Autostop verso il sud
di
beast
genere
gay
Estate 1987, avevo appena passato l’esame di maturità ed ero d’accordo col mio compagno di classe e amico di sempre di raggiungerlo dai suoi nonni a Ostuni, mi avrebbero ospitato per l'estate, ma i soldi erano praticamente zero, per cui avevo deciso di risparmiare almeno sul viaggio e provare ad arrivare in Puglia in autostop.
Infilate due cose nello zaino mi ero messo in cammino e in una mezzoretta avevo raggiunto la provinciale che passando da Villanova d’Asti scende verso sud.
Faceva un caldo boia per cui mi ero tolto il giubbotto di jeans rimanendo in t-shirt.
Mi ero messo sul ciglio della provinciale, sotto l’ombra di un albero, giusto per non prendermi un’insolazione e avevo sfoderato il mio pollice, nel gesto che universalmente si usa per chiedere un passaggio.
Non che facessero a gara per fermarsi, anzi, non mi filava praticamente nessuno, poi per fortuna, dopo un quarto d'ora, un grosso camion a rimorchio aveva accostato, e il camionista, probabilmente impietosito, mi aveva invitato a salire in cabina.
“Dove vai ragazzo?” Mi sentii chiedere da una voce particolarmente roca e con un forte accento meridionale, forse proprio pugliese.
“Vorrei raggiungere la Puglia, ma mi basta scendere verso sud” risposi.
“Dai monta su, mi farai un po’ di compagnia”
Non riuscivo a scorgere bene il suo volto, nella penombra della cabina, accecato com’ero dal sole pomeridiano di luglio, ma decisi di salire, tanto, che mi sarebbe potuto succedere di male?
Il camion ripartì con un sussulto e dovetti aggrapparmi alla portiera per non rotolare giù dal sedile.
“Ciao ragazzo, io mi chiamo Cataldo, ma tutti mi chiamano Aldo” mi disse porgendomi la mano destra, una grossa mano pelosa con le dita corte e massicce.
Gliela strinsi sperando che non me la stritolasse e mi presentai a mia volta: “mi chiamo Marcello, grazie per avermi preso a bordo”.
La sua mano era forte e asciutta e il contatto mi trasmise un senso di piacevole calore.
Ora i miei occhi si erano abituati alla penombra dell’abitacolo e mi guardai intorno, dal deflettore, pendevano un vecchio arbre magique ormai secco e scolorito, un rosario di legno con un crocifisso nero e una cordicella con un cornetto rosso fuoco, sacro e profano insieme, non si può mai sapere.
Alle pareti, fissate con dello scotch, una serie di vecchie foto di donne nude, in pose invitanti o decisamente pornografiche, alcune erano veramente vecchie, ormai completamente scolorite e virate all’azzurro.
Tutto come ci si sarebbe aspettato nell’abitacolo di un camionista.
Cercando di non sembrare sfacciato guardai meglio anche lui, era decisamente un omone, indossava una vecchia canottiera scolorita che un tempo doveva essere rossa ma che ormai era di colore rosa, soprattutto intorno alle ascelle, dalla scollatura si intravedeva il petto villoso e le possenti braccia, altrettanto pelose abbrancavano il volante del camion restituendo un’immagine di maschia potenza.
Indossava dei pantaloncini corti, e si vedevano bene le gambe, non particolarmente lunghe, muscolose e rese scure a causa della folta peluria riccia, ai piedi indossava delle logore ciabatte da piscina della Adidas.
Anche il volto, la pelle abbronzata, con la mascella quadrata e un velo di barba, le folte sopracciglia nere, era molto maschile, il classico stereotipo del maschio meridionale insomma.
Avrà avuto una cinquantina d’anni, forse un po’ di più, poteva essere mio padre, se non fosse che era un tipo decisamente diverso.
Al tempo, non ero mai stato particolarmente attratto dagli uomini, ma devo dire che se lo fossi stato, non sarei rimasto indifferente.
