Il secondo lavoro (parte 6)

di
genere
corna

Mi sentivo stringere la gola per l’eccitazione; visualizzavo perfettamente ciò che mi narrava e quella specie di film, che il suo racconto scatenava nella mia mente, mi stava assurdamente arrapando.
Lo incitai a proseguire: «E poi?»
Lui simulò un certo distacco; mangiò una tartina, bevve un sorso di margarita e proseguì: «Vuoi proprio tutti i dettagli?» Annuii deciso.
«Come credi.
Lei, evidentemente, gradiva le manipolazioni, tanto che dopo cinque minuti era tutta bagnata…
Il tipo dietro si è alzato in piedi ed ha cominciato a strusciarle la fava sulla guancia; allora lei ha girato la testa ed ha cominciato a spompinarlo, mentre ormai lei masturbava i due accanto e nel frattempo l’anziano si accontentava di guardare dal suo posto, segandosi.
I due ai lati, però, le hanno pilotato la testa sulle nerchie, facendosi succhiare a turno e lei non sembrava per nulla contrariata dal trattamento.
Poi, uno dei due accanto si è alzato, le ha afferrato le caviglie appoggiandosele sulle spalle e glie lo ha messo in fica, fottendola con lunghi colpi profondi, mentre è arrivato uno nuovo, un giovanotto sui venticinque ed anche lui è andato dietro, ad aspettare il suo turno per essere spompinato; difatti lei li succhiava alternativamente.
Dopo un poco il tipo che la montava è venuto dentro, si è sfilato ed allora l’altro l’ha afferrata per un braccio, l’ha fatta alzare dal suo posto e se l’è fatta impalare sull’uccello, restando seduto.
Allora quello sui cinquanta ha lasciato che la bocca di Angela si occupasse solo del cazzo del giovane; è uscito dalla fila, le è andato dietro e si è accucciato per leccarle bene il culo; poi, li ha fatti fermare un attimo, glie lo ha appoggiato nel culo e glie lo ha spinto tutto dentro, scopandola in sincrono con l’altro.
Lei evidentemente godeva ed allungava le mani per avere cazzi da menare… e li ha trovati, così era impegnata con cinque cazzi…»
Mi venne un dubbio: «E l’anziano continuava a guardare da distante e si masturbava?»
E lui: «Sì, esatto!» e mi sorrise.
Capii, ma volli essere certo: «Ma tu… per sapere che era molto bagnata, dovevi esserti avvicinato parecchio…»
Lo vidi a disagio: «Beh… sì...»
Lo incalzai: «Tanto che uno dei cazzi in gioco era il tuo…»
Annuì, distogliendo lo sguardo.
Intuii che non si era accontentato di quello, ma nel frattempo il suo racconto proseguiva: «Nel cuore dell’azione, è arrivata una coppia relativamente giovane, sulla trentina, piuttosto alti entrambi; entrati in sala, hanno osservato per qualche istante il groviglio di corpi, poi si sono andati a sedere proprio accanto ed hanno cominciato a toccarsi tra loro, guardando.
La ragazza era accanto a me ed ho cominciato, così, a toccare anche lei… e mi lasciava fare.
Quando il tipo che inculava Angela stava per venire, lo ha sfilato e le ha sborrato sulle chiappe e sulla schiena; allora la ragazza si è alzata ed ha cominciato a leccargliela via e poi si è piegata in avanti -culo all’aria e gambe ben aperte e solidamente piantate sul pavimento- per leccarle il culo.
Allora mi sono alzato, le sono andato dietro ed ho cominciato a fotterla… la ragazza, intendo.
Lei per un po’ c’è stata e mi ha lasciato fare, poi si è scostata, ha preso le spalle di Angela e l’ha fatta inarcare indietro, mentre il tipo continuava a chiavarsela da seduto, ha messo un piede, calzato con un sandalo con un’alta zeppa, sul bracciolo e poi le ha messo la fica sulla faccia.
Angela ha cominciato a leccarla e lei, passandosi la mano tra le chiappe, l’ha afferrata per la coda nella quale aveva raccolto i capelli e avendola così immobilizzata, le ha pisciato in bocca»
A sentire tutte le porcherie alle quali la mia compagna si era assoggettata, più che dall’ira e dalla gelosia, fui travolto dall’eccitazione, incontenibile, potente!
Non so se Armando lo abbia notato (ma non credo che uno che faccia il suo lavoro si lasci sfuggire certi segnali!), ma indubbiamente la mia voce si era come arrochita: «Ma… sì, insomma… beh… Angela… sincero, eh!… Te la sei fatta?»
Lui assunse un’espressione sostenuta: ‘Io di solito non mescolo mai il lavoro al piacere!’
Poi, però valutò che la mia reazione non sarebbe stata sgradevolmente scomposta: «… però in questo caso, non ho saputo resistere…»
Mi guardò, da sotto in su, spiando la mia reazione, non del tutto convinto di come l’avrei presa.
Io annuii, con fare rassegnato: «E… cosa hai fatto, nel dettaglio?»
