Let it be
di
Biblioteca di Macondo
genere
sentimentali
Il semaforo era appena diventato rosso.
Maledizione, era già in ritardo ed aveva la solita fretta che, ultimamente, caratterizzava le sue giornate. Lo sapeva che non avrebbe dovuto attardarsi in doccia, ma aveva bisogno di stare un po’ sotto il getto di acqua calda, cosa che tanto adorava e la rilassava.
La pioggia batteva insistente sul parabrezza e a fatica veniva spazzata via dal tergicristallo. Avrebbe dovuto cambiarli, quante volte se lo era ripromessa.
La radio trasmetteva una musica di Zucchero e si mise ad ascoltarla mentre attendeva il verde.
“Niente di nuovo
Tranne l'affitto per me
Che mi ritrovo
E mi riperdo perché”.
Sembrava suonasse proprio per lei.
In quel momento una giovane donna stava attraversando davanti a lei sulle strisce pedonali, spingendo una carrozzina.
“Madre dolcissima
Carezzami la testa”
Casualmente le note di quella canzone, che tanto amava, stavano accompagnando quella donna che osservava attraverso l’intermittenza di quelle spazzole che proprio non volevano pulire bene il vetro.
Si abbandonò allo schienale e reclinò indietro la testa con gli occhi chiusi.
Non sapeva come uscire da quel problema che da giorni la attanagliava.
Aveva sbagliato lei, era la sfiga, sa il cazzo che cosa sia successo e perché.
In quel momento non era importante ricostruire le cause ma cercare di uscirne.
Lo speaker alla radio annunciò un classico dei Beatles.
Quella band le piaceva moltissimo. Canzoni scritte secoli addietro, quando ancora non era nata ma ancora attuali, nella musica e nei testi, ascoltabili senza necessità di arrangiamenti moderni anche perché erano stati loro a contribuire ad “inventare” le canzoni moderne.
“Let it be”.
Adorava quella canzone, quel piano all’esordio che sembrava annunciare le prime parole ed avevano sempre l’effetto di calmarla.
E poi la protagonista, Mary, si chiama come sua mamma, Maria.
Da quanto tempo non la vedeva o sentiva.
Chissà come sua madre avrebbe affrontato quel cazzo di problema, come l’avrebbe aiutata o cosa avrebbe fatto al suo posto. Quando era piccola le sembrava che sua madre sapesse sempre cosa fare, fino a quando si era messa in quella relazione sbagliata, che lei con capiva e che, ormai maggiorenne, l’aveva portata ad allontanarsi.
Ma quanto cazzo dura questo semaforo rosso?
“When I find myself in times of trouble
Mother Mary comes to me
Speaking words of wisdom, let it be
And in my hour of darkness
She is standing right in front of me
Speaking words of wisdom”.
“Mamma, adesso sono quei times of troubles, dove sei?”.
Il tempo al semaforo si fermò.
Le venne in mente sua madre che la andava a prendere all’asilo, alle difficoltà di una vita senza il padre dove, però, la mamma, Maria, c’era sempre, ai colloqui coi professori, alle recite, alle gare di pallavolo, a prenderla alle 3 di notte fuori dalla discoteca, addormentata al volante o mentre parlava con gli altri genitori che aspettavano i figli.
“Let it be, let it be
Whisper words of wisdom, let it be”.
Si asciugò la lacrima che aveva iniziato a percorrere la sua guancia, partita da quella parte del cervello deputata a trattenere quei ricordi che avevano invaso la sede delle emozioni e, da lì, scesa dagli occhi per lasciare concreta testimonianza del sentimento che le stava attraversando il cuore.
Solo anni dopo aveva capito che anche sua mamma aveva il diritto di sbagliare o, forse, il diritto di fare ciò che la faceva stare bene, lasciando a lei il dovere di capirla e di starle vicina.
Lo aveva capito anni dopo, quando quella scelta di sua madre aveva smesso di sembrarle sbagliata per diventare, invece, quella giusta perchè, nonostante tutto, le aveva fatto vivere quelle emozioni che danno il senso alla vita, anche se hanno dei costi.