Chiacchierammo del più e del meno, gli raccontai della mia famiglia e dell’esame di maturità appena passato, lui mi raccontò di sua moglie e dei due figli che abitavano con i genitori di lei, a Corato di Puglia.
Li vedeva più o meno una volta al mese, e mi disse ridacchiando che quando arrivava a casa lui e sua moglie scopavano per tre giorni di seguito.
Poi aggiunse ammiccando, che quando era in giro aveva altre persone con cui scopare, perché altrimenti sarebbe impazzito.
Mi disse anche che a volte, nelle piazzole di sosta o nei parcheggi degli autogrill, trovava delle persone, sia uomini che donne, che volevano salire in cabina per essere scopati, e che la cosa era proprio una figata e che tutto sommato la vita del camionista non era affatto male.
E lo disse guardandomi in faccia, come se volesse vedere come avrei reagito.
Io rimasi impassibile, anche se i suoi racconti mi stavano un po’ preoccupando e un po’ stimolando allo stesso tempo.
Dovetti ammettere con me stesso che l’idea di quelle scene di sesso da fumetti porno come "Il Tromba" erano alquanto eccitanti.
Poi a bruciapelo mi chiese se avessi mai fatto sesso con un maschio.
Gli risposi che a dire il vero, purtroppo non avevo mai fatto sesso con nessuno, ne femmine ne maschi, che il massimo a cui ero arrivato era stata una mitica palpata di seno di una mia compagna, durante una gita scolastica in quarta liceo.
Tralasciai di raccontare che quando facevo la prima liceo, con due compagni di classe avevamo trovato un fotoromanzo porno, anche se aveva alcune pagine completamente incollate, lo avevamo usato per settimane per masturbarci tutti insieme, prima separatamente e poi, vincendo la vergogna avevamo cominciato a segarci uno con l’altro.
Maurizio aveva addirittura fatto un paio di pompini a Carlo, io invece mi vergognavo troppo di passare per finocchio e mi ero rifiutato, sia di prendere in bocca il cazzo di uno di loro, sia di farmelo succhiare.
Devo dire che poi mi ero pentito e per anni ho avuto il rimorso di non aver voluto provare quella esperienza.
Forse era venuto il momento di recuperare l’occasione persa.
Ero assorto in questi pensieri e non mi accorsi che Aldo aveva messo la freccia e stava accostando.
“Vieni ragazzo, ti offro cena” mi disse mentre tirava il freno a mano e si preparava a scendere.
Prendemmo posto a un tavolo sotto un pergolato di frasche e mangiammo chiacchierando del più e del meno.
Ad un certo punto mi sentii sfiorare il polpaccio sotto il tavolo, in un primo momento pensai fosse il gatto della trattoria, poi mi resi conto che era Aldo che mi stava facendo piedino.
Non mi guardava in faccia, forse per non mettermi a disagio, decisi di stare al gioco e lo lasciai fare, ormai avevo preso la decisione di lasciarmi andare, ero in vacanza e succedesse quel che doveva succedere, e poi tutto sommato dovevo ammettere che Aldo mi attraeva veramente un casino, non so cosa mi fosse successo, mai mi era capitato di essere attratto da un uomo.
Il suo piede risalì e ridiscese lungo il mio polpaccio, poi capii che si stava sfilando la ciabatta e la sentii cadere al suolo.
Mi sentii sfiorare nuovamente, per fortuna la tovaglia era abbastanza lunga e non rischiavamo di essere visti dai pochi altri commensali.
La situazione era veramente intrigante e il mio pene stava dimostrando di apprezzare la cosa perché era diventato barzotto.
Finimmo di mangiare, rimontammo sul camion senza fare alcun accenno alla situazione.
Il viaggio riprese, chiacchierando del più e del meno come se non fosse successo nulla, ogni tanto Aldo mi chiedeva qualcosa di me e della mia famiglia e a volte mi poggiava la sua mano calda sulla coscia, facendomi provare brividi intensi di desiderio.
