Le sneakers consunte
di
samas2
genere
tradimenti
Mi chiamo Elisa, ho ventidue anni. Passeggiare da sola non era certo entusiasmante in quel pomeriggio estivo di caldo soffocante, ma avevo necessità di raccogliere i miei pensieri in quel momento critico e per le scelte che mi aspettavano
Il cielo era di un colore che andava dal bianco sporco al beige, il sole era velato, reso opaco dalla coltre di umidità. Mi perdevo nel silenzio della campagna. Avevo molto caldo, specie ai piedi a causa di quelle vecchie sneakers, vissute e consunte che distrattamente avevo indossato. Ero scivolata poco prima lungo una scarpata distorcendomi la caviglia e zoppicavo.Il cellulare non aveva campo e così, per cercare aiuto, mi inoltrai in una stradina bianca, poco più che un sentiero, che descriveva una curva che ne impediva un’ulteriore vista. Superata la curva mi trovai in un piccolo slargo, dove notai una casolare di campagna. Due cani mi vennero incontro e, data la loro mole, mi spaventai. Ben presto un fischio li bloccò e li richiamò indietro. Un uomo impegnato in lavori di manutenzione, mi salutò cordialmente e mi rassicurò:
- Tranquilla se ci sono io non ha nulla da temere.
Per educazione, per ottenere aiuto, ma anche incuriosita da quella figura andai verso l’uomo. Fulvio era interessante, cinquant’anni anni, il corpo tonico, abbronzato che luccicava per il sudore. Iniziammo a chiacchierare.
- Vedo che ci accomuna la profusa sudorazione in questa giornata torrida.
Aveva preso in affitto quella casa - mi raccontò - per amore della campagna e coltivava, più che altro per hobby, un piccolo appezzamento di terra. Era un professore d’arte e si dimostrò molto perspicace, cogliendo rapidamente dalla conversazione una certa mia insoddisfazione di quel periodo. Con Carlo, il mio fidanzato, non andava benissimo; un po’ di crisi serpeggiava fra noi e l’idea di sposarci era, se non del tutto tramontata, stata rimandata. Parlare con Fulvio in certo modo mi rasserenò. Mi raccontò della sua vita, degli incontri, dei progetti e delle delusioni, distraendomi dai miei crucci. Era originario di Salerno e insegnava arte. Il suo eloquio era brillante, colto. Il linguaggio, ricercato e incisivo, mi catturava.
- Cosa l’ha spinta qui? - chiesi interessata.
- Il lavoro, ma amo spostarmi e non intendo fermarmi a lungo qui. Mi piace cambiare.
Mi lusingò vedere un interesse palese nei miei confronti; mi sentii valorizzata e così quando mi invitò a bere qualcosa di fresco, accettai subito.
- Vedo che zoppica.
- Questo è il motivo per cui mi sono avvicinata.Ho difficoltà a percorrere la strada di ritorno e necessiterei di aiuto.
- Ma certo, la posso riaccompagnare io, ma prima beviamoci qualcosa di fresco.
Ci sedemmo a un tavolo sotto l’ombra di una quercia maestosa. Con apparente casualità mi mostrò i suoi disegni prevalentemente di paesaggi, poi, visto il mio interesse, un secondo gruppo prevalentemente di nudi femminili.
Mi colpì che in alcuni di questi le figure fossero impegnate in atti di autoerotismo che - dovetti confessare a me stessa - mi piacquero ed eccitarono.
Lui se ne accorse e affermò con nonchalance:
- Credo che lei reggerebbe il confronto con queste modelle.
- Non credo proprio - mi schermii imbarazzata.
- Lei non rende giustizia alla sua avvenenza.
Mi alzai e mi accorsi di zoppicare visibilmente.
- Mi faccia dare un’occhiata a quel piede.
- Ma no, non è il caso. Temo che… - Ero francamente imbarazzata.
Mi sorrise.
- Teme per l’odore? Credo che quello che si sprigiona dai piedi di una donna sia un profumo afrodisiaco. Così dicendo mi tolse la scarpa. L’effluvio che si sprigionò era pungente, acre, ma lui parve apprezzarlo. Accolse nelle sue grandi mani callose il mio piede che al confronto appariva uno scricciolo, lo accarezzò, lo massaggiò con un movimento lento, ipnotico; le sue dita scivolavano lungo l’arco plantare, premendo con fermezza nei punti giusti. Il sudore accumulato dalla lunga passeggiata e dal caldo afoso della giornata si era trasformato in un velo umido che impregnava ogni centimetro della mia pelle, e quell’effluvio catturava i sensi di Fulvio.
