Storia di una moglie 3
di
Troy2a
genere
tradimenti
Ricordo, per chi avesse letto i precedenti capitoli, che si tratta di una storia vera, romanzata un po', ma senza modificare il contenuto del racconto fattomi dal marito.
Ci capitò di dover andare a Milano, per lavoro, il suo lavoro.
Di solito affidava a me il compito di organizzare il viaggio: albergo e quanr’altro, ma stavolta mi disse che avrebbe provveduro direttamente l’azienda ed io ci credetti.
Arrivammo a Milano: non era il nostro solito albergo, anche se della stessa categoria. Il portiere era impegnato in un altro check in. Era un bel ragazzo, di qualche anno più giovane di noi, allora sui 35. Sabina lo guardò con un’attenzione che non poteva sfuggirmi.
“Ti piace?”!
Si passò un diro sulle labbra, senza rispondere.
“Ti piacerebbe scopartelo, eh?”!
“Io toglierei il condizionale!”
“E come conti di fare?” chiesi scettico.
Era arrivato il nostro turno e ci avvicinammo al desk. Non mi lasciò parlare, disse il suo nome e attese che il giovane trovasse la prenotazione.
“Camera 218!” disse “Secondo piano!”
Lei si passò di nuovo il dito sulle labbra.
“Sai, Matteo?” aveva letto la targhetta sul taschino del portiere “Mio marito non è un tipo geloso ed io sono una donna che ha molto bisogno di attenzioni.”
“Il benessere dei nostri clienti è la nostra priorità, signora! Posso farmi aiutare da un collega, se le sue necessità sono veramente importanti.”
“Finora è sempre bastato uno. Ma c’è una prima volta per tutto: vada per l’aiuto.
Ero completamente tagliato fuori, non mi aveva coinvolto neanche per un’istante e mi sentivo deluso ed arrabbiato.
In camera cifacemmo una doccia, poi lei prese a prepararsi in maniera meticolosa: si rasò la fica, lasciando solo un filo di pelo cortissimo al centro, scelse l’intimo, optando per un babydoll con coppe a balconcino che lasciavano scoperte le tette, autoreggenti color fumo di Londra. Dovetti ammettere a me stesso che era uno schianto, ma, al tempo, che non fosse per me.
Poco dopo le 23, bussarono alla porta. Lei andò ad aprire, così com’era svestita e, a me, che le ricordavo che potesse essere chiunque, rispose laconica:
“Fa lo stesso!”
Matteo ed il suo collega avevano portato una bottiflia di prosecco, per rompere il ghiaccio, ma capirono subito che non ce n’era bisogno,
“Allora con questa ti sfondo il culo!” il linguaggio aveva subito abbandonato ogni pudore. D’altronde, quale pudore suggeriva l’abbigliamento di quella troia di mia moglie? Avevo creato un mostro, ma ancora non sapevo di quale portata.
Rimasi a guardarli, mentre scopavano senza limiti. Non riuscivo ad eccitarmi, anzi l’unica emozione che riuscissi a provare era rabbia, o forse disgusto. Non era più il mio gioco,forse era il suo. Le infilarono la bottiblia nel culo, spingendo fino a che lei non lanciò un urlo di dolore, per riprendere a scopare solo un attimo dopo. Andarono avanti così per un paio d’ore, ignorandomi totalmente e, quando a notte inoltrata li accompagnò alla porta, oscenamente coperta di sborra, li salutò, ricordando che ci saremmo fermati ancora 2 giorni e che per lei sarebbe andato bene rivedersi. Rimasti soli, si coricò senza lavarsi e senza rivolgermi altra parola che non fosse un ì’laconico buonanotte. Rimasi seduto al mio posto e lì rimasi per tutta la notte. Non la odiavo, ma non la amvo più e non l’amo neanche ora, mentre ti parlo. Per me è diventata una puttana, con cui giocare. Che sia mia moglie è un dato ogettivo e non emotivo. Quel che ho scoperto tornato a casa, ha solo confermato che tra noi non c’era più sentimento, che un altro era nei suoi pensieri e dominava su di lei: ascoltai di nascosto una telefonata tra lei e Giovanni, con lei che gli raccontava delle scopate a Milano e di come io non avessi sospettato che era tutto già organizzato ed organizzato da lui. Insomma, non ero più un cuck, ma un vero cornuto.
