Il testimone

di
genere
tradimenti

Era bella come una dea, in quel vestito da sposa. Quando Andrea la vide avanzare sul sottofondo della marcia nuziale, sembrava non credere ai propri occhi. L'aveva vista vestita e svestita di qualsiasi abito, ma mai come in quello le era sembrata tanto innocente e candida. Ma non era quello, a dargli piacere.
Era convinto che ci fosse qualcosa di terribilmente attraente nell'immagine che gli si parava davanti, perché quell'innocenza e candore non facevano che nascondere la sua vera natura, quella che solamente lui conosceva.

Era lì all'altare, e vedeva Roberto, con lo sguardo estasiato, mangiarsela con gli occhi. Per un istante avrebbe desiderato essere al suo posto solo per poter esternare l'ammirazione che provava in quel momento.
Ma non poteva.
Doveva mantenere il contegno di cui era sempre stato un perfetto esempio. Il padre di Marina lo stava osservando orgoglioso, come per dirgli: «Guarda che opera d'arte ho messo al mondo…», e se solo avesse saputo come se l'era goduta, lui, quell'opera!

Immediatamente il pensiero andò alla sera precedente, quando, aperta la porta del suo appartamento, si era ritrovato Marina di fronte, con una bottiglia di champagne e quel suo sorriso ammaliante, mentre gli diceva: "Non potevo rinunciare alla mia ultima scopata con te da nubile!".
Non aveva voluto alcuna festa di addio al nubilato organizzata dalle amiche. Tanto lo sapeva che alla fine avrebbero chiamato il solito spogliarellista, di cui non avrebbero nemmeno approfittato. Figurarsi! Neanche pagandolo sarebbero state capaci di godersi un uomo, e Marina non sarebbe stata capace solo di guardare. Lei preferiva agire, e agire con chi sapeva darle quello che voleva: piacere!
Quella sera era davvero insaziabile, come se avesse dovuto fare provviste per tutto il periodo della luna di miele. Dopotutto Roberto si era fissato con l'Egitto, e il loro viaggio capitava proprio nel pieno periodo estivo. Evidentemente Marina già immaginava che, con quel caldo assurdo e le levatacce che l'aspettavano per andare a visitare quelle cazzo di piramidi per non incappare nelle ore torride, non le sarebbe rimasto un briciolo di forza da dedicare a ciò che realmente le avrebbe dato piacere.
"Adesso ti faccio provare una cosa!" disse Marina stappando lo champagne.
Andrea non ebbe neanche il tempo di pensare a quale altra diavoleria avesse in mente quel demone della perdizione, che già si trovò con i pantaloni abbassati e lei attaccata alla bottiglia, per trattenere in bocca un sorso di champagne. La vide sorridergli, a labbra serrate, con lo sguardo carico di significati piacevoli, e scendergli tra le gambe che si allargavano frementi dal desiderio di sentirsi solleticare dai capelli morbidi di quella donna.
Si lasciò cadere all'indietro, sul divano su cui Marina lo faceva sedere sempre quando la voglia non riusciva a farla arrivare al letto. Chiuse gli occhi, e sentì il suo membro svettante a contatto con le labbra morbide di Marina che lentamente si dischiudevano, aderendo in ogni singola parte alla pelle attorno alla cappella. A poco a poco la bocca avanzava, e la cappella entrava in contatto con il liquido fresco e frizzante. Un brivido, provocato dalle bollicine che lo stuzzicavano, lo pervase, trasformando il buio in cui si era chiuso in un universo di colori e mescolandoli tra loro sotto l'effetto di giochi caleidoscopici, così come le varie sfumature dei desideri nascenti venivano rimestate all'altezza del ventre. Il suo sesso galleggiava nello champagne, e quella sensazione si ripercuoteva sul suo cervello che sembrava fluttuare in una camera a gravità zero. Andrea iniziò a sentirsi come un palloncino pieno di elio, e sarebbe anche potuto volare via se non fosse stato per quelle labbra che lo tenevano stretto per la sua appendice del piacere.
Riaprì gli occhi per soffermarsi sull'immagine al rallentatore di Marina che si dedicava al suo nuovo gioco, nel quale era ancora poco esperta. Vide le sue guance gonfiarsi, come quelle di un trombettista, quanto più il suo membro la penetrava. La sentì anche ingoiare qualche sorsetto di champagne, evidentemente superfluo; aveva sbagliato nel valutare quanto la propria eccitazione potesse essere ingombrante, specialmente in una situazione come quella, ma come darle torto. Per Andrea era un piacere prestarsi a fare da cavia. Dopotutto lei stava ancora imparando! E tuttavia era innegabile la sua abilità nel fargli sentire il ritmo incalzante delle labbra, senza ingoiare.

