Colpevole!

di
genere
tradimenti

(Premessa: in questo racconto sono rappresentati diversi tradimenti… e anche se tra questi c'è quello del vincolo coniugale, è forse il meno rilevante di tutti. Buona lettura!)


*****


"In piedi, entra la Corte!! Presiede il giudice, onorevole Paul Stewart".
La giuria si alza e attende che il magistrato sieda.
"A ruolo è la causa numero 3304 del 20 novembre. Lo Stato contro Gibson. L'imputazione è di truffa aggravata ai danni di mister Marley".
L'accusa si avvicina al banco dei testimoni per porre le sue domande. L'imputato attende con ansia. Rigira tra le mani un fazzoletto sgualcito.
"Buon giorno signor giudice, e buon giorno a voi, signori della giuria…" si volta ad osservare la donna seduta al banco in evidente tensione. È lei l'imputato.
"Può dirci il suo nome?" le chiede.
"Marlene Gibson".
"La sua età?".
"Io… ho 25 anni…" risponde incerta.
"Bene. Oggi, signori giurati, vi racconterò la truffa ordita da questa giovane. Un piano, oserei dire, machiavellico, studiato in maniera così sottile da essere impossibile anche per uno scaltro uomo d'affari come la parte lesa riuscire a sfuggirvi…".
"Obiezione, vostr'onore! L'accusa formula un giudizio sulla vicenda!" tuona l'avvocato della difesa.
"Accolta!" afferma il giudice. "La prego, avvocato, si limiti alle sue domande e all'esposizione dei fatti".
"Sì, certo, signor giudice. Signorina Gibson, qual'è stata la prima volta in cui è entrata in contatto col qui presente signor Marley?".
"Circa 5 mesi fa".
"Vuole per favore esporre a questa Corte come avvenne?".
Marlene parla con voce tremolante, senza guardare in volto il Procuratore Distrettuale… teme ogni minima defaillance ma non rinnega nulla… se pensa al modo in cui è finita lì, coinvolta nel processo, gode di sé stessa, nonostante non sia riuscita a portare a compimento tutto il suo piano.

