Storia di un matrimonio (ep. 10) – Alla fine giunse il divorzio (forse)

di
genere
sentimentali

Andrea: E così è fatta. I documenti sono firmati. Appena li consegneremo non ci vedremo più, in fondo non abbiamo nessun legame. L'ho vista crescere. Con lei ho trascorso giorni sereni, tristi ed eccitanti. L'ho amata. Ancora oggi l'amo. L'amo cosi tanto che, dopo la mia stronzata, ho deciso di lasciarla andare.
Antonella: Ho tra le mani i documenti. Tutta la mia vita racchiusa in quelle poche parole. Mi sento serena. Ho ottenuto quello che volevo, in ogni minimo particolare. Anche la sua piena confessione. Ora posso riprendermi la vita. Magari posso ricontattare i mie o le mie ex. E' ancora li fermo immobile. Lo incitò di darsi una mossa.
Andrea: Lo so che dobbiamo andare. Ho paura di alzarmi. Questa sera, anche se per un breve attimo, pensavo che mi amasse ancora. Avevo inteso che avesse appreso le sue colpe. Sento la sua voce. Mi risveglio, mi alzo, apro la porta di casa. Quella che una volta era la nostra casa. Chiamo l'ascensore. Sento la sua presenza accanto a me. Sento il suo profumo.
Antonella: Saremmo stai davanti a questo ascensore migliaia di volte e non ricordo un solo momento negativo. Allungo le mie dita in cerca delle sue. È un gesto automatico fatto milioni di volte. Mi viene in mente Francesca e le ritraggo. Faccio un passo indietro. L'ascensore raggiunge il piano. Il ventitreesimo. Le porte si spalancano ed entriamo.
Andrea: Qualcosa mi ha sfiorato, forse me lo sono immaginato. Entriamo in ascensore. Mi metto dietro di lei. Sono minuti che non dico una parola. Non servirebbe a nulla. Osservo i suoi lineamenti. Stringo le mani attorno i maniglioni. Lei preme il bottone per il garage.
Eccola lì meravigliosa come sempre. Non è più una ragazzina che avevo conosciuto, i quarantanni si stanno avvicinando anche per lei. Io la preferisco come è oggi. È diventata più matura, più sensuale. Era mia e ora l'ho persa. Dentro di me sento di volere un'ultima possibilità. Lo devo a me stesso. Mi avvicino. Intanto vedo dall'indicatore che siamo arrivati al ventesimo piano.
Gli scosto i capelli e gli bacio il collo.
Antonella: Guardo fisso davanti a me. Lo vedo avvicinarsi tramite lo specchio dell'ascensore. Dentro di me penso: non azzardarti a toccarmi. Invece mi bacia il collo e io lo lascio fare. Non sono più arrabbiata, ma sono stanca di soffrire. Sono stanca di non essere più me stessa. Sento le sue labbra che mi sfiorano il collo. Cerco di resistere, cerco di distanziarmi.
La sua mano accoglie i miei fianchi. I sentimenti che cerco di nascondere dentro di me affiorano. Cerco di digli di smettere, ma le parole non escono. Le sue dita si intrecciano alle sue, come avevo provato a fare in precedenza. Un solo pensiero inonda la mia mente. Dove sei stato per tutto questo tempo.
L'ascensore emette un cicalino, siamo arrivati al quindicesimo piano, la porta si apre. Vedo una signora che ci osserva. Giudica la situazione e non entra. La porta si richiude.
Andrea: Per fortuna quella signora non è entrata, avrebbe rovinato tutto. In un attimo raggiungiamo il decimo piano. Ancora poco e saremmo saliti in macchina. Per ora non mi ha ancora respinto. Forse è ora che azzardi. Sono ancora dietro di lei. Le giro il viso e sfioro le sue labbra con le dita. Dai reagisti, ma rimane immobile. La bacio. Erano passati due mesi dall'ultima volta, mi erano mancate. Assaporai le sue labbra tremanti. Dopo questo leggero soffio si allontana e si sposta nell'angolo destro dell'ascensore. Dove c'è la tastiera. Non ha il coraggio di guardarmi.
Antonella: Questo stronzo ha avuto il coraggio di baciami. Però io l'ho lasciato fare. Perché esercita questo fascino su di me? Fosse almeno bello. No, non è giusto che lo tratto in questo modo. Non è mai stato ne violento, ne cattivo con me e Francesca l'ha provocato. Cazzo lo sto giustificando. Dai, ascensore che aspetti a terminare la tua corsa. Devo uscire da qui, devo correre incontro la libertà.
Quinto piano.
Non mi sono ancora girata. Dentro di me so che sarebbe la fine. Delle mani, che conosco bene, mi afferrano le spalle. Mi girano. Mi ritrovo difronte il suo viso. Mi sorride. Cerco di dagli una sberla, ma mi blocca.
Andrea: E no mia cara, questa volta no. La bacio ancora. Le sbottono la camicetta aderente. Infilo la mano nella scollatura e accarezzo il suo seno generoso e genuino. Si aprono le porte dell'ascensore. Nessuno dei due ha intenzione di uscire. Ci guardiamo. Sento i suoi gemiti ogni volta che stringo i suoi capezzoli. Allungo la mano. Lei scosta la testa, forse ha creduto che voglio accarezzagli i capelli. Invece spingo il bottone dell'ultimo piano. Così posso ottenere altro tempo. L'ascensore ha uno scossone e inizia la risalita. Sento la sua mano sul mio sesso. Si è lasciata andare. Forse ha intuito dove stiamo andando.
