Il vetro bagnato del tram
di
Biblioteca di Macondo
genere
dominazione
Ci sono giorni in cui, senza un motivo particolare, la routine subisce una lieve curvatura del percorso.
In altri, invece, forse per maturazione inconscia, accade qualcosa che la stravolge, come una porta che sbatte in una calda e assonnata serata estiva ci fa rendere conto dell’ora che si è fatta, quasi risvegliandoci da un torpore voluto.
Quando eventi di questo tipo si concretizzano, cerchiamo di ricordare l’ultima volta che sia accaduto qualcosa di particolare e, se questo sovvenisse alla memoria, sarebbe inevitabile il calcolo del tempo trascorso dall’ultima porta sbattuta.
La routine è rassicurante, scandisce il tempo della nostra tranquillità più che quello delle giornate, impedendoci di dover deviare da ciò che è noto per affrontare questioni che potrebbero metterci di fronte a scelte o, peggio, alla nostra anima.
Nausica tornava dall’università, dopo avere seguito l’ultima lezione della giornata, importante per il suo prossimo esame.
Era quasi sera e, come sempre in quell’orario, non ebbe difficoltà a trovare posto a sedere sul tram. Stava guardando fuori dal finestrino senza vedere nulla, osservando lo scorrere dei palazzi che, al loro interno, nascondevano tante storie di vita, troppe in una città, al punto da divenire anonime, importanti solo per coloro che le vivono.
Aveva smesso di piovere da poco ed i finestrini erano ancora bagnati dalle gocce che scendevano obliquamente lungo il vetro durante la marcia del mezzo.
La luce tipica della fine giornata ed il clima invogliavano alla malinconia, alla introspezione non voluta che potrebbe portare all'affioramento di emozioni tenute sopite, anche consciamente, perché troppo forti, invadenti ed invasive.
Nausica osservava distrattamente la quotidianità che stava scorrendo al di là del vetro del tram, quando, inaspettatamente, la sua routine venne bruscamente interrotta per essere messa di fronte a sé stessa.
In quel momento emerse ciò che coscientemente era tenuto sopito e le emozioni che ne derivarono le crearono uno smottamento del terreno solido sul quale appoggiava la sua anima.
Tra i passanti, al di là del vetro bagnato di malinconia, vide Ernesto. Lo riconobbe subito e si scosse, inizialmente con la paura di essere vista e, subito dopo, con la paura di vedere sé stessa.
Si erano conosciuti un anno addietro e, come tante cose rilevanti, anche questa era accaduta casualmente.
Nausica da tempo aveva pensieri per lei strani. Provava desideri sempre più forti di sottomissione, ma la sua razionalità e l’autocontrollo eccessivo di sé e delle proprie emozioni, la portavano a rifuggire con senso claustrofobico situazioni nelle quali lei avrebbe perso ogni controllo di sé e della situazione.
Non conoscere una persona può essere un modo per affrontare con essa argomenti tanto delicati che, in quel frangente, sono coperti e protetti dall'anonimato.
Lei ed Ernesto avevano iniziato a parlare proprio di quell'argomento, avendo lui speculari esigenze di dominio. Ciò che inizialmente la rassicurò, si trasformò in un problema.
Lui aveva oltre 50 anni e la notevole differenza di età non l’aveva portata a vederlo come un pericolo emotivo, così si era aperta con lui, come lui con lei, parlando di tante cose dell’anima.
In assoluta serenità, avevano affrontato ed approfondito gli aspetti del bdsm, avendo lui quell’esperienza che a lei mancava. Non era solo esperienza di catene, guinzagli e fruste, quanto, invece, esperienza delle emozioni che il dominio e la sottomissione trasmettono.
Non parlavano solo di atti, ma delle motivazioni emotive ed umane che guidavano quelle azioni che, all’esterno, avrebbero potuto sembrare assurde, impensabili.
Ernesto era riuscito a portarla a discutere con serenità, seppur col rispetto e la serietà che ogni cosa che attenga alle emozioni ed ai rapporti umani, merita.
Lei gli aveva aperto la sua anima seppur sempre continuando a non sapere quasi nulla l’uno dell’altra.
L’errore fu questo: si aprì al punto che consentì a lui di guardarle l’anima che lei imparò sempre più a conoscere.
Nonostante l'argomento, lui non le chiese mai un incontro sessuale.
Anche per lui la differenza di età era troppa benché l’intelligenza viva della ragazza sembrava annullasse in parte ciò che la carta di identità prepotentemente prima o poi ricordava loro.