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5 mesi prima si aggirava con passo felino alla festa d'inizio estate organizzata dal comitato del Country Club, «Welcome summer». Era avvolta in un fasciatissimo vestito azzurro, la scollatura ampia che copriva a malapena i capezzoli. Tutte quelle persone che ridevano allegramente, lo champagne che scorreva a fiumi… ne prese un calice da un vassoio e lo portò alla bocca mentre osservava gli invitati al party. Odiava quel tipo di gente, tutte persone che le avevano voltato le spalle, a lei e alla sua famiglia. In un attimo si erano ritrovati sul lastrico, a fare la fame; e i loro… amici? Sì, certo, si proclamano amici e poi, nel momento del bisogno, sparisc… ah, eccolo!
I suoi pensieri furono bruscamente interrotti.
Era lì, fermo a chiacchierare. Il suo nome è Steven Marley, la sua compagnia è tra le più quotate in borsa dell'ultimo trimestre. Fruttano più le sue azioni di quelle dei colossi automobilistici.
Lo seguì con gli occhi, studiando ogni suo passo. Lui era abbracciato alla sua terza moglie… chissà questa volta quanto durerà… lo vide uscire verso il terrazzo e lo seguì.
Uscì dalla porta laterale, in modo da incrociarlo nel senso opposto, faccia a faccia, e ci riuscì. Si scontrò con lui. Un po' di champagne le era finito addosso, iniziando a scivolare in un sottile rivolo dorato tra i seni.
- Oddio mio… mi perdoni… sono mortificata… -si giustificò Marlene.
- No, la prego signorina, colpa mia… posso darle una mano? -l'uomo rimase incantato a fissare la scia bagnata tra i seni che scendeva a nascondersi tra i vestiti, e le porse un fazzoletto- La prego, lasci che l'asciughi!
- Grazie… -rispose Marlene.
- Perdoni la mia maleducazione. Steven Marley… -le baciò una mano- …e lei? Miss…?
- Lewis. Marlene Lewis.
- Miss Lewis… la prego, prenda dell'altro champagne… -e la condusse in terrazzo. Prese un calice dal vassoio del cameriere in livrea e glielo porse.
- Lewis… il suo nome non mi è nuovo… è per caso imparentata con i Lewis di New York?
- No, mister Marley, la mia famiglia è originaria di Washington.
- Ah, di Washington, capisco…
La conversazione tra loro continuò per svariato tempo. Marlene lo lusingava più e più volte, lo sfiorava, lo toccava, lo guardava maliziosa mentre lui incedeva in complimenti sempre più espliciti.
Il passo successivo fu breve. Poche ore dopo si ritrovavano in una delle camere al piano superiore. Lui che le sfilava quel vestito sottilissimo, lei che gli sbottonava la camicia e gli apriva la patta dei pantaloni.
È un uomo adulto, mister Marley, 50enne circa, eppure il tempo non sembrava aver avuto effetti sul suo corpo. Il suo membro era durissimo, ricurvo, il glande che volgeva verso l'alto, abbastanza lungo e spesso, la cappella scoperta di un rosa vivo che si scuriva sempre più.
Lo prese in bocca piano. Con la punta della lingua iniziò ad insalivarlo, introdusse tra le labbra il glande e lo succhiò avidamente mentre la sua lingua si soffermava sul frenulo, accarezzandolo in lunghe leccate. Sentì l'uomo che iniziava a perdere la ragione, le metteva le mani in testa intrecciandole nei suoi capelli e la spingeva a fondo per farglielo prendere tutto. Le stava fottendo la bocca. Si spinse dentro di lei, che resistette all'impeto. Lei lo sentiva entrare ed uscire luccicante di saliva, sentiva i suoi umori scenderle lungo le cosce impregnandole l'intimo. L'uomo fremeva, le scopava la bocca e con una mano le palpava un seno… le venne dentro, facendole bere tutto. La guardò in volto, con lo sguardo di un pervertito, la fece alzare e le infilò le dita tra le grandi labbra… ne raccolse il miele e lo portò al naso. Si impregnò di quel profumo sensuale di donna… voleva scoparla… gli squillò il telefono… sua moglie.

Si rivestì in fretta e le porse un bigliettino.
- Miss Lewis, questo è il mio numero privato. Avrei piacere di vederla ancora…
Le tenne il mento con le dita e le diede un bacio, poi afferrò la giacca e si dileguò.

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"A quel punto è iniziata la vostra frequentazione. Conferma, miss Gibson?" ingiunge l'accusa.
"Sì, iniziammo a vederci…".
"La mattina del 27 giugno le telefonò il mio assistito per fissare un appuntamento… vuol raccontare alla Corte cosa avvenne dopo?…".

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Quel mattino lo yacht era ormeggiato sul molo, sotto il sole battente. L'acqua era limpidissima, cristallina. Marlene ne fissava i riflessi azzurrini quando sentì la voce dell'uomo.
- Sono qui! Mi vede? -agitava un braccio per richiamarne lo sguardo- Sono contento di averla mia ospite…!
Si avvicinò e le porse la mano per aiutarla a salire.
La gonnellina lasciava scoperte le gambe abbronzate e nel salire a bordo si sollevava sempre più.
- Venga, la porto a fare un giro. Spero abbia con se il costume! Posso darle del tu?
- Ma certo, signor Marley! -rispose lei con tono suadente.
- Perfetto, Marlene! E puoi chiamarmi Steven!
Quell'atteggiarsi in modo così confidenziale l'aveva leggermente imbarazzata. Era una cosa che non si aspettava, ma l'odio la riportò coi piedi per terra. Avrebbe proseguito nel suo intento e evitato gli imprevisti.
Quando si fermarono abbastanza al largo, Steven la raggiunse e si sedette vicino a lei sul divanetto posizionato a prua. Le sue mani si posizionarono sulle caviglie, risalendo in pesanti carezze… le ginocchia, le cosce, poi fin sotto la gonna…
- Allora Marlene… hai portato il costume?
Marlene sorrise.
- In realtà no… però, con un'acqua così bella, è un peccato non fare il bagno…
Si spogliò tutta, liberandosi uno per uno dei suoi indumenti… il top, la gonnellina, il reggiseno e lo slip, finirono a terra in rapidi gesti, rimanendo in piedi davanti a lui completamente nuda, solo con un paio di sandali dal tacco altissimo. Lo fissò pochi secondi e si diresse alla scaletta… tolse anche i sandali, scese pochi gradini e si tuffò nell'acqua.
Dopo un paio di bracciate riemerse e tornò a bordo dell'imbarcazione. Steven le porse un accappatoio bianco in cui lei si avvolse.