Quando il membro raggiunse il massimo turgore possibile, quando sentì che i liquidi venivano lentamente ingoiati e la bocca si allontanava da lui, solo allora Andrea uscì da quell'apnea forzata, come se fosse riemerso lui stesso da un profondo abisso.
Fissò gli occhi sull'immagine di Marina, che si alzava la gonna e si impalava su quel membro ancora fresco per il contatto con lo champagne. La sensazione doveva essere molto piacevole per lei, perché rimase ferma su di lui, fino a ché non riuscì a riscaldarlo. Non ci volle molto. Fu una questione di secondi. Era calda, bollente di desiderio, tanto da iniziare immediatamente il suo delicato e fluido su e giù.
Se lo era scopato così, vestita, mentre Andrea rimaneva inerme di fronte al desiderio della donna ed in balìa del suo e del proprio piacere.

Sorrideva, il padre. Ma forse non avrebbe sorriso a quel modo se avesse saputo.

La cerimonia, il ricevimento, tutto sembrava rispecchiare quella che sarebbe stata l'unione perfetta. Andrea la vedeva passare da un tavolo all'altro, per assicurarsi che gli invitati non si sentissero trascurati. Sembrava una farfalla che volteggiava delicata da un fiore ad un altro, e lui quasi si perdeva nel ricordo di tutte le volte in cui quella stessa delicatezza si era trasformata, nel volgere di un istante, in intensa passione, e di come quella passione era stata capace di renderlo suo succube. Lui, che non si era mai lasciato comandare da alcuna donna, era invece completamente inerme di fronte a Marina, l'unica che era stata capace di corrompere con il sesso il suo spirito di maschio. Quando Marina se lo metteva in testa, era capace di fargli fare tutto quello che desiderava, e con una tale ingenua naturalezza che lui neanche riusciva ad accorgersene.
Ed anche adesso lei stava espandendo la sua forza ammaliatrice, con i suoi sguardi fugaci, le parole sussurrategli senza che nessun altro orecchio potesse ascoltare, con la capacità soprannaturale di farlo sognare solo sfiorandogli la mano.

Doveva allontanarsi almeno per un poco da quell'influsso seducentemente malefico o avrebbe potuto lasciar trasparire qualcosa del desiderio che inevitabilmente cresceva in lui; così prese il suo fidato pacchetto di sigarette e si allontanò dalla sala, per ritirarsi in una delle camere da letto degli ospiti della grande villa, affittata per il ricevimento. Rimase a lungo seduto sul divanetto di fronte alla finestra, cercando di isolarsi dalla musica e dalle voci concitate degli invitati.
Detestava i matrimoni! Anche in questo Marina era stata brava: poiché sapeva che non sarebbe mai venuto, fu talmente persuasiva da convincerlo a farle da testimone.
Si perdeva nel fumo della sigaretta, che disegnava arabeschi irregolari nell'aria.
Spense la cicca nel posacenere sul tavolinetto accanto a lui, e si avvicinò alla finestra, quando sentì le voci di Marina e Roberto avvicinarsi.
"Roberto, possibile che tu non riesca a capire? Sono stanca, voglio andare a casa. Avanti, lasciamo tutti e scappiamo. Sono talmente ubriachi che non si accorgeranno di niente!".
"Ma non sta bene, Marina! Dai, non fare la bimba…!" le disse Roberto, in tono supplichevole.
"Sei sempre il solito!" disse Marina aprendo la porta della camera.
Andrea fece appena in tempo a nascondersi dietro le pesanti sopratende. Non ci teneva ad interrompere quella discussione e rimase fermo, trattenendo quasi anche il fiato… ma Marina sentì immediatamente l'odore della sigaretta al mentolo di Andrea, e si accorse della cicca ancora calda. Lui doveva essere lì.
"Allora, se non vuoi scappare, facciamo l'amore! Qui! Adesso!" riprese la ragazza con subdola malizia e strofinandosi addosso al fresco marito.
Andrea aveva capito di essersi ritrovato in una specie di trappola improvvisata da Marina. Se fosse uscito avrebbe fatto una pessima figura, ma come avrebbe resistito alla situazione, alla gelosia, se lei fosse riuscita a convincere Roberto? In quel momento, Andrea capì cosa significasse davvero «avere fede»: iniziò a sperare devotamente nell'insensibilità sessuale di Roberto, tanto declamata da Marina. E come sperava…!
"Marina! Ti prego… abbiamo una villa piena di gente… lo sai che ti desidero più di ogni altra cosa, ma non ce la faccio a farlo così, di fretta!".
Roberto tentennava, e Marina, per fortuna, non insistette più di tanto.
"Senti, io non mi muovo di qui! Ho i piedi che mi fanno male, il vestito mi soffoca, ho caldo…" iniziò a piagnucolare, "…anzi, adesso lo sai che faccio? Mi tolgo il vestito, riprendo fiato e poi scendo di nuovo. Tu vai a fare compagnia a tutti gli invitati, e ti inventi qualche scusa per giustificare la mia assenza!".
"E va bene, amore…!" disse Roberto, aiutandola a sbottonare il vestito, tra lo sconsolato ed il rassegnato; per poi uscire, lasciandola, come pensava, sola.