Lei, messasi a nudo, ebbe quasi paura di ciò che vide di sé stessa per la forza della scoperta delle proprie sensazioni.
Nausica si accorse che Ernesto era diventato un’ossessione per lei, ma non per la persona in sé, quanto per ciò che rappresentava per le sue esigenze sessuali. Lo vedeva come colui che aveva il potere di fare respirare quei bisogni sempre più prepotenti.
L'attenzione non era quindi verso la persona ma per ciò che essa avrebbe potuto soddisfare, divenendo, così, impersonale.
Nausica decise quindi di sparire, non si fece più trovare e non rispose ai suoi messaggi, sempre discreti ma che, vista la mancata risposta, smisero di arrivare.
Lei, che aveva imparato a conoscerlo, sapeva che Ernesto non aveva smesso di cercarla per disinteresse, ma per rispetto della sua scelta, benché non ne conoscesse la motivazione.
Vederlo, casualmente, oltre il vetro bagnato dalla malinconia, le aprì la sua anima che, da quando si era allontanata, aveva chiuso e represso, facendo ora prepotentemente uscire le esigenze la cui soddisfazione richiedeva.
Avvertì improvvisa eccitazione, quella stessa che provava quando parlavano, quella che avvertiva in lui ma che, tuttavia, non si trasformò mai in un approccio diverso, come se l’età differente fosse un muro invalicabile che impedisse il contatto della pelle ma non lo scambio di pensieri ed emozioni.
Si sentì improvvisamente bagnata ed eccitata, sentì il desiderio della sottomissione ed il piacere (mai provato) della cinghia sulla schiena, dei capelli presi rudemente, della vicinanza dei piedi di lui mentre lei si vedeva a terra e della presa di possesso del proprio corpo, con forza e prepotenza.
Pensieri feroci, forti, bagnati di piacere e di voglia, quella di cedere e di abbattere la resistenza della coscienza, per mano di quell’uomo che le aveva consentito di vedere sé stessa.
Il tram, che lo aveva superato, un centinaio di metri dopo fece la sosta per consentire a quelle anonime persone di scendere e ad altre di salire.
Nausica, appena si accorse che il tram si stava fermando, sentì aumentare il battito cardiaco e pensò se scendere, o meno, per incontrare Ernesto.
Kugher
In altri, invece, forse per maturazione inconscia, accade qualcosa che la stravolge, come una porta che sbatte in una calda e assonnata serata estiva ci fa rendere conto dell’ora che si è fatta, quasi risvegliandoci da un torpore voluto.
Quando eventi di questo tipo si concretizzano, cerchiamo di ricordare l’ultima volta che sia accaduto qualcosa di particolare e, se questo sovvenisse alla memoria, sarebbe inevitabile il calcolo del tempo trascorso dall’ultima porta sbattuta.
La routine è rassicurante, scandisce il tempo della nostra tranquillità più che quello delle giornate, impedendoci di dover deviare da ciò che è noto per affrontare questioni che potrebbero metterci di fronte a scelte o, peggio, alla nostra anima.
Nausica tornava dall’università, dopo avere seguito l’ultima lezione della giornata, importante per il suo prossimo esame.
Era quasi sera e, come sempre in quell’orario, non ebbe difficoltà a trovare posto a sedere sul tram. Stava guardando fuori dal finestrino senza vedere nulla, osservando lo scorrere dei palazzi che, al loro interno, nascondevano tante storie di vita, troppe in una città, al punto da divenire anonime, importanti solo per coloro che le vivono.
Aveva smesso di piovere da poco ed i finestrini erano ancora bagnati dalle gocce che scendevano obliquamente lungo il vetro durante la marcia del mezzo.
La luce tipica della fine giornata ed il clima invogliavano alla malinconia, alla introspezione non voluta che potrebbe portare all'affioramento di emozioni tenute sopite, anche consciamente, perché troppo forti, invadenti ed invasive.
Nausica osservava distrattamente la quotidianità che stava scorrendo al di là del vetro del tram, quando, inaspettatamente, la sua routine venne bruscamente interrotta per essere messa di fronte a sé stessa.
In quel momento emerse ciò che coscientemente era tenuto sopito e le emozioni che ne derivarono le crearono uno smottamento del terreno solido sul quale appoggiava la sua anima.
Tra i passanti, al di là del vetro bagnato di malinconia, vide Ernesto. Lo riconobbe subito e si scosse, inizialmente con la paura di essere vista e, subito dopo, con la paura di vedere sé stessa.