“And when the broken-hearted people
Living in the world agree
There will be an answer, let it be”.
La risposta, e qual è questa cazzo di risposta.
Gli anni e le esperienze accumulate le diedero modo di vedere sua madre nel suo insieme, nelle piccole scelte di tutti i giorni che, però, avevano un filo conduttore, quello dei pensieri e dei valori che l’avevano guidata nella vita e che aveva trasmesso a lei.
Occorre sempre andare alla radice delle cose, dei problemi come delle scelte e delle loro motivazioni.
“And when the night is cloudy
There is still a light that shines on me
Shine on until tomorrow, let it be
I wake up to the sound of music,
Mother Mary comes to me
Speaking words of wisdom, let it be”.
Eccola la risposta “the answer”.
La risposta era in ciò che sua madre le aveva insegnato, era la base di ciò che le aveva trasmesso.
D’improvviso seppe cosa avrebbe fatto, come avrebbe cercato di uscire da quella situazione. Forse avrebbe funzionato, forse no. Non poteva saperlo, ma sapeva che le motivazioni della sua scelta erano quelle giuste o, almeno, erano le “sue” motivazioni.
“Let it be”.
L’autista della vettura che la seguiva le segnalò, con un colpo di clacson, che il semaforo era diventato verde.
Si asciugò la lacrima che le aveva lasciato sulla guancia il sale della vita, quello delle emozioni.
Si ripromise di passare a cambiare quei cazzo di tergicristalli, domani, sì, domani.
“Oh, there will be an answer, let it be
Let it be, let it be
Let it be, yeah, let it be
Whisper words of wisdom, let it be”
(Cara lettrice e caro lettore, mi spiace se sei giunto fin qui sperando in una scena di sesso. Questa volta ti ho fregato. Però ti posso giurare che, una volta a casa, la tipa del racconto si è fatta una scopata pazzesca con il suo compagno. Secondo me anche sua madre, Maria, donna calda e dalle forti pulsioni, quella sera si è fatta del gran sesso. Magari lo narrerò in altro racconto)
Kugher
Maledizione, era già in ritardo ed aveva la solita fretta che, ultimamente, caratterizzava le sue giornate. Lo sapeva che non avrebbe dovuto attardarsi in doccia, ma aveva bisogno di stare un po’ sotto il getto di acqua calda, cosa che tanto adorava e la rilassava.
La pioggia batteva insistente sul parabrezza e a fatica veniva spazzata via dal tergicristallo. Avrebbe dovuto cambiarli, quante volte se lo era ripromessa.
La radio trasmetteva una musica di Zucchero e si mise ad ascoltarla mentre attendeva il verde.
“Niente di nuovo
Tranne l'affitto per me
Che mi ritrovo
E mi riperdo perché”.
Sembrava suonasse proprio per lei.
In quel momento una giovane donna stava attraversando davanti a lei sulle strisce pedonali, spingendo una carrozzina.
“Madre dolcissima
Carezzami la testa”
Casualmente le note di quella canzone, che tanto amava, stavano accompagnando quella donna che osservava attraverso l’intermittenza di quelle spazzole che proprio non volevano pulire bene il vetro.
Si abbandonò allo schienale e reclinò indietro la testa con gli occhi chiusi.
Non sapeva come uscire da quel problema che da giorni la attanagliava.
Aveva sbagliato lei, era la sfiga, sa il cazzo che cosa sia successo e perché.
In quel momento non era importante ricostruire le cause ma cercare di uscirne.
Lo speaker alla radio annunciò un classico dei Beatles.
Quella band le piaceva moltissimo. Canzoni scritte secoli addietro, quando ancora non era nata ma ancora attuali, nella musica e nei testi, ascoltabili senza necessità di arrangiamenti moderni anche perché erano stati loro a contribuire ad “inventare” le canzoni moderne.
“Let it be”.
Adorava quella canzone, quel piano all’esordio che sembrava annunciare le prime parole ed avevano sempre l’effetto di calmarla.
E poi la protagonista, Mary, si chiama come sua mamma, Maria.
