Anatomia del primo pompino fatto al mio migliore amico - 1

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genere
prime esperienze

Ero fottutamente innamorato di Giovanni e il rientro a scuola, dopo le vacanze estive, fu traumatico, se non sconvolgente: mi ritrovai di fronte una persona completamente diversa da quella che conoscevo, un ragazzo sbocciato in tutti i sensi, più alto, più bello, slanciato e meno pingue, un promettente gonfiore lo aveva solo fra le gambe, era scanzonato e travolgente come sempre, quel suo modo di trattarmi come sempre particolare, festoso, entusiasta. Io, timido e occhialuto, paffutello e impaurito dai miei desideri segreti e chiusi a chiave nelle soffitte più remote della mia anima, mi mostravo impacciato e più mi comportavo così e più Giovanni mi cercava, alternandosi però fra me e una ragazzina bionda, carina, occhi azzurri ma niente tette. Mentre io, che ragazzina non ero, avevo due tettine piccole ma sode, evidenti: succede, sono ghiandole mammarie più sviluppate del normale, che mi creavano mille imbarazzi e paturnie ma facevano parte di me, contribuivano al mio stravolgimento psicologico e a una forma di squilibrio ormonale. Eravamo in classi rigidamente separate tra maschili e femminili e io agli occhi di molti miei compagni rappresentavo il perfetto surrogato della femminuccia vera: oltre alle tette avevo i capelli esageratamente lunghi, il visetto gentile e i modi aggraziati. In molti cominciarono a provarci con me, Giovanni se ne accorse e giocò d'anticipo: trascorsa una settimana dall'inizio della scuola, insisté per studiare con me. E io accettai.
*
Venne a casa mia e dopo avere studiato un poco, in un silenzio assoluto allungò una mano, per la prima volta, il secondo pomeriggio trascorso insieme: c'era mamma di là ed eravamo a fine pomeriggio. Non c'era stata alcuna avvisaglia, solo tanti sorrisi e discorsi un po' ammiccanti, sesso come ne possono parlare ragazzini inesperti. Quando cominciò a palpeggiarmi, per non fare trambusto e non attirare l'attenzione di mamma non reagii, cercai solo di ritrarmi ma non c'era spazio per sfuggirgli. E io in realtà non volevo sfuggirgli.
"Che bel seno", sussurrò lui riempiendosi una mano di una mia mammella. Quelle parole e il calore della sua pelle, che sentii attraverso la maglietta leggera e molto fine che indossavo, mi fecero andare nel pallone. Mi massaggiò qualche secondo, poi usò anche la seconda mano per l'altra tetta. "Che misura porti? Direi almeno la seconda". Mi eccitai ancora di più: in teoria avrei dovuto fermarlo, invece iniziammo a respirare profondamente, quasi ad ansimare in maniera complice, i capezzoli sbucarono scuri e appuntiti sotto la maglietta, mi sentii tirare all'altezza dell'inguine. Lui prese a palpeggiarmi, tale e quale come se fossi stata una ragazza.
"Ti piace?", chiese ma non risposi, tenendo gli occhi bassi per non incrociare i suoi e lo sguardo mi cadde laggiù, era eccitato e aveva il pube gonfio pure lui. Un cazzo enorme si stagliava fra le sue gambe. Lui si accorse che lo stavo osservando lì, fu rapido come un felino e mi acchiappò una mano, portandomela sul suo cazzo. Lo trovai incredibilmente duro, mi costrinse a tenerglielo qualche secondo, constatai quanto fosse grosso, poi riuscii a staccarmi, facemmo rumore, arrivò mamma, ci separammo all'istante e pochi minuti dopo lui andò via, senza che facessimo alcun commento.
*
Quella notte pensai tutto il tempo a quello che era successo: mi ero fatta toccare le minne e gli avevo tastato il cazzo... non si deve ripetere mai più, mi dissi tra me, mi sentivo umiliato e offeso ma mentre ci pensavo, quasi senza che me ne accorgessi, una mano mi era scivolata sul mio piccolo seno, l'altra era andata a sfiorare le mutandine e mi ero ritrovata il pisello aguzzo, mezzo duro. Pensai di essere un finocchio e la cosa mi eccitò ancora di più, infilai una mano sotto la maglietta e l'altra dentro gli slip, il piccolo cazzo mi crebbe rapidamente fra le dita, le mammelle eccitate si gonfiarono, i capezzoli si inturgidirono di nuovo, sollevai la maglietta e mi inumidii gli indici e i pollici, li usai per svitare i capezzoli e mi sentii quasi svenire per quanto mi stava piacendo, pensai che Giovanni aveva avuto pochi secondi per far emergere la mia vera natura, se avesse avuto qualche minuto in più mi avrebbe scopata senz'altro e nel continuare a parlare di me stessa al femminile sentii che stavo per godere senza toccarmi, corsi a impugnare il cazzetto, lo menai due o tre volte, tirando via la pelle e scoprendo il prepuzio e metà del glande, venni a fiotti talmente alti che uno mi finì all'altezza della bocca, sentii il mio seme caldo sulla pelle del viso e lo leccai, sapeva di latte di mandorla e in fondo poteva essere quello di Giovanni.