Si erano conosciuti un anno addietro e, come tante cose rilevanti, anche questa era accaduta casualmente.
Nausica da tempo aveva pensieri per lei strani. Provava desideri sempre più forti di sottomissione, ma la sua razionalità e l’autocontrollo eccessivo di sé e delle proprie emozioni, la portavano a rifuggire con senso claustrofobico situazioni nelle quali lei avrebbe perso ogni controllo di sé e della situazione.
Non conoscere una persona può essere un modo per affrontare con essa argomenti tanto delicati che, in quel frangente, sono coperti e protetti dall'anonimato.
Lei ed Ernesto avevano iniziato a parlare proprio di quell'argomento, avendo lui speculari esigenze di dominio. Ciò che inizialmente la rassicurò, si trasformò in un problema.
Lui aveva oltre 50 anni e la notevole differenza di età non l’aveva portata a vederlo come un pericolo emotivo, così si era aperta con lui, come lui con lei, parlando di tante cose dell’anima.
In assoluta serenità, avevano affrontato ed approfondito gli aspetti del bdsm, avendo lui quell’esperienza che a lei mancava. Non era solo esperienza di catene, guinzagli e fruste, quanto, invece, esperienza delle emozioni che il dominio e la sottomissione trasmettono.
Non parlavano solo di atti, ma delle motivazioni emotive ed umane che guidavano quelle azioni che, all’esterno, avrebbero potuto sembrare assurde, impensabili.
Ernesto era riuscito a portarla a discutere con serenità, seppur col rispetto e la serietà che ogni cosa che attenga alle emozioni ed ai rapporti umani, merita.
Lei gli aveva aperto la sua anima seppur sempre continuando a non sapere quasi nulla l’uno dell’altra.
L’errore fu questo: si aprì al punto che consentì a lui di guardarle l’anima che lei imparò sempre più a conoscere.
Nonostante l'argomento, lui non le chiese mai un incontro sessuale.
Anche per lui la differenza di età era troppa benché l’intelligenza viva della ragazza sembrava annullasse in parte ciò che la carta di identità prepotentemente prima o poi ricordava loro.
Lei, messasi a nudo, ebbe quasi paura di ciò che vide di sé stessa per la forza della scoperta delle proprie sensazioni.
Nausica si accorse che Ernesto era diventato un’ossessione per lei, ma non per la persona in sé, quanto per ciò che rappresentava per le sue esigenze sessuali. Lo vedeva come colui che aveva il potere di fare respirare quei bisogni sempre più prepotenti.
L'attenzione non era quindi verso la persona ma per ciò che essa avrebbe potuto soddisfare, divenendo, così, impersonale.
Nausica decise quindi di sparire, non si fece più trovare e non rispose ai suoi messaggi, sempre discreti ma che, vista la mancata risposta, smisero di arrivare.
Lei, che aveva imparato a conoscerlo, sapeva che Ernesto non aveva smesso di cercarla per disinteresse, ma per rispetto della sua scelta, benché non ne conoscesse la motivazione.
Vederlo, casualmente, oltre il vetro bagnato dalla malinconia, le aprì la sua anima che, da quando si era allontanata, aveva chiuso e represso, facendo ora prepotentemente uscire le esigenze la cui soddisfazione richiedeva.
Avvertì improvvisa eccitazione, quella stessa che provava quando parlavano, quella che avvertiva in lui ma che, tuttavia, non si trasformò mai in un approccio diverso, come se l’età differente fosse un muro invalicabile che impedisse il contatto della pelle ma non lo scambio di pensieri ed emozioni.
Si sentì improvvisamente bagnata ed eccitata, sentì il desiderio della sottomissione ed il piacere (mai provato) della cinghia sulla schiena, dei capelli presi rudemente, della vicinanza dei piedi di lui mentre lei si vedeva a terra e della presa di possesso del proprio corpo, con forza e prepotenza.
Pensieri feroci, forti, bagnati di piacere e di voglia, quella di cedere e di abbattere la resistenza della coscienza, per mano di quell’uomo che le aveva consentito di vedere sé stessa.
Il tram, che lo aveva superato, un centinaio di metri dopo fece la sosta per consentire a quelle anonime persone di scendere e ad altre di salire.
Nausica, appena si accorse che il tram si stava fermando, sentì aumentare il battito cardiaco e pensò se scendere, o meno, per incontrare Ernesto.
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