"Avanti, esci fuori… o vuoi giocare a nascondino?" disse Marina, dopo essersi assicurata che Roberto fosse abbastanza lontano da non sentire. Se solo avesse voluto, Marina sarebbe facilmente riuscita a convincere il marito a fare l'amore con lei, lì in quella stanza… ma lei non voleva Roberto, voleva solamente giocare un poco con Andrea.
Si avvicinò alla tenda da cui Andrea era appena uscito. Lentamente lasciò cadere il vestito, sensuale come solo lei sapeva essere. Le si leggeva sul viso il piacere di sentirsi accarezzare dalla stoffa leggera dell'abito, e Andrea seguiva la scena con lo sguardo trasognato di chi crede di trovarsi di fronte ad un miraggio. L'aveva desiderata tutta la mattina, e adesso era lì che si offriva ai suoi occhi.
Il vestito continuava la lenta discesa lungo le sinuose curve di Marina, che sorrideva maliziosa e si avvicinava a lui, fino a quando tutta la stoffa non fu arrotolata ai suoi piedi. Marina si allontanò di un paio di passi. Uno spettacolo per gli occhi. Era bellissima, in quel corpetto bianco di broccato. La luce che penetrava dalla finestra rifletteva i disegni della stoffa. Righini che salivano fino ai seni, che le coppe contenevano come oggetti preziosi da porre su delicati piedistalli. Il reggicalze incorniciava il bacino, prima di scendere deciso fino alle calze, bianche guaine che si modellavano su quelle gambe eleganti e ben proporzionate. Non era perfetta, di più. Era angelica! Un'immagine di purezza e innocenza tale da far desiderare immediatamente ad Andrea di insudiciarla con le sue mani impure, come i propri desideri per lei.

Andrea si avvicinò quasi con la paura che quella figura eterea potesse svanire, timido come un bambino di fronte a qualcosa di più grande di lui. Era in balìa di una sensazione di ebbrezza che lo spingeva verso le braccia di Marina, che a mani tese lo invitava a raggiungerlo. Si avvicinò e sfiorò la mano tesa della ragazza. Non era finta… era reale, palpabile. Palmo contro palmo, le loro mani si unirono intrecciandosi, e Andrea le arrivò talmente vicino da sentire il calore di quel corpo. Respirò quelle inebrianti esalazioni, che lo invadevano come una ventata di scirocco e lo bruciavano dentro fino a seccargli la faringe. Una dolce sofferenza si propagò in ogni direzione, in ogni angolo del proprio corpo sedotto dal desiderio libidinoso di averla. Ma non avrebbe neanche osato sfiorarne le labbra, se non fosse arrivato un anche solo sotteso invito della donna.
"Non mi ha voluta!" gli sussurrò lamentosa all'orecchio.
Come non volere una simile bellezza? Come non desiderare di possedere fin nel profondo intimo quella deliziosa creatura? E goderne con quel piacere che solo una donna come Marina era capace di regalare?
Continuava a credere che Roberto non sarebbe mai riuscito ad apprezzarla in maniera completa. Ma per fortuna c'era lui a darle tutto ciò di cui aveva bisogno: un uomo con cui avere quella complicità e intimità che non è lecito avere con il proprio consorte, un uomo con cui condividere il lato più sensualmente animalesco di sé, un uomo a sua completa disposizione per qualsiasi voglia da soddisfare, con passione, devozione e assoluta abnegazione. Qualsiasi cosa per Marina!

