La media rovinata

di
genere
esibizionismo

- Non è possibile! Un’altra volta! Ma brutto stronzo!!!!!
Questo frullava nella testa di Sara, mentre teneva incollati gli occhi al voto segnato in rosso sul suo compito di matematica, un poco brillante 4 e ½.
La matematica non era proprio la sua materia (lo doveva ammettere), ma si era impegnata tantissimo per il compito, aveva pure preso ripetizioni, e questo era stato il pessimo risultato raggiunto. Il problema è che oltretutto le rovinava irrimediabilmente la media, che per lo standard del liceo classico che frequentava era indubbiamente altissima. La mascella le tremava per il nervosismo, e le lacrime le stavano riempiendo gli occhi.
- Non te la darò la soddisfazione di vedermi piangere brutto stronzo schifoso!
Sara non era una ragazza appariscente, però era carina, con la sua carnagione leggermente tendente allo scuro ed i suoi capelli mossi, castani quasi neri, sempre rigorosamente trattenuti in una coda. I suoi compagni non la degnavano comunque di uno sguardo, ritenendola troppo secchiona, mentre le sue compagne legavano poco con lei probabilmente per l’invidia che provavano verso i suoi ottimi risultati scolastici, ma a lei non importava, le riteneva delle stupide oche. Lei aveva tanti sogni, e tutti grandi. Questo voto, però, gliene stava abbattendo parecchi.
- Puoi solo sognarla una come me, caro professor Stenti! Puoi solo sognarla! Toh, beccati questo!
Sotto il suo banco, in prima fila e di fronte alla cattedra (quello dedicato ai secchioni), allargò di colpo le gambe verso il professore, che ovviamente nemmeno se ne accorse dato che portava un semplicissimo paio di jeans. Un sorriso le si allargò comunque sulle labbra in quanto il gesto le aveva dato una soddisfazione inaspettata. Restò così a gambe aperte per un bel pò, con uno sguardo di sfida verso l’uomo che di fronte a lei si stava confrontando con un altro suo compagno di classe.
Una volta a casa, mentre cercava di studiare greco, non riusciva a smettere di pensare al suo gesto, ed ovviamente al fatto che il professore non l’aveva degnata nemmeno di uno sguardo.
- Per forza, guarda come sei messa!
L’immagine che lo specchio rifletteva era quello di una ragazza sciatta, vestita con la sua tuta da casa e con i suoi occhiali. Però sotto questo anonimato Sara sapeva che c’erano due bei seni, una seconda piena e soda, dei fianchi perfetti a far cornice ad un pancino piatto, ed un bel sedere a mandolino. Pochissimi avevano avuto l’onore di giocare con il suo corpo: aveva avuto qualche avventura in vacanza, al mare, si era lasciata accarezzare le tette e la patata, ed aveva ricambiato, ma tutto era finito lì. Durante l’anno lei aveva altro a cui pensare, lei doveva essere perfetta a scuola e questo non ammetteva distrazioni di nessun tipo, se non quelle solitarie che di tanto in tanto si concedeva.
Aprì l’armadio e cominciò mentalmente a scorrere tutto l’abbigliamento che aveva a disposizione. Scartò i maglioni larghi, gli abiti troppo eleganti da cerimonia, le camicette. I suoi occhi caddero sui leggins neri che le aveva regalato la zia al compleanno: non li aveva mai messi perché per i suoi gusti la segnavano troppo, ma adesso potevano fare al caso suo.
Mentre attraversava i corridoi per arrivare alla sua aula il giorno dopo, aveva la sensazione di avere su di sé gli occhi di tutti gli studenti del liceo. Se da una parte se ne vergognava a morte, dall’altra se ne sentiva in qualche modo orgogliosa.
Alla quarta ora il professor Stenti entrò nell’aula, e come sempre si sedette alla scrivania, cominciando poco dopo la lezione. Sara teneva le gambe serrate mentre le sue guance avvampavano pensando a quello che voleva fare. Era ormai passata mezz’ora e non aveva trovato ancora il coraggio di aprirle nemmeno di un centimetro.
- Forza Sara, o lo fai adesso o non lo fai più! Se lo merita ‘sto schifoso!
Lentamente distese i nervi, e le gambe si aprirono di qualche centimetro, quelli sufficienti perché si fosse rotto il ghiaccio. Attimo dopo attimo, l’apertura raggiunse oscenamente un angolo superiore a quello retto, mentre la ragazza si sentiva avvampare dalla vergogna e dall’eccitazione. Faceva finta di tenere gli occhi sul libro, ma la sua attenzione era rivolta fuggevolmente al professore ed alla direzione del suo sguardo.
Restò così per un tempo che sembrava interminabile, le gambe che le tremavano.
