Ahmed il montatore di ponteggi

di
genere
gay

Era da poco cominciata l'estate e finalmente i lavori di rifacimento della facciata condominiale erano cominciati.
I ponteggi erano arrivati all’ultimo piano, il nostro, e ogni tanto si vedeva qualche muratore andare e venire.
Mia moglie e mia figlia stavano ben attente nel tenere giù le tapparelle da quel lato della casa, ma io me ne fregavo alla grande, lavoravo in smart-working e non volevo dover stare al buio.
Un pomeriggio, mentre giravo per casa in mutande avevo notato due muratori fuori dalla finestra che ridacchiavano, ma non ci avevo fatto caso più di tanto.
Sembravano marocchini, uno più anziano sulla cinquantina coi capelli brizzolati e uno decisamente più giovane, ne avrà avuti al massimo una ventina, forse 25.
Mi infilai un paio di pantaloncini da ginnastica di cotone blu e una maglietta, proprio per non uscire in mutande, presi la bottiglia di acqua che c’era in frigo, due bicchieri di carta e uscii sul balcone.
Furono stupiti e contenti della mia gentilezza e mi ringraziarono mille volte, ma mi risposero di essere in Ramadan e non poter mangiare e nemmeno bere, fino al tramonto, così li lasciai al loro lavoro e me ne tornai in casa.
Nei giorni a seguire non vidi più il più vecchio dei due, ma quello giovane mi sembrava ronzasse sempre sul mio balcone, come se cercasse una scusa per parlarmi, così un pomeriggio che ero solo in casa, gli offrii nuovamente da bere e facemmo quattro chiacchiere.
Mi disse di essere di Casablanca, si chiamava Ahmed e aveva 24 anni.
Alto, magro e muscoloso, ma non gonfio, muscoli asciutti e lunghi, capelli ricci e ovviamente neri, begli occhi nocciola, un bellissimo sorriso dai denti bianchi e perfetti, la mascella quadrata e maschia.
Viveva a casa da dei suoi zii, e quello con cui lo avevo visto la prima volta era un’altro zio da parte di madre.
Quello che voleva lo si capiva abbastanza chiaramente, ma aveva paura di esporsi, così decisi di fare la prima mossa e gli sfiorai un braccio mentre mi riprendevo il bicchiere d'acqua che aveva nuovamente rifiutato.
Mi guardò intensamente negli occhi con uno sguardo che mi diceva chiaramente di proseguire con le mie avances.
Lo toccai nuovamente, ma questa volta fu una vera e propria carezza.
Niente di ché, più dolcezza che altro.
Evidentemente dovette piacergli perché si fece più vicino.
Mi accostai anche io, potevo sentire il suo odore traspirare attraverso la maglietta scolorita dal sole, sapeva leggermente di sudore ma non era un odore cattivo, era un odore intenso ma fresco, di uno che lavora, non di uno che non si lava, era quasi eccitante, sapeva di maschio, aveva anche un certo profumo di dopobarba, si capiva e si vedeva che era un ragazzo pulito.
Eravamo molto vicini, lui era un po’ agitato e si guardava in giro, sicuramente temendo che qualche suo collega lo beccasse così vicino ad un’altro uomo.
Potevo capirlo, lo avrebbero preso per il culo come finocchio e messo in croce, per cui gli dissi si seguirmi e ci spostammo in una zona del balcone protetta dalle fronde di una vite vergine.
Gli presi una mano, me la portai alla bocca e gli diedi un bacio leggero sulle dita, poi provai ad avvicinarmi per baciarlo le labbra ma lui si tirò indietro.
Abbassò gli occhi e con un filo di voce mi spiegò che non poteva, fino a quando il sole non fosse tramontato, il Ramadan gli proibiva di mangiare, di bere e di fare l’amore.
Gli sarebbe proprio piaciuto baciarmi, gli piacevo molto, ma proprio non poteva.
Gli risposi di non preoccuparsi, ero già soddisfatto così, di averlo incontrato e che il mio interesse fosse ricambiato.
“Facciamo così” gli dissi, “niente sesso, ti farò solo un massaggio rilassante, niente di provocante, che ti faccia rischiare di rompere il voto del Ramadan, solo un innocente massaggio ai piedi”.
Lui accettò anche se non sembrava troppo convinto, lo feci sedere su una delle nostre poltroncine da giardino in vimini, gli sfilai gli scarponcini da lavoro e i calzettoni, mettendo a nudo dei bellissimi piedi, lunghi e affusolati, mi stupii di vedere che anche le unghie sembravano curate.
Entrai un attimo in casa per prendere un flacone di olio di mandorle, mi unsi ben bene le mani e cominciai a massaggiarlo dolcemente.
Andai avanti per qualche minuto, alternando forza e delicatezza, e il mio lavoro dovette piacergli decisamente visto che non riusciva a nascondere una vistosa erezione.
Mi appoggiai uno dei suoi piedi sull’inguine in modo da fargli sentire che anche io ero assai eccitato.