Il tempo passava e il sole era ormai completamente scomparso all’orizzonte, lanciando gli ultimi incredibili raggi che andavano dall’arancione inteso al rosso fuoco.
Scendemmo verso sud ancora per un po', ma non chiacchieravamo più, Aldo sembrava concentrato sulla guida o forse era semplicemente immerso nei suoi pensieri.
La notte era ormai scesa e il cielo era di un bel blu intenso, con le stelle che brillavano come fanno solo nelle notti d’estate.
Non potei evitare di cercare di immaginare come sarebbe finita la serata quando sentii che il mezzo stava nuovamente accostando.
Vidi che eravamo entrati in una grande piazzola dove erano già parcheggiati altri due o tre tir.
“Sono stanco” mi disse, mentre faceva manovra per inserire il suo camion in fila dietro gli altri già parcheggiati, “ci fermiamo per la notte”.
Spense il motore, si stiracchiò per bene e scavalcando i sedili mi fece capire che dovevo passare dietro con lui.
La parte di cabina che stava dietro i sedili era arrangiata alla belle meglio con un letto di fortuna, un materasso a una piazza buttato sul pavimento, un cuscino e due logore coperte scozzesi che avevano visto tempi migliori.
Ci sdraiammo uno di fianco all’altro, praticamente vestiti, dopo le se avance sotto il tavolo della trattoria, temevo o speravo che succedesse chissà cosa, invece Aldo mi diede la schiena e dopo meno di un minuto lo sentii russare sonoramente.
Non sapevo se essere sollevato o deluso per come si era evoluta la serata.
Mi girai su un fianco dandogli la schiena anche io e mi addormentai.
Non so quanto tempo passò, ma ad un certo punto mi svegliai e mi resi conto che Aldo mi stava abbracciando da dietro e mi baciava sul collo, feci per provare a girarmi ma le sue forti braccia me lo impedirono, mentre mi sussurrava nelle orecchie di non muovermi, che mi sarebbe piaciuto.
Mi fermai e cercai di non preoccuparmi mentre mi sfilava pantaloncini e mutande.
Sentii il suo cazzo durissimo spingere contro le mie natiche e cercai di rilassarmi anche se non potevo non pensare al male che mi avrebbe fatto.
Gli ricordai che non lo avevamo mai fatto e lui mi sussurrò che avrebbe fatto piano e che mi sarebbe piaciuto.
Si staccò un attimo e lo sentii armeggiare con qualcosa poi due dita cosparse di qualcosa di viscido, probabilmente una crema, mi si infilarono tra le natiche e cominciarono ad accarezzarmi cercando il buco del mio sedere.
Effettivamente le sue carezze erano dolci e quando il suo dito mi penetrò non sentii nessun dolore, anzi era molto eccitante e sentirlo andare avanti e indietro mentre mi baciava il collo e le spalle mi fece rizzare il cazzo alla grande.
Le dita diventarono due, ora era un po’ più fastidioso ma niente di più, ed io ero sempre più eccitato e curioso di sapere come sarebbe stato essere inculato.
Mi fece girare a pancia in giù e si mise a cavalcioni sopra di me, capii che si stava spalmando sul cazzo la stessa crema, poi si abbassò su di me, sentii il suo ventre peloso adagiarsi contro la schiena mentre mi appoggiava in mezzo alle natiche il cazzo duro come un pezzo di marmo.
facendomelo strusciare avanti e indietro contro l’ano.
Poi lo sentii fermarsi, sentivo la punta della sua cappella premermi contro il buco del culo.
Mi diede un bacio sulla nuca dicendomi che stava per entrare, di cercare di rilassarmi che avrebbe fatto piano piano per non farmi male.
Sentii il mio orifizio dilatarsi lentamente mentre la sua cappella si faceva strada dentro di me.
La fece entrare solo qualche centimetro e poi la ritrasse, probabilmente per darmi la possibilità di rilassarmi o forse per permettere al lubrificante di agire al meglio.