*
Dopo quella notte rimasi estremamente turbato, passai l'intera giornata di lezioni a guardare come un ebete nella sua direzione e quando suonò l'ultima campanella e Giovanni filò verso l'ala femminile della scuola per inseguire la biondina, decisi di fare come lui quando si era "autoconvocato" a casa mia per pomiciare con me e lo fermai con estrema decisione: "Alle tre vengo a casa tua", gli dissi con un tono che non ammetteva né repliche né trattative.
Arrivai più puntuale di un treno svizzero, lo trovai con un mezzo sorrisino malizioso, anche perché mi ero messa una maglietta appartenuta a una mia sorella ormai ventenne, con il collo a V, decisamente sexy, femminile e strettina per me, cosa che mi strizzava ed evidenziava le tette.
Ci sedemmo fianco a fianco nella sua stanza e senza nemmeno aprire un libro cominciò a palpeggiarmi il seno. Non ebbi alcuna reazione, anzi sollevai il bacino per spostarmi dal suo lato, buttandomi letteralmente addosso a lui. Non perse tempo, corse a infilare una mano sotto il mio culo, con l'altra continuò a toccarmi le tette. Sorprendendo me stessa, gli misi una mano fra le cosce: era già mezzo duro e cercai di prendere quel gonfiore dentro la mia manina delicata. Non avevamo detto una parola e continuammo a stare in silenzio, mentre lui mi spingeva due dita nel solco fra i glutei, all'altezza del buchino. Standogli appiccicata, sentivo il suo respiro attraverso il gonfiarsi regolare del suo petto sulla mia schiena, stavo rapidamente perdendo il controllo e mi resi conto dopo qualche istante che mi aveva sollevato la maglietta, mi stava palpando il seno e i capezzoli nudi e aveva preso a sbaciucchiarmi i capelli.
"Non pensavo fossi così mignotta", mi sussurrò in un orecchio, prima di infilarci la lingua e cominciare a leccarmi intimamente, cosa che, tra il rumore nel timpano e la saliva che penetrava, mi procurò una sensazione di possesso profondo. Mi staccò da sé, mi spinse sul letto. Fu in quel momento che mi riebbi, che mi chiesi dove avessi trovato tutta quella sfacciataggine, quel coraggio incredibile.
"Ma ci sono i tuoi?", chiesi allarmata.
"Solo i miei nonni, ma non sentono un cazzo", e detto questo si lanciò sui miei capezzoli iniziando a leccarli, mordicchiarli e succhiarli in maniera letteralmente divina. Sì, anch'io mai avrei pensato di essere così troia, di lasciarmi andare in quel modo. Stando disteso sopra di me, lui sentì un piccolo spuntone all'altezza del mio pube.
"Ce l'hai duro - disse con aria trionfale - e guarda qua", aggiunse spogliandosi in un attimo e tirandoselo fuori. Un cazzo che mi sembrò enorme, il primo della mia vita: non certo il più lungo che avrei e mi avrebbe usata, ma considerevole, odoroso, possente. Si avvicinò, sentii nettamente il profumo, l'afrore. Lui, stando in piedi di fronte a me seduta sul letto, non volle perdere tempo e me lo schiaffò in bocca. Entrai nel panico: voleva che gli facessi un pompino, era un punto di non ritorno ma soprattutto non sapevo da dove cominciare.
"Apri bene le labbra, amore, attenta ai denti", mi consigliò, ma io avevo solo visto qualche giornaletto porno, non avevo idea come si facesse nella realtà: anche lui era in imbarazzo, sorrise comprensivo in un modo delizioso ed estremamente erotico, si avvicinò, mi baciò le labbra, mi mise teneramente una mano fra i capelli, all'altezza della nuca, denudò e mi infilò in bocca il prepuzio. Ebbi appena il tempo di sentire quella cappellona enorme pressare sul palato, gustai il sapore intenso di maschio circondandola con la mia lingua calda e provai il piacere della sottomissione e della troiaggine, quando la porta si aprì.
Era suo nonno, ci fece prendere una gran paura, costringendoci a staccarci l'uno dall'altra e a rivestirci in pochi istanti, ma non sentiva veramente e ci vedeva pure male, per questo non capì niente: e come era venuto, sempre strascicando il bastone, se ne andò.
Mannaggia a lui.
Ma non finì lì, per fortuna.
di
scritto il
2024-03-21
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