Poi, approfittando del fatto che indossava i pantaloncini corti, proseguii con il massaggio salendo per i polpacci, erano sodi, muscolosi e soprattutto pelosi, avrei voluto salire ancora più in alto, accarezzargli le cosce che erano altrettanto pelose, ma non volevo offendere i suoi dettami religiosi, per cui, seppur a malincuore mi fermai.
Gli dissi che era ora che se ne andasse, perché erano quasi le cinque e doveva smontare, ma soprattutto perché non potevo garantire di resistere ancora per molto, la voglia di baciarlo era veramente tanta.
Così ci alzammo, entrambi mostravano una prepotente erezione, lui si avvicinò e mi diede un morbido bacio sulle labbra e mi disse di aspettare ancora due giorni, che venerdì sarebbe stata la fine del Ramadan e ci saremmo potuti amare.
Agile come un ginnasta scese dall’impalcatura e a me non restò altro che rientrare in casa, andare in bagno e spararmi una sega, immaginando di avere il suo cazzo in bocca.
Finalmente arrivò il venerdì, in realtà dovrei dire, finalmente arrivò il lunedì, perché il Ramadan sarebbe finito quella notte, ma lui non lo avrei rivisto fino a quando non fosse tornato al lavoro.
Lunedì mattina non stavo nella pelle, moglie e figlia fuori dalle palle, ero pronto per prendere finalmente in bocca il suo cazzo e magari farmi scopare come si deve, ma di Ahmed non c’era traccia.
Mi misi a lavorare al pc, senza capire se fossi più deluso o più incazzato, quando sentii battere delicatamente sul vetro dello studio, era lui, aprii la porta finestra e lo feci entrare, mi chiese scusa per non essere potuto arrivare prima, ma non poteva fare quello che voleva, mi disse di avermi pensato per tutto il tempo in cui non ci eravamo potuti vedere, lo attirai a me e lo baciai, prima su una guancia, poi sul lato della bocca, infine sulle labbra.
Lui stava immobile, con gli occhi bassi, lasciandomi fare, ma all’ennesimo bacio finalmente dischiuse le labbra lasciandomi sfiorare la sua lingua.
Cominciammo a baciarci, a lungo, a fondo, con vera passione.
Era un baciatore veramente abile e sensuale, e sentivo chiaramente il suo cazzo duro premere contro il mio corpo in modo insistente.
Così mi staccai dalla sua bocca a malincuore e mentre lo guardavo fisso negli occhi gli sbottonai i pantaloncini da lavoro e li abbassai a metà coscia.
La sua erezione era prepotente, mal celata dagli slip, abbassai anche quelli liberando il suo sesso.
Era bellissimo, scuro, grosso e lungo, ovviamente circonciso, la cappella era rosa e molto più chiara del resto del pene, aveva un leggero odore di cazzo.
Le diedi un bacio leggero, proprio sulla punta.
Lui reagì con un piccolo sobbalzo della cappella, la presi tra le labbra e scesi inglobandola completamente.
Cominciai il mio pompino, tenendolo per i fianchi, dopo un po’ finalmente si lascò andare ed emise un lungo sospiro di piacere, mi prese la testa tra le mani per indirizzare i miei movimenti e per la farmi capire quale fosse il ritmo che gli piaceva di più.
Voleva che mi muovessi lentissimo e così feci, andando avanti a succhiarglielo per alcuni minuti, sempre lentamente.
Dargli piacere era il mio piacere e sentendo che stava per arrivare all’orgasmo ne fui contento, strinsi un po’ di più la pressione con le labbra, gli accarezzai i testicoli e lui sospirò e gemette più volte, poi dovette rendersi conto che stava per venire perché cercò di allontanarmi in modo da non eiacularmi in bocca, ma io opposi resistenza, non volevo che mi sgusciasse fuori.
Mi disse che stava per venire e io continuai imperterrito a succhiarglielo stringendogli i glutei con una mano e tirando verso il basso i testicoli con l’altra.
“Je vais jouir” disse lui in un sospiro e on uno spasmo violento mi esplose letteralmente in bocca.
Non contai gli schizzi uno a uno ma ne fece almeno sette o otto, riuscii a contenere tutta la sua sborra a malapena, in genere non mi dispiaceva ingoiare, anzi, ma non lo conoscevo e non mi fidavo ancora di lui, così quando la sua eiaculazione arrivò alla fine, aspettai ancora qualche attimo e poi andai a sputare tutto in bagno e mi sciacquai la bocca.
Tornai da lui che mi aspettava con un’aria triste, “che c’è?” Gli chiesi.
Sembrava dispiaciuto, “niente” rispose, “sono venuto troppo presto, ma sei troppo bravo con la bocca ed era troppo tempo che nessuno mi faceva quello che mi hai fatto tu, e nessuno mai mi ha fatto godere così tanto".
“Lo immagino, e a me fa piacere far godere il mio amante, adesso però voglio godere anche io, prendimelo in bocca” gli dissi, tirandomi giù le braghe…
Continua
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2024-01-28
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