“Tutto bene ragazzo?” mi sussurrò mentre riprendeva la penetrazione.
Non feci a tempo a rispondere che il suo cazzo era entrato dentro almeno per metà.
Pensavo facesse un male boia, invece era più una sensazione di fastidio che di dolore, una cosa strana, un misto di male, ma assolutamente sopportabile e altrettanto piacere.
“Tutto bene?” ripetè, “Tutto ok” riuscii a rispondere con un soffio di voce.
Mi baciò il collo e le orecchie, “Ok” disse “lasciati andare e vedrai che sarà bellissimo” mi ripetè mentre cominciava ad andare avanti e indietro dentro di me.
Cercai di rilassarmi e infatti, in poco tempo il lieve dolore scomparve lasciando spazio al piacere.
Adesso andava avanti e indietro scopandomi con decisione, tenendo le forti braccia tese oltre le mie spalle, in modo da bloccarmi e impedire al mio corpo di scivolare in avanti mentre mi dava dei colpi violenti col bacino.
Sembrava impossibile ma mi pareva che il suo cazzo fosse diventato ancora più grosso e più duro.
“Girati” mi disse ad un certo punto, “adesso voglio guardarti negli occhi mentre ti scopo e voglio vederti in faccia mentre vengo”.
Così si fermò e estrasse il suo cazzo, sollevandosi da me, in modo che potessi girarmi e mettermi a pancia in su.
Mi girai e allargai le gambe pronto ad accoglierlo di nuovo.
Lui armeggiò un po’ col suo cazzo, gli mise un altro po’ di lubrificante e lentamente lo introdusse dentro di me, pronto a fottermi di nuovo.
Ora ci potevamo guardare in faccia ed era veramente molto eccitante vedere la sua espressione di piacere aumentare mentre il suo cazzo entrava dentro di me un centimetro alla volta, via, via che le sue spinte riprendevano.
Aveva ricominciato lentamente, guardandomi intensamente negli occhi per godersi la mia bocca spalancata e i miei occhi stralunati.
Sollevai ancora di più le gambe lo cinsi alla vita, gli strinsi le grosse chiappe tra le dita, stringendolo fortemente a me e gli dissi in un orecchio: “Fottimi Aldo, fottimi come se fossi la tua donna, fottimi e fammi godere!”
Questa mia richiesta gli piacque da pazzi perché abbandono la lentezza e cominciò a scoparmi come un pazzo, grugnendo e ansimando come un animale.
Non ci volle molto perché il piacere di entrambi arrivasse al culmine.
“Masturbati” mi ingiunse, “voglio che veniamo insieme”.
Così presi a menarmi il cazzo, cercando di andare al suo stesso ritmo, scendendo con la mano verso la base quando lui mi penetrava e facendola risalire verso la cappella quando lui lo estraeva.
Il ritmo con cui mi scopava era diventato di nuovo veramente lentissimo come se volesse godersi ogni secondo e assaporare la sborrata che ormai stava per arrivare.
Ma era troppo eccitante e io stavo veramente per arrivare al culmine del piacere, ancora qualche colpo e sarei venuto.
Così lo avvertii: “Sto per venire” gli dissi, lui allora intensificò i colpi, spingendo ancora più a fondo e cominciando di nuovo a rantolare.
“Non resisto più “ ripetei “sto per venire” e stringendomi il cazzo alla base cominciai a sborrare, lanciando lunghi schizzi in aria che ricadevano sul mio ventre sudato fradicio e contratto dallo sforzo.
“Vengo anche io! Vengoooo!” ripetè in un rantolo veramente animalesco, sentii un calore pervadermi l'intestino, mentre lui si svuotava dentro di me grugnendo come un cinghiale.
Una volta che ebbe finito di eiaculare, si lasciò cadere con tutto il suo peso su di me, gemendo per lo sforzo appena concluso.
Mi sussurrò in un orecchio che era stato bellissimo e che raramente gli piaceva così tanto, e lo stesso valeva per me anche se non avevo nessun termine di paragone per fare un confronto.
