Notte fonda
di
beast
genere
zoofilia
Saranno state le quattro, la casa era silenziosa e completamente immersa nel buio, aprii piano la porta cercando di fare meno rumore possibile, ma era una precauzione abbastanza inutile, due stanze più in là, nonostante la porta fosse chiusa, si sentivano i miei genitori russare come fossero due orchi delle foreste, da papà uno se lo poteva aspettare ma da quello scricciolo di mamma invece…
Meglio così, non volevo di certo essere beccata.
Feci un debole schiocco con le labbra che, nell’assoluto silenzio della notte lui ovviamente sentì subito.
Arrivò trotterellando con le orecchie tese, sapeva benissimo cosa sarebbe successo e ovviamente non stava nella pelle.
Zorro, il mio bellissimo cucciolone.
Oddio, chiamarlo cucciolo non si potrebbe proprio, visto che è un enorme mastino napoletano.
Sotto il pelo cortissimo, grigio cenere, quasi lucido, era un vero e proprio ammasso di muscoli, lo curavamo molto e non aveva un filo di grasso.
Avevo già preparato un paio di corti calzini che gli infilai sulle zampe anteriori, dopo le prime volte in cui mi ero ritrovata con i fianchi e la schiena coperti da graffi abbastanza dolorosi mi ero fatta furba e ora mi proteggevo con questo semplice stratagemma, anche se quei graffi, un tempo mi erano quasi piaciuti, e mi rimiravo sempre allo specchio compiaciuta di quei segni rossi.
Mi ricordavano di essere stata sua, di essere la sua femmina, la sua cagna.
Ma non volevo rischiare di insospettire mamma, e così le ultime volte mi ero protetta dalle sue unghiacce.
Zorro come al solito era in preda all’eccitazione, continuava a girarmi intorno, sbavando dappertutto.
Non so se avete idea di quanto possa sbavare un mastino, a qualcuno potrebbe anche fare schifo, ma lui era cresciuto insieme a me fin da cucciolo e la sua bava non mi dava nessun fastidio, anzi, mi piaceva un sacco farmi baciare e leccare da lui.
Gli presi l’enorme testone tra le dita e accostai la faccia al suo muso invitandolo a baciarmi, lui non se lo fese ripetere due volte e cominciò a leccarmi la faccia tutto contento.
Aveva una lingua enorme, calda e morbida, aprii la bocca e mi misi a limonare con lui, finché non fummo entrambi così eccitati da smettere per passare alla parte più interessante della serata.
Mi alzai in piedi, mi sfilai le mutandine e gli misi in faccia la mia patatina, lui non perse nemmeno un secondo e cominciò a leccarmela come fosse il fondo della sua ciotola della pappa.
Dio che bello.
Andammo avanti un po’ ma ad un certo punto decisi di mettermi più comoda, così mi misi a quattro zampe e gli mostrai il deretano.
Come sempre, prima di iniziare a montarmi, si mise nuovamente a leccarmela, in modo da prepararla bene alla penetrazione.
Poi finalmente mi saltò in groppa.
Era un bestione veramente pesante, ma la voglia di essere scopata era tale che praticamente non me ne accorsi quasi.
Cominciò con dei leggeri colpetti esplorativi, con la punta del pene che, alla cieca cercava la strada per entrare, facendomi pregustare la pazzesca cavalcata che stava per cominciare.
Morivo letteralmente dalla voglia di sentirlo dentro.
Ecco, il suo pene aveva finalmente trovato la via tra le labbra fradicie della mia vagina e ora i colpi non erano più esplorativi ma accelerati e sempre più profondi, in pochi istanti il cazzo era entrato tutto e diventava sempre più grande e gonfio, già sentivo il grosso nodo premere contro la mia carne fradicia per farsi strada, lo sentii entrare e gonfiarsi ancora di più, sempre di più, ora doveva essere al massimo della grandezza, perché si era fermato, sentii il nodo pulsare e il cazzo dilatarsi ancora quando i primi fiotti di sborra cominciarono a riempirmi al figa e colarmi lungo le cosce.
Si girò su se stesso e rimanemmo culo contro culo.
Il nodo ci teneva agganciati, e rimanemmo in quella posizione almeno per una decina di minuti, il mio cuore poté tornare un numero di battiti più normale e anche il fiato rallentare.
Farsi scopare da un cane, oltretutto non un cane normale ma un grosso mastino, era una roba devastante, ti portava da zero a mille in tre o quattro minuti massimo, ti portava a un orgasmo talmente violento che era difficile non mettersi a urlare e magari singhiozzare violentemente per l’intensità del piacere provato.
