L’s story. Capitolo 10. All’Hedonism
di
Laras
genere
dominazione
Ci avviamo verso la nostra suite, Claudio ha una faccina triste sia per l’umiliazione pubblica che stiamo subendo sia per il jet lag. Infatti, in Italia sono circa le 22, mentre qui in Giamaica le 17. In più non ha dormito né mangiato in aereo.
Anche io sono confusa ma, tenuta al guinzaglio da questo colosso che mi sovrasta di oltre 40 centimetri, mi sento protetta.
Un ragazzo mulatto ci precede con i nostri bagagli; incrociamo diverse persone: capisco che non c’è un dress code: alcuni sono nudi, altri vestiti da spiaggia, altri in abiti estivi. Pochissimi trans, più gay, la maggioranza etero. Solo un uomo e tre donne con collare, come noi. L’età media è molto più alta della mia, ma ci sono varie persone tra i 30 e i 40.
Il posto è molto bello, quasi elegante: immerso nel verde, ci sono spazi comuni curati e puliti. Più in disparte tre piccole piscine. Sullo sfondo una spiaggia che sembra un sogno.
Due coppie sui 35 ci fermano, parlano inglese. Qui tutti parlano inglese e, ovviamente, tutti capiscono… tranne me! Uffi!
Mi indicano, ho attirato il loro interesse... cerco di farmi ancora più piccina picciò. Parlano col Maestro, indicano la mia cavigliera di corallo rosa (loro ce l’hanno rossa… ???). Lui annuisce e risponde in inglese. I due uomini della coppia mi si avvicinano: uno mi pizzica forte un capezzolo e mi bacia; l’altro si china e mi lecca la fessurina. Strillo forte per il pizzicotto, poi gemo sottovoce, dolcissima… cerco gli occhi del mio maestro che non mi sta proteggendo: mi guarda sorridendo, ma è molto serio. Messaggio ricevuto, mi devo sottomettere: non mi ribello (tanto non ne sono capace) mi lascio valutare… anche se mi sento come una mucca in mostra al Foro Boario. Tornano alla loro strada, sono allegri e simpatici, sembra che si congratulino con il Maestro.
Poco dopo, per Claudio, una palpata e una fortissima sculacciata sul sedere da parte di due cinquantenni. Compie l’ultima parte del percorso con il segno rosso di cinque dita sul sedere.
La nostra Suite è come una reggia, con vista sul mare. Ci sono due camere matrimoniali, una opposta all’altra: con distanza di circa 20 metri di salone e piccolo studio. C’è un cocktail di benvenuto e un intero vassoio di frutta tropicale fresca, cerco gli occhi del mio signore: no, non mi permette di mangiare. Lui va a farsi la doccia, io a disfare la sua valigia e le mie poche cose.
Claudio ed Ercole si sono subito imbucati: il Preside grida, di Claudio non si capiscono le risposte, si sentono solo i singhiozzi. Riesco a cogliere sono alcune frasi urlate da Ercole: “Non vedi che quasi tutti guardano lei?” … “Perché io devo avere uno schiavo brutto?”… “Adesso hai un’amica, ho diritto di vederti bella come lei! Impara!” … “Nessuno ti ha mai chiesto in prestito, neanche per una notte!”.
Alla fine un urlo più forte: “Adesso ti sistemo io!”. Seguono una decina di colpi, probabilmente dati con la cintura.
Sto male per il mio amico, ops, marito. Ho finito di mettere le cose negli armadi. Mi mordo un labbro e vado ad aspettare il mio signore davanti alla porta del bagno in ginocchio. Ne intravedo la figura quando esce: è un peso massimo, solo un po’ di pancetta… il corpo completamente ricoperto di pelo nero. mi bagno presto, lo desidero… come una troietta. Spero tanto di non diventarla davvero!
Maestro: “Entra, sono bagnato”.
Lo asciugo con attenzione… sento nascere in me un sentimento di devozione. Si ricontrolla la barba, si pettina… si va a distendere sul letto.
Maestro: “Puoi salire sul letto, vieni qui, in ginocchio tra le mie gambe”.
Capisco che sul letto non potrò starci abitualmente… lo dovevo immaginare: per me c’è lo scendiletto. Ma ubbidisco e mi metto inginocchiata dove lui vuole. Non posso evitare di vederlo, nudo, rilassato: è un orso grizzly… enorme, forte e…. lo devo dire: bellissimo. Mi mordo un labbro, e lui.