Aldo si addormentò sopra di me e il suo respiro regolare mi aiutò a trovare il sonno, chissà domani cosa sarebbe successo...
Infilate due cose nello zaino mi ero messo in cammino e in una mezzoretta avevo raggiunto la provinciale che passando da Villanova d’Asti scende verso sud.
Faceva un caldo boia per cui mi ero tolto il giubbotto di jeans rimanendo in t-shirt.
Mi ero messo sul ciglio della provinciale, sotto l’ombra di un albero, giusto per non prendermi un’insolazione e avevo sfoderato il mio pollice, nel gesto che universalmente si usa per chiedere un passaggio.
Non che facessero a gara per fermarsi, anzi, non mi filava praticamente nessuno, poi per fortuna, dopo un quarto d'ora, un grosso camion a rimorchio aveva accostato, e il camionista, probabilmente impietosito, mi aveva invitato a salire in cabina.
“Dove vai ragazzo?” Mi sentii chiedere da una voce particolarmente roca e con un forte accento meridionale, forse proprio pugliese.
“Vorrei raggiungere la Puglia, ma mi basta scendere verso sud” risposi.
“Dai monta su, mi farai un po’ di compagnia”
Non riuscivo a scorgere bene il suo volto, nella penombra della cabina, accecato com’ero dal sole pomeridiano di luglio, ma decisi di salire, tanto, che mi sarebbe potuto succedere di male?
Il camion ripartì con un sussulto e dovetti aggrapparmi alla portiera per non rotolare giù dal sedile.
“Ciao ragazzo, io mi chiamo Cataldo, ma tutti mi chiamano Aldo” mi disse porgendomi la mano destra, una grossa mano pelosa con le dita corte e massicce.
Gliela strinsi sperando che non me la stritolasse e mi presentai a mia volta: “mi chiamo Marcello, grazie per avermi preso a bordo”.
La sua mano era forte e asciutta e il contatto mi trasmise un senso di piacevole calore.
Ora i miei occhi si erano abituati alla penombra dell’abitacolo e mi guardai intorno, dal deflettore, pendevano un vecchio arbre magique ormai secco e scolorito, un rosario di legno con un crocifisso nero e una cordicella con un cornetto rosso fuoco, sacro e profano insieme, non si può mai sapere.
Alle pareti, fissate con dello scotch, una serie di vecchie foto di donne nude, in pose invitanti o decisamente pornografiche, alcune erano veramente vecchie, ormai completamente scolorite e virate all’azzurro.
Tutto come ci si sarebbe aspettato nell’abitacolo di un camionista.
Cercando di non sembrare sfacciato guardai meglio anche lui, era decisamente un omone, indossava una vecchia canottiera scolorita che un tempo doveva essere rossa ma che ormai era di colore rosa, soprattutto intorno alle ascelle, dalla scollatura si intravedeva il petto villoso e le possenti braccia, altrettanto pelose abbrancavano il volante del camion restituendo un’immagine di maschia potenza.
Indossava dei pantaloncini corti, e si vedevano bene le gambe, non particolarmente lunghe, muscolose e rese scure a causa della folta peluria riccia, ai piedi indossava delle logore ciabatte da piscina della Adidas.
Anche il volto, la pelle abbronzata, con la mascella quadrata e un velo di barba, le folte sopracciglia nere, era molto maschile, il classico stereotipo del maschio meridionale insomma.
Avrà avuto una cinquantina d’anni, forse un po’ di più, poteva essere mio padre, se non fosse che era un tipo decisamente diverso.
Al tempo, non ero mai stato particolarmente attratto dagli uomini, ma devo dire che se lo fossi stato, non sarei rimasto indifferente.
Chiacchierammo del più e del meno, gli raccontai della mia famiglia e dell’esame di maturità appena passato, lui mi raccontò di sua moglie e dei due figli che abitavano con i genitori di lei, a Corato di Puglia.
