Fai di me ciò che ti piace
di
samas2
genere
etero
Ti vedo: sei discinta, i tuoi piedini perfetti calzano sandali aperti, tacco 12, che slanciano le tue gambe e sollevano le natiche tornite, ti strusci l’inguine contro lo stipite della porta, ti accovacci e le tue dita si intrufolano, scostando gli slip, nella tua figa e nel tuo culo, intridendosi delle tue secrezioni che spalmi sulle tette dagli aguzzi e duri capezzoli, che succhi atteggiandoti a femmina dissoluta. Lo so, lo vedo, vuoi che ti prenda e faccia tutto ciò di più osceno mi passi per la testa.
- Voglio essere la tua schiava, cosa stai aspettando? Fai di me ciò che ti piace!
Ti spoglio tremante degli esigui indumenti che ti coprono e libero, con gesto delicato pieno di lascivia, dai sandali, i tuoi piedi, li bacio mentre il cazzo si indurisce fra le gambe. Aspiro i tuoi odori, il tuo afrore di donna in ogni centimetro di pelle, in ogni anfratto, ascelle, inguini, incavo del gomito e del ginocchio. Lecco e bevo, avido, ogni liquido stillante dal tuo corpo fino al trionfo di aromi della tua fessura che mi porgi, fradicia di umori di femmina che mi impiastricciano, odorosi, la faccia. Non mi basta: voglio che la tua pioggia dorata scenda su di me, sul mio corpo, sul mio volto. Sono una bestia erotica famelica, che non vuole farsi sfuggire nulla di te. Il mio cazzo è come risucchiato inesorabilmente nel gorgo fantastico, mirabile, della tua figa e si annega nel piacere.
Guardo le tue brune chiome madide, incollate al tuo volto, la tua bocca dolcemente dischiusa e che geme lasciva.
Cosa chiedere di più - ma basterebbe solo il fuoco dei tuoi occhi per perdermi per sempre.
Ti apro la tua conturbante pesca: la tua roseola bruna attende la mia lingua che, impaziente, la lecca, si insinua dentro come un serpentello voglioso. T’inculo e tu inarchi la schiena per il godimento e il dolore; il mio cazzo avanza, sfrega le strette pareti che si contraggono al suo passaggio, insisto nella mia azione sempre più eccitato.
Ti sento urlare senza limiti:
- Aprimi come una cozza. Fammi male. Trattami da quella puttana, da quella lussuriosa, troia insaziabile che sono.
Ti esplodo dentro, inondandoti col mio seme caldo, impazzendo in una squassante estasi con te: incanto, meraviglia, il mondo adesso sei solo tu.
Mi sveglio sulla sdraio del mio balcone dove ho trascorso la notte, zuppo di sudore e con un’erezione esplosiva, dolorosa.
.È giorno fatto. I raggi del sole non riescono a bucare la caliginosa coltre di vapore e, per effetto della rifrazione, la luce diffusa mi ferisce gli occhi gonfi. Le colline, solitamente azzurrine in lontananza, appaiono di un colore grigio, sabbioso e il loro profilo ondeggia incerto, per il calore. Non ho voglia di uscire, di telefonare in cerca di un’amica o anche solo di un cane con cui parlare, su cui vomitare il mio disincanto.
L’afa toglie il respiro: rimpiango il climatizzatore che non ho voluto installare, rimandando la decisione.
Sono stordito, stanco, incazzato: ieri notte per il malumore, la solitudine ho esagerato con l’alcol andando contro le mie abitudini, frugali in materia; agogno un refolo d’aria che non arriva, maledizione! Mi attacco alla bottiglia di Coca Cola come un poppante ad un biberon.
Mi riassopisco nonostante tutto.
Nella fase preliminare del mio sonno, che ancora non è tale, i miei pensieri si strutturano spesso in allucinazioni, in incubi, ma stavolta è diverso, il pensiero ritorna a te Amber e al sogno erotico da cui non avrei mai voluto destarmi.
Le pareti che dividono i nostri appartamenti non riescono a celare il tuo disagio, la tua sofferenza per un amore travagliato, per un uomo bello e impossibile con cui non ho assolutamente speranza di competere. E poi le tue conversazioni concitate, la tua voglia di una soddisfazione che spesso non trova adeguata risposta, la frustrazione irosa di essere umiliata ma, in fondo, di non poterne fare a meno, i tuoi pianti, che non riescono a offuscare lo straordinario fascino della tua faccia.
Riemergo da questo inquieto dormiveglia con una idea lucida, con una determinazione feroce che non mi appartiene: son carico come una molla compressa.
Son consapevole di avere la stessa probabilità di successo con te, quanto ne potrebbe avere una carica di cavalleria contro i carri armati: azione coraggiosa, tuttavia dissennata.
Non di meno sono davanti alla tua porta. Suono il campanello e attendo disilluso. Scalpiccio di piedi dall’interno.
Apri e ti affacci all’uscio: sei scalza, rivestita unicamente da una slabbrata e abbondante t-shirt inzuppata del tuo sudore, che ti copre fino a metà cosce, ma fa intravedere tutto di te grazie alla trama del tessuto bagnata: le tue mammelle che sobbalzano sensualmente e i loro capezzoli eretti, il bruno vello del monte di Venere. Ma se anche se fossi vestita di tutto punto non potresti celare la tua carica erotica prorompente. Sei bellissima!
Son pronto essere cacciato malamente, mi aspetto un insulto, una porta sbattuta in faccia ma, a sorpresa, un sorriso illumina il tuo bel volto pur velato di tristezza. Ti ritiri da una parte per farmi entrare. Vorrei che la mia voce fosse ferma e mostrarmi sicuro e calmo, virile, ma ciangotto, balbetto:
- Am…Amber”.
Entro. La porta si richiude alle nostre spalle. Sono solo con te, ti stringo a me e ti bacio e tu ricambi.
- Che stia sognando a occhi aperti, sia un sogno dentro un sogno? In ogni caso non svegliatemi, cazzo!
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