Ritorno da Buck
di
beast
genere
zoofilia
Finalmente, dopo due anni di pandemia, scendevo in treno da Torino e tornavo a trovare i nonni paterni e soprattutto il mio adorato Buck.
Abitavano in una masseria fuori da Corato di Puglia e quando ero più piccola andavo a passare da loro tutte le mie vacanze estive, poi per le due settimane centrali di agosto mi raggiungevano anche i miei.
Buck era il loro cane, un enorme mastino, ma non era di razza.
Una volta non usava, soprattutto se eri un contadino, spendere dei soldi per comprare un cane, quindi i miei nonni avevano lo scelto da una figliata nata da una coppia di cani grandi e grossi.
Quando ero dai nonni, da ragazzina io e lui eravamo sempre insieme, siamo stati cuccioli insieme ed era da sempre il mio compagno di giochi, lo consideravo il mio amico del cuore, mio fratello, poi crescendo mi resi conto che avevo cominciato a guardarlo con occhi meno innocenti, sempre un compagno, ma di un altro tipo di giochi.
Tutto era cominciato un pomeriggio in cui avevo visto la punta rosa del suo pene fare capolino.
In realtà non era la prima volta che succedeva, ma era la prima volta che mi fece quell’effetto.
Probabilmente ero io che stavo crescendo.
Ma quello che veramente mi fece cambiare atteggiamento nei suoi confronti, fu quando un pomeriggio lo vidi montare la cagnolina che viveva nella cascina vicina.
Dentro di me esplose un sentimento di gelosia totale e quasi violento.
Buck non poteva essere di nessun’altra, ero io la sua compagna, con me e solo con me doveva fare l’amore.
E così successe, ma magari ve lo racconterò in un altro momento.
Torniamo al presente.
Scesi dal treno e vidi mio nonno che mi aspettava alla banchina, e, colmo della felicità, aveva portato anche Buck, che stava seduto di fianco a lui in attesa.
Erano entrambi un po’ invecchiati, nonno faceva ancora la sua figura, dritto, muscoloso e abbronzato, ma aveva tutti i capelli bianchi e anche al cane erano spuntati tanti peletti bianchi, soprattutto intorno al muso.
Appena mi scorse cominciò a dare di matto, (Buck, non il nonno…), cercando di correre da me, saltando come un pazzo e rischiando di far cadere a terra il povero uomo.
Li raggiunsi e baciai il nonno sulle guance mentre Buck saltava come un pazzo, mi chinai e baciai anche lui che mi leccò tutta la faccia uggiolando e sbavando dappertutto.
In una mezz’oretta arrivammo a casa, corsi a salutare nonna, disfai i bagagli e mi misi in libertà, indossando degli shorts di jeans e un top azzurro.
Il nonno mi promise di portarmi al mare l’indomani, ma non era la cosa che mi interessava di più, io non vedevo l’ora di restare sola con il mio Buck.
Così dissi al nonno che siccome ormai avevo la patente, potevo prendere la sua macchina e andare al mare da me, senza che lui si disturbasse ad accompagnarmi.
“Prendo Buck con me, così siete più tranquilli” dissi loro.
Mi presi un telo e un vecchio ombrellone, caricai Buck nel bagagliaio e tutta contenta presi la strada per la costa.
A metà strada deviai per uno stradino secondario che portava nel nulla delle campagne, mi fermai all’ombra di un enorme leccio, stesi il telo per terra e feci scendere il mio amico.
Lui aveva già capito tutto e mi saltellava intorno tutto agitato, non ci fu alcuna possibilità di calmarlo e fare le cose senza fretta, era troppo eccitato, per cui mi arresi.
“Ok Buck, per questa volta facciamo come vuoi tu, del resto hai ragione, sono più di due anni che non te la do”.
Mi sedetti sul sedile della vecchia Toyota Corolla dei nonni e mi sfilai gli shorts e le mutandine del costume, in mezzo alle gambe ero già tutta bagnata, di sudore e non solo.
