Non lo fo per piacer mio...

di
genere
masturbazione

Continuo a rifletterci, e mi chiedo: “ma a chi potrà mai interessare?”
Intendo: fossi una matura signora, se raccontassi delle attenzioni che dedico al mio eccitato bocciolo, troverei sicuramente diversi soddisfatti estimatori.
Mi spingo a dire “ambosessi”.

Ma un cinquantenne, con la pancetta, dotato di un certo folto crine (ma nei posti sbagliati), alle prese con il proprio batacchio... ammettiamolo, non c’è gara!
Il ridicolo ti aspetta a braccia aperte alla prima timida metafora.
Provo a dirmi che è un mio pregiudizio, la scuola dalle suore, il mio inconscio moralista e borghese che manco mi concede sogni sconci la notte.
Ma proprio non vedo quale sana libido potrebbe trovare eccitante la cronaca di quello smanacciare scomposto.
Forse qualche donna vicina al climax, alla ricerca di un’ultima sconcia spintina necessaria a scavallare la sella dell’orgasmo.
Una donna sull’orlo del piacere e di bocca buona, diremmo, al massimo.
Un altro uomo no di certo! Altro che “ambosessi”!

Però mia moglie l’altro giorno è arrivata a chiedermi: “Caro, per favore, masturbati di più”
Che io la tormento la notte a letto, in un periodo in cui a tormentarla ci pensano abbastanza anche le preoccupazioni quotidiane.
Poggia la testa sul cuscino e l’unico desiderio è spegnersi, che neanche il sesso l’aiuta.
Neanche tutta la mia dedizione orale al suo bocciolo, neanche il pollice infilato nella sua intimità, le altre dita a carezzarle il clitoride, lei prona, mentre le bacio la schiena e i fianchi.
La sento ad un certo punto.
Dove un attimo fa c’era umidità che porta vita, improvvisamente si fa asciutto.
E’ come potessi vedere le acque ritirarsi da lì, mentre la marea di pensieri l’investe, portandola lontano dal nostro letto.
E allora la ricopro, per non farle prendere freddo, intrecciamo le nostre gambe, e cerco di fare meno movimenti possibili per non interferire con il suo riposo.
E lei, con un sussurro, mi supplica: “caro, per favore, masturbati di più!”

Un altro giorno, a rinforzare il suo invito, per incoraggiare certe mie iniziative impossibili da non notare, mentre si infila il pigiama, con nonchalance sottolinea:
“ti ho lasciato un regalo sul comodino”
Perché mia moglie mi conosce.
Ed io intuisco subito a cosa faccia riferimento.

E così questi giorni mi tocca dedicarmi a me stesso più del normale, ma solo perché me lo chiede mia moglie, si intende.
Come si diceva: “non lo fo per piacer mio…”
Il periodo lavorativamente scarico mi permette di rubare tempo mattutino disteso sul letto ancora sfatto, in compagnia del computer.
Scelgo con cura a quali letture dedicarmi che, se devo fare un favore alla mia compagna, devo farlo bene e i video sconci mi son venuti a noia, ormai.
“Hairy+panties+lesbian” (+milf e +redhead per le giornate più esigenti). Sempre uguali.

Non a caso, scelgo proprio i racconti di mature signore che vengano a confessarmi le attenzioni che dedicano al proprio eccitato ed umido bocciolo.
Magari immaginandosi strette al corpo di un’altra donna, ad esplorarsi reciprocamente.
Perché quelle parole sono la certezza di un colpo di reni del mio umile e borghese cazzo di cinquantenne.

Carni inizialmente addormentate, lentamente prendono vita, si fanno sentire con quel domestico piacere che ti dà il pisello un po’ barzotto (come spiegarvelo questo, signore?).

Corpi cavi che si riempiono, e quella sensazione croccante alla base del pene, poco sopra i testicoli.
E più mi avventuro nella lettura, più i tessuti si fanno rigidi, più la sensazione si arrampica a dolci ondate dal basso lungo l’asta.

La mano sinistra si muove senza stringere troppo e, nel mio caso (ma son questioni personali), senza forzare lo scappellamento, che mi piace la sensazione del prepuzio che culla il glande.
Anche solo l’accenno di dita che si infilano nella fica di quella lontana donna, mi donano piccole gocce che si affacciano sulla punta rubiconda.
E non ho bisogno di troppi sguaiati smanacciamenti.

Bastano saltuari lenti massaggi, ed il contrarsi nel profondo del mio bacino di muscoli e tendini, che neanche saprei nominare.

Quei misteriosi segni, nero su bianco, scritti da mani remote di donna, gettano incantesimi sulla mia eccitazione,
Quando poi la lettura mi regala il racconto di bocche di femmina che torturano labbra umide di miele e clitoridi eccitati, posso finalmente ricorrere ai regali che mia moglie mi lascia sul comodino.

Posso, tremante, avvicinare le sue mutandine al naso.
Aspirarne l’intimità familiare che rende quelle sconce scritture carne viva a mia disposizione, presente in quel momento nella stessa stanza con me, sullo stesso letto.
Mentre laggiù altra carne anela una furibonda cavalcata finale giù per la collina.
Ma no.
Perché io sono crudele con me stesso.
Lo sento, lo guardo,
do un colpetto sul canale che, dalla punta, corre fino al profondo dei miei testicoli.
L’odore della fica di mia moglie nel mio naso.
Le fantasie saffiche di un’altra donna che invadono il mio cervello.
Ondate nervose di umide maree che si infrangono sulla scogliera dei miei testicoli.
E l’estasi più bella è quella in cui, tanta tesa attesa, si risolve quasi da sé, forse un’ultima delicata carezza all’attaccatura del frenulo.
Sento il piacere partire dai testicoli, ma cerco il più possibile di contrarre i tendini per trattenere la sborrata.
Una prova di forza.
Che più trattengo, più lungo è il piacere.
Ma poi non c’è nulla che possa più fare.
Ed il mio seme mi sporca sgraziato la pancia tonda e ansimante.
E l’impressione di esser tornato un goffo adolescente s’impossessa del mio stanco corpo di cinquantenne.
E, se son fortunato, mi addormendo anche qualche minuto. E posso riposare.
Che pure le mie nottate si son fatte sempre più difficili e insonni per gli stessi pensieri che tormentano la mia povera moglie.
scritto il
2024-01-31
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