Da quanto tempo non la vedeva o sentiva.
Chissà come sua madre avrebbe affrontato quel cazzo di problema, come l’avrebbe aiutata o cosa avrebbe fatto al suo posto. Quando era piccola le sembrava che sua madre sapesse sempre cosa fare, fino a quando si era messa in quella relazione sbagliata, che lei con capiva e che, ormai maggiorenne, l’aveva portata ad allontanarsi.
Ma quanto cazzo dura questo semaforo rosso?
“When I find myself in times of trouble
Mother Mary comes to me
Speaking words of wisdom, let it be
And in my hour of darkness
She is standing right in front of me
Speaking words of wisdom”.
“Mamma, adesso sono quei times of troubles, dove sei?”.
Il tempo al semaforo si fermò.
Le venne in mente sua madre che la andava a prendere all’asilo, alle difficoltà di una vita senza il padre dove, però, la mamma, Maria, c’era sempre, ai colloqui coi professori, alle recite, alle gare di pallavolo, a prenderla alle 3 di notte fuori dalla discoteca, addormentata al volante o mentre parlava con gli altri genitori che aspettavano i figli.
“Let it be, let it be
Whisper words of wisdom, let it be”.
Si asciugò la lacrima che aveva iniziato a percorrere la sua guancia, partita da quella parte del cervello deputata a trattenere quei ricordi che avevano invaso la sede delle emozioni e, da lì, scesa dagli occhi per lasciare concreta testimonianza del sentimento che le stava attraversando il cuore.
Solo anni dopo aveva capito che anche sua mamma aveva il diritto di sbagliare o, forse, il diritto di fare ciò che la faceva stare bene, lasciando a lei il dovere di capirla e di starle vicina.
Lo aveva capito anni dopo, quando quella scelta di sua madre aveva smesso di sembrarle sbagliata per diventare, invece, quella giusta perchè, nonostante tutto, le aveva fatto vivere quelle emozioni che danno il senso alla vita, anche se hanno dei costi.
“And when the broken-hearted people
Living in the world agree
There will be an answer, let it be”.
La risposta, e qual è questa cazzo di risposta.
Gli anni e le esperienze accumulate le diedero modo di vedere sua madre nel suo insieme, nelle piccole scelte di tutti i giorni che, però, avevano un filo conduttore, quello dei pensieri e dei valori che l’avevano guidata nella vita e che aveva trasmesso a lei.
Occorre sempre andare alla radice delle cose, dei problemi come delle scelte e delle loro motivazioni.
“And when the night is cloudy
There is still a light that shines on me
Shine on until tomorrow, let it be
I wake up to the sound of music,
Mother Mary comes to me
Speaking words of wisdom, let it be”.
Eccola la risposta “the answer”.
La risposta era in ciò che sua madre le aveva insegnato, era la base di ciò che le aveva trasmesso.
D’improvviso seppe cosa avrebbe fatto, come avrebbe cercato di uscire da quella situazione. Forse avrebbe funzionato, forse no. Non poteva saperlo, ma sapeva che le motivazioni della sua scelta erano quelle giuste o, almeno, erano le “sue” motivazioni.
“Let it be”.
L’autista della vettura che la seguiva le segnalò, con un colpo di clacson, che il semaforo era diventato verde.
Si asciugò la lacrima che le aveva lasciato sulla guancia il sale della vita, quello delle emozioni.
Si ripromise di passare a cambiare quei cazzo di tergicristalli, domani, sì, domani.
“Oh, there will be an answer, let it be
Let it be, let it be
Let it be, yeah, let it be
Whisper words of wisdom, let it be”
(Cara lettrice e caro lettore, mi spiace se sei giunto fin qui sperando in una scena di sesso. Questa volta ti ho fregato. Però ti posso giurare che, una volta a casa, la tipa del racconto si è fatta una scopata pazzesca con il suo compagno. Secondo me anche sua madre, Maria, donna calda e dalle forti pulsioni, quella sera si è fatta del gran sesso. Magari lo narrerò in altro racconto)
Kugher
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