I delitti del porcaro - Il tappo in culo 2/4
di
Nobile Spiantato
genere
comici
- Vi ascolto - rispose freddo Rigore, che non voleva dare a Tafo alcun pretesto di complicità o anche solo l’impressione di comprendere, se non condividere, la sua eccitazione.
- La ragazza… nel culo…
- È stata violentata?
- No, macché. Marescia’, una bottana era…
- Dotto’, le ricordo che anche una prostituta può essere vittima di violenza sessuale…
- Tafo sbuffò indispettito. - No, la vittima non ha subito violenza e nemmeno ha avuto rapporti sessuali recenti… ma io volevo dire che nel cu…, nell’ano, della Di Vita ho trovato un… insomma, un tappo anale…
- Un butt plug. E allora?
- Niente, era solo una curiosità… certe fimmine… e macari certi uomini… insomma, sa, lo portano dentro per ore, a volte tutto il giorno, per rilassare e stimolare lo sfintere… se lo tolgono solo per cacare e per farsi fottere…
- Dottore, la ringrazio per l’approfondita spiegazione, ma cosa c’entra questo con l’omicidio? E comunque il tappo ora dov’è?
- Come dov’è? Ma nel cul… nel retto di Carmen! Ora glielo mostro, guardi…
- E come ha fatto a stabilire che non è stata sodomizzata senza togliere il tappo?
- Io - balbettò Tafo eccitato - io l’ho tolto… non è stato facile, sapesse come era infilato bene… mmm… e poi, piano piano, con delicatezza, l’ho rimesso al suo posto…
- Il suo posto è tra gli effetti personali della vittima, Dottore. Glielo sfili dal cu, ehm, dall’ano. Aspetto il suo referto. ReFerto, non reperto, Dottore. Buona giornata.
Congedatosi seccamente dal viscido medico legale, Rigore sentì montargli il sangue alla testa. Aveva sonno e non chiavava da settimane, e il nauseante atteggiamento del dottore lo aveva reso ancora più irritabile.
In ufficio trovò ad aspettarlo davanti alla porta Crozza, con la sua pelata e il suo corpo scheletrico infilato in una divisa che sembrava quasi vuota, e Pacchione, detto Panzavacanti, rosso in viso e sudaticcio, così obeso che i bottoni della giacca d’ordinanza parevano resistere eroicamente alla tentazione di schizzare via.
- Novità? - chiese il maresciallo - Sucato dov’è?
- È ancora alla Pulla, maresciallo - rispose Pacchione. - Sta ancora interrogando colleghe, colleghi e protettore della Di Vita…
- E i clienti? - chiese Rigore
- Ecco, appunto… - continuò Pacchione - ci sarebbe… in paese gira una certa voce… che tra quelli che andavano con la Di Vita ci fosse anche almeno un personaggio importante, tale Ficcante Nunzio…
- Ficcante l’industriale?
- Proprio lui - confermò Crozza con un filo di voce - il padrone della Fotti s.p.a.
- « Fabbrica Oggetti di Toletta Tutti Italiani », sillabò pedante Pacchione, un po’ piccato perché per qualche secondo il collega gli aveva rubato la scena.
- Capisco. Sentiremo anche lui. E la Di Vita, a parte clienti eccellenti e non, aveva anche un fidanzato? O una fidanzata?
- Bè, sì - si inserì nuovamente Crozza, anticipando Pacchione. - Si chiama, ecco, dove avevo messo l’appunto?
- Cornero Menelao, residente in Via Minna Nica 32B - lo interruppe trionfante Pacchione.
- Altro? - domandò Rigore
- Per ora è tutto, marescià - risposero all’unisono i due carabinieri.
Congedati i due sottoposti, Rigore decise che, per fare avanzare più spedita l’indagine, era giunto il momento di interpellare il Porcaro.
Lasciata la provinciale 69, si inerpicò lungo la strada sterrata che menava alla spelonca del guardiano di porci. E grande fu la sua sorpresa quando, parcheggiata la Pajero truccata (« modello Pugnetta ») e annunciata la propria venuta ad alta voce non appena in vista dello spiazzo davanti allo Sticchio Fituso, non ricevette alcuna risposta. Si guardò intorno: niente, solo i pascoli dolcemente degradanti verso la valle della Spacca, e, in lontananza, la biscia argentata del torrente Fissa e il nastro nìvuro della provinciale. Entrò quindi nello Sticchio per cercare il Porcaro, ma nulla, dell’allevatore nessuna traccia. Rigore imprecò mentalmente, e stava quasi per riguadagnare l’uscita, quando, a un tratto, udì provenire da un cunicolo laterale della caverna un suono sordo e sommesso, ma continuo, come una specie di rantolo…
- La ragazza… nel culo…
- È stata violentata?