- Mi ha guardata! Ne sono sicura, mi ha guardata almeno un paio di volte! Sogna, prof, sogna!
E mentre lo pensava sentiva anche inumidirsi le sue mutandine, mentre rimaneva ferma in quella posizione fino alla fine della lezione.
Questo gioco la aveva coinvolta in maniera straordinaria ed il pomeriggio non aveva potuto fare a meno di masturbarsi, ripensando a quanto fatto e lodandosi del coraggio che aveva dimostrato.
La settimana dopo Sara era pronta a riprendere il suo gioco. Era per lei una vendetta eccitante e la faceva stare bene.
Appena entrò il professore cominciò a guardarlo con uno sguardo diverso dal solito, uno sguardo più sicuro. Aspettò con pazienza che durante la lezione lo sguardo incrociasse il suo, ed a quel punto fece un leggerissimo sorriso e contemporaneamente le sue gambe cominciarono nuovamente ad aprirsi. Lo sguardo del prof si posò distintintamente, questa volta, in mezzo alle sue cosce e ci rimase per qualche secondo. Poi tornò a guardare la classe, ma ogni tanto ci ricadeva fuggevolmente. Sara era eccitata ed orgogliosa, la sua vendetta stava funzionando alla grande.
- Ti farò impazzire stronzo!
Per un paio di settimane il gioco della ragazza continuò sullo stesso binario, ma aveva la sensazione che il professore stesse perdendo interesse verso di lei, e la cosa proprio non le andava giù. Si era masturbata più volte pensando a quello che faceva, e piano piano l’immaginazione era andata verso le mani del professore che la toccavano, la sua bocca che mangiava il suo corpo, il suo cazzo che era costretta a toccare e succhiare. Aveva persino sognato che lui le avesse preso la verginità una notte.
Quando la settimana successiva entrò a scuola con la gonna di jeans che aveva acquistato il giorno prima i suoi compagni la guardavano come se fosse stata un extraterrestre. Notò distintamente lo sguardo dello Stenti sulle sue gambe ancora prima che potesse semplicemente pensare di aprirle, e questo non fece altro che convincerla, se ancora aveva dei dubbi, ad alzare di un altro gradino il livello. Aspettò qualche minuto che le sembrò eterno, e poi delicatamente aprì le gambe, donando al professore la vista delle sue mutandine bianche. La vergogna la sopraffece e sentì di non poter sostenere lo sguardo, per cui incollò gli occhi sul quaderno mentre con la biro cominciava a fare disegnini senza senso.
Il professore vedeva distintamente il gonfiore del sesso della ragazza, e notava il lieve tremolio delle gambe. Se fino a quel punto aveva avuto dubbi sul comportamento di Sara, ora era tutto limpidamente chiaro, tranne le motivazioni che la spingevano a fare una cosa simile.
Il suono della campanella riportò tutti e due alla normalità.
- Sara, ho bisogno di parlarti un minuto. Puoi fermarti per favore?
La ragazza impallidì e mosse in segno di assenso la testa. Non appena furono soli Stenti cominciò il suo discorso.
- Sara ascolta, quando una persona decide di giocare una partita di poker, deve sapere bene quanto è disposta a giocarsi, e che cosa vuole vincere. Tu non mi sembri il tipo che debba cercare delle scorciatoie o che voglia arrivare a dei compromessi, o sbaglio? Quello che hai iniziato è un gioco pericoloso e devi valutare bene cosa sei disposta a fare per ottenere una cosa che potresti avere solo applicandoti di più. Sono stato chiaro?
La ragazza ascoltava in silenzio, mortificata dal discorso che aveva appena sentito, e non vedeva l’ora di andarsene da lì.
- Si chiarissimo. Posso andare ora?
- Certo. Ci vediamo la prossima settimana, ricorda che c’è il compito il classe!
Sara era radiosa. Davanti a lei il compito in classe, su cui spiccava un fantastico 8! Ce l’aveva fatta, tutto con le sue forze ed il suo cervello. Alzò gli occhi e incrociò in una sorta di complicità quelli del professor Stenti, che le sorrise e le fece il segno del pugno chiuso in segno di vittoria. Lei sorrise a 32 denti, felice ed orgogliosa di se stessa.
La settimana dopo attendeva fremente che il professore entrasse in classe per cominciare la sua lezione.
Quando lui sedette alla cattedra ed aprì il registro, trovò un bigliettino scritto a mano con una grafia tondeggiante.
- “Non era per i voti professore. Era per te!”
Stenti non ebbe quasi il tempo di alzare la testa che vide prima un sorriso, poi una strizzata d’occhio e poi due gambe contornate da una minigonna di jeans aprirsi lentamente per rivelare, data l’assenza completa di mutandine, una fichetta liscia e depilata occhieggiare.
scritto il
2023-12-13
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