Non l'ho mai fatto

di
genere
etero

“Non l’ho mai fatto”
“Coraggio, tesoro, non ti preoccupare, vedrai che andrà tutto bene”
“E se poi fa male?”
“farà un po’ male, certo... ma...”
E i nostri sguardi fuori controllo si incrociano parlando più di mille parole.

Era una di quelle volte in cui ci eravamo lasciati andare più del solito.
Alla dolcezza coniugale, si era sostituita l’irruenza del sesso fatto per scacciare demoni.

Quelle volte in cui la sua fica era talmente bagnata e larga che quasi nulla sentivo nell’entrarle dentro, le dita intanto che le torcono i capezzoli.
Quelle volte in cui, ad ogni serie di colpi rumorosi nel penetrarla, alternavo una leccata di quel buco sconcio, aspirando le grandi labbra ormai sbrindellate e vogliose di farsi succhiare.
Quelle volte in cui, appena cambiavamo posizione, la sua vagina lasciava andare fiotti d'aria con suoni volgari, a sottolineare quanto ero stato maleducato nello scoparla allargandola senza ritegno.

Quelle volte in cui l’avevo trascinata a bordo letto supina, io in piedi, le avevo messo un cuscino sotto i fianchi per portarle la fica ad altezza di cazzo (il mio metro e 87 che mal si coniuga con le altezze standard dell’arredamento, non solo quando devo lavare i piatti) e, portandole le gambe dietro la testa, la fottevo mentre lei mi grugniva “dimmi che sono il tuo buco! Dimmi che sono solo il tuo cazzo di buco da scopare!”. La sua voce che si rompe in un ridicolo singhiozzo mentre parla, in sincro con ogni mio affondo.
Ed effettivamente, in quel momento, lei era solo il mio fottuto buco peloso e fradicio da scopare.

E poi l'incidente.
Nell'irruenza, il cazzo che esce dalla fica ma, cercando di rientrare, scivola sul perineo umido affacciandosi sull’altro indicibile buco.

“Oh! Cazzo!....attento!”

Le sfuggono quelle tre parole, a voce un po’ troppo alta, ma con uno strano tono.
Una pausa.
I nostri occhi si incrociano, gli sguardi si parlano.

“Non l’ho mai fatto”
“Coraggio, tesoro, non ti preoccupare, vedrai che andrà tutto bene”
“E se poi fa male?”
“Farà un po’ male, certo...ma... guarda...”

Dita entrano in bocca e si insalivano, scivolano lungo quelle carni sconce e lentamente, umide, dopo una serie di movimenti circolari, entrano nel buchino.
Prima un dito solo, che fa avanti e indietro. Poi un secondo...
“vedi? Va tutto bene!”
“non l’ho mai fatto...”

Uno sputo sull’altra mano e saliva che si aggiunge a lubrificare il movimento sempre più deciso delle dita che entrano ed escono dall’ano, che gradualmente si fa più largo.
La scena ha chiaramente anche effetto sul mio cazzo, che si fa sempre più duro, pulsando come animato di una vita e di una mente propri.
“Allora, ti va?”
“Certo che mi va” una pausa come di riflessione “mi scoppia il cervello dalla voglia: ho bisogno che lo facciamo e pure in fretta!”

“Non l’ho mai fatto”, le dico.
“Coraggio, tesoro, non ti preoccupare, vedrai che andrà tutto bene”, mi risponde, con una voce dolce ma lussuriosa al tempo stesso.
“E se poi fa male?”, le domando.
“farà un po’ male, certo... ma... guarda...” e, in un impeto parossistico, si infila anche la punta di un terzo dito nel culo, per dimostrarmi quanto è aperta per me.
Poi, sfilatele, mi afferra il cazzo e lo indirizza alla porta del suo ano.
“E ora spingi, cazzo, scopami. Che stanotte sono il tuo buco e mi devi fottere fino a farmi scoppiare la testa”
scritto il
2024-02-07
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