- È perfetto -, mormorò con un sorriso che rivelava un piacere profondo, quasi viscerale.
Portò il mio piede più vicino al viso, inspirando con lentezza, lasciando che il profumo intenso e naturale lo inondasse.
- Non c’è niente di più autentico dell’aroma di una donna… racconta chi sei, le tue emozioni, ogni passo della tua giornata.
Divenni paonazza, incerta se sentirmi più in imbarazzo o lusingata. Ma il modo in cui Fulvio mi guardava, con un’adorazione quasi reverenziale, mi fece sentire al centro di un’esperienza unica, qualcosa che nessuno mi aveva mai condiviso. Lui continuava, portando le sue labbra a sfiorarmi la pelle umida. Le sue mani grandi tenevano il piede con una delicatezza sorprendente, quasi fosse un fragile cristallo da maneggiare con cura. Quando la sua lingua sfiorò l’arco del piede, trattenni il respiro. Era una sensazione nuova, intima in un modo inaspettato. - Così salato… così vero -, mormorò Fulvio mentre la sua lingua tracciava un percorso lungo la pianta e poi tra le dita, soffermandosi su ogni punto con meticolosa attenzione.
Non potevo fare a meno di osservare il modo in cui Fulvio sembrava perdersi completamente nel piacere di quel momento. E contro ogni aspettativa, cominciai a rilassarmi, lasciandosi andare a quella strana ma irresistibile esperienza.
- Sei un’opera d’arte vivente, riassumi la bellezza di queste terre -, sussurrò Fulvio. Le sue mani scivolavano lungo la caviglia, risalendo un po’ più su, accarezzando il polpaccio con la stessa lentezza deliberata. Ogni tocco era accompagnato da un’esplorazione olfattiva, un respiro profondo che sembrava catturare ogni sfumatura di profumo.Sentivo il calore crescere dentro
- Non avrei mai pensato…
- C’è molto di più di quello che pensiamo - rispose. - Il corpo parla, basta ascoltarlo. Gli odori, i sapori, tutto è parte di questo linguaggio. È come dipingere, ma sulla eterea tela dei sensi.
Quando Fulvio si alzò, invitandomi a seguirlo dentro al casolare, lo feci senza esitazione, il corpo già teso dall’anticipazione. Mi indicò un piccolo sgabello accanto al cavalletto dove era poggiata una tela vuota.
- Prima voglio catturarti così come sei -, disse, prendendo in mano un carboncino. - E poi… consentimi vedere come puoi trasformarti, quando ti lasci completamente andare.
Mi spogliai, emozionata, superando la vergogna. Sedetti, ancora avvolta da quel mix di emozioni contrastanti. Sentivo l’aria fresca del casolare accarezzare la mia pelle sudata, mentre Fulvio iniziava a disegnare con movimenti rapidi ma precisi. La mia figura, i piedi, i contorni del corpo: ogni dettaglio sembrava essere un pezzo di un puzzle che lui stava mettendo insieme.
- Sei bellissima, e adesso toccati per il tuo e il mio piacere; voglio vedere l’espressione del tuo volto mutare in preda alla lussuria.
Ubbidii, vincendo il pudore di mostrarmi mentre immergevo le dita nella mia figa, senza celare la mia eccitazione.
Infine, Fulvio abbassò il carboncino e avvicinandosi: - Ma c’è ancora tanto da scoprire. E voglio farlo adesso .
Le sue mani tornarono a sfiorarmi, questa volta risalendo oltre le caviglie, esplorando con lentezza le mie gambe, il calore crescente che mi si irradiava dalla pelle. Il sapore e il profumo che Fulvio aveva gustato poco prima sembravano ora un preludio, un’introduzione a qualcosa di molto più profondo. Mi lasciai andare. Le sue mani percorsero ogni curva del mio corpo, accarezzandomi la pelle come se fosse seta. Quando le sue labbra si posarono sul collo, poi sul seno, una scarica di piacere mi percorse. - Lasciati guidare - mormorò Fulvio, le sue mani che si muovevano lungo il mio ventre, disegnando cerchi che sembravano accendermi. Sostò sul mio bruno boschetto pubico prima di immergere il volto nella mia fessura bagnata fradicia.
- Che meraviglia il tuo vello folto, testimone della tua giovinezza! Ogni parte di te merita di essere adorata.