E non era proprio il massimo, soprattutto considerando che nella stanza accanto dormivano i miei genitori.
Meglio così, non volevo di certo essere beccata.
Feci un debole schiocco con le labbra che, nell’assoluto silenzio della notte lui ovviamente sentì subito.
Arrivò trotterellando con le orecchie tese, sapeva benissimo cosa sarebbe successo e ovviamente non stava nella pelle.
Zorro, il mio bellissimo cucciolone.
Oddio, chiamarlo cucciolo non si potrebbe proprio, visto che è un enorme mastino napoletano.
Sotto il pelo cortissimo, grigio cenere, quasi lucido, era un vero e proprio ammasso di muscoli, lo curavamo molto e non aveva un filo di grasso.
Avevo già preparato un paio di corti calzini che gli infilai sulle zampe anteriori, dopo le prime volte in cui mi ero ritrovata con i fianchi e la schiena coperti da graffi abbastanza dolorosi mi ero fatta furba e ora mi proteggevo con questo semplice stratagemma, anche se quei graffi, un tempo mi erano quasi piaciuti, e mi rimiravo sempre allo specchio compiaciuta di quei segni rossi.
Mi ricordavano di essere stata sua, di essere la sua femmina, la sua cagna.
Ma non volevo rischiare di insospettire mamma, e così le ultime volte mi ero protetta dalle sue unghiacce.
Zorro come al solito era in preda all’eccitazione, continuava a girarmi intorno, sbavando dappertutto.
Non so se avete idea di quanto possa sbavare un mastino, a qualcuno potrebbe anche fare schifo, ma lui era cresciuto insieme a me fin da cucciolo e la sua bava non mi dava nessun fastidio, anzi, mi piaceva un sacco farmi baciare e leccare da lui.
Gli presi l’enorme testone tra le dita e accostai la faccia al suo muso invitandolo a baciarmi, lui non se lo fese ripetere due volte e cominciò a leccarmi la faccia tutto contento.
Aveva una lingua enorme, calda e morbida, aprii la bocca e mi misi a limonare con lui, finché non fummo entrambi così eccitati da smettere per passare alla parte più interessante della serata.
Mi alzai in piedi, mi sfilai le mutandine e gli misi in faccia la mia patatina, lui non perse nemmeno un secondo e cominciò a leccarmela come fosse il fondo della sua ciotola della pappa.
Dio che bello.
Andammo avanti un po’ ma ad un certo punto decisi di mettermi più comoda, così mi misi a quattro zampe e gli mostrai il deretano.
Come sempre, prima di iniziare a montarmi, si mise nuovamente a leccarmela, in modo da prepararla bene alla penetrazione.
Poi finalmente mi saltò in groppa.
Era un bestione veramente pesante, ma la voglia di essere scopata era tale che praticamente non me ne accorsi quasi.
Cominciò con dei leggeri colpetti esplorativi, con la punta del pene che, alla cieca cercava la strada per entrare, facendomi pregustare la pazzesca cavalcata che stava per cominciare.
Morivo letteralmente dalla voglia di sentirlo dentro.
Ecco, il suo pene aveva finalmente trovato la via tra le labbra fradicie della mia vagina e ora i colpi non erano più esplorativi ma accelerati e sempre più profondi, in pochi istanti il cazzo era entrato tutto e diventava sempre più grande e gonfio, già sentivo il grosso nodo premere contro la mia carne fradicia per farsi strada, lo sentii entrare e gonfiarsi ancora di più, sempre di più, ora doveva essere al massimo della grandezza, perché si era fermato, sentii il nodo pulsare e il cazzo dilatarsi ancora quando i primi fiotti di sborra cominciarono a riempirmi al figa e colarmi lungo le cosce.
Si girò su se stesso e rimanemmo culo contro culo.
Il nodo ci teneva agganciati, e rimanemmo in quella posizione almeno per una decina di minuti, il mio cuore poté tornare un numero di battiti più normale e anche il fiato rallentare.
Farsi scopare da un cane, oltretutto non un cane normale ma un grosso mastino, era una roba devastante, ti portava da zero a mille in tre o quattro minuti massimo, ti portava a un orgasmo talmente violento che era difficile non mettersi a urlare e magari singhiozzare violentemente per l’intensità del piacere provato.
E non era proprio il massimo, soprattutto considerando che nella stanza accanto dormivano i miei genitori.
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