Maestro: “Cosa c’è? Cosa vuoi dirmi con quel musetto?”. Mi invento una risposta, peraltro vera.
L.: “Sono dispiaciuta per Claudio... le ha prese forte credo. Vorrei aiutarlo”.
Maestro: “E lo aiuterai. Non immagini quanto. Ma devi essere te stessa, devi essere vera, non immagini quanto sia intelligente, non riusciresti mai a imbrogliarlo. Lo sai che stava per finire ingegneria con la media del 30? Che era già stato chiamato da Microsoft Italia? Ma ora basta, smettila di pensare a quel che vuoi… lo sai a cosa devi pensare vero?”.
Faccio di sì con la testa, rivolgo l’attenzione allo scettro del mio re. Mamma mia, anche a riposo fa impressione!
L.: “Il... il permesso di adorarla, se lo merito”. Chiedo spinta dal mio cuoricino, umilissima. Mi fa un cenno di assenso con la testa. Chino il corpo fino ad avvicinare il viso al suo scroto. Lecco. Ha i testicoli proporzionati al resto: impossibile accoglierli in bocca Lecco con affetto. Gemo, sottovoce, dolcissima. Mi sto bagnando velocemente. E lui... cioè, il suo cosone… si alza. Ma quanto si alza?!?!?
Mi prende per le manine, che scompaiono nelle sue, enormi. Sento le sue parole… e mi sembra un sogno: “Sali su di me, poi scendi piano. Stai molto attenta, non voglio farti male. Non voler strafare”.
Ubbidisco, sto attenta mentre gemo dal desiderio, a lungo, sottovoce, dolcissima: mi sento come una animaletta, che chiama il suo maschio. Lo posiziono sulla mia passerina… scendo… ne accolgo un po’:
L.: “Miaooo… miaoooooo”, godo, godo come una poco di buono, ma scendo, ne accolgo ancora qualche centimetro dentro.
Il cervello mi va in pappa, il corpicino scosso da spasmi violenti, gli occhi rovesciati all’indietro e uno sconcio rivolo di saliva che mi cola dalla bocca al seno. Per istinto di sopravvivenza mi chino e mi distendo su quel corpo immenso. Ma mi tengo il suo membro dentro.
Maestro: “Ma… cosa sei? Sei incredibile… e non stai fingendo, proprio no. Ferma ora, faccio io” e mi inonda la passerina con il suo seme … tanto tanto. Crollo su di lui senza forze, continuando a tremare. Sono come svenuta dal piacere e ne ho accolti solo pochi centimetri. Mi sembra di colare… mi addormento.
Riapro gli occhi che sono in braccio a lui, nuda, avvolta e protetta dal suo corpo. Claudio ed Ercole sono accanto, sorridono.
C.: “Stai bene? Tutto bene?” mi porge un flûte di spumante. Noto che è in ginocchio a terra, mentre i maschi sono seduti. Realizzo che tutti han capito cosa ho fatto, cosa mi è successo. Di scatto nascondo il viso contro il petto del Maestro, mi vergogno… chissà cosa penseranno di me. Ma il Maestro mi accarezza il viso, i capelli, e mi dice sottovoce:
Maestro: “Piacere, mi chiamo Leòn, sono castigliano”.
Gli altri due sgranano gli occhi al sentire che mi ha detto il suo nome.
Lui mi ha tagliato un paio di fettine di mango e papaya, mi imbocca, come fossi una bambina.
Leòn: “Servono la cena tra un’ora e qualcosa, dovete essere bellissime. Rendeteci fieri di avervi. Di corsa!”. Sorride, il tono di voce è allegro.
Mi rialzo, barcollo un po’, respiro profondamente. Poi prendo Claudio per mano:
L.: “Posso aiutarti, per piacere?”.
Lo trascino nella camera di Leòn, chiudo la porta.
L.: “E tu? Stai bene? Ho sentito qualcosa...”
C.: “Me le ha suonate. Forte, come i primi mesi che mi aveva scelto… forse non mi ama più”. Intanto lo pettino e controllo il suo smalto, color rosso fuoco.
L. “Sei tanto più intelligente di me, ma di uomini non capisci niente. Il Preside è pazzo di te. Ogni volta che ti ha vicino quasi ti stupra, cosa credi che sia se non amore? Sono maschi alpha: o ti lasci dominare, o niente”.
Lui tace, io passo a controllare la depilazione: è ancora perfetto, non ha un pelo.
L.: “Questi segni rossi diventeranno blu: corri a prendere l’abito che dovrai indossare, io intanto penso a come fare”.