Buck sentiva il dolce profumo che esalava dalla mia patata e smaniava di voglia, brontolava, uggiolava, sbavava sempre di più.
Lo baciai in bocca e gli dissi, mentre mi mettevo a quattro zampe offrendogli il deretano: “eccomi tesoro, sono pronta e sono tutta tua”
Lui mi saltò in groppa, era come se non avessimo mai smesso di scopare, perché trovò la via alla mia figa fradicia in pochi secondi.
Sentii la punta del suo cazzo scivolare dentro di me come un coltello bollente nel burro e non feci a tempo a lasciare andare nemmeno un oh! che cominciò a fottermi disperatamente.
Avevo dimenticato con quanta irruenza scopassero i cani e venni quasi immediatamente, travolta letteralmente dalla sua foga.
Mi scopò come un indemoniato, tenendomi stretta a sé come se temesse di vedermi andare via di nuovo.
Fu dannatamente violento, doloroso e meraviglioso allo stesso tempo.
Il suo cazzo e il suo nodo si gonfiarono, Buck raggiunse l’orgasmo velocemente e dopo avermi scaricato nella pancia mezzo quintale di sborra, finalmente si tranquillizzò e appoggiò il testone sulla mia spalla in attesa che il pene e il nodo si sgonfiassero permettendogli di staccarsi da me.
Girai la testa in modo da poterlo baciare, la sua lingua usciva dalla bocca ansante per una quindicina di centimetri, la presi tra le labbra e la succhiai dolcemente, era calda e umida e mi piacque un sacco.
Ci rilassammo entrambi e lentamente il suo nodo si sgonfiò permettendogli di staccarsi da me.
Si mise lì di fianco a leccarselo per bene senza più voglia di assalirmi, almeno per il momento, ma sapevo che tempo qualche minuto e sarebbe tornato alla carica.
Io però, per il momento ne avevo abbastanza, e la patata mi faceva anche un po’ male, così decisi che per oggi poteva bastare, lo feci risalire in macchina e proseguimmo veramente fino al mare.
Continua
Abitavano in una masseria fuori da Corato di Puglia e quando ero più piccola andavo a passare da loro tutte le mie vacanze estive, poi per le due settimane centrali di agosto mi raggiungevano anche i miei.
Buck era il loro cane, un enorme mastino, ma non era di razza.
Una volta non usava, soprattutto se eri un contadino, spendere dei soldi per comprare un cane, quindi i miei nonni avevano lo scelto da una figliata nata da una coppia di cani grandi e grossi.
Quando ero dai nonni, da ragazzina io e lui eravamo sempre insieme, siamo stati cuccioli insieme ed era da sempre il mio compagno di giochi, lo consideravo il mio amico del cuore, mio fratello, poi crescendo mi resi conto che avevo cominciato a guardarlo con occhi meno innocenti, sempre un compagno, ma di un altro tipo di giochi.
Tutto era cominciato un pomeriggio in cui avevo visto la punta rosa del suo pene fare capolino.
In realtà non era la prima volta che succedeva, ma era la prima volta che mi fece quell’effetto.
Probabilmente ero io che stavo crescendo.
Ma quello che veramente mi fece cambiare atteggiamento nei suoi confronti, fu quando un pomeriggio lo vidi montare la cagnolina che viveva nella cascina vicina.
Dentro di me esplose un sentimento di gelosia totale e quasi violento.
Buck non poteva essere di nessun’altra, ero io la sua compagna, con me e solo con me doveva fare l’amore.
E così successe, ma magari ve lo racconterò in un altro momento.
Torniamo al presente.
Scesi dal treno e vidi mio nonno che mi aspettava alla banchina, e, colmo della felicità, aveva portato anche Buck, che stava seduto di fianco a lui in attesa.
Erano entrambi un po’ invecchiati, nonno faceva ancora la sua figura, dritto, muscoloso e abbronzato, ma aveva tutti i capelli bianchi e anche al cane erano spuntati tanti peletti bianchi, soprattutto intorno al muso.