Quando finalmente mi scopò, lo fece con una lentezza da impazzire. Ogni gesto studiato per portarmi sempre più in alto, ma senza mai permettermi di concludere troppo in fretta. Fulvio sapeva esattamente cosa fare, come muoversi, come stimolare il mio corpo fino al limite e poi fermarsi, lasciandola sospesa in un’estasi quasi insostenibile.Il tempo sembrava fermarsi. Fulvio mi guardava negli occhi pieno di adorazione e desiderio. Le sue mani non smettevano mai di accarezzarmi, di esplorarmi.-Non trattenerti -, mi disse allorquando cercai di soffocare un gemito. - Lascia che tutto esca, che tutto fluisca.
L’orgasmo mi colpì come un’onda, travolgendomi completamente. Ma Fulvio non si fermò. Continuò a guidarmi verso un altro picco, e poi un altro ancora. Ogni volta era diverso, più intenso, più profondo, come se stessero scavando sempre più a fondo nel piacere stesso. Quando finalmente il ritmo rallentò, mi accasciai sul petto di Fulvio, tremante, appagata.Fulvio mi aveva condotto a in un viaggio che non avrei mai immaginato, fatto di sensazioni nuove e coinvolgenti. Il mio respiro era ancora irregolare, il petto si alzava e si abbassava rapidamente.
- Sei stata straordinaria - mormorò.
- Finché lo vorrai, sarò la tua schiava d’amore e tutto ti sarà concesso.
Fulvio scese con le dita verso la mia intimità, ancora calda, gonfia e pulsante, dove i segni del nostro incontro si erano mescolati in una traccia visibile di un piacere condiviso. Fulvio fece scivolare due dita lungo le pieghe umide della mia carne, raccogliendo il seme che colava dalla sua profondità. Lo osservavo, ipnotizzata, mentre lui si chinava leggermente verso di me. Portò le dita alle mie labbra, che si dischiusero lentamente, il respiro ancora corto. Accettai quelle dita con una docilità che sorprendente, lasciando che la lingua si muovesse lentamente per assaporare ciò che lui mi offriva. Il sapore era unico, un misto di me stessa e di lui.Fulvio mi guardava con intensità, i suoi occhi brillavano. Era come se quel gesto fosse il culmine di una connessione che non aveva bisogno di parole. Chiusi gli occhi, lasciando che quel sapore mi invadesse completamente, fissando quel momento nella mente come un’esperienza indimenticabile, un segreto che avrei custodito per sempre.
PS. Sei mesi dopo Carlo ed io ci sposammo. Nei tre anni successivi in cui Fulvio rimase in zona lo frequentai regolarmente in incontri bollenti e appaganti che mi aprirono a nuove esperienze, allargando i miei orizzonti.
Il cielo era di un colore che andava dal bianco sporco al beige, il sole era velato, reso opaco dalla coltre di umidità. Mi perdevo nel silenzio della campagna. Avevo molto caldo, specie ai piedi a causa di quelle vecchie sneakers, vissute e consunte che distrattamente avevo indossato. Ero scivolata poco prima lungo una scarpata distorcendomi la caviglia e zoppicavo.Il cellulare non aveva campo e così, per cercare aiuto, mi inoltrai in una stradina bianca, poco più che un sentiero, che descriveva una curva che ne impediva un’ulteriore vista. Superata la curva mi trovai in un piccolo slargo, dove notai una casolare di campagna. Due cani mi vennero incontro e, data la loro mole, mi spaventai. Ben presto un fischio li bloccò e li richiamò indietro. Un uomo impegnato in lavori di manutenzione, mi salutò cordialmente e mi rassicurò:
- Tranquilla se ci sono io non ha nulla da temere.
Per educazione, per ottenere aiuto, ma anche incuriosita da quella figura andai verso l’uomo. Fulvio era interessante, cinquant’anni anni, il corpo tonico, abbronzato che luccicava per il sudore. Iniziammo a chiacchierare.
- Vedo che ci accomuna la profusa sudorazione in questa giornata torrida.
Aveva preso in affitto quella casa - mi raccontò - per amore della campagna e coltivava, più che altro per hobby, un piccolo appezzamento di terra. Era un professore d’arte e si dimostrò molto perspicace, cogliendo rapidamente dalla conversazione una certa mia insoddisfazione di quel periodo. Con Carlo, il mio fidanzato, non andava benissimo; un po’ di crisi serpeggiava fra noi e l’idea di sposarci era, se non del tutto tramontata, stata rimandata. Parlare con Fulvio in certo modo mi rasserenò. Mi raccontò della sua vita, degli incontri, dei progetti e delle delusioni, distraendomi dai miei crucci. Era originario di Salerno e insegnava arte. Il suo eloquio era brillante, colto. Il linguaggio, ricercato e incisivo, mi catturava.
- Cosa l’ha spinta qui? - chiesi interessata.
