa dove non si conosce nessuno.
Arrivare per primi che, se sei l’ultimo, trovi i gruppetti già formati e nessuno ti si caga.
E così fu ovviamente.
Soprattutto in quel contesto.
Mischie degne di una partita di rugby si raggruppano attorno a quel corpo esibito o a quell’altra coppia impegnata in erotici contorsionismi.
Muri di schiene impossibili da superare.
Nessuno mi si fila, non una cameriera mi dà il benvenuto.
Una ragazza alta arrivata da poco si allontana con il suo accompagnatore.
Una coppia chiacchiera al bancone, con fare stranamente sospettoso.
Che ci faccio qui?
In testa mi parte Nanni Moretti al telefono di profilo alla finestra.
“Mi si nota di più se non vengo o se vengo e mi metto in disparte?”
La mia attenzione cade su un paio di slip abbandonati per terra, rossi, non possono passare inosservati.
In un altro contesto sarebbe sembrata una cosa strana, non qui in cui gli ormoni nell’aria si tagliano con il coltello.
Per non stare con le mani in mano, mi avvicino alla reliquia e la raccolgo.
Sbircio con la coda dell’occhio se qualcuno finalmente abbia notato la mia presenza, ma resto un fantasma ignorato.
Posso portarmi le mutandine al naso per un veloce check: odore di fica e di pipì.
La serata prende un senso.
Allontanando le mutandine dal viso noto qualcosa di strano: nella cucitura in mezzo al cavallo è incastrato un biglietto.
Lo estraggo e lo apro: contiene un messaggio, ma non riesco a decifrarlo.
Sembra un codice, o forse una lingua dell’est che non conosco, piena di consonanti e lettere esotiche che cozzano l’una con l’altra.
Non so cosa mi passi per la testa, forse confuso ancora dall’odore intimo nel mio naso, mi avvicino alla coppia al bancone, il biglietto in una mano, lo slip nell’altra.
“Scusate, è vostro?”
Mi guardano interdetti.
La donna fa per prendere le mutandine.
Ritraggo la mano sulla difensiva.
“No, queste sono mie.”
Le loro espressioni ancora più confuse alle mie parole e, per non rischiare, infilo gli slip in tasca, porgendo il biglietto di contro.
“Intendo questo”.
L’uomo allunga la mano ed afferra il pezzetto di carta.
Senza dir parola, mi giro e mi affretto verso il bagno, la camminata storta per l’imbarazzo di sentire i loro sguardi sulla mia schiena.
Progetto di passare il resto della serata nascosto nella toilette, per evitare ulteriori incontri a cui non saprei come rispondere.
Contravvenendo alla regola fondamentale da seguire quando si va ad una festa dove non si conosce nessuno.
Arrivare per primi che, se sei l’ultimo, trovi i gruppetti già formati e nessuno ti si caga.
E così fu ovviamente.
Soprattutto in quel contesto.
Mischie degne di una partita di rugby si raggruppano attorno a quel corpo esibito o a quell’altra coppia impegnata in erotici contorsionismi.
Muri di schiene impossibili da superare.
Nessuno mi si fila, non una cameriera mi dà il benvenuto.
Una ragazza alta arrivata da poco si allontana con il suo accompagnatore.
Una coppia chiacchiera al bancone, con fare stranamente sospettoso.
Che ci faccio qui?
In testa mi parte Nanni Moretti al telefono di profilo alla finestra.
“Mi si nota di più se non vengo o se vengo e mi metto in disparte?”
La mia attenzione cade su un paio di slip abbandonati per terra, rossi, non possono passare inosservati.
In un altro contesto sarebbe sembrata una cosa strana, non qui in cui gli ormoni nell’aria si tagliano con il coltello.
Per non stare con le mani in mano, mi avvicino alla reliquia e la raccolgo.
Sbircio con la coda dell’occhio se qualcuno finalmente abbia notato la mia presenza, ma resto un fantasma ignorato.
Posso portarmi le mutandine al naso per un veloce check: odore di fica e di pipì.
La serata prende un senso.
Allontanando le mutandine dal viso noto qualcosa di strano: nella cucitura in mezzo al cavallo è incastrato un biglietto.
Lo estraggo e lo apro: contiene un messaggio, ma non riesco a decifrarlo.
Sembra un codice, o forse una lingua dell’est che non conosco, piena di consonanti e lettere esotiche che cozzano l’una con l’altra.
Non so cosa mi passi per la testa, forse confuso ancora dall’odore intimo nel mio naso, mi avvicino alla coppia al bancone, il biglietto in una mano, lo slip nell’altra.
“Scusate, è vostro?”
Mi guardano interdetti.
La donna fa per prendere le mutandine.
Ritraggo la mano sulla difensiva.
“No, queste sono mie.”
Le loro espressioni ancora più confuse alle mie parole e, per non rischiare, infilo gli slip in tasca, porgendo il biglietto di contro.
“Intendo questo”.
L’uomo allunga la mano ed afferra il pezzetto di carta.
Senza dir parola, mi giro e mi affretto verso il bagno, la camminata storta per l’imbarazzo di sentire i loro sguardi sulla mia schiena.
Progetto di passare il resto della serata nascosto nella toilette, per evitare ulteriori incontri a cui non saprei come rispondere.
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