Intanto indosso il mio: un abito lungo, bianco, di chiffon completamente trasparente: so già che morirò di vergogna. Spero solo che non mi faccia mangiare per terra davanti a tutti. Claudio ritorna.
L.: “Uau, hai lo stesso abito mio, ma in nero. Sarai da urlo e non si vedranno i segni delle cinghiate. Preparati a essere corteggiata, anche pesantemente: vedrai che Ercole sarà fiero della sua schiava. Dobbiamo pregarli di prendere un unguento per i lividi, lo faccio io tu resta qua e metti questa crema per il viso”.
Vado di là, mi inginocchio ai loro piedi, sussurro:
L. “Signori, le vostre schiave vi supplicano. Servirebbe un unguento per i lividi. Non possiamo essere belle senza il vostro aiuto”. Si guardano, annuiscono.
Leòn mi fa alzare, mi prende dalle ascelle, mi solleva come una piuma, mi guarda negli occhi, avvicina la bocca alla mia. Io tremo. Mi bacia, delicatissimo, solo sulle labbra. Mi sento sciogliere come un gelato in spiaggia, colo di nuovo tra le gambe.
Mi deposita a terra, mi gira un po’ la testa. Lui:
L.: “Al lavoro, su! Aiuta Claudio. E non credere di scamparla con quel musetto innocente. Questa luna di miele ti avranno tanti. Tutti quelli che ti vorranno ti avranno. Non mi deludere”.
Barcollando torno dal mio amico, ops, marito. Devo trovare una soluzione, non posso andare in coma ogni volta che quest’uomo mi è vicino.
Lo aiuto col trucco, cerco di spiegargli che ne deve mettere pochissimo, quasi zero, perché ha un viso molto delicato: ha 25 anni e sembra una ragazzina.
Apro l’ultima scatoletta per stasera: due paia di orecchini, per me uno smeraldo, per lui zaffiro. La cavigliera di corallo sembra brillare di sera.
Ci specchiamo, siamo pronte: solo lo chiffon e per il resto nude sui tacchi alti… ci vedranno tutti tutto, Indossiamo i nostri collari… siamo due bombe di erotismo.
Andiamo ad aspettare i padroni, inginocchiate in sala. Quando entrano restano a bocca aperta… noi, umilissime lecchiamo loro il dorso della mano. Spiego.
L. “L’unguento, se permettete, glielo metterei io: perché ho le mani piccine e leggere”.
Riporto Claudio di là, usciamo dopo pochi minuti. Ercole divora la sua serva con gli occhi, Claudio se ne accorge, sorride di gioia. Io mi accosto al suo orecchio:
L. “Vedrai stasera quanto ti farà strillare… di piacere!”, ridacchiamo con modestia, da amiche e complici.
Si va al ristorante, tenute al guinzaglio.
Durante il percorso, gli altri ospiti, si fermano, si spostano per farci passare. Tutti con gli occhi di fuori ad ammirarci, forse non solo perché siamo le più giovani del villaggio.
Entriamo in sala, cala il silenzio, un centinaio di occhi a radiografarci.
Vedo che la tavola è apparecchiata per due, capisco cosa mi aspetta. Uffi…
Leòn posa un cuscino sul pavimento accanto alla sua seggiola. Ercole fa uguale.
Ripeto a me stessa che è giusto così per me, che sono una persona inferiore, che devo essere umiliata per diventare più umile. Fissa il mio guinzaglio alla sedia e io mi inginocchio ai suoi piedi, al suo fianco, busto eretto, occhi bassi.
Poi cerco Claudio con gli occhi, gli sorrido, gli faccio segno di “sì”, con la testa.
Gli altri ospiti han visto il colore della nostra cavigliera, si alzano, si avvicinano, sorridono ai nostri padroni, ma sanno già di avere ogni permesso. Vengo accarezzata, baciata, palpata, pizzicata… anche un dito su per il sedere.
Mi sforzo di sorridere e dire grazie a tutti, resto ai piedi del mio signore: Mentre il mondo mi palpa, lui mi accarezza i lunghi capelli chiari, fino a dove finiscono.
Finalmente servono la cena: ho una fame da lupa e lui mi ha permesso di mangiare solo qualche pezzetto di frutta tropicale. Niente da fare neanche ora: per me, solo quel che decide lui, quel che mi butta nel piattino davanti. Mi bagno per questa nuova umiliazione pubblica, in un modo pazzesco.
Mangio con la bocca nel piattino, senza poter usare le mani. E ora ho anche i capezzoli che bruciano dal desiderio.