Li vedeva più o meno una volta al mese, e mi disse ridacchiando che quando arrivava a casa lui e sua moglie scopavano per tre giorni di seguito.
Poi aggiunse ammiccando, che quando era in giro aveva altre persone con cui scopare, perché altrimenti sarebbe impazzito.
Mi disse anche che a volte, nelle piazzole di sosta o nei parcheggi degli autogrill, trovava delle persone, sia uomini che donne, che volevano salire in cabina per essere scopati, e che la cosa era proprio una figata e che tutto sommato la vita del camionista non era affatto male.
E lo disse guardandomi in faccia, come se volesse vedere come avrei reagito.
Io rimasi impassibile, anche se i suoi racconti mi stavano un po’ preoccupando e un po’ stimolando allo stesso tempo.
Dovetti ammettere con me stesso che l’idea di quelle scene di sesso da fumetti porno come "Il Tromba" erano alquanto eccitanti.
Poi a bruciapelo mi chiese se avessi mai fatto sesso con un maschio.
Gli risposi che a dire il vero, purtroppo non avevo mai fatto sesso con nessuno, ne femmine ne maschi, che il massimo a cui ero arrivato era stata una mitica palpata di seno di una mia compagna, durante una gita scolastica in quarta liceo.
Tralasciai di raccontare che quando facevo la prima liceo, con due compagni di classe avevamo trovato un fotoromanzo porno, anche se aveva alcune pagine completamente incollate, lo avevamo usato per settimane per masturbarci tutti insieme, prima separatamente e poi, vincendo la vergogna avevamo cominciato a segarci uno con l’altro.
Maurizio aveva addirittura fatto un paio di pompini a Carlo, io invece mi vergognavo troppo di passare per finocchio e mi ero rifiutato, sia di prendere in bocca il cazzo di uno di loro, sia di farmelo succhiare.
Devo dire che poi mi ero pentito e per anni ho avuto il rimorso di non aver voluto provare quella esperienza.
Forse era venuto il momento di recuperare l’occasione persa.
Ero assorto in questi pensieri e non mi accorsi che Aldo aveva messo la freccia e stava accostando.
“Vieni ragazzo, ti offro cena” mi disse mentre tirava il freno a mano e si preparava a scendere.
Prendemmo posto a un tavolo sotto un pergolato di frasche e mangiammo chiacchierando del più e del meno.
Ad un certo punto mi sentii sfiorare il polpaccio sotto il tavolo, in un primo momento pensai fosse il gatto della trattoria, poi mi resi conto che era Aldo che mi stava facendo piedino.
Non mi guardava in faccia, forse per non mettermi a disagio, decisi di stare al gioco e lo lasciai fare, ormai avevo preso la decisione di lasciarmi andare, ero in vacanza e succedesse quel che doveva succedere, e poi tutto sommato dovevo ammettere che Aldo mi attraeva veramente un casino, non so cosa mi fosse successo, mai mi era capitato di essere attratto da un uomo.
Il suo piede risalì e ridiscese lungo il mio polpaccio, poi capii che si stava sfilando la ciabatta e la sentii cadere al suolo.
Mi sentii sfiorare nuovamente, per fortuna la tovaglia era abbastanza lunga e non rischiavamo di essere visti dai pochi altri commensali.
La situazione era veramente intrigante e il mio pene stava dimostrando di apprezzare la cosa perché era diventato barzotto.
Finimmo di mangiare, rimontammo sul camion senza fare alcun accenno alla situazione.
Il viaggio riprese, chiacchierando del più e del meno come se non fosse successo nulla, ogni tanto Aldo mi chiedeva qualcosa di me e della mia famiglia e a volte mi poggiava la sua mano calda sulla coscia, facendomi provare brividi intensi di desiderio.
Il tempo passava e il sole era ormai completamente scomparso all’orizzonte, lanciando gli ultimi incredibili raggi che andavano dall’arancione inteso al rosso fuoco.
