Fragranze nella notte

di
genere
feticismo

Il centro commerciale il venerdì sera era gremito di gente impegnata in acquisti o semplicemente intenta a bighellonare. Mi aggiravo, occhi che guardavano senza necessità di pensare, fra le luci sfavillanti delle vetrine sbirciando le merci esposte, annusando i profumi stuzzicanti delle varie gastronomie, il bouquet olfattivo, avvolgente delle profumerie. Stringendo la dimessa borsa della mia spesa da single, rassegnato all’idea di un weekend spiaggiato sul divano, tra una birra e il solito zapping, ero incapace di decidermi di tornare a casa. Mi sentivo un’isola in mezzo alla folla: volti felici, coppie che si stringevano la mano, ragazze dall’aria eccitata per l'inizio del weekend, ma nulla di tutto questo sembrava riguardarmi. Mi aveva lasciato da poco la mia ragazza, oppure ero stato io a mollarla…boh, non ricordavo ma, soprattutto, non m’importava.
- Ehi Max chi non muore si rivede!
Mi girai, mi ridestai dalla mia apatia al suono di quella voce, noto. Era Laura, non solo carina, ma che aveva soprattutto destato in me un’attrazione innegabile. I capelli castani con riflessi rossi, incarnato caldo e luminoso, erano come li ricordavo.
Eravamo stati colleghi negli anni precedenti e, poco prima che cambiassi azienda, ricordo che era in procinto di sposarsi. Mi sovvenne il suo modo di civettare, sempre con quel sorriso radioso, la sua seduzione solo accennata in un’interlocuzione assertiva, i miei approcci falliti che avevano lasciato una scia di desiderio inespresso. Anche ora che non appariva impeccabile, con i capelli non del tutto in ordine e un abbigliamento casual, c’era qualcosa in lei che attirava la mia attenzione, forse il suo volto che aveva acquistato in profondità d’espressione, forse il suo sorriso con quella sfumatura malinconica, la sua spontaneità. Ma no, balle! In realtà mi tirava da impazzire, aveva per me una carica sexy irresistibile.
- Laura, che bello rivederti! Ti trovo splendida. Come ti va? Vedo dalla dimensione delle tue borse della spesa che siete un po' in famiglia.
Lei rise, - Splendida poi! Mi lusinghi ma non credo. Sono in giro da stamattina senza tregua -. Il suono della sua voce mi riportò a tante pause caffè trascorse insieme.
- In realtà il matrimonio è un ricordo passato -, il suo volto espresse una sofferenza e un fastidio al ricordo - . La mia spesa ora è tutta per me, proprio come nella tua, immagino. Nelle sue parole dal sapore amaro, intravvidi uno spiraglio per me e cercai di non lasciarmi sfuggire quella, pur flebile, speranza.
- Ci sei per un aperitivo Laura, per una rimpatriata fra ex colleghi.
- Molto volentieri.
Davanti ai bicchieri, seduti al tavolino di un bar con vista sulla folla vociante e variopinta del centro commerciale, il nostro dialogo si fece più sciolto. Parlando di tutto trovammo spesso sintonie fra noi, affinità elettive. Con un leggero movimento del polso, lei fece ondeggiare il ghiaccio nel suo bicchiere, creando un tintinnio sommesso.
- Non mi aspettavo di ritrovarti qui, proprio ora che pensavo di aver chiuso con il passato. E invece…-, disse, socchiudendo gli occhi in attesa di cogliere una reazione nel mio volto. Le sorrisi cercando di tenere a bada l'emozione che mi scuoteva.
- La vita a volte è strana. Coi suoi giri, rimandi e ritorni ci riporta a ciò che ritenevamo perduto. Chissà, forse questa serata doveva succedere.
Lei inclinò la testa, guardandomi in tralice in quella maniera che sempre mi era piaciuta.
- O magari è solo il destino che ci prende in giro... i vecchi tempi, ti ricordi -?
La sua risata sembrava un soffio, appena percettibile, ma la scintilla nei suoi occhi era molto più eloquente. Notai quel dettaglio, quella luce diversa, e non potei fare a meno di chiedermi quanto potesse essere cambiata.
- Sei sempre stata affascinante anche se non riuscivo a dirtelo. Forse ero troppo intento a darmi un tono professionale in ufficio, forse perché tu eri già impegnata sentimentalmente, chissà -. Lei si avvicinò leggermente, come se volesse creare una confidenza tra noi due, lasciando che la sua voce scivolasse su toni più bassi e caldi.
- Eppure, credo che tu l'abbia detto... a modo tuo -. Avvertii la tensione crescere tra noi, ad ogni sguardo.
- Beh, non abbastanza evidentemente; se potessi tornare indietro farei di meglio -. Laura gli lanciò uno sguardo curioso, giocando con il bordo del bicchiere tra le dita, accarezzandolo.
- Ti piaceva giocare, scherzare con me, burlarti un po’, ricordi?
- Mi eri simpatico, mi piacevi. Forse ho sbagliato tutto, allora.
Un silenzio carico di malinconia, di rimpianti per quello che avrebbe potuto essere, calò tra noi. La musica di sottofondo del bar contribuiva a far affiorare ricordi. Pensai alla serata che mi attendeva, alla solitudine del mio appartamento e all'idea di una prospettiva di tedio, di squallore. Decisi di rischiare.
- Laura, se dopo questo aperitivo ti andasse di continuare a cena ne sarei felice.
Lo dissi quasi d'un fiato, cercando di mantenere un tono leggero, ma ero trepidante per la sua risposta. Lei sorseggiò il suo drink con lentezza, lasciando che il momento si dilatasse. Mentre già l’ansia mi divorava, e avevo ormai perso la speranza, mi rivolse un sorriso dei suoi, meraviglioso e inatteso.