Antonella: Stupida, stupida che non sei altro. C'eri quasi, bastava fare un piccolo passo verso la libertà. Invece mi sono fatta convincere, ora ho il suo sesso nella mano e lo sto masturbando. Lo conosco come le mie tasche. Mi sta portando sul terrazzino dell'ultimo piano. È li che mi ha portata la nostra prima notte di nozze. La mia camicia è aperta, un sipario che nasconde, a stento, il mio seno. Lo bacia. Scosta il tessuto vellutato del reggiseno e mi succhia il capezzolo destro. Me lo morde. Una scossa scorre lungo la mia schiena. Rischio di sbattere la testa contro la parete lucida. Stringo il suo pene, cerco di fagli del male. Ho paura che lo faccia uscire. Finirebbe dentro di me.
Andrea: Il mio amore si scioglie. Sento le sue dita delicate sulla mia cappella. Lo sento che mi desideri, non resistermi. So che non puoi stare senza di me. Sussurro al suo orecchio destro: amore perdonami. Non aspetto risposta e gli lecco le labbra. Dai aprile. Come se avessi pronunciato una formula magica si dischiudono e la penetro con la mia lingua. Lei riempe la mia gola con la sua. Il primo bottone dei pantaloni si allenta. Proprio quando rischio di rimanere nudo, arriviamo a destinazione.
La prendo per mano. La conduco verso l'uscita di sicurezza. Lei cerca di coprirsi al meglio. Appena usciamo sul terrazzo ci raggiunge un aria gelida. Il cielo stellato ci accoglie e ci abbracciamo.
Antonella: Perché ogni volta che mi trovo con lui, mi sento una ragazzina. Perché è l'unico uomo che mi fa sentire sua? Siamo mezzi nudi e le stelle ci asservono. Manca solo un bottone, eccolo che si allenta. Il suo sesso scatta all'attenti. Chissà da quanto aspettava. È rigido e freddo, ci penso io a scaldarlo con la mia mano. Lo scappello. La sua pelle rivela la sua cappella umida. La strizzo. Gli schiaccio i testicoli, se lo merita.
Mi spinge contro il muro. Accanto a me c'è una pianta. Mi solleva la gonna. Si accorge che non porto le mutandine e mi sorride. Ci baciamo. Infila le sue dita dentro la mia fessura agognata. Incomincia una sfida di masturbazione. Ci soddisfiamo a vicenda.
Andrea: In questo momento non so se è l'ultima volta che starò con lei. Non mi interessa, mi voglio godere l'attimo. Questa donna è mia e lo sarà per sempre. La sollevo leggermente. Lei si struscia la mia asta sopra le sue labbra inferiori umide. Le penetro. Lo spingo fino in fondo. Si morde la lingua. I suoi occhi sono bellissimi sotto la luna. Nessuno parla, non c'è ne bisogno. Voglio che raggiunga l'orgasmo prima di me. Durante la nostra convivenza era capitato poche volte. Con una donna così focosa è difficile controllarsi.
Antonella: I documenti del divorzio svolazzano sul pavimento marmoreo. Ora non sono importanti. Non ricordo una scopata cosi dolce da diverso tempo. Il suo pene agisce al rallentatore, è come mi volesse dare la priorità. Sento il mio corpo rilassarsi. Sento un fuoco dentro di me. La rabbia è scomparsa. Mi lascio trasportare da lui. Sento che il mio amore per lui sta rinascendo. Forse non è mai morto veramente. Faccio fatica a respirare. In quel momento non c'è spazio per la volgarità. Alzo la testa e ammirò il cielo sotto i suoi colpi e proprio in quel momento sopraggiunge l'orgasmo. Non impetuoso, ma delicato. Non volgare, ma sensuale. Non voglio che smetta. Osservo il bordo del terrazzo. Vedo la ringhiera. Lo bacio. Gli dico di allontanarsi. Cammino verso la balaustra. Appoggio le mani e allargo le gambe.
Andrea: Mi soffermo a guardarla. Sotto quella luce è splendente. Lecco la rugiada che scende dalle sue gambe. La penetro di nuovo. Avevo intuito che aveva raggiunto l'orgasmo, ma a quanto pare mi desiderava ancora. Accarezzo il suo seno, respiro sulla sua schiena. Il suo sedere ondeggia sul mio pene. Cerco di resistergli, ma lei incrementa il ritmo. Il mio seme percorre tutto il suo cavo vaginale. Anche questa situazione era diversa dal solito. Avevamo sempre evitato il sesso non protetto. Questa volta non si perse neppure una goccia. Forse l'avevo messa incinta, ma chi se ne frega. Io volevo solo lei. Mi siedo sul pavimento di terracotta. La guardo e le chiedo – “e ora che succede”.
Antonella: La giornata era iniziata in un altro modo. Avevo un altro spirito questa mattina. Come potevo rispondere a quella domanda. I documenti erano ancora per terra. Li raccolgo alla rinfusa. Mi giro e li butto già dalla terrazza. Lascio al vento di svolgere il suo lavoro. Cosa succederà ora, non lo so proprio. Di sicuro ci riproveremo. Ovviamente mettendo delle regole, anzi dobbiamo togliere dei paletti. Qualcosa deve cambiare. E suo figlio, il figlio di Francesca? Chi se ne frega, saremmo degli ottimi zii.

FINE
scritto il
2022-12-18
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