Anatomia del primo pompino fatto al mio migliore amico - 2
di
Evablu
genere
prime esperienze
Quella notte non chiusi occhio.
Mi ripassarono mille volte le scene del pomeriggio: la pomiciata, lui che si spogliava, il sorriso complice ed erotico, lui che si spogliava, il primo bacio, il sapore della sua lingua, il profumo del suo cazzo.
Ero disperata.
Avrei voluto chiamarlo, ma allora non c'erano cellulari né whatsapp. Avevo un terrore matto che suo nonno ci avesse visti, anche se in realtà era mezzo rincoglionito e di certo non aveva capito. Al tempo stesso avevo paura pure di quel che stavamo per fare, del bel bacio che ci eravamo scambiati, era già il punto di non ritorno. Dovevamo fermarci, assolutamente, era la rovina di entrambi, essere considerati ricchioni era terribile, allora. Ma al tempo stesso ero eccitatissima, non riuscivo a non pensare alla sua lingua calda poggiata sulle mie mammelle, ai morsetti che aveva dato ai miei capezzoli, al modo in cui li aveva succhiati.
Iniziai a masturbarmi dolcemente, cercando di non venire subito, per coccolarmi nel ricordo di quei momenti fantastici, "Giovanni, Giovi", sussurravo, "Giovi, io ti amo, cazzo, ma che mi hai fatto?", e mentre pronunciavo il suo nome raggiunsi l'orgasmo mentale, subito dopo sopraggiunse quello fisico, schizzai altissimo, lo sperma mi ricadde sul seno, sulla pancia, sul pube. Dopo che finii di trastullarmi me lo spalmai sulle mammelle, sui capezzoli, e di nuovo me lo leccai, trovandolo di un sapore unico, magnifico, cosa che mi fece sentire una vacca, perché pensavo al seme di Giovanni, mi chiedevo se avrebbe mai fecondato la mia femminilità intima, innata, inarrestabile.
*
Basta.
Lo vidi il giorno dopo con la sua biondina, si allontanarono insieme e mi assalì una rabbia profonda, intima, incomprensibile: una gelosia rapace, furiosa. Mi ero detta e ridetta che avrei dovuto affrontarlo, dirgli che dovevamo finirla lì, che dovevamo dire basta e in fondo la biondina un po' mi stava cavando le castagne dal fuoco. Invece divenni isterica, una checca isterica, tornai a casa e litigai con mia mamma, che per fortuna uscì sennò avrebbe indagato e mi avrebbe sgamata, le mamme sanno sempre tutto, capiscono quando vogliono capire (e lei con me forse preferiva non capire), rimasi da sola e pensai di mettermi a piangere. Ero lì lì per cedere, i lucciconi stavano risalendo le correnti della mia disperazione, avevo già gli occhi umidi e i singhiozzi pronti.
Invece suonarono alla porta.
Andai col cuore in gola, pensai a qualche disturbatore e invece era lui. L'aria scanzonata ma delusa, forse la biondina l'aveva mollato, lo guardai con occhi ebeti senza aprire bocca.
"Non mi fai entrare?".
Iniziammo a baciarci nella sala d'ingresso, un bacio pazzesco, incollati bocca su bocca, lingua con lingua, le mani che frugavano dappertutto, seni, culo, cazzi, un bacio pauroso, lunghissimo, che non avrei mai pensato che alla mia seconda volta sarei riuscita a darne uno così, invece imparai subito, autodidatta ma con un maestro che adoravo, chiusi il chiavistello della porta di casa per impedire che qualcun altro entrasse e ci interrompesse di nuovo, cominciammo a spogliarci nel corridoio e il percorso che ci separava dalla mia camera fu disseminato di scarpe, magliette, pantaloni, mutandine, ci ritrovammo distesi con le sole calze indosso, tutti e due, io distesa supina e lui sopra, a cavalcioni sul mio torace, praticamente ripartimmo da dove ci eravamo fermati a casa sua.
Lui mi aiutò scoprendo il prepuzio e accostandolo alla mia bocca, posai un bacio sulla sua cappella nuda, con una puntina di lingua mi insinuai nel buchino del suo cazzo. Ebbe un sussulto, sentì un brivido profondo e lungo. Mi sentii una gran troia.
"E' il primo pompino che fai?". Annuii, "non si direbbe", replicò lui e poi fu comunque quasi paterno, mi mise una mano sulla nuca, affondandola tra i capelli lunghi, si avvicinò e di nuovo poggiò le sue labbra sulle mie. Uno schiocco solo, stavolta, poi si allontanò.