- Il lavoro, ma amo spostarmi e non intendo fermarmi a lungo qui. Mi piace cambiare.
Mi lusingò vedere un interesse palese nei miei confronti; mi sentii valorizzata e così quando mi invitò a bere qualcosa di fresco, accettai subito.
- Vedo che zoppica.
- Questo è il motivo per cui mi sono avvicinata.Ho difficoltà a percorrere la strada di ritorno e necessiterei di aiuto.
- Ma certo, la posso riaccompagnare io, ma prima beviamoci qualcosa di fresco.
Ci sedemmo a un tavolo sotto l’ombra di una quercia maestosa. Con apparente casualità mi mostrò i suoi disegni prevalentemente di paesaggi, poi, visto il mio interesse, un secondo gruppo prevalentemente di nudi femminili.
Mi colpì che in alcuni di questi le figure fossero impegnate in atti di autoerotismo che - dovetti confessare a me stessa - mi piacquero ed eccitarono.
Lui se ne accorse e affermò con nonchalance:
- Credo che lei reggerebbe il confronto con queste modelle.
- Non credo proprio - mi schermii imbarazzata.
- Lei non rende giustizia alla sua avvenenza.
Mi alzai e mi accorsi di zoppicare visibilmente.
- Mi faccia dare un’occhiata a quel piede.
- Ma no, non è il caso. Temo che… - Ero francamente imbarazzata.
Mi sorrise.
- Teme per l’odore? Credo che quello che si sprigiona dai piedi di una donna sia un profumo afrodisiaco. Così dicendo mi tolse la scarpa. L’effluvio che si sprigionò era pungente, acre, ma lui parve apprezzarlo. Accolse nelle sue grandi mani callose il mio piede che al confronto appariva uno scricciolo, lo accarezzò, lo massaggiò con un movimento lento, ipnotico; le sue dita scivolavano lungo l’arco plantare, premendo con fermezza nei punti giusti. Il sudore accumulato dalla lunga passeggiata e dal caldo afoso della giornata si era trasformato in un velo umido che impregnava ogni centimetro della mia pelle, e quell’effluvio catturava i sensi di Fulvio.
- È perfetto -, mormorò con un sorriso che rivelava un piacere profondo, quasi viscerale.
Portò il mio piede più vicino al viso, inspirando con lentezza, lasciando che il profumo intenso e naturale lo inondasse.
- Non c’è niente di più autentico dell’aroma di una donna… racconta chi sei, le tue emozioni, ogni passo della tua giornata.
Divenni paonazza, incerta se sentirmi più in imbarazzo o lusingata. Ma il modo in cui Fulvio mi guardava, con un’adorazione quasi reverenziale, mi fece sentire al centro di un’esperienza unica, qualcosa che nessuno mi aveva mai condiviso. Lui continuava, portando le sue labbra a sfiorarmi la pelle umida. Le sue mani grandi tenevano il piede con una delicatezza sorprendente, quasi fosse un fragile cristallo da maneggiare con cura. Quando la sua lingua sfiorò l’arco del piede, trattenni il respiro. Era una sensazione nuova, intima in un modo inaspettato. - Così salato… così vero -, mormorò Fulvio mentre la sua lingua tracciava un percorso lungo la pianta e poi tra le dita, soffermandosi su ogni punto con meticolosa attenzione.
Non potevo fare a meno di osservare il modo in cui Fulvio sembrava perdersi completamente nel piacere di quel momento. E contro ogni aspettativa, cominciai a rilassarmi, lasciandosi andare a quella strana ma irresistibile esperienza.
- Sei un’opera d’arte vivente, riassumi la bellezza di queste terre -, sussurrò Fulvio. Le sue mani scivolavano lungo la caviglia, risalendo un po’ più su, accarezzando il polpaccio con la stessa lentezza deliberata. Ogni tocco era accompagnato da un’esplorazione olfattiva, un respiro profondo che sembrava catturare ogni sfumatura di profumo.Sentivo il calore crescere dentro
- Non avrei mai pensato…
- C’è molto di più di quello che pensiamo - rispose. - Il corpo parla, basta ascoltarlo. Gli odori, i sapori, tutto è parte di questo linguaggio. È come dipingere, ma sulla eterea tela dei sensi.
Quando Fulvio si alzò, invitandomi a seguirlo dentro al casolare, lo feci senza esitazione, il corpo già teso dall’anticipazione. Mi indicò un piccolo sgabello accanto al cavalletto dove era poggiata una tela vuota.
- Prima voglio catturarti così come sei -, disse, prendendo in mano un carboncino. - E poi… consentimi vedere come puoi trasformarti, quando ti lasci completamente andare.