"Questo è il completo che dovrei indossare stanotte; volevo dare a Roberto un assaggio in anticipo, ma…" aggiunse Marina con le mani che si muovevano senza pudore tra le gambe di Andrea "…non se lo merita!".
Le mani avevano già liberato il membro di Andrea, trovandolo come sempre nella più splendida delle forme. Marina si girò di schiena, per mostrargli quel lato che lo faceva impazzire, dove la sottile striscia del perizoma si perdeva tra le carni turgide delle natiche.
"E io invece meriterei tutto questo?" disse Andrea, superando agevolmente l'inconsistente ostacolo di stoffa e infilando da dietro le dita nella fessura calda, sudata e completamente glabra, mentre lei, con le mani poggiate contro il muro, apriva le sue gambe per farsi perquisire.
"Solo se giuri di prendere me come tua legittima sgualdrina e di scoparmi sempre fedelmente, nel piacere e nel dolore, in voglia e in necessità. Di impalarmi con il tuo cazzo in tutte le posizioni e in qualunque luogo per tutti i giorni della mia vita!", gli sussurrò, godendosi la sensazione che quelle dita le avevano dato prima di abbandonarla.

Andrea la prese per i fianchi, avvicinando il bacino al morbido culo della donna; sentì le grandi labbra di lei allargarsi per accogliere in una stretta calorosa il proprio glande, gonfio e nudo. Marina era eccitata, e non era difficile capirlo. Sprofondare dentro quella fessura così bagnata provocò un rumore deliziosamente osceno. E poi Andrea sapeva bene che pronunciare la parola «cazzo» le provocava un piacere sottile, che si moltiplicava nella sua mente e corpo come un'eco ossessiva. Forse le piaceva quella rievocazione primitiva dell'oggetto sempre capace di appagare i suoi istinti più selvaggi, o il fatto che questo la facesse sentire come una troia, accantonando tutte le etichette della buona educazione che limitano la ricerca del vero piacere. O forse per lei era come pronunciare una sorta di personale «apriti sesamo», che le dava la possibilità di aprire completamente la porta del piacere.
Ogni volta Andrea cercava di immaginare il perché, ed ogni volta pensava qualcosa di diverso… ma quello che in fondo contava era il risultato finale: lei diventava un lago bollente di umori, e mentre lui le sprofondava ripetutamente dentro, pronunciò devotamente le sue promesse, con la voce rotta dal piacere.
"Io prendo te come la migliore sgualdrina che un uomo possa desiderare, e giuro solennemente di impalarti, sodomizzarti e scoparti la bocca fino all'ultimo dei nostri giorni e fino a quando la dissolutezza incontrollabile della nostra lussuria non ci consumerà!".
Il ritmo della penetrazione divenne tanto più sincopato quanto ci si rendeva conto della pericolosità della situazione. Avrebbero almeno dovuto chiudere la porta a chiave, ma nessuno dei due voleva staccarsi dal corpo dell'altro.
Andrea si avvicinò di più a Marina, premendola quasi contro la parete accanto alla grossa tenda, e passando il braccio sotto al ginocchio di Marina le alzò la gamba, puntando con la mano contro il muro. Le spinte che prima venivano da dietro, adesso provenivano più dal basso. Si muoveva dentro di lei come un irrefrenabile pistone. Era faticoso per Andrea piegarsi sulle ginocchia per caricare le spinte, ma la fatica era ampiamente ripagata.
I miagolii di piacere di Marina si impossessavano della sua mente come uno stuolo di soldati alla carica. A poco a poco i seni, sballottati dalle pesanti bordate, iniziarono a debordare dalle coppe, agitandosi sempre più, fino a quando, completamente liberi dal sostegno, divennero incontrollabili.