Mi guardò interdetto, poi: «Beh… hai una gran femmina… glie l’ho messo sia in bocca, che in fica che nel culo… Anzi: l’ho inculata mentre il mio collaboratore, che era tornato nel cinema a mia insaputa, si stava facendo sbocchinare…
Quel pomeriggio, la tua compagna -perché avvertii una piccola nota di sadica crudeltà in quel ‘tua compagna’? E perché la cosa mi diede una sferzata di arrapamento?- si è fatta in tutto otto cazzi, oltre ad aver leccato la ragazza ed averla ripulita dopo che il marito ed un altro l’avevano montata, ovviamente»
Vedevo che gli occhi gli brillavano di maligno piacere: in effetti, montarsi la compagna di un vecchio amico e potersene poi vantare proprio con lui, senza rischiare pugni in faccia, doveva essere una sensazione davvero raffinata…
Ormai ero partito per la tangente: «Ma… cosa ne pensi di lei… come femmina, intendo!»
Assunse un’espressione sognante: «Ah, una grandissima baldr... ehm, donna da letto, indubbiamente! Sembra non avere limiti e accetta docilmente tutto…»
Il suo celebre sorriso a cinquanta denti si mostrò, abbagliandomi come un potente riflettore.
Decise di caricare la dose: «Anche il mio collaboratore è restato estasiato; lui, poi, lo ha particolarmente grosso e si è stupito di aver trovato una che si lascia inculare da lui senza fare storie…»
Poi decise di tornare coi piedi per terra: «Ma… adesso… cosa conti di fare?» mi chiese, con una vena di preoccupazione.
Non lo sapevo neanch’io, ma risposi quasi di getto: «Mah, per adesso non farò nulla: devo pensarci un po’ su… sai -precisai ipocritamente- non mi aspettavo assolutamente quello che mi hai raccontato e… beh, devo farci mente locale…»
Lui annuì, condividendo il mio punto di vista.
Poi, un pensiero galoppò nella sua mente: «Ma allora… per adesso le cose resteranno così?»
Annuii e mentre lo facevo capii che, in pratica, gli avevo dato altre occasioni per montarsi la mia donna… magari in coppia col suo collaboratore così dotato o, magari, addirittura con tutti i suoi collaboratori, insieme…
«Una domanda, Armando: quante persone lavorano con te?»
Lui sembrò non capire: «Beh, tre ragazzi ed una ragazza che è un genio dei computer… perché?»
Mi resi conto che avevo fatto d’impeto una domanda sciocca e pericolosa e cercai di svicolare: «Ho... uhm... sì, ecco: l’atroce sospetto di non potermi permettere di continuare la sorveglianza di Angela…» Dissi, con voce mogia.
La sua risata risuonò, potente: «Ma no tranquillo! Per un amico una cosa del genere la faccio anche in rimessa!»
“Una cosa del genere”? Cosa intendeva dire? Sorvegliare la mia compagna o montarsela?

Avevo deciso di farmi del male fino in fondo e assecondando questa mia vena masochistica, per cui affrontai l’altra parte, quella che riguardava gli avvenimenti nell’ufficio dove lavorava la mia compagna.
«Ma… e sul lavoro, invece?»
Lui cambiò espressione, assunse un’aria vaga, leggermente colpevole: « No, sul lavoro, sai…»
«Sai, cosa??? -lo incalzai- Cosa risulta da tutti i tuoi ambaradan elettronici? Dimmi, dai!»
Lui esitò qualche istante, come per riordinare le idee, poi fece un profondo sospiro e cominciò a parlare: «Beh, ecco… non so come dirtelo…»
Mi guardò con aria fintamente dispiaciuta e proseguì: «Sì, insomma… da quanto abbiamo visto… e ascoltato, sembra che il capo abbia… sottomesso Angela…»
Mi lasciò lì, con la frase in sospeso.
Attesi qualche istante che proseguisse, ma mi resi conto che avrei dovuto incitarlo.
«In che senso, sottomessa? Spiegati e parla chiaro, una volta per tutte!!!»
Lui sembrò raccogliere per un momento le idee e poi parlò:«Da ciò che abbiamo ascoltato, il capo la obbliga a… a prestazioni sessuali; cioè, non sembra che lei si faccia troppo pregare, adesso: lui chiede, con fermezza e lei esegue»
Sentivo il mio… fratellino che 'alzava il capino', attentissimo: «Esegue… cosa?»
«Beh, da quanto abbiamo ascoltato e… visto -si raschiò la gola- il capo le chiede di fargli dei… sì, dei pompini…» «Pompini lì, in ufficio?» Lui annuì, con gravità.
«Ma lui, dove viene?» Mi rendevo conto di aver, ormai, perso il controllo e la prudenza, ma mi rendevo anche conto che la mia parossistica eccitazione mi stava facendo uscire di testa… e che Armando pensasse pure il cazzo che voleva!!!