Appena mi scorse cominciò a dare di matto, (Buck, non il nonno…), cercando di correre da me, saltando come un pazzo e rischiando di far cadere a terra il povero uomo.
Li raggiunsi e baciai il nonno sulle guance mentre Buck saltava come un pazzo, mi chinai e baciai anche lui che mi leccò tutta la faccia uggiolando e sbavando dappertutto.
In una mezz’oretta arrivammo a casa, corsi a salutare nonna, disfai i bagagli e mi misi in libertà, indossando degli shorts di jeans e un top azzurro.
Il nonno mi promise di portarmi al mare l’indomani, ma non era la cosa che mi interessava di più, io non vedevo l’ora di restare sola con il mio Buck.
Così dissi al nonno che siccome ormai avevo la patente, potevo prendere la sua macchina e andare al mare da me, senza che lui si disturbasse ad accompagnarmi.
“Prendo Buck con me, così siete più tranquilli” dissi loro.
Mi presi un telo e un vecchio ombrellone, caricai Buck nel bagagliaio e tutta contenta presi la strada per la costa.
A metà strada deviai per uno stradino secondario che portava nel nulla delle campagne, mi fermai all’ombra di un enorme leccio, stesi il telo per terra e feci scendere il mio amico.
Lui aveva già capito tutto e mi saltellava intorno tutto agitato, non ci fu alcuna possibilità di calmarlo e fare le cose senza fretta, era troppo eccitato, per cui mi arresi.
“Ok Buck, per questa volta facciamo come vuoi tu, del resto hai ragione, sono più di due anni che non te la do”.
Mi sedetti sul sedile della vecchia Toyota Corolla dei nonni e mi sfilai gli shorts e le mutandine del costume, in mezzo alle gambe ero già tutta bagnata, di sudore e non solo.
Buck sentiva il dolce profumo che esalava dalla mia patata e smaniava di voglia, brontolava, uggiolava, sbavava sempre di più.
Lo baciai in bocca e gli dissi, mentre mi mettevo a quattro zampe offrendogli il deretano: “eccomi tesoro, sono pronta e sono tutta tua”
Lui mi saltò in groppa, era come se non avessimo mai smesso di scopare, perché trovò la via alla mia figa fradicia in pochi secondi.
Sentii la punta del suo cazzo scivolare dentro di me come un coltello bollente nel burro e non feci a tempo a lasciare andare nemmeno un oh! che cominciò a fottermi disperatamente.
Avevo dimenticato con quanta irruenza scopassero i cani e venni quasi immediatamente, travolta letteralmente dalla sua foga.
Mi scopò come un indemoniato, tenendomi stretta a sé come se temesse di vedermi andare via di nuovo.
Fu dannatamente violento, doloroso e meraviglioso allo stesso tempo.
Il suo cazzo e il suo nodo si gonfiarono, Buck raggiunse l’orgasmo velocemente e dopo avermi scaricato nella pancia mezzo quintale di sborra, finalmente si tranquillizzò e appoggiò il testone sulla mia spalla in attesa che il pene e il nodo si sgonfiassero permettendogli di staccarsi da me.
Girai la testa in modo da poterlo baciare, la sua lingua usciva dalla bocca ansante per una quindicina di centimetri, la presi tra le labbra e la succhiai dolcemente, era calda e umida e mi piacque un sacco.
Ci rilassammo entrambi e lentamente il suo nodo si sgonfiò permettendogli di staccarsi da me.
Si mise lì di fianco a leccarselo per bene senza più voglia di assalirmi, almeno per il momento, ma sapevo che tempo qualche minuto e sarebbe tornato alla carica.
Io però, per il momento ne avevo abbastanza, e la patata mi faceva anche un po’ male, così decisi che per oggi poteva bastare, lo feci risalire in macchina e proseguimmo veramente fino al mare.
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