Al cinema col mio amico enzo
di
Evablu
genere
gay
Avevo un paio di tettine con due capezzoli grossi e rotondi, le mie forme non lasciavano indifferenti: in una classe e in una scuola esclusivamente maschili gli ormoni in esubero cercavano valvole di sfogo in tutte le direzioni e mi accorgevo curiosamente di essere al centro di improbabili corteggiamenti, c'era chi era diretto ed esplicito, provocandomi reazioni di rifiuto e di fuga, ma c'era anche chi mi invitava a bere qualcosa o al cinema a vedere i film spinti, vietati ai minori, che poi erano stupidaggini dalle trame incomprensibili e noiosi alla morte. Tuttavia Enzo riuscì a convincermi e andammo a vedere Laura Antonelli, che era sempre un bel vedere. Enzo era un tipino bassotto, più piccolo di statura di me, brunetto, capelli lisci, fisico asciutto, quel pomeriggio portava una camicia con tre bottoni aperti e un paio di bermuda, che era settembre, faceva ancora caldo.
Era un cinema di seconda o terza visione, all'ingresso nemmeno ci avevano guardati bene, io indossavo una camicia aderente bianca che faceva risaltare il mio piccolo seno e un paio di shorts, ai piedi portavo gli zoccoli bianchi da infermiere, avevo i capelli sciolti e fra questo e le minne ingannavo anche mia madre.
Nel sedersi accanto a me, alla prima scena in cui Laura Antonelli mise in mostra le sue minne imperiali, Enzo lo aveva già duro. "Guarda, tali e quali alle tue", disse sottovoce e me le pizzicò delicatamente, ridendo, perché non si capisse che gli piaceva farmelo. Anche a me non dispiaceva, peraltro non mi stava infastidendo come molti altri, mi guardò con l'aria di chi chiede il permesso di continuare, io mi vergognavo da morire, sia a cedergli sia perché pure nella penombra potevamo essere visti, mi girai da tutte le parti e la sala era semivuota e poiché mi ero già lasciata palpeggiare da un paio di amichetti e mi era piaciuto, mi rilassai sulla poltrona, come a dire fa' pure. Enzo prese a palpeggiarmi e mi trovò i capezzoli turgidi, "bella, bona, bonissima, femmina, porcella, dolce" diceva e le paroline dolci e intime mi eccitavano da matti, mi sfibbiò un paio di bottoncini della camicia e introdusse la mano cercandomi il seno, "che fai - lo rimproverai - e se ci vede qualcuno?", ma lui non si fermò e quasi mi strappò via gli altri bottoncini per baciarmi i capezzoli, prima uno, poi l'altro, cercai ancora di fermarlo ma mi ritrovai a tenergli la testa con le mani, mentre mi succhiava il seno.
"Enzo, ci vedono!", protestai, ma intanto avevo l'uccellino che non mi stava più nei pantaloni, lui me lo tastò, mi mise una mano sotto il culo e anche questo gli lasciai fare, mi spinse due dita nel buchino, frenato solo dalla flebile stoffa degli shorts, mi piaceva proprio, "sei un porco", gli dissi sottovoce e nel buio vidi il suo sorriso vittorioso, "guarda qua cosa c'è qua, amore" e in un istante aveva tirato giù la lampo e l'aveva messo fuori, un bastone di carne dura, nodosa, odorosa. "Sei pazzo! - quasi gridai sottovoce -. Così finiamo al riformatorio", ma lui non sentiva storie e dopo una brevissima lotta me lo fece impugnare, strinsi fra le dita e la palma un cazzo pulsante, vivo, lungo, enorme, ma non sapevo che farci, ripresi a guardarmi in giro, le poche teste che c'erano affioravano dai posti anteriori, nessuno nelle file a destra e sinistra, mi feci coraggio e iniziai a masturbarlo piano.
"Ma non lo dici a nessuno, vero?". Lui si era rilassato, adagiato sullo schienale, fece cenno di no scuotendo la testa e sollecitandomi la mano perché continuassi, "a nessuno", ripetei avvicinandomi per il timore che ci sentisse qualche altro spettatore, proseguii e mi sentivo tirare sempre di più il pistolino piccolo ma durissimo, lui allungò la mano per palpeggiarmi ancora le tette, pizzicò i capezzoli, mi eccitò ancora di più e io accelerai il movimento, sentii che ansimava, "vengo - sussurrò - vengo..." e prima che me ne rendessi conto mi aveva presa energicamente la testa, spingendomi verso il basso, mi fece tuffare sul suo uccello con le labbra spalancate e in un istante sentii un paio di schizzi caldi riempirmi la gola, stavo quasi per soffocare, continuò a venirmi in bocca e io ingoiavo tutto, mentre lui ululava di piacere sottovoce, in maniera quasi comica.