"Apri, amore" e io allargai le labbra, chiudendo gli occhi, sentii il suo glande nudo spingersi dentro e poggiarsi sulla mia lingua, era grosso ed ebbi una brutta sensazione. "Ora piano, fallo affondare lentamente dentro la bocca" e me lo spinse dentro di qualche centimetro, facendomi sentire tutto il sapore di pipì, sperma, sale e sporco. Si mise in piedi, mi fece mettere seduta, mi prese i seni grossi e gonfi per l'eccitazione, li palpò con foga, poi si staccò e mi tenne la testa con entrambe le mani, mi guidò nel movimento: "Fai avanti e indietro, delicatamente", sospirò, spostando il bacino su e giù, con leggerezza, per agevolarmi nel modo di succhiarglielo.
Lo sentii mugolare: "Sei brava, continua", disse prendendomi le mani e portandosele una sull'asta, l'altra sui coglioni gonfi e pelosi. Stando così incollata al suo corpo, mentre aveva ripreso a palparmi il seno sodo e gonfio, potevo sentire ogni minima vibrazione della sua pelle, dei suoi muscoli, della sua carne, ogni odore intimo. Lo aveva durissimo, grosso. Mi chiesi se fosse il primo pompino che riceveva, pensai di no e mi sentii gelosa, ma intanto me lo spingeva sempre più nel profondo, usava la mia bocca come una fica caldissima e umida.
"Sei fantastica, sto venendo", lì per lì non realizzai, ma sentii il primo schizzetto della pre-eiaculazione e subito dopo un fiotto caldo che mi riempì il palato e mi allagò la gola, poi il sapore di latte di mandorla che avevo sentito quando mi ero leccata il mio sperma diventò più intenso, le sue mani piantate sulla mia testa mi costrinsero a tenergli il cazzo in bocca fino a quando non finì di eruttare fiotti su fiotti, che in gran parte inghiottii per non soffocare, in minima parte lo sputai. Rallentò i movimenti, sempre tenendomi il suo uccello fra le labbra e le mani sulla testa, poi lo tirò fuori, del tutto scappucciato, e me lo strofinò sulle guance.
"Sei davvero una puttana - disse guardandomi negli occhi - non pensavo così tanto troia".
Volevo dirgli che in realtà ero spaventosamente innamorata di lui, ma ebbi paura di pronunciare la parola amore, mi tenni il troia e da quel momento cominciai ad appartenergli per sempre.
Mi ripassarono mille volte le scene del pomeriggio: la pomiciata, lui che si spogliava, il sorriso complice ed erotico, lui che si spogliava, il primo bacio, il sapore della sua lingua, il profumo del suo cazzo.
Ero disperata.
Avrei voluto chiamarlo, ma allora non c'erano cellulari né whatsapp. Avevo un terrore matto che suo nonno ci avesse visti, anche se in realtà era mezzo rincoglionito e di certo non aveva capito. Al tempo stesso avevo paura pure di quel che stavamo per fare, del bel bacio che ci eravamo scambiati, era già il punto di non ritorno. Dovevamo fermarci, assolutamente, era la rovina di entrambi, essere considerati ricchioni era terribile, allora. Ma al tempo stesso ero eccitatissima, non riuscivo a non pensare alla sua lingua calda poggiata sulle mie mammelle, ai morsetti che aveva dato ai miei capezzoli, al modo in cui li aveva succhiati.
Iniziai a masturbarmi dolcemente, cercando di non venire subito, per coccolarmi nel ricordo di quei momenti fantastici, "Giovanni, Giovi", sussurravo, "Giovi, io ti amo, cazzo, ma che mi hai fatto?", e mentre pronunciavo il suo nome raggiunsi l'orgasmo mentale, subito dopo sopraggiunse quello fisico, schizzai altissimo, lo sperma mi ricadde sul seno, sulla pancia, sul pube. Dopo che finii di trastullarmi me lo spalmai sulle mammelle, sui capezzoli, e di nuovo me lo leccai, trovandolo di un sapore unico, magnifico, cosa che mi fece sentire una vacca, perché pensavo al seme di Giovanni, mi chiedevo se avrebbe mai fecondato la mia femminilità intima, innata, inarrestabile.
*
Basta.
Lo vidi il giorno dopo con la sua biondina, si allontanarono insieme e mi assalì una rabbia profonda, intima, incomprensibile: una gelosia rapace, furiosa. Mi ero detta e ridetta che avrei dovuto affrontarlo, dirgli che dovevamo finirla lì, che dovevamo dire basta e in fondo la biondina un po' mi stava cavando le castagne dal fuoco. Invece divenni isterica, una checca isterica, tornai a casa e litigai con mia mamma, che per fortuna uscì sennò avrebbe indagato e mi avrebbe sgamata, le mamme sanno sempre tutto, capiscono quando vogliono capire (e lei con me forse preferiva non capire), rimasi da sola e pensai di mettermi a piangere. Ero lì lì per cedere, i lucciconi stavano risalendo le correnti della mia disperazione, avevo già gli occhi umidi e i singhiozzi pronti.