«Beh, dipende… E’ una cosa strana, perché lui le si rivolge chiamandola ‘signora’ e dandole inappuntabilmente del lei, ma insultandola pesantemente, minacciandola…
Spesso, le viene in bocca, ingiungendole di ingoiare tutto, ma a volte preferisce schizzarla sul viso… quando si accontenta di farsi spompinare…»
Ero strabiliato: «Perché -feci il falso ingenuo- a volte non si accontenta?»
«No -disse l’investigatore- a volte la… penetra»
«Ma dici… in fica?»
«Beh, è successo anche che, dopo averla chiavata in fica, glie lo abbia messo dietro, venendo poi lì» «Lì… intendi nel culo?»
«Sì, esatto»
Un mulinello di pensieri ed emozioni mi travolse la mente ed ormai ero condannato dalle mie pulsioni di sapere, sapere tutto!
«Ma… hai detto che la minaccia… Cioè? Cosa le dice?»
«Beh… le rinfaccia di essere, testuale!, ‘una troia da cineporno’ e che può solo ringraziare se non la licenzia e non la lascia su una strada, come meriterebbe.
Poi cambia tono e dice che se continua ad essere così servizievole, potrebbe addirittura prenderla a tempo pieno, ovviamente col relativo trattamento economico, ma… “Ma lei, signora, dovrà essere mooolto gentile con tutti i clienti, sopratutto con quelli che le indicherò io… magari, qualche volta, avrà anche l’occasione di fare qualche ora di straordinario e poi, chissà?, se mi reputerò soddisfatto potrei anche darle qualcosa fuoribusta...”
Comunque, le impone di indossare corte minigonne o minitailleurs sul lavoro, con tacchi a spillo e senza intimo, truccata in modo un pochino pesante…»
Mi guardò, con uno sguardo vagamente compassionevole: «Adesso che hai saputo… vuoi che… ripuliamo l’ufficio?»
Mi stupii nel sentirmi rispondere: «No, per favore, continua! Voglio sapere se il capo darà corpo alle minacce!»
Mi guardò con un’occhiata strana, con forse un’ombra di sorriso nello sguardo: «Come preferisci… E… per il cinema?»
Mi accorsi che stavo annuendo: «Anche per il cinema… lasciamo tutto così…»
Mi guardò con una vaga speranza nello sguardo ed io dissi ciò che sperava di ascoltare: «Continuate anche lì a… sorvegliare»
Fu una cosa rapidissima, un mezzo lampo, ma riuscii a percepire il sorriso goloso che stava per affiorargli sul volto, ma che riuscì prontamente a far sparire dietro un’espressione professionalmente imperscrutabile.

Quella sera, Angela arrivò a casa normalmente, affettuosa e tenera: se soltanto non avessi visto ed ascoltato ciò che era successo, che succedeva, difficilmente avrei potuto sospettare.
Facemmo l’amore, prima di addormentarci, con tenera passione e, mentre prendevo la decisione che non le avrei detto nulla di ciò che avevo scoperto, mi resi conto che -in effetti- percepivo Angela diversa… non riuscivo a capire se come modo di donarsi o proprio come cambiamento dell’elasticità delle mucose vaginali e dello sfintere anale.
Leccandole la fica, durante i preliminari, mi sembrò di percepire il sentore di sperma maschile e dovetti faticare per riuscire a far scendere la mia eccitazione ed evitare di venire subito.
Il giorno dopo, andai a lavorare, pur con poca concentrazione: la mia mente sembrava un mulino che macinava insieme frammenti di conversazioni con Armando, immagini viste ed immaginate, nuove interpretazioni di ogni posa, gesto, parola o sguardo di Angela, ottenendo una farina che mi faceva l’effetto del viagra.
Verso le dieci, ricevetti una telefonata dal mio capo, che mi diceva di trovarci davanti all’ingresso della palazzina degli uffici lì a un quarto d’ora.
Presi il mezzo di servizio (all’interno dello stabilimento usiamo veicoli formalmente demoliti, ma ancora in accettabilmente funzionanti) e raggiunsi la palazzina.
Il mio capo mi accolse, insieme agli altri responsabili di linea e ci condusse nella grande sala riunioni.
Lì, fummo presentati al nuovo direttore di stabilimento: restammo tutti abbastanza stupiti, nel vedere che il nuovo direttore era, in realtà, una bella signora, anche se con un’aria decisa ed efficiente… proprio da Direttore!
Le venimmo presentati uno ad uno, ma la mia mente non era troppo concentrata e credo di averle dato l’idea di essere poco interessato a lei, a differenza di qualche mio collega che non seppe trattenere il solito sorriso viscido e servile o frenare il suo gallismo, attirando a volte occhiatacce da parte dei rispettivi capi e sguardi venati di sarcasmo da parte del Direttore, l’ingegner Lorella Spadavecchia (piacere-piacere!).
Mentre si allontanava da me, colsi una sua occhiata perplessa, come se si fosse aspettata chissacché da me, ma non una mia -pur cortese- voglia di sbrigarmi per poter pensare ad altro (i miei personali e familiari fantasmi, ma lei non poteva certo immaginarli.
scritto il
2024-06-01
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