Scendemmo verso sud ancora per un po', ma non chiacchieravamo più, Aldo sembrava concentrato sulla guida o forse era semplicemente immerso nei suoi pensieri.
La notte era ormai scesa e il cielo era di un bel blu intenso, con le stelle che brillavano come fanno solo nelle notti d’estate.
Non potei evitare di cercare di immaginare come sarebbe finita la serata quando sentii che il mezzo stava nuovamente accostando.
Vidi che eravamo entrati in una grande piazzola dove erano già parcheggiati altri due o tre tir.
“Sono stanco” mi disse, mentre faceva manovra per inserire il suo camion in fila dietro gli altri già parcheggiati, “ci fermiamo per la notte”.
Spense il motore, si stiracchiò per bene e scavalcando i sedili mi fece capire che dovevo passare dietro con lui.
La parte di cabina che stava dietro i sedili era arrangiata alla belle meglio con un letto di fortuna, un materasso a una piazza buttato sul pavimento, un cuscino e due logore coperte scozzesi che avevano visto tempi migliori.
Ci sdraiammo uno di fianco all’altro, praticamente vestiti, dopo le se avance sotto il tavolo della trattoria, temevo o speravo che succedesse chissà cosa, invece Aldo mi diede la schiena e dopo meno di un minuto lo sentii russare sonoramente.
Non sapevo se essere sollevato o deluso per come si era evoluta la serata.
Mi girai su un fianco dandogli la schiena anche io e mi addormentai.
Non so quanto tempo passò, ma ad un certo punto mi svegliai e mi resi conto che Aldo mi stava abbracciando da dietro e mi baciava sul collo, feci per provare a girarmi ma le sue forti braccia me lo impedirono, mentre mi sussurrava nelle orecchie di non muovermi, che mi sarebbe piaciuto.
Mi fermai e cercai di non preoccuparmi mentre mi sfilava pantaloncini e mutande.
Sentii il suo cazzo durissimo spingere contro le mie natiche e cercai di rilassarmi anche se non potevo non pensare al male che mi avrebbe fatto.
Gli ricordai che non lo avevamo mai fatto e lui mi sussurrò che avrebbe fatto piano e che mi sarebbe piaciuto.
Si staccò un attimo e lo sentii armeggiare con qualcosa poi due dita cosparse di qualcosa di viscido, probabilmente una crema, mi si infilarono tra le natiche e cominciarono ad accarezzarmi cercando il buco del mio sedere.
Effettivamente le sue carezze erano dolci e quando il suo dito mi penetrò non sentii nessun dolore, anzi era molto eccitante e sentirlo andare avanti e indietro mentre mi baciava il collo e le spalle mi fece rizzare il cazzo alla grande.
Le dita diventarono due, ora era un po’ più fastidioso ma niente di più, ed io ero sempre più eccitato e curioso di sapere come sarebbe stato essere inculato.
Mi fece girare a pancia in giù e si mise a cavalcioni sopra di me, capii che si stava spalmando sul cazzo la stessa crema, poi si abbassò su di me, sentii il suo ventre peloso adagiarsi contro la schiena mentre mi appoggiava in mezzo alle natiche il cazzo duro come un pezzo di marmo.
facendomelo strusciare avanti e indietro contro l’ano.
Poi lo sentii fermarsi, sentivo la punta della sua cappella premermi contro il buco del culo.
Mi diede un bacio sulla nuca dicendomi che stava per entrare, di cercare di rilassarmi che avrebbe fatto piano piano per non farmi male.
Sentii il mio orifizio dilatarsi lentamente mentre la sua cappella si faceva strada dentro di me.
La fece entrare solo qualche centimetro e poi la ritrasse, probabilmente per darmi la possibilità di rilassarmi o forse per permettere al lubrificante di agire al meglio.
“Tutto bene ragazzo?” mi sussurrò mentre riprendeva la penetrazione.
Non feci a tempo a rispondere che il suo cazzo era entrato dentro almeno per metà.