Si sedettero di nuovo sul divanetto, mentre Marlene strizzava i capelli inzuppati d'acqua. La sua pelle profumava del suo odore naturale e di salsedine. Steven le toccò le spalle lucide e prese a massaggiarle la schiena, infilando le dita sotto i lembi dell'asciugamano. Glielo fece togliere e la fece piegare in avanti con le braccia poggiate sul divanetto. Iniziò ad osservarle quel culo sodo di ragazza, rotondo, alto, leggermente più chiaro del resto del corpo. Spiccavano i segni dell'abbronzatura, lasciati in altre occasioni dal costume. Ci poggiò le labbra e iniziò a baciarlo, poi a leccarlo. Le aprì le natiche facendoci passare le dita fino alla figa. La strofinava tra una fessura e l'altra, strappandole qualche flebile gemito.
All'improvviso le sue dita sprofondarono nella vagina bollente. Marlene incurvò la schiena… qualche brivido le era comparso a fior di pelle. Steven inizio a leccarla, con la punta della lingua penetrò prima nel pertugio più stretto inumidendolo e ammorbidendolo, poi scese verso le labbra e iniziò a succhiarle. Erano rosse, gonfie, impregnate dei suoi umori, che l'uomo beveva avidamente come ad una fontana.
Tirò fuori il suo cazzo rigidissimo e lo puntò in figa. Scivolò lento e ruvido mentre con una mano le toccava il clitoride e con l'altra la reggeva saldamente da un fianco. Iniziò a scoparla piano, la fotteva a duri colpi, in lenti affondi profondi mentre la ragazza gemeva.
- Fammi godere… -gli chiedeva- …scopami, più forte… dai, ancora!
A quelle parole sentì le palle dell'uomo sbattere sempre più violente contro di lei e l'orgasmo che si avvicinava.
- Puttanella… sei una puttanella… l'ho capito subito, appena ti ho vista… -le sussurrava tra un grugnito e l'altro.
«…E tu sei un fottuto bastardo…» pensava lei «…un maledetto bastardo… sei stato la rovina della mia famiglia, e ora io sarò la tua, gran figlio di puttana…!».
Godeva violentemente dal sentirsi sbattuta da quell'uomo, scopata dal suo più acerrimo nemico, godeva della violenza che si autoinfliggeva.

E non contenta gli porse volentieri anche il culo. Lo sentì sfrangiarsi, brevi stoccate di piacere e di dolore mentre Steven sforzava sempre più, estraeva e infilava il suo membro fino a farglielo prendere tutto, fino ai testicoli. Quel pelo ruvido, ispido, che la graffiava, quei colpi sempre più profondi e veloci man mano che si faceva largo nella sua carne… venne così tante volte da non aver mai goduto così tanto e in modo così osceno e disgustoso. Nella sua testa in quel momento sentiva il ripetersi di due parole: oscenità e disgusto. Godeva di chi le aveva rubato la sua vita e godeva del disgusto che le procurava farsi scopare da quell'uomo rivoltante.