Subito dopo il suo orgasmo si accesero le luci in sala: era finito il primo tempo, entrò il venditore di bibite, di certo mi vide mezza nuda e accovacciata fra le cosce di Enzo. Non mi alzai nemmeno quando quello provocatoriamente ci offrì una bibita, avevo già bevuto e mi sentii veramente una gran puttana.
Era un cinema di seconda o terza visione, all'ingresso nemmeno ci avevano guardati bene, io indossavo una camicia aderente bianca che faceva risaltare il mio piccolo seno e un paio di shorts, ai piedi portavo gli zoccoli bianchi da infermiere, avevo i capelli sciolti e fra questo e le minne ingannavo anche mia madre.
Nel sedersi accanto a me, alla prima scena in cui Laura Antonelli mise in mostra le sue minne imperiali, Enzo lo aveva già duro. "Guarda, tali e quali alle tue", disse sottovoce e me le pizzicò delicatamente, ridendo, perché non si capisse che gli piaceva farmelo. Anche a me non dispiaceva, peraltro non mi stava infastidendo come molti altri, mi guardò con l'aria di chi chiede il permesso di continuare, io mi vergognavo da morire, sia a cedergli sia perché pure nella penombra potevamo essere visti, mi girai da tutte le parti e la sala era semivuota e poiché mi ero già lasciata palpeggiare da un paio di amichetti e mi era piaciuto, mi rilassai sulla poltrona, come a dire fa' pure. Enzo prese a palpeggiarmi e mi trovò i capezzoli turgidi, "bella, bona, bonissima, femmina, porcella, dolce" diceva e le paroline dolci e intime mi eccitavano da matti, mi sfibbiò un paio di bottoncini della camicia e introdusse la mano cercandomi il seno, "che fai - lo rimproverai - e se ci vede qualcuno?", ma lui non si fermò e quasi mi strappò via gli altri bottoncini per baciarmi i capezzoli, prima uno, poi l'altro, cercai ancora di fermarlo ma mi ritrovai a tenergli la testa con le mani, mentre mi succhiava il seno.
"Enzo, ci vedono!", protestai, ma intanto avevo l'uccellino che non mi stava più nei pantaloni, lui me lo tastò, mi mise una mano sotto il culo e anche questo gli lasciai fare, mi spinse due dita nel buchino, frenato solo dalla flebile stoffa degli shorts, mi piaceva proprio, "sei un porco", gli dissi sottovoce e nel buio vidi il suo sorriso vittorioso, "guarda qua cosa c'è qua, amore" e in un istante aveva tirato giù la lampo e l'aveva messo fuori, un bastone di carne dura, nodosa, odorosa. "Sei pazzo! - quasi gridai sottovoce -. Così finiamo al riformatorio", ma lui non sentiva storie e dopo una brevissima lotta me lo fece impugnare, strinsi fra le dita e la palma un cazzo pulsante, vivo, lungo, enorme, ma non sapevo che farci, ripresi a guardarmi in giro, le poche teste che c'erano affioravano dai posti anteriori, nessuno nelle file a destra e sinistra, mi feci coraggio e iniziai a masturbarlo piano.
"Ma non lo dici a nessuno, vero?". Lui si era rilassato, adagiato sullo schienale, fece cenno di no scuotendo la testa e sollecitandomi la mano perché continuassi, "a nessuno", ripetei avvicinandomi per il timore che ci sentisse qualche altro spettatore, proseguii e mi sentivo tirare sempre di più il pistolino piccolo ma durissimo, lui allungò la mano per palpeggiarmi ancora le tette, pizzicò i capezzoli, mi eccitò ancora di più e io accelerai il movimento, sentii che ansimava, "vengo - sussurrò - vengo..." e prima che me ne rendessi conto mi aveva presa energicamente la testa, spingendomi verso il basso, mi fece tuffare sul suo uccello con le labbra spalancate e in un istante sentii un paio di schizzi caldi riempirmi la gola, stavo quasi per soffocare, continuò a venirmi in bocca e io ingoiavo tutto, mentre lui ululava di piacere sottovoce, in maniera quasi comica.
Subito dopo il suo orgasmo si accesero le luci in sala: era finito il primo tempo, entrò il venditore di bibite, di certo mi vide mezza nuda e accovacciata fra le cosce di Enzo. Non mi alzai nemmeno quando quello provocatoriamente ci offrì una bibita, avevo già bevuto e mi sentii veramente una gran puttana.
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