I delitti del porcaro - Il cazzo in bocca 4/4
di
Nobile Spiantato
genere
comici
Dopo il colloquio con Ciccina ´a Màgara, Rigore decise di tornare dal Porcaro. Le parole della Màgara gli erano sembrate confuse assai, e l’unico che poteva dipanare lo gliòmmero era - naturalmente - il suo fido Eumeo, il sagace guardiano di porci, che forse non aveva mai neppure sentito parlare dell’Odissea, ma non era meno astuto del suo eponimo protagonista. Lo trovò, come al solito, accucciato nella sua tana, nell’antro che tutti chiamavano Sticchiu Fitusu, intento a grattarsi i coglioni irsuti mentre affilava il coltello da norcino per castrare i verri.
- Vossia, allora? - fece il Porcaro non appena lo vide - avete parlato con Ciccina ‘a Magara?
- Ci ho parlato, certo, ma ne so quanto o meno di prima… - rispose sconsolato il tutore della legge.
- Munzigneru siete - ribatté il Porcaro - adesso invece forse ne sapete abbastanza per risolvere il caso…
- Macché! Quella vecchia megera mi ha solo detto che conosceva la vittima perché si era rivolto a lei, figuratevi, per farsi allungare la minchia…
Dopo queste parole, il Porcaro parve riflettere a lungo. Poi ruppe il silenzio dicendo semplicemente: - Che cos’altro vi ha detto, Ciccina? Perché uno che si chiama Sciccignu aveva bisogno di farsi allungare la minchia?
- Mah - allargò le braccia Rigore - in effetti è abbastanza strano… Secondo Ciccina, Pino era asinino di nome e di fatto: aveva già un cazzo notevole, figuratevi che Ciccina si faceva pagare in natura, insomma si faceva fottere da lui a titolo di anticipo anche se la pozione per allungare il cazzo non era ancora pronta…
Il Porcaro ripiombò nuovamente in un assorto silenzio. Poi, con gesti e movenze lenti e solenni, posò il coltello ormai affilato e scomparve nel fondo dell’antro fetido e buio, da dove ricomparve con un oggetto che lasciò di stucco l’investigatore. Un libro.
Ancora preda del più profondo stupore, Rigore non seppe cosa dire quando il Porcaro gli porse il libro e, senza dire una parola, si allontanò col coltello in mano per liberare i suoi verri dal peso dei coglioni.
Rigore ridiscese lentamente il sentiero sterrato e poi la strada provinciale che dallo Sticchiu Fitusu menavano giù in paese. Fu solo quando fu rientrato nel suo ufficio che, poggiato il libro sulla scrivania, ne lesse il titolo. Così scoprì che le sorprese non erano finite: il libro era intitolato “Autofellatio”.
Allora tutto gli fu chiaro. E vide, come in un’oscena epifania, Pino Scicchignu che, disperando ormai di raggiungere una lunghezza di minchia sufficiente per succhiarsi il membro, puniva innanzitutto quel pene che, benché più lungo della media, per lui non era lungo abbastanza, e lo recideva con un taglio netto, prima di ficcarselo - finalmente! - in bocca e di tagliarsi infine la gola per farla finita.
Vittima della sua stessa ossessione, Pino aveva finito per rivolgersi alla maga del paese, ma aveva presto compreso che questa era ghiotta dei suoi soldi e poi del suo cazzo, ma non era certo in grado si soddisfare le sue folli pretese. Una storia semplice. Una storia, letteralmente, del cazzo.
- Sucato, vieni nel mio ufficio! - urlò.
- Comandi…
- Per quanto riguarda Scicchigno il caso è chiuso. Si è trattato di un suicidio.
Poi, improvvisamente accortosi che il sottoposto scrutava incuriosito il libro del Porcaro, congedò in fretta Sucato e, arrossendo un poco, ripose il libro nel cassetto più appartato.
- Vossia, allora? - fece il Porcaro non appena lo vide - avete parlato con Ciccina ‘a Magara?
- Ci ho parlato, certo, ma ne so quanto o meno di prima… - rispose sconsolato il tutore della legge.
- Munzigneru siete - ribatté il Porcaro - adesso invece forse ne sapete abbastanza per risolvere il caso…
- Macché! Quella vecchia megera mi ha solo detto che conosceva la vittima perché si era rivolto a lei, figuratevi, per farsi allungare la minchia…
Dopo queste parole, il Porcaro parve riflettere a lungo. Poi ruppe il silenzio dicendo semplicemente: - Che cos’altro vi ha detto, Ciccina? Perché uno che si chiama Sciccignu aveva bisogno di farsi allungare la minchia?
- Mah - allargò le braccia Rigore - in effetti è abbastanza strano… Secondo Ciccina, Pino era asinino di nome e di fatto: aveva già un cazzo notevole, figuratevi che Ciccina si faceva pagare in natura, insomma si faceva fottere da lui a titolo di anticipo anche se la pozione per allungare il cazzo non era ancora pronta…
Il Porcaro ripiombò nuovamente in un assorto silenzio. Poi, con gesti e movenze lenti e solenni, posò il coltello ormai affilato e scomparve nel fondo dell’antro fetido e buio, da dove ricomparve con un oggetto che lasciò di stucco l’investigatore. Un libro.
Ancora preda del più profondo stupore, Rigore non seppe cosa dire quando il Porcaro gli porse il libro e, senza dire una parola, si allontanò col coltello in mano per liberare i suoi verri dal peso dei coglioni.
Rigore ridiscese lentamente il sentiero sterrato e poi la strada provinciale che dallo Sticchiu Fitusu menavano giù in paese. Fu solo quando fu rientrato nel suo ufficio che, poggiato il libro sulla scrivania, ne lesse il titolo. Così scoprì che le sorprese non erano finite: il libro era intitolato “Autofellatio”.
Allora tutto gli fu chiaro. E vide, come in un’oscena epifania, Pino Scicchignu che, disperando ormai di raggiungere una lunghezza di minchia sufficiente per succhiarsi il membro, puniva innanzitutto quel pene che, benché più lungo della media, per lui non era lungo abbastanza, e lo recideva con un taglio netto, prima di ficcarselo - finalmente! - in bocca e di tagliarsi infine la gola per farla finita.
Vittima della sua stessa ossessione, Pino aveva finito per rivolgersi alla maga del paese, ma aveva presto compreso che questa era ghiotta dei suoi soldi e poi del suo cazzo, ma non era certo in grado si soddisfare le sue folli pretese. Una storia semplice. Una storia, letteralmente, del cazzo.
- Sucato, vieni nel mio ufficio! - urlò.
- Comandi…
- Per quanto riguarda Scicchigno il caso è chiuso. Si è trattato di un suicidio.
Poi, improvvisamente accortosi che il sottoposto scrutava incuriosito il libro del Porcaro, congedò in fretta Sucato e, arrossendo un poco, ripose il libro nel cassetto più appartato.
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