Io e mamma di corsa.
di
chenesai
genere
incesti
La mia passione per il podismo è iniziata all’età di 14 anni quando venne ad abitare vicino casa
Ashem con la famiglia. Sono arrivati dall’Etiopia, si sono integrati immediatamente, hanno socializzato con tutti. Solo il colore lo distingueva da noi. Ashem si allenava tutti giorni, aveva
uno stile di corsa perfetto. Io non potevo seguirlo, eravamo due cose differenti, io all’inizio, lui
già formato e predisposto a ritmi insostenibili per me. Tanto è stato sufficiente per inculcarmi
quella disciplina. Dopo tre anni avevo raggiunto una condizione tale che mi iscrissi ad una gara.
Una bella soddisfazione ma la competizione non era adatta al mio pensiero, non dovevo raggiungere nessun risultato, mi serviva solo per la passione e per il fisico. Non che prima fossi male, ora però con la muscolatura sviluppata, ero diverso, perché compensavo la corsa con altri esercizi. Nel vicinato ero invidiato ed alcuni seguirono il mio esempio. Tra questi mamma, che vedendomi così ben formato mi pregò di portarla con me. Anche lei dopo qualche mese raggiunse
una discreta forma. Non eravamo certo al passo di Ashem ma il nostro scopo era diverso dal suo.
Mamma aveva il doppio dei miei anni, una biondina abbastanza esile niente male con le forme
al posto giusto. Eravamo una bella coppia, gli venne l’idea ci comprare due divise uguali, che
dire eravamo attraenti. Lei ci stava appena nella divisa, ha il vizio di indossare sempre una o
due taglie più piccole della sua. Le forme al posto giusto, papà la osannava. Certo si correva
insieme cercando di far coincidere gli orari. Una delle prime volte che ci allontanammo dalla macchina, per provare una lunga distanza, Giove Pluvio scatenò un temporale che restò nella
storia, allagamenti, fango dappertutto, spiaggia erosa dalle onde altissime. Era Aprile, non
faceva caldissimo, ci riparammo dentro una cabina lasciata aperta da qualcuno, forse ne
facevano uso particolare perché nel pavimento c’erano diversi preservativi di cui un paio molto recenti perché pieni di sborra. Ci mettemmo a ridere, poi notammo un attaccapanni con diverse
maglie. Veramente fu mamma a notarle ed ebbe l’idea di toglierci le divise bagnate, almeno
torcerle ed approfittare delle maglie appese, sembravano pulite. Mi girai di spalle per non
metterla in difficoltà, mi disse “Ti puoi anche voltare, non creder mi vergogni a farmi vedere
nuda da te, piuttosto spogliati anche tu che ti viene un malanno” Gli ordini di mamma non
si discutono, restammo nudi entrambi e quando stavo per prendere una delle maglie appese,
mi consigliò di non indossarle perché potevano essere sporche. Eravamo nudi, cercavo di
non indugiare con lo sguardo sulla figa di mamma che mi attraeva, con lo sguardo e non solo.
Stava venendo fuori qualche raggio di sole, mettemmo le divise sulla porta per farle asciugare almeno parzialmente. In questo movimento sfiorai col cazzo appeso la sua gamba, mi sorrise
ed il cazzo rivolto verso il pavimento in due secondi guardava il cielo. Non si spostò di un millimetro, cercava maggior contatto. “Mamma non decido io, questo agisce da solo” “E’
un belvedere, porca miseria se sei fatto bene, mi stai eccitando” Seguì l’abbraccio materno,
mi stringeva fortissimo, poi con la mano quella minuta biondina, perché ormai non era più
mia mamma, prese il cazzo e piano piano se lo infilò nella figa già lubrificata dall’eccitazione.
