Sognato. Una storia tra sorelle

di
genere
incesti

S-O-G-N-A-T-O

Il verde della collina principale brillava ai raggi del sole.

-Fin quanto durerà?- Coralline parlò.
I capelli della gemella svolazzavano al dolce cullare del vento, occhi rivolti alla cupola lesionata.
Sognato la fissò.

-Non lo so, forse mesi o poche settimane.-

Al di sotto le nubi facevano sprofondare nel oblio la città.

Tutto era destinato a sgretolarsi…

… Sognato si legò i capelli neri, neri come quelli della sua gemella Coralline. Si guardò allo specchio: era come lei, due vite due corpi uguali due anime affini, Sognato vestiva di nero, Coralline di bianco entrambe con occhi color dell'oceano. Quella mattina, Sognato, indossava un abito dal taglio imperiale della sorella, aveva messo perfino lo stesso profumo dalle note floreali. I capelli fluttuavano alla brezza estiva, si era diretta alla spiaggia per incontrare Ariele. Tra i due era stato amore a prima vista, un legame intenso da molto seppellito per il bene di Coralline. Ma il tempo non era riuscito a sopire l'amore, così i due presero a vedersi di nascosto. La spiaggia era il loro nascondiglio. Lí consumavano i loro corpi. Quella mattina, Sognato, prese a dar piacere con la bocca a Ariele. L'aveva impugnato alla base, e la lingua aveva lambito tutta la massa di carne, aveva disegnato il tragitto lasciando una scia di bava dietro di se. L'aveva intriso della sua saliva, l'aveva imboccato, gustato il sapore virile. Aveva succhiato con tutto il suo impeto fino a farsi marchiare. Ma non le era bastato. Presero a fare l'amore, lei sopra di lui a dondolarsi con il caldo rumore delle onde del mare, riparati da una caletta. Il destino fu beffardo quel giorno, la gemella si trovò a fare una passeggiata sulla spiaggia dopo essere uscita ore prima dal lavoro. Da quel giorno, Sognato, non vide più Coralline, fino a quella sera di inizio estate…

… La zia Edvige era stata da sempre un’esteta e bizzarra vecchietta, viveva in una villa elegante rinascimentale in mezzo al bosco. L'arte era il suo pane quotidiano e ogni cosa li ne risentiva dalle statue, ai quadri fino ai giardini dove l’Antica Grecia regnava sovrana. La zia Edvige era solita dare feste in maschera. I banchetti all’interno della villa erano sontuosi, c'era musica e leccornie di ogni specie. E c’era vino, vino in abbondanza, e c'erano risate, frivole o sguaiate. C’erano urla e schiamazzi di ogni genere. Fino a che, si usciva in giardino, tra mezzi busti di Dei e colonne greche, tra siepi e alberi di cipresso, tra cespugli e rovi di rose. Li si ballava e cantava fino all’alba e non solo, si giocava a nascondino come a Versailles nei tempi di Maria Antonietta. C'era un’atmosfera serena, giocosa e bucolica. Sognato e Coralline in quel giardino, facevano di tutto per non finire una davanti ad un’altra, finché Sognato si perse tra le siepi e i grandi arbusti, la musica la sentiva lontana e non riusciva a distinguere nel buio della notte dove fosse capitata, la luna in alto era una silente compagna di avventure, il suo tenue chiarore una benedizione per la giovane donna persa. Sognato non aveva paura, percepiva solo una forte carica erotica muovendosi tra quel verde e statue antiche che pareva a lei sussurrare i segreti della terra e della lussuria. Si sentì come una ninfa in mezzo al bosco ad attendere il suo Fauno. E di li a poco lo trovò. Vide da lontano qualcuno con una maschera, vestito di nero farsi avanti verso di lei. Al chiarore della luna non distingueva molto di quella figura ma, un particolare attirò la sua attenzione. Il vistoso pezzo di carne rigido tra le gambe, era grosso largo, con vene in rilievo. Segno della virilità di un Dio.
Sognato non provò a scappare, quella figura l'aveva ammaliata con sussurri lussuriosi, gli aveva promesso le Mille E Una Notte sotto il cielo senza stelle.
L'aveva fatta stendere tra l'erba fresca, sentiva l'odore della rugiada, l’umido sotto la pelle e il pizzicore dei filamenti verdi. Sollevato il vestito, Sognato, aveva aperto le cosce e si era offerta al grosso segmento di carne. Violata nel suo essere donna, si era sentita oscenamente aperta a metà, allargata a dismisura da quella rigida furia animale che la graffiava la pelle chiara ad ogni affondo.
La voce melodiosa della figura, trascinante, aveva un qualcosa di rassicurante per lei era come se la conoscesse da sempre. La copriva con quel manto nero, la sua maschera bianca le calzava perfettamente gli occhi dal colore intenso, brillavano al fioco candore lunare. La luce di perversione e selvaggia sintonia di corpi, di fusione, di umori appiccicosi bagnava l'erba. Il dolce sgorgare di caldo fluido come se la figura volesse marchiarla di sé, della sua urina. Le urla di goduria si mescolarono tra loro come se quelle due voci melodiose appartenessero alla stessa persona. Nei lunghi affondi sempre più profondi, sembrava che la figura le volesse entrare dentro e non uscire più imprimersi nel suo corpo oltre nella mente. In quei affondi la figura perse la maschera e tra i gemiti dell’orgasmo, Sognato vide Coralline…