Ma realizzo che oggi ho fatto un altro passo avanti: voglio o no diventare la sua animaletta preferita? Perciò…. no more limits!
Continua
Anche io sono confusa ma, tenuta al guinzaglio da questo colosso che mi sovrasta di oltre 40 centimetri, mi sento protetta.
Un ragazzo mulatto ci precede con i nostri bagagli; incrociamo diverse persone: capisco che non c’è un dress code: alcuni sono nudi, altri vestiti da spiaggia, altri in abiti estivi. Pochissimi trans, più gay, la maggioranza etero. Solo un uomo e tre donne con collare, come noi. L’età media è molto più alta della mia, ma ci sono varie persone tra i 30 e i 40.
Il posto è molto bello, quasi elegante: immerso nel verde, ci sono spazi comuni curati e puliti. Più in disparte tre piccole piscine. Sullo sfondo una spiaggia che sembra un sogno.
Due coppie sui 35 ci fermano, parlano inglese. Qui tutti parlano inglese e, ovviamente, tutti capiscono… tranne me! Uffi!
Mi indicano, ho attirato il loro interesse... cerco di farmi ancora più piccina picciò. Parlano col Maestro, indicano la mia cavigliera di corallo rosa (loro ce l’hanno rossa… ???). Lui annuisce e risponde in inglese. I due uomini della coppia mi si avvicinano: uno mi pizzica forte un capezzolo e mi bacia; l’altro si china e mi lecca la fessurina. Strillo forte per il pizzicotto, poi gemo sottovoce, dolcissima… cerco gli occhi del mio maestro che non mi sta proteggendo: mi guarda sorridendo, ma è molto serio. Messaggio ricevuto, mi devo sottomettere: non mi ribello (tanto non ne sono capace) mi lascio valutare… anche se mi sento come una mucca in mostra al Foro Boario. Tornano alla loro strada, sono allegri e simpatici, sembra che si congratulino con il Maestro.
Poco dopo, per Claudio, una palpata e una fortissima sculacciata sul sedere da parte di due cinquantenni. Compie l’ultima parte del percorso con il segno rosso di cinque dita sul sedere.
La nostra Suite è come una reggia, con vista sul mare. Ci sono due camere matrimoniali, una opposta all’altra: con distanza di circa 20 metri di salone e piccolo studio. C’è un cocktail di benvenuto e un intero vassoio di frutta tropicale fresca, cerco gli occhi del mio signore: no, non mi permette di mangiare. Lui va a farsi la doccia, io a disfare la sua valigia e le mie poche cose.
Claudio ed Ercole si sono subito imbucati: il Preside grida, di Claudio non si capiscono le risposte, si sentono solo i singhiozzi. Riesco a cogliere sono alcune frasi urlate da Ercole: “Non vedi che quasi tutti guardano lei?” … “Perché io devo avere uno schiavo brutto?”… “Adesso hai un’amica, ho diritto di vederti bella come lei! Impara!” … “Nessuno ti ha mai chiesto in prestito, neanche per una notte!”.
Alla fine un urlo più forte: “Adesso ti sistemo io!”. Seguono una decina di colpi, probabilmente dati con la cintura.
Sto male per il mio amico, ops, marito. Ho finito di mettere le cose negli armadi. Mi mordo un labbro e vado ad aspettare il mio signore davanti alla porta del bagno in ginocchio. Ne intravedo la figura quando esce: è un peso massimo, solo un po’ di pancetta… il corpo completamente ricoperto di pelo nero. mi bagno presto, lo desidero… come una troietta. Spero tanto di non diventarla davvero!
Maestro: “Entra, sono bagnato”.
Lo asciugo con attenzione… sento nascere in me un sentimento di devozione. Si ricontrolla la barba, si pettina… si va a distendere sul letto.
Maestro: “Puoi salire sul letto, vieni qui, in ginocchio tra le mie gambe”.
Capisco che sul letto non potrò starci abitualmente… lo dovevo immaginare: per me c’è lo scendiletto. Ma ubbidisco e mi metto inginocchiata dove lui vuole. Non posso evitare di vederlo, nudo, rilassato: è un orso grizzly… enorme, forte e…. lo devo dire: bellissimo. Mi mordo un labbro, e lui.
Maestro: “Cosa c’è? Cosa vuoi dirmi con quel musetto?”. Mi invento una risposta, peraltro vera.
L.: “Sono dispiaciuta per Claudio... le ha prese forte credo. Vorrei aiutarlo”.