Stavo facendo l’amore con mamma senza vergogna, anzi con infinito piacere anche da parte
sua, i movimenti lo testimoniavano. Poi “Sborra dai che sto venendo” Le unghie delle sue
mani penetrarono nella mia schiena, ma il piacere era più forte. “Mamma” le sussurrai
guardandola negli occhi “E’ stato bellissimo” rispose. Poi forse presi dalla vergogna restammo
in silenzio per diversi minuti. Intanto le nuvole erano sparite, il mare agitatissimo, volevo
rimettermi la divisa, me lo impedì “Aspetta ancora un po’” Mi abbracciò ancora “Ho goduto
tantissimo, vorrei rifarlo” “Mamma può venire qualcuno” “Allora”? Era partita di nuovo, ero
pronto anch’io, durò tantissimo la seconda azione, lei esprimeva la soddisfazione gemendo
fortissimo” “Mamma non facciamoci sentire” “Allora”? Insomma non aveva alcun timore
ad essere scoperta mentre scopavamo. Mi avvisò che stava venendo, me ne accorgevo anche
dai suoi movimenti, eravamo in piedi, dovevo piegare le gambe per stare alla sua altezza.
Ora urlava, non gemeva, dopo l’orgasmo non si distaccava, mi baciava sulle labbra.
Rimettemmo le divise, con la mia maglietta si pulì la sborra che colava verso le gambe,
non potevamo neanche lavarci perché il mare era troppo agitato. Alla macchina ci pulimmo
alla meno peggio, rientrammo a casa e dopo una salutare doccia lei si preoccupò di lavare
bene le divise. La guardavo dopo, lei abbassava la testa. Riuscimmo a non parlare di quello
che era successo. Nei giorni successivi, eravamo da soli, tornando sull’argomento “Chico”
come mi chiamava, diminutivo di Enrico “E’ stato bellissimo, ho paura che accada ancora”
“Cosa devo dire mamma” “Riusciamo a mantenere questo segreto”? “Da parte mia sicuramente,
mi dispiace per papà, è molto meglio che non lo sappia” “Ti confesso che con lui godo, con te
è stata un’altra cosa” Lasciamo decidere al tempo. Il tempo decise per la domenica successiva quando papà fu portato dagli amici a caccia, sua passione, lo facemmo nel mio letto senza
profanare il suo talamo. Facemmo appena in tempo a distaccarci, sentimmo chiudere la porta
del garage, papà trovò me nel letto mentre lei era in bagno a fare la doccia. Dal comportamento
di mamma vedevo che interrompere quel rapporto incestuoso, sarebbe stato molto difficile.
Non cambiò mai le abitudini verso papà, saltuariamente, con la massima sicurezza dell’assenza
di papà, lo facevamo ancora. Io avrei anche smesso, era lei che lo voleva.
Ashem con la famiglia. Sono arrivati dall’Etiopia, si sono integrati immediatamente, hanno socializzato con tutti. Solo il colore lo distingueva da noi. Ashem si allenava tutti giorni, aveva
uno stile di corsa perfetto. Io non potevo seguirlo, eravamo due cose differenti, io all’inizio, lui
già formato e predisposto a ritmi insostenibili per me. Tanto è stato sufficiente per inculcarmi
quella disciplina. Dopo tre anni avevo raggiunto una condizione tale che mi iscrissi ad una gara.
Una bella soddisfazione ma la competizione non era adatta al mio pensiero, non dovevo raggiungere nessun risultato, mi serviva solo per la passione e per il fisico. Non che prima fossi male, ora però con la muscolatura sviluppata, ero diverso, perché compensavo la corsa con altri esercizi. Nel vicinato ero invidiato ed alcuni seguirono il mio esempio. Tra questi mamma, che vedendomi così ben formato mi pregò di portarla con me. Anche lei dopo qualche mese raggiunse
una discreta forma. Non eravamo certo al passo di Ashem ma il nostro scopo era diverso dal suo.
Mamma aveva il doppio dei miei anni, una biondina abbastanza esile niente male con le forme
al posto giusto. Eravamo una bella coppia, gli venne l’idea ci comprare due divise uguali, che
dire eravamo attraenti. Lei ci stava appena nella divisa, ha il vizio di indossare sempre una o
due taglie più piccole della sua. Le forme al posto giusto, papà la osannava. Certo si correva
insieme cercando di far coincidere gli orari. Una delle prime volte che ci allontanammo dalla macchina, per provare una lunga distanza, Giove Pluvio scatenò un temporale che restò nella
storia, allagamenti, fango dappertutto, spiaggia erosa dalle onde altissime. Era Aprile, non
faceva caldissimo, ci riparammo dentro una cabina lasciata aperta da qualcuno, forse ne
facevano uso particolare perché nel pavimento c’erano diversi preservativi di cui un paio molto recenti perché pieni di sborra. Ci mettemmo a ridere, poi notammo un attaccapanni con diverse
maglie. Veramente fu mamma a notarle ed ebbe l’idea di toglierci le divise bagnate, almeno
torcerle ed approfittare delle maglie appese, sembravano pulite. Mi girai di spalle per non
metterla in difficoltà, mi disse “Ti puoi anche voltare, non creder mi vergogni a farmi vedere
nuda da te, piuttosto spogliati anche tu che ti viene un malanno” Gli ordini di mamma non
si discutono, restammo nudi entrambi e quando stavo per prendere una delle maglie appese,
mi consigliò di non indossarle perché potevano essere sporche. Eravamo nudi, cercavo di
non indugiare con lo sguardo sulla figa di mamma che mi attraeva, con lo sguardo e non solo.