Andrea la fece girare, tenendole sempre alzata la gamba. Voleva godersi quello spettacolo di carni sode sbatacchiate dai suoi colpi. Inoltre, da quella posizione riusciva a sfregare il pube contro il clitoride di Marina. Non era un gesto che gli dava piacere fisico, ma sapeva che questo faceva impazzire lei, e forse non c'era soddisfazione più profonda nel godere dell'espressione beata del volto della ragazza, mentre prendeva da questa tutto il piacere che anche lui voleva. Era a pochi centimetri dalle labbra di Marina, ma non la baciava. Non poteva rovinare il trucco della sposa! Si limitava così ad alitarle in faccia il proprio piacere.
"Come fai, eh, strega…?" sussurrò Andrea. "Come fai a essere così porca e sembrare tanto innocente, eh?".
Lui, un uomo che avrebbe potuto quasi essere suo padre, dalle pesanti responsabilità professionali, abituato ad essere sempre padrone di se stesso e dei propri pensieri, un uomo rigido e rigoroso anche sotto il punto di vista sentimentale, che non si era mai lasciato andare completamente ad una donna, ora era lì completamente ipnotizzato da quel corpo tanto più minuto del suo, ma dotato di una carica travolgente che lo stava conducendo a grandi passi lungo un inarrestabile orgasmo. Vedeva il viso di Marina iniziare a contrarsi in un'espressione di disperata sofferenza, mentre la sentiva contrarre i muscoli del ventre come per prepararsi ad un violento colpo all'addome.
"Credo… che stia per venire il momento…" disse Marina cercando di resistere con tutte le ultime forze rimaste, "…di venire dentro alla sposa!". Ebbe giusto il tempo di finire la frase che Andrea le tappò la bocca, per evitare che urlasse. Sempre troppo rumorosi, i suoi orgasmi!
"Si…!" esclamò Andrea, consapevole che il proprio piacere sarebbe esploso insieme a lei… e infatti, solo pochi secidi più tardi, esplose dentro di lei, con un piacere talmente violento che riuscì a controllare a stento.

Si concludeva così il loro rituale privato, in cui non c'erano marce di rimbombanti organi, invitati o ricevimenti. Ciascuno era testimone di sé stesso di fronte al dio del piacere, nella reciproca promessa di godere l'uno dell'altra fino a quando la loro passione lo avesse permesso. Un'unione fuori dal mondo e fuori dalla Chiesa, tanto più indissolubile in quanto conscia di essere completamente sciolta da qualsiasi vincolo.
A malincuore si staccarono, e mentre Andrea si ricomponeva, Marina si dovette sedere sul divanetto di fronte alla finestra. Con gli occhi chiusi si godette gli ultimi postumi.

Sentirono un rumore di passi avvicinarsi rapidamente. Andrea fece appena in tempo a nascondersi nuovamente dietro la grossa sopratenda.
"Amore, sei ancora qui?" tuonò come un rimprovero la voce di Roberto. "Ma ti devi rivestire, cosa ci fai così…? E se fosse venuto qualcuno?".
"Ma sei venuto tu!" disse Marina, alzandosi ed avvicinandosi al marito.
"Santo cielo…! Sei bellissima, e…" aggiunse toccandola tra le gambe "…sei bagnatissima… e odori di sesso come se… dimmi la verità, ti sei toccata, non è così?" chiese con un sorriso eccitato. "Lo sai che mi fa impazzire solo il pensiero!".
"Solo tu conosci il lato più sconcio di me, Roberto! Sei una sofferenza quando ti neghi… e io cosa devo fare?" provò a giustificarsi, mentre lo baciava e gli faceva le fusa come una gattina in calore. "Dovrò anche darmi sollievo, visto che sei tanto perfido con me!".
"Mi farò perdonare più tardi, amore! Abbi solamente un poco di pazienza e rivestiti! Io ti aspetto giù!". Quando stava per uscire dalla camera, si girò e le chiese: "A proposito, hai mica visto Andrea? Sembra scomparso!".
"Sono stata qui tutto il tempo in lingèrie. Mica me ne andavo in giro a vedere che fine ha fatto!" rispose innocente Marina.
"Che sciocco!" rise uscendo e chiudendo la porta dietro di sé.

"Non direi che è sciocco!" ribatté Andrea. "Sei tu che sei una bambina perfida e subdola!". Rise. Anche lei.
Si guardavano ancora con occhi eccitati.
Mentre anche Andrea lasciava la stanza, Marina si rivestì e si godette ancora qualche attimo di beatitudine, prima di gettarsi tra le braccia di Roberto e rivestire i panni di ragazza perbene, e riprendere, almeno per un po', le redini di quella vita normale che i genitori, gli amici ed i parenti le avevano sempre insegnato a desiderare.
scritto il
2024-09-06
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