Pensavo facesse un male boia, invece era più una sensazione di fastidio che di dolore, una cosa strana, un misto di male, ma assolutamente sopportabile e altrettanto piacere.
“Tutto bene?” ripetè, “Tutto ok” riuscii a rispondere con un soffio di voce.
Mi baciò il collo e le orecchie, “Ok” disse “lasciati andare e vedrai che sarà bellissimo” mi ripetè mentre cominciava ad andare avanti e indietro dentro di me.
Cercai di rilassarmi e infatti, in poco tempo il lieve dolore scomparve lasciando spazio al piacere.
Adesso andava avanti e indietro scopandomi con decisione, tenendo le forti braccia tese oltre le mie spalle, in modo da bloccarmi e impedire al mio corpo di scivolare in avanti mentre mi dava dei colpi violenti col bacino.
Sembrava impossibile ma mi pareva che il suo cazzo fosse diventato ancora più grosso e più duro.
“Girati” mi disse ad un certo punto, “adesso voglio guardarti negli occhi mentre ti scopo e voglio vederti in faccia mentre vengo”.
Così si fermò e estrasse il suo cazzo, sollevandosi da me, in modo che potessi girarmi e mettermi a pancia in su.
Mi girai e allargai le gambe pronto ad accoglierlo di nuovo.
Lui armeggiò un po’ col suo cazzo, gli mise un altro po’ di lubrificante e lentamente lo introdusse dentro di me, pronto a fottermi di nuovo.
Ora ci potevamo guardare in faccia ed era veramente molto eccitante vedere la sua espressione di piacere aumentare mentre il suo cazzo entrava dentro di me un centimetro alla volta, via, via che le sue spinte riprendevano.
Aveva ricominciato lentamente, guardandomi intensamente negli occhi per godersi la mia bocca spalancata e i miei occhi stralunati.
Sollevai ancora di più le gambe lo cinsi alla vita, gli strinsi le grosse chiappe tra le dita, stringendolo fortemente a me e gli dissi in un orecchio: “Fottimi Aldo, fottimi come se fossi la tua donna, fottimi e fammi godere!”
Questa mia richiesta gli piacque da pazzi perché abbandono la lentezza e cominciò a scoparmi come un pazzo, grugnendo e ansimando come un animale.
Non ci volle molto perché il piacere di entrambi arrivasse al culmine.
“Masturbati” mi ingiunse, “voglio che veniamo insieme”.
Così presi a menarmi il cazzo, cercando di andare al suo stesso ritmo, scendendo con la mano verso la base quando lui mi penetrava e facendola risalire verso la cappella quando lui lo estraeva.
Il ritmo con cui mi scopava era diventato di nuovo veramente lentissimo come se volesse godersi ogni secondo e assaporare la sborrata che ormai stava per arrivare.
Ma era troppo eccitante e io stavo veramente per arrivare al culmine del piacere, ancora qualche colpo e sarei venuto.
Così lo avvertii: “Sto per venire” gli dissi, lui allora intensificò i colpi, spingendo ancora più a fondo e cominciando di nuovo a rantolare.
“Non resisto più “ ripetei “sto per venire” e stringendomi il cazzo alla base cominciai a sborrare, lanciando lunghi schizzi in aria che ricadevano sul mio ventre sudato fradicio e contratto dallo sforzo.
“Vengo anche io! Vengoooo!” ripetè in un rantolo veramente animalesco, sentii un calore pervadermi l'intestino, mentre lui si svuotava dentro di me grugnendo come un cinghiale.
Una volta che ebbe finito di eiaculare, si lasciò cadere con tutto il suo peso su di me, gemendo per lo sforzo appena concluso.
Mi sussurrò in un orecchio che era stato bellissimo e che raramente gli piaceva così tanto, e lo stesso valeva per me anche se non avevo nessun termine di paragone per fare un confronto.
Aldo si addormentò sopra di me e il suo respiro regolare mi aiutò a trovare il sonno, chissà domani cosa sarebbe successo...
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