Stava venendo fuori qualche raggio di sole, mettemmo le divise sulla porta per farle asciugare almeno parzialmente. In questo movimento sfiorai col cazzo appeso la sua gamba, mi sorrise
ed il cazzo rivolto verso il pavimento in due secondi guardava il cielo. Non si spostò di un millimetro, cercava maggior contatto. “Mamma non decido io, questo agisce da solo” “E’
un belvedere, porca miseria se sei fatto bene, mi stai eccitando” Seguì l’abbraccio materno,
mi stringeva fortissimo, poi con la mano quella minuta biondina, perché ormai non era più
mia mamma, prese il cazzo e piano piano se lo infilò nella figa già lubrificata dall’eccitazione.
Stavo facendo l’amore con mamma senza vergogna, anzi con infinito piacere anche da parte
sua, i movimenti lo testimoniavano. Poi “Sborra dai che sto venendo” Le unghie delle sue
mani penetrarono nella mia schiena, ma il piacere era più forte. “Mamma” le sussurrai
guardandola negli occhi “E’ stato bellissimo” rispose. Poi forse presi dalla vergogna restammo
in silenzio per diversi minuti. Intanto le nuvole erano sparite, il mare agitatissimo, volevo
rimettermi la divisa, me lo impedì “Aspetta ancora un po’” Mi abbracciò ancora “Ho goduto
tantissimo, vorrei rifarlo” “Mamma può venire qualcuno” “Allora”? Era partita di nuovo, ero
pronto anch’io, durò tantissimo la seconda azione, lei esprimeva la soddisfazione gemendo
fortissimo” “Mamma non facciamoci sentire” “Allora”? Insomma non aveva alcun timore
ad essere scoperta mentre scopavamo. Mi avvisò che stava venendo, me ne accorgevo anche
dai suoi movimenti, eravamo in piedi, dovevo piegare le gambe per stare alla sua altezza.
Ora urlava, non gemeva, dopo l’orgasmo non si distaccava, mi baciava sulle labbra.
Rimettemmo le divise, con la mia maglietta si pulì la sborra che colava verso le gambe,
non potevamo neanche lavarci perché il mare era troppo agitato. Alla macchina ci pulimmo
alla meno peggio, rientrammo a casa e dopo una salutare doccia lei si preoccupò di lavare
bene le divise. La guardavo dopo, lei abbassava la testa. Riuscimmo a non parlare di quello
che era successo. Nei giorni successivi, eravamo da soli, tornando sull’argomento “Chico”
come mi chiamava, diminutivo di Enrico “E’ stato bellissimo, ho paura che accada ancora”
“Cosa devo dire mamma” “Riusciamo a mantenere questo segreto”? “Da parte mia sicuramente,
mi dispiace per papà, è molto meglio che non lo sappia” “Ti confesso che con lui godo, con te
è stata un’altra cosa” Lasciamo decidere al tempo. Il tempo decise per la domenica successiva quando papà fu portato dagli amici a caccia, sua passione, lo facemmo nel mio letto senza
profanare il suo talamo. Facemmo appena in tempo a distaccarci, sentimmo chiudere la porta
del garage, papà trovò me nel letto mentre lei era in bagno a fare la doccia. Dal comportamento
di mamma vedevo che interrompere quel rapporto incestuoso, sarebbe stato molto difficile.
Non cambiò mai le abitudini verso papà, saltuariamente, con la massima sicurezza dell’assenza
di papà, lo facevamo ancora. Io avrei anche smesso, era lei che lo voleva.
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