Maestro: “E lo aiuterai. Non immagini quanto. Ma devi essere te stessa, devi essere vera, non immagini quanto sia intelligente, non riusciresti mai a imbrogliarlo. Lo sai che stava per finire ingegneria con la media del 30? Che era già stato chiamato da Microsoft Italia? Ma ora basta, smettila di pensare a quel che vuoi… lo sai a cosa devi pensare vero?”.
Faccio di sì con la testa, rivolgo l’attenzione allo scettro del mio re. Mamma mia, anche a riposo fa impressione!
L.: “Il... il permesso di adorarla, se lo merito”. Chiedo spinta dal mio cuoricino, umilissima. Mi fa un cenno di assenso con la testa. Chino il corpo fino ad avvicinare il viso al suo scroto. Lecco. Ha i testicoli proporzionati al resto: impossibile accoglierli in bocca Lecco con affetto. Gemo, sottovoce, dolcissima. Mi sto bagnando velocemente. E lui... cioè, il suo cosone… si alza. Ma quanto si alza?!?!?
Mi prende per le manine, che scompaiono nelle sue, enormi. Sento le sue parole… e mi sembra un sogno: “Sali su di me, poi scendi piano. Stai molto attenta, non voglio farti male. Non voler strafare”.
Ubbidisco, sto attenta mentre gemo dal desiderio, a lungo, sottovoce, dolcissima: mi sento come una animaletta, che chiama il suo maschio. Lo posiziono sulla mia passerina… scendo… ne accolgo un po’:
L.: “Miaooo… miaoooooo”, godo, godo come una poco di buono, ma scendo, ne accolgo ancora qualche centimetro dentro.
Il cervello mi va in pappa, il corpicino scosso da spasmi violenti, gli occhi rovesciati all’indietro e uno sconcio rivolo di saliva che mi cola dalla bocca al seno. Per istinto di sopravvivenza mi chino e mi distendo su quel corpo immenso. Ma mi tengo il suo membro dentro.
Maestro: “Ma… cosa sei? Sei incredibile… e non stai fingendo, proprio no. Ferma ora, faccio io” e mi inonda la passerina con il suo seme … tanto tanto. Crollo su di lui senza forze, continuando a tremare. Sono come svenuta dal piacere e ne ho accolti solo pochi centimetri. Mi sembra di colare… mi addormento.
Riapro gli occhi che sono in braccio a lui, nuda, avvolta e protetta dal suo corpo. Claudio ed Ercole sono accanto, sorridono.
C.: “Stai bene? Tutto bene?” mi porge un flûte di spumante. Noto che è in ginocchio a terra, mentre i maschi sono seduti. Realizzo che tutti han capito cosa ho fatto, cosa mi è successo. Di scatto nascondo il viso contro il petto del Maestro, mi vergogno… chissà cosa penseranno di me. Ma il Maestro mi accarezza il viso, i capelli, e mi dice sottovoce:
Maestro: “Piacere, mi chiamo Leòn, sono castigliano”.
Gli altri due sgranano gli occhi al sentire che mi ha detto il suo nome.
Lui mi ha tagliato un paio di fettine di mango e papaya, mi imbocca, come fossi una bambina.
Leòn: “Servono la cena tra un’ora e qualcosa, dovete essere bellissime. Rendeteci fieri di avervi. Di corsa!”. Sorride, il tono di voce è allegro.
Mi rialzo, barcollo un po’, respiro profondamente. Poi prendo Claudio per mano:
L.: “Posso aiutarti, per piacere?”.
Lo trascino nella camera di Leòn, chiudo la porta.
L.: “E tu? Stai bene? Ho sentito qualcosa...”
C.: “Me le ha suonate. Forte, come i primi mesi che mi aveva scelto… forse non mi ama più”. Intanto lo pettino e controllo il suo smalto, color rosso fuoco.
L. “Sei tanto più intelligente di me, ma di uomini non capisci niente. Il Preside è pazzo di te. Ogni volta che ti ha vicino quasi ti stupra, cosa credi che sia se non amore? Sono maschi alpha: o ti lasci dominare, o niente”.
Lui tace, io passo a controllare la depilazione: è ancora perfetto, non ha un pelo.
L.: “Questi segni rossi diventeranno blu: corri a prendere l’abito che dovrai indossare, io intanto penso a come fare”.
Intanto indosso il mio: un abito lungo, bianco, di chiffon completamente trasparente: so già che morirò di vergogna. Spero solo che non mi faccia mangiare per terra davanti a tutti. Claudio ritorna.