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"Dopo quella prima uscita la signorina iniziò una frequentazione abituale con la parte lesa. Frequentazione dalla quale ottenne cene, viaggi, regali costosissimi. Perché, a dispetto del modo in cui lo vedeva lei, un… cito sue testuali parole… «maiale schifoso», mister Marley aveva cura di lei. Provava affetto, addirittura amore. Si confidava con questa donna, si fidava di lei a tal punto da portarla a conoscenza di suoi affari di una certa portata! Senza contare i numerosi immobili intestati a lei come mere liberalità: doni che il signor Marley le aveva fatto per compiacerla. E non semplici appartamenti, no, signori della Corte… ville: ben 5 ville dal valore di decine di milioni di dollari!! E il tutto pilotato dalla signorina che, avvalendosi di metodi truffaldini, accumulava ricchezze e informazioni allo scopo di rovinarlo!
Ma l'epilogo arrivò a settembre del medesimo anno, quando mister Marley si accorse di una menzogna fondamentale…".

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In Europa non c'era mai stata, Marlene, a Parigi poi…! Quando arrivarono lasciarono i documenti in reception e salirono in camera per darsi una rinfrescata.
Dopo essere uscito dalla doccia, Steven vide Marlene distesa sul letto con lo sguardo rivolto alla finestra.
- Vèstiti, ti porto a cena in un posto esclusivo… e vestirai come voglio io…
Poco oltre, su una poltrona, spiccava uno stupendo abito rosso, lucido, di una finezza impressionante ma che, al contempo, lasciava scoperte le spalle fin sopra la sottile linea delle natiche.
- Faccio una doccia… -disse lei entrando in bagno.
Il fattorino bussò alla porta.
- Monsieur Marley?
- Oui, c'est moi…
- Vos papiers d'identité!
- Merci beaucoup… - e gli mise in mano un centone.
Posò le carte d'identità sul comodino e si distese sul letto. Sentiva lo scorrere dell'acqua contro le pareti della doccia, e la voce della ragazza canticchiare. Si voltò ancora verso le carte d'identità e le prese. Aprì il documento di Marlene.
«Marlene Gibson, nata a San Francisco il 12 novembre del 199… un momento… Gibson???» pensò, mentre osservava il documento con una smorfia di rabbia.
Si alzò infuriato dal letto e aprì la porta del bagno. Spalancò l'anta della doccia sventolando il suo documento davanti al suo viso, quindi la trascinò fuori buttandola a terra.
- GIBSON??? COSA VUOL DIRE QUESTO? CHI SEI TU VERAMENTE?! -la strattonava con vigore, nervosamente, mentre lei tentava di rialzarsi.
- Gibson, sì, GIBSON! Come Carl Gibson, ricordi eh?! Il tuo amico Carl! Quello che ti parò il culo durante la famosa crisi aziendale… hai presente? -gli urlò contro.
- Tu… tu sei sua figlia??!!!
Passato quel momento di sorpresa, la sollevò e la trascinò nella camera da letto, spandendo gocce d'acqua ovunque. La gettò sul letto, furente.
- Che cosa vuoi da me, eh??? Vuoi soldi? Cosa vuoi per tenere la bocca chiusa, eh?
- I tuoi soldi li ho già… molti dei tuoi soldi, e anche molti dei tuoi segreti… voglio rovinarti, proprio come tu hai fatto con mio padre!
Le mollò uno schiaffo.
- Puttana… SEI UNA PUTTANA!

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"Lei quindi ha mentito al signor Marley… con l'intento di sottrargli beni del proprio patrimonio nel tentativo di riprendersi ciò che le era stato tolto… lo conferma, signorina?".
"Le cose non sono così semplici…" replica Marlene.
"Si limiti a rispondere alla mia domanda!" la incalza il procuratore.
"Sì, confermo…".
"Non ho altre domande, signor giudice!".
"La parola alla difesa. Prego avvocato…".
A seguito dell'invito del giudice, è ora l'avvocato difensore ad alzarsi.
"La difesa chiama al banco dei testimoni mister Steven Marley".