Invece suonarono alla porta.
Andai col cuore in gola, pensai a qualche disturbatore e invece era lui. L'aria scanzonata ma delusa, forse la biondina l'aveva mollato, lo guardai con occhi ebeti senza aprire bocca.
"Non mi fai entrare?".
Iniziammo a baciarci nella sala d'ingresso, un bacio pazzesco, incollati bocca su bocca, lingua con lingua, le mani che frugavano dappertutto, seni, culo, cazzi, un bacio pauroso, lunghissimo, che non avrei mai pensato che alla mia seconda volta sarei riuscita a darne uno così, invece imparai subito, autodidatta ma con un maestro che adoravo, chiusi il chiavistello della porta di casa per impedire che qualcun altro entrasse e ci interrompesse di nuovo, cominciammo a spogliarci nel corridoio e il percorso che ci separava dalla mia camera fu disseminato di scarpe, magliette, pantaloni, mutandine, ci ritrovammo distesi con le sole calze indosso, tutti e due, io distesa supina e lui sopra, a cavalcioni sul mio torace, praticamente ripartimmo da dove ci eravamo fermati a casa sua.
Lui mi aiutò scoprendo il prepuzio e accostandolo alla mia bocca, posai un bacio sulla sua cappella nuda, con una puntina di lingua mi insinuai nel buchino del suo cazzo. Ebbe un sussulto, sentì un brivido profondo e lungo. Mi sentii una gran troia.
"E' il primo pompino che fai?". Annuii, "non si direbbe", replicò lui e poi fu comunque quasi paterno, mi mise una mano sulla nuca, affondandola tra i capelli lunghi, si avvicinò e di nuovo poggiò le sue labbra sulle mie. Uno schiocco solo, stavolta, poi si allontanò.
"Apri, amore" e io allargai le labbra, chiudendo gli occhi, sentii il suo glande nudo spingersi dentro e poggiarsi sulla mia lingua, era grosso ed ebbi una brutta sensazione. "Ora piano, fallo affondare lentamente dentro la bocca" e me lo spinse dentro di qualche centimetro, facendomi sentire tutto il sapore di pipì, sperma, sale e sporco. Si mise in piedi, mi fece mettere seduta, mi prese i seni grossi e gonfi per l'eccitazione, li palpò con foga, poi si staccò e mi tenne la testa con entrambe le mani, mi guidò nel movimento: "Fai avanti e indietro, delicatamente", sospirò, spostando il bacino su e giù, con leggerezza, per agevolarmi nel modo di succhiarglielo.
Lo sentii mugolare: "Sei brava, continua", disse prendendomi le mani e portandosele una sull'asta, l'altra sui coglioni gonfi e pelosi. Stando così incollata al suo corpo, mentre aveva ripreso a palparmi il seno sodo e gonfio, potevo sentire ogni minima vibrazione della sua pelle, dei suoi muscoli, della sua carne, ogni odore intimo. Lo aveva durissimo, grosso. Mi chiesi se fosse il primo pompino che riceveva, pensai di no e mi sentii gelosa, ma intanto me lo spingeva sempre più nel profondo, usava la mia bocca come una fica caldissima e umida.
"Sei fantastica, sto venendo", lì per lì non realizzai, ma sentii il primo schizzetto della pre-eiaculazione e subito dopo un fiotto caldo che mi riempì il palato e mi allagò la gola, poi il sapore di latte di mandorla che avevo sentito quando mi ero leccata il mio sperma diventò più intenso, le sue mani piantate sulla mia testa mi costrinsero a tenergli il cazzo in bocca fino a quando non finì di eruttare fiotti su fiotti, che in gran parte inghiottii per non soffocare, in minima parte lo sputai. Rallentò i movimenti, sempre tenendomi il suo uccello fra le labbra e le mani sulla testa, poi lo tirò fuori, del tutto scappucciato, e me lo strofinò sulle guance.
"Sei davvero una puttana - disse guardandomi negli occhi - non pensavo così tanto troia".
Volevo dirgli che in realtà ero spaventosamente innamorata di lui, ma ebbi paura di pronunciare la parola amore, mi tenni il troia e da quel momento cominciai ad appartenergli per sempre.
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