L.: “Uau, hai lo stesso abito mio, ma in nero. Sarai da urlo e non si vedranno i segni delle cinghiate. Preparati a essere corteggiata, anche pesantemente: vedrai che Ercole sarà fiero della sua schiava. Dobbiamo pregarli di prendere un unguento per i lividi, lo faccio io tu resta qua e metti questa crema per il viso”.
Vado di là, mi inginocchio ai loro piedi, sussurro:
L. “Signori, le vostre schiave vi supplicano. Servirebbe un unguento per i lividi. Non possiamo essere belle senza il vostro aiuto”. Si guardano, annuiscono.
Leòn mi fa alzare, mi prende dalle ascelle, mi solleva come una piuma, mi guarda negli occhi, avvicina la bocca alla mia. Io tremo. Mi bacia, delicatissimo, solo sulle labbra. Mi sento sciogliere come un gelato in spiaggia, colo di nuovo tra le gambe.
Mi deposita a terra, mi gira un po’ la testa. Lui:
L.: “Al lavoro, su! Aiuta Claudio. E non credere di scamparla con quel musetto innocente. Questa luna di miele ti avranno tanti. Tutti quelli che ti vorranno ti avranno. Non mi deludere”.
Barcollando torno dal mio amico, ops, marito. Devo trovare una soluzione, non posso andare in coma ogni volta che quest’uomo mi è vicino.
Lo aiuto col trucco, cerco di spiegargli che ne deve mettere pochissimo, quasi zero, perché ha un viso molto delicato: ha 25 anni e sembra una ragazzina.
Apro l’ultima scatoletta per stasera: due paia di orecchini, per me uno smeraldo, per lui zaffiro. La cavigliera di corallo sembra brillare di sera.
Ci specchiamo, siamo pronte: solo lo chiffon e per il resto nude sui tacchi alti… ci vedranno tutti tutto, Indossiamo i nostri collari… siamo due bombe di erotismo.
Andiamo ad aspettare i padroni, inginocchiate in sala. Quando entrano restano a bocca aperta… noi, umilissime lecchiamo loro il dorso della mano. Spiego.
L. “L’unguento, se permettete, glielo metterei io: perché ho le mani piccine e leggere”.
Riporto Claudio di là, usciamo dopo pochi minuti. Ercole divora la sua serva con gli occhi, Claudio se ne accorge, sorride di gioia. Io mi accosto al suo orecchio:
L. “Vedrai stasera quanto ti farà strillare… di piacere!”, ridacchiamo con modestia, da amiche e complici.
Si va al ristorante, tenute al guinzaglio.
Durante il percorso, gli altri ospiti, si fermano, si spostano per farci passare. Tutti con gli occhi di fuori ad ammirarci, forse non solo perché siamo le più giovani del villaggio.
Entriamo in sala, cala il silenzio, un centinaio di occhi a radiografarci.
Vedo che la tavola è apparecchiata per due, capisco cosa mi aspetta. Uffi…
Leòn posa un cuscino sul pavimento accanto alla sua seggiola. Ercole fa uguale.
Ripeto a me stessa che è giusto così per me, che sono una persona inferiore, che devo essere umiliata per diventare più umile. Fissa il mio guinzaglio alla sedia e io mi inginocchio ai suoi piedi, al suo fianco, busto eretto, occhi bassi.
Poi cerco Claudio con gli occhi, gli sorrido, gli faccio segno di “sì”, con la testa.
Gli altri ospiti han visto il colore della nostra cavigliera, si alzano, si avvicinano, sorridono ai nostri padroni, ma sanno già di avere ogni permesso. Vengo accarezzata, baciata, palpata, pizzicata… anche un dito su per il sedere.
Mi sforzo di sorridere e dire grazie a tutti, resto ai piedi del mio signore: Mentre il mondo mi palpa, lui mi accarezza i lunghi capelli chiari, fino a dove finiscono.
Finalmente servono la cena: ho una fame da lupa e lui mi ha permesso di mangiare solo qualche pezzetto di frutta tropicale. Niente da fare neanche ora: per me, solo quel che decide lui, quel che mi butta nel piattino davanti. Mi bagno per questa nuova umiliazione pubblica, in un modo pazzesco.
Mangio con la bocca nel piattino, senza poter usare le mani. E ora ho anche i capezzoli che bruciano dal desiderio.
Ma realizzo che oggi ho fatto un altro passo avanti: voglio o no diventare la sua animaletta preferita? Perciò…. no more limits!
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