"Mister Marley… può spiegare alla giuria il motivo del comportamento della signorina? Il perché dei suoi rancori e della sua sua vendetta verso di lei?".

L'uomo inizia a esporre… fatti che risalgono a oltre 15 anni prima… ai suoi anni di gioventù.

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Steven Marley era scapolo, figlio di una famiglia importante. Era uno dei suoi primi affari, dei suoi primi lavori importanti. Conobbe Carl, giovane imprenditore di successo, laureato, un ragazzo perbene, in gamba, con la testa sulle spalle. Una moglie e una figlia piccola. Una vita perfetta.
I due trovarono subito una profonda intesa personale. Si ritrovavano spesso fuori la sera, per un aperitivo o per il brunch… condividevano viaggi, spesso anche divertimenti. E i divertimenti si facevano sempre più forti: viaggi di piacere, piacere di tutti i tipi…
Dopodiché subentrò la droga, la lucidità anche negli affari iniziò a venire meno e gli investimenti sbagliati si moltiplicarono. In breve Carl Gibson si ritrovò sul lastrico, dopo la crisi in cui era finita l'impresa del suo amico Steven, a cui aveva prestato un mucchio di soldi.
Già, il «grande amico» Steven… subito prima del fallimento arraffò qualche milione di dollari e scappò via, nascondendosi in uno di quei paradisi fiscali offshore. Tornò solo quando le acque si furono calmate. Ma Carl non era l'ultimo degli stronzi… i debiti e l'umiliazione del marcio in cui era caduto lo spinsero al suicidio. Marlene e sua madre videro pian piano gli amici svanire, le proprietà vendute all'asta per saldare i debiti… e poi quel lutto, che segnò la loro vita in modo devastante.

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"La mia assistita, signori, dopo questi tragici eventi, è stata costretta a crescere nella povertà e nel disagio. Già, Marlene Gibson ha vissuto in modo disagiato la sua infanzia e la sua adolescenza. E nel frattempo covava naturale rancore verso l'uomo che è stato l'artefice della loro rovina. Poi un giorno ha deciso che aveva i mezzi per vendicare l'affronto che suo padre, la sua famiglia, e lei stessa, hanno subìto dal qui presente Steven Marley. Signori giurati… quanti di voi non avrebbero reagito in modo analogo? Quanti di voi avrebbero scelto di porre l'altra guancia? …E quanti, invece, avrebbero desiderato far provare al proprio nemico ciò che hanno sofferto a causa sua? La mia cliente ha agito sotto un influsso di rabbia determinato dallo stesso mister Marley, che con la sua condotta spregiudicata e fraudolenta ha pregiudicato il futuro di quella che era una famiglia serena e benestante. A questo punto, mi affido alla vostra ragionevolezza".
L'avvocato si siede; ha concluso l'arringa.

Dopo 5 ore di camera di consiglio, la giuria torna in aula.
Il rappresentante, a nome di tutti i giurati, esprime il verdetto.
"Alla luce dei fatti emersi, dichiariamo l'imputata, Marlene Gibson, colpevole del reato di truffa aggravata".
Il giudice accetta la decisione e si ritira per determinare la pena. Nel frattempo per Marlene viene disposto l'arresto, e viene portata via in manette.

La vicenda finisce su tutti i giornali, la reputazione di Steven Marley ne esce pressoché intatta, così come la sua fedina penale, mentre quella di Marlene è ormai macchiata dal reato. Viene condannata alla restituzione dei beni donati, al pagamento di una multa di 10.000 dollari per danni morali, nonchè a 2 anni di carcere.
E mister Marley? Va in giro rilasciando dichiarazioni secondo le quali non prova rancore verso la signorina Gibson, e in cui esprime la propria ammirazione verso la correttezza di giudizio della Corte.
Correttezza? Già, sicuro…! A volte è incredibile ciò che il denaro può fare…
scritto il
2024-09-22
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