Ci capitò di dover andare a Milano, per lavoro, il suo lavoro.
Di solito affidava a me il compito di organizzare il viaggio: albergo e quanr’altro, ma stavolta mi disse che avrebbe provveduro direttamente l’azienda ed io ci credetti.
Arrivammo a Milano: non era il nostro solito albergo, anche se della stessa categoria. Il portiere era impegnato in un altro check in. Era un bel ragazzo, di qualche anno più giovane di noi, allora sui 35. Sabina lo guardò con un’attenzione che non poteva sfuggirmi.
“Ti piace?”!
Si passò un diro sulle labbra, senza rispondere.
“Ti piacerebbe scopartelo, eh?”!
“Io toglierei il condizionale!”
“E come conti di fare?” chiesi scettico.
Era arrivato il nostro turno e ci avvicinammo al desk. Non mi lasciò parlare, disse il suo nome e attese che il giovane trovasse la prenotazione.
“Camera 218!” disse “Secondo piano!”
Lei si passò di nuovo il dito sulle labbra.
“Sai, Matteo?” aveva letto la targhetta sul taschino del portiere “Mio marito non è un tipo geloso ed io sono una donna che ha molto bisogno di attenzioni.”
“Il benessere dei nostri clienti è la nostra priorità, signora! Posso farmi aiutare da un collega, se le sue necessità sono veramente importanti.”
“Finora è sempre bastato uno. Ma c’è una prima volta per tutto: vada per l’aiuto.
Ero completamente tagliato fuori, non mi aveva coinvolto neanche per un’istante e mi sentivo deluso ed arrabbiato.
In camera cifacemmo una doccia, poi lei prese a prepararsi in maniera meticolosa: si rasò la fica, lasciando solo un filo di pelo cortissimo al centro, scelse l’intimo, optando per un babydoll con coppe a balconcino che lasciavano scoperte le tette, autoreggenti color fumo di Londra. Dovetti ammettere a me stesso che era uno schianto, ma, al tempo, che non fosse per me.
Poco dopo le 23, bussarono alla porta. Lei andò ad aprire, così com’era svestita e, a me, che le ricordavo che potesse essere chiunque, rispose laconica:
“Fa lo stesso!”
Matteo ed il suo collega avevano portato una bottiflia di prosecco, per rompere il ghiaccio, ma capirono subito che non ce n’era bisogno,
“Allora con questa ti sfondo il culo!” il linguaggio aveva subito abbandonato ogni pudore. D’altronde, quale pudore suggeriva l’abbigliamento di quella troia di mia moglie? Avevo creato un mostro, ma ancora non sapevo di quale portata.
Rimasi a guardarli, mentre scopavano senza limiti. Non riuscivo ad eccitarmi, anzi l’unica emozione che riuscissi a provare era rabbia, o forse disgusto. Non era più il mio gioco,forse era il suo. Le infilarono la bottiblia nel culo, spingendo fino a che lei non lanciò un urlo di dolore, per riprendere a scopare solo un attimo dopo. Andarono avanti così per un paio d’ore, ignorandomi totalmente e, quando a notte inoltrata li accompagnò alla porta, oscenamente coperta di sborra, li salutò, ricordando che ci saremmo fermati ancora 2 giorni e che per lei sarebbe andato bene rivedersi. Rimasti soli, si coricò senza lavarsi e senza rivolgermi altra parola che non fosse un ì’laconico buonanotte. Rimasi seduto al mio posto e lì rimasi per tutta la notte. Non la odiavo, ma non la amvo più e non l’amo neanche ora, mentre ti parlo. Per me è diventata una puttana, con cui giocare. Che sia mia moglie è un dato ogettivo e non emotivo. Quel che ho scoperto tornato a casa, ha solo confermato che tra noi non c’era più sentimento, che un altro era nei suoi pensieri e dominava su di lei: ascoltai di nascosto una telefonata tra lei e Giovanni, con lei che gli raccontava delle scopate a Milano e di come io non avessi sospettato che era tutto già organizzato ed organizzato da lui. Insomma, non ero più un cuck, ma un vero cornuto.
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