- No, macché. Marescia’, una bottana era…
- Dotto’, le ricordo che anche una prostituta può essere vittima di violenza sessuale…
- Tafo sbuffò indispettito. - No, la vittima non ha subito violenza e nemmeno ha avuto rapporti sessuali recenti… ma io volevo dire che nel cu…, nell’ano, della Di Vita ho trovato un… insomma, un tappo anale…
- Un butt plug. E allora?
- Niente, era solo una curiosità… certe fimmine… e macari certi uomini… insomma, sa, lo portano dentro per ore, a volte tutto il giorno, per rilassare e stimolare lo sfintere… se lo tolgono solo per cacare e per farsi fottere…
- Dottore, la ringrazio per l’approfondita spiegazione, ma cosa c’entra questo con l’omicidio? E comunque il tappo ora dov’è?
- Come dov’è? Ma nel cul… nel retto di Carmen! Ora glielo mostro, guardi…
- E come ha fatto a stabilire che non è stata sodomizzata senza togliere il tappo?
- Io - balbettò Tafo eccitato - io l’ho tolto… non è stato facile, sapesse come era infilato bene… mmm… e poi, piano piano, con delicatezza, l’ho rimesso al suo posto…
- Il suo posto è tra gli effetti personali della vittima, Dottore. Glielo sfili dal cu, ehm, dall’ano. Aspetto il suo referto. ReFerto, non reperto, Dottore. Buona giornata.
Congedatosi seccamente dal viscido medico legale, Rigore sentì montargli il sangue alla testa. Aveva sonno e non chiavava da settimane, e il nauseante atteggiamento del dottore lo aveva reso ancora più irritabile.
In ufficio trovò ad aspettarlo davanti alla porta Crozza, con la sua pelata e il suo corpo scheletrico infilato in una divisa che sembrava quasi vuota, e Pacchione, detto Panzavacanti, rosso in viso e sudaticcio, così obeso che i bottoni della giacca d’ordinanza parevano resistere eroicamente alla tentazione di schizzare via.
- Novità? - chiese il maresciallo - Sucato dov’è?
- È ancora alla Pulla, maresciallo - rispose Pacchione. - Sta ancora interrogando colleghe, colleghi e protettore della Di Vita…
- E i clienti? - chiese Rigore
- Ecco, appunto… - continuò Pacchione - ci sarebbe… in paese gira una certa voce… che tra quelli che andavano con la Di Vita ci fosse anche almeno un personaggio importante, tale Ficcante Nunzio…
- Ficcante l’industriale?
- Proprio lui - confermò Crozza con un filo di voce - il padrone della Fotti s.p.a.
- « Fabbrica Oggetti di Toletta Tutti Italiani », sillabò pedante Pacchione, un po’ piccato perché per qualche secondo il collega gli aveva rubato la scena.
- Capisco. Sentiremo anche lui. E la Di Vita, a parte clienti eccellenti e non, aveva anche un fidanzato? O una fidanzata?
- Bè, sì - si inserì nuovamente Crozza, anticipando Pacchione. - Si chiama, ecco, dove avevo messo l’appunto?
- Cornero Menelao, residente in Via Minna Nica 32B - lo interruppe trionfante Pacchione.
- Altro? - domandò Rigore
- Per ora è tutto, marescià - risposero all’unisono i due carabinieri.
Congedati i due sottoposti, Rigore decise che, per fare avanzare più spedita l’indagine, era giunto il momento di interpellare il Porcaro.
Lasciata la provinciale 69, si inerpicò lungo la strada sterrata che menava alla spelonca del guardiano di porci. E grande fu la sua sorpresa quando, parcheggiata la Pajero truccata (« modello Pugnetta ») e annunciata la propria venuta ad alta voce non appena in vista dello spiazzo davanti allo Sticchio Fituso, non ricevette alcuna risposta. Si guardò intorno: niente, solo i pascoli dolcemente degradanti verso la valle della Spacca, e, in lontananza, la biscia argentata del torrente Fissa e il nastro nìvuro della provinciale. Entrò quindi nello Sticchio per cercare il Porcaro, ma nulla, dell’allevatore nessuna traccia. Rigore imprecò mentalmente, e stava quasi per riguadagnare l’uscita, quando, a un tratto, udì provenire da un cunicolo laterale della caverna un suono sordo e sommesso, ma continuo, come una specie di rantolo…
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