Il culetto di Osculapia/2
di
Nobile Spiantato
genere
comici
A rivolgere la parola a Padre Porcaro, con grande sorpresa del medesimo, era stato uno dei personaggi più autorevoli del paese, nientedimeno che il Notaro, uno che avrebbe benissimo potuto permettersi un ristorante stellato e invece, taccagno come solo i ricchi sanno essere, cenava spesso e volentieri in quella bettola, dove si serviva lo stesso menù per tutti e si mesceva vino sfuso di dubbia provenienza. Padre Porcaro sgranò gli occhi arrossati e, appurato che ad avergli posto la domanda - e addirittura ad essersi seduto di fronte a lui - era stato proprio il Notaro, uno che un nome e un cognome doveva pure averli, ma per tutti, in paese, era solo e semplicemente il Notaro, trovò il coraggio di chiedere a sua volta: “ma perché, scusate, voi cosa ne sapete di Osculapia?”.
A questo punto il Notaro, dall’alto della sua indiscussa autorevolezza e della sua altrettanto indubitabile spocchia, nonché della sua mole di obeso ultraquintaliano, avrebbe potuto benissimo tagliare corto e dire “Ne so quanto basta”, per mettere bene in chiaro che qui le domande le faceva lui e solo lui. E invece no, il Notaro era così genuinamente interessato a conoscere i dettagli, i più scabrosi dettagli, della storia di Osculapia e del suo culetto leggendario, che si accomodò meglio sulla sedia - per quanto gli consentisse la sua considerevole stazza - e spiegò paziente, non senza una malcelata condiscendenza: “Sono stato io, caro padre Porcaro, io medesimo a rogare l’atto con cui Osculapia fece mettere nero su bianco, dinanzi a pubblico ufficiale, che il suo culetto era così stretto che nessuno, leggasi nessuna umana mentula, ovvero minchia sive membro virile, avrebbe mai potuto varcarne il doppio sfintere!”.
A questo punto il Notaro, dall’alto della sua indiscussa autorevolezza e della sua altrettanto indubitabile spocchia, nonché della sua mole di obeso ultraquintaliano, avrebbe potuto benissimo tagliare corto e dire “Ne so quanto basta”, per mettere bene in chiaro che qui le domande le faceva lui e solo lui. E invece no, il Notaro era così genuinamente interessato a conoscere i dettagli, i più scabrosi dettagli, della storia di Osculapia e del suo culetto leggendario, che si accomodò meglio sulla sedia - per quanto gli consentisse la sua considerevole stazza - e spiegò paziente, non senza una malcelata condiscendenza: “Sono stato io, caro padre Porcaro, io medesimo a rogare l’atto con cui Osculapia fece mettere nero su bianco, dinanzi a pubblico ufficiale, che il suo culetto era così stretto che nessuno, leggasi nessuna umana mentula, ovvero minchia sive membro virile, avrebbe mai potuto varcarne il doppio sfintere!”.
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