Mi spogliai, emozionata, superando la vergogna. Sedetti, ancora avvolta da quel mix di emozioni contrastanti. Sentivo l’aria fresca del casolare accarezzare la mia pelle sudata, mentre Fulvio iniziava a disegnare con movimenti rapidi ma precisi. La mia figura, i piedi, i contorni del corpo: ogni dettaglio sembrava essere un pezzo di un puzzle che lui stava mettendo insieme.
- Sei bellissima, e adesso toccati per il tuo e il mio piacere; voglio vedere l’espressione del tuo volto mutare in preda alla lussuria.
Ubbidii, vincendo il pudore di mostrarmi mentre immergevo le dita nella mia figa, senza celare la mia eccitazione.
Infine, Fulvio abbassò il carboncino e avvicinandosi: - Ma c’è ancora tanto da scoprire. E voglio farlo adesso .
Le sue mani tornarono a sfiorarmi, questa volta risalendo oltre le caviglie, esplorando con lentezza le mie gambe, il calore crescente che mi si irradiava dalla pelle. Il sapore e il profumo che Fulvio aveva gustato poco prima sembravano ora un preludio, un’introduzione a qualcosa di molto più profondo. Mi lasciai andare. Le sue mani percorsero ogni curva del mio corpo, accarezzandomi la pelle come se fosse seta. Quando le sue labbra si posarono sul collo, poi sul seno, una scarica di piacere mi percorse. - Lasciati guidare - mormorò Fulvio, le sue mani che si muovevano lungo il mio ventre, disegnando cerchi che sembravano accendermi. Sostò sul mio bruno boschetto pubico prima di immergere il volto nella mia fessura bagnata fradicia.
- Che meraviglia il tuo vello folto, testimone della tua giovinezza! Ogni parte di te merita di essere adorata.
Quando finalmente mi scopò, lo fece con una lentezza da impazzire. Ogni gesto studiato per portarmi sempre più in alto, ma senza mai permettermi di concludere troppo in fretta. Fulvio sapeva esattamente cosa fare, come muoversi, come stimolare il mio corpo fino al limite e poi fermarsi, lasciandola sospesa in un’estasi quasi insostenibile.Il tempo sembrava fermarsi. Fulvio mi guardava negli occhi pieno di adorazione e desiderio. Le sue mani non smettevano mai di accarezzarmi, di esplorarmi.-Non trattenerti -, mi disse allorquando cercai di soffocare un gemito. - Lascia che tutto esca, che tutto fluisca.
L’orgasmo mi colpì come un’onda, travolgendomi completamente. Ma Fulvio non si fermò. Continuò a guidarmi verso un altro picco, e poi un altro ancora. Ogni volta era diverso, più intenso, più profondo, come se stessero scavando sempre più a fondo nel piacere stesso. Quando finalmente il ritmo rallentò, mi accasciai sul petto di Fulvio, tremante, appagata.Fulvio mi aveva condotto a in un viaggio che non avrei mai immaginato, fatto di sensazioni nuove e coinvolgenti. Il mio respiro era ancora irregolare, il petto si alzava e si abbassava rapidamente.
- Sei stata straordinaria - mormorò.
- Finché lo vorrai, sarò la tua schiava d’amore e tutto ti sarà concesso.
Fulvio scese con le dita verso la mia intimità, ancora calda, gonfia e pulsante, dove i segni del nostro incontro si erano mescolati in una traccia visibile di un piacere condiviso. Fulvio fece scivolare due dita lungo le pieghe umide della mia carne, raccogliendo il seme che colava dalla sua profondità. Lo osservavo, ipnotizzata, mentre lui si chinava leggermente verso di me. Portò le dita alle mie labbra, che si dischiusero lentamente, il respiro ancora corto. Accettai quelle dita con una docilità che sorprendente, lasciando che la lingua si muovesse lentamente per assaporare ciò che lui mi offriva. Il sapore era unico, un misto di me stessa e di lui.Fulvio mi guardava con intensità, i suoi occhi brillavano. Era come se quel gesto fosse il culmine di una connessione che non aveva bisogno di parole. Chiusi gli occhi, lasciando che quel sapore mi invadesse completamente, fissando quel momento nella mente come un’esperienza indimenticabile, un segreto che avrei custodito per sempre.
PS. Sei mesi dopo Carlo ed io ci sposammo. Nei tre anni successivi in cui Fulvio rimase in zona lo frequentai regolarmente in incontri bollenti e appaganti che mi aprirono a nuove esperienze, allargando i miei orizzonti.
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