- Perché no, ma ho una proposta alternativa: potresti aiutarmi a portare la spesa a casa. Con tutto quello che ho comprato, poi non occorre uscire a cena; penserò io a preparare qualcosa di sfizioso.
- Permettimi però di contribuire con un vino degno della circostanza.
- Affare fatto.
Trattenni la mia fantasia che già galoppava a briglia sciolta, nel timore che la serata potesse rivelarsi un fiasco. Era preferibile stare calmi e non farsi soverchie illusioni.
- Mettiti comodo Max, ti preparo qualcosa da bere, poi mi dedico alla cucina.
Laura si diresse verso il mobile bar, si sfilò le scarpe con un gesto sensuale, lasciandole scivolare via dai piedi che rimasero avvolti solo nelle calze nere, sottili e aderenti, che ne delineavano ogni curva, dal collo delicato fino alle dita affusolate. Con i due bicchieri in mano si diresse verso me. I suoi piedi toccarono il pavimento, e per un momento parvero esitare, tradendo un’incertezza. Laura riprese a camminare verso di me con un'eleganza naturale, le punte che si sollevavano appena mentre i talloni sfioravano il pavimento con un tocco leggero. Ogni passo era un invito, una promessa. Le calze nere riflettevano la luce soffusa della stanza, le dita si aprivano e si chiudevano appena, cercando equilibrio. Un movimento fluido che mi ipnotizzava; ormai vicina, ne percepivo l’aroma sottile della giornata trascorsa che si mescolava al calore della pelle: un profumo delicato di nylon e un accenno salino che mi colpiva, inebriandomi. C'era una seduzione nel modo in cui camminava, nella libertà ritrovata di quei piedi che si muovevano ora senza costrizioni, ogni passo un preludio misterioso. Brindammo e avvicinammo le nostre labbra.
- Mi sei sempre piaciuta Laura ma ora ti trovo magnifica. Laura si portò allora al centro della stanza; vettori di luce pennellavano il suo corpo, creando ombre che ne esaltavano le curve. Il suo sorriso era una sfida, un invito velato. Con lentezza, iniziò a sbottonare la camicetta, lasciando intravedere la pelle sotto il tessuto, e rivelando un reggiseno nero che non poteva nascondere il fulgore di quelle stupende mammelle. Si voltò, facendomi seguire con lo sguardo la linea della sua schiena, mentre abbassava la gonna con movimenti sinuosi, fino a restare con le calze nere, il reggiseno e lo slip. Seduta sul bracciolo del divano, fece scivolare le dita lungo le cosce, sfilando lentamente le calze, rivelando la pelle liscia, chiara. Il nylon emise un leggero fruscio, e il mio respiro si fece più rapido. I suoi piedi nudi toccarono il pavimento, emettendo un calore che mi raggiunse. Poi si alzò, sicura e provocante. - Ti piace quello che vedi, Max? - sussurrò, si fermò un istante, lasciando che i miei occhi seguissero ogni curva del suo corpo, poi il suo sorriso si fece ancora più provocante.
Con un gesto lento, slacciò il reggiseno e fece scivolare lo slip fino ai suoi piedi. Restò completamente nuda davanti a me, fiera e vulnerabile allo stesso tempo, il corpo illuminato da vettori di luce. Era stupenda! Laura avvicinò il suo corpo al suo, lasciando che la morbidezza dei suoi seni si schiacciasse contro il mio petto. Le sue unghie mi scivolarono lungo la schiena, tracciando linee invisibili. La afferrai con forza, le dita affondavano nella carne morbida mentre la guidavo contro di me, il calore dei nostri corpi ci avvolgeva in una spirale di desiderio sempre più profonda. Le mia labbra scesero sul collo di Laura, mordicchiando la pelle sottile e assaporando il gusto salino del sudore. Laura sollevò una gamba, avvolgendola attorno ai miei fianchi, invitandomi senza parole. Risposi al richiamo, premendo il corpo contro il suo, sentendo la tensione crescente che ci consumava entrambi. Le dita esplorarono le curve di Laura, scivolando verso il basso fino a trovarla già pronta, umida e accogliente. Un gemito profondo si fece strada dalle labbra di lei, le mani afferravano con più forza la mia nuca, trattenendomi vicino mentre le nostre bocche si cercavano in baci affamati. Ogni movimento era una dichiarazione senza parole, del bisogno che ci stava travolgendo. Molecole olfattive dell'intimità di Laura, polline nell’aria, un aroma stordente e primitivo, che parlava di lei in modo crudo e sincero, mi incatenava i sensi, portandomi al limite della ragione. L’afrore si mescolava al calore della nostra pelle, creando un'atmosfera densa, palpabile . Non aspettai oltre; con un movimento deciso la spinsi contro il letto, il corpo di Laura accolse il mio con un abbandono totale. I corpi uniti, il ritmo dettato dai cuori al galoppo. Ogni affondo era più profondo, più intenso, strappando a Laura gemiti che riempivano la stanza, un eco di piacere che risuonava contro le pareti. L’odore della nostra unione, crudo e animale, ci avvolgeva, riempiendo la stanza di una fragranza che raccontava la storia di quella passione travolgente. Laura mi si aggrappava, il suo corpo mi tremava sotto, mentre onde di piacere la attraversavano, portandola sull’orlo. - Sto per…oh…oddio, Max! -, urlò, il suo corpo tremante mentre il culmine la raggiungeva in un’esplosione che di lì a breve condivisi, lasciandoci senza fiato e appagati, distesi l'uno accanto all’altra. Mi sovvenne che non avevamo cenato. Chissà perché.







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2024-11-15
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