Marta aprì gli occhi madida di sudore. Le lenzuola erano appallottolate al bordo del letto, i capezzoli sotto la magliettina leggera erano turgidi. Si voltò verso la finestra aperta, neanche un alito di vento sollevava la tenda leggera. Poi gli occhi incontrarono quelli di Sara, nel letto accanto il suo, dormiva profondamente. Marta si perse a ricordare il sogno, a ricordare loro nel sogno anche se con nomi diversi erano loro quelle due sorelle. Si sollevò e si tirò sul corpo le lenzuola. Aveva caldo, ma questo non le importava voleva solo liberarsi delle mutande e lanciarle sul pavimento, aprire le cosce e affondare le dita nella carne vulnerabile, calda e bagnata. Voleva affondare dentro di lei come nel sogno, sentirsi piena come si era sentita nel sogno, godere come aveva goduto nel sogno. Si morse il labbro per non mugolare e svegliare Sara al suo fianco, e si abbandonò ad un dolce e cullante orgasmo che la fece tremare e contrarre i muscoli vaginali a lungo. I suoi umori colarono tra le natiche depositandosi sul lenzuolo, una macchia vistosa si allargò su esso ma a Marta non importò perché cadde tra le braccia di Morfeo di nuovo…

A colazione Sara aveva già preparato tutto. Era brava a imbandire la tavola con tutto ciò deposto nella dispensa, c'erano tante delizie da gustare ma Marta decise di bere solo un caffè.

-Questa notte ho sognato la casa di zia Ev!- esclamò dal nulla.

-Oh da quanto non ci andiamo?- rispose Sara pensierosa.

-Da quando è morta, non ricordi?-

-Ah si…- disse Sara corrugando la fronte, Marta gli strinse la mano.

-Cosa ne dici se ci andiamo uno di questi weekend? solo io e te e zero ragazzi, zero stress e zero cellulari!- gli propone.

-Affare fatto!-

Si lasciarono poco dopo per andare a lavoro.
In pausa pranzo, Marta decise di mandare un messaggio alla sorella confidandogli il sogno. Era in ansia per la risposta, aveva paura, pensava al peggio.
E invece…

“Ti ho sentita questa notte mentre ti masturbavi, dovevo essere nel letto con te, dovevo essere come nel sogno… ti voglio Marta, ti ho sempre voluto!”

Il cuore di Marta mancò dei battiti, la testa leggera ma, ben presto in lei, si depositarono speranze.


scritto il
2023-05-28
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