Italia-Spagna
di
Rot43
genere
etero
Secondo turno del girone di qualificazione degli Europei di calcio del gruppo A le due miglior squadre del girone si affrontano, l’Italia è impegnata contro la Spagna e tra gli appassionati l’euforia è alta, meno le aspettative sulla vittoria azzurra. L’importanza dell’incontro e l’entusiasmo mi spinge a prendere la decisione di andare a vedere la partita nel pub non lontano da casa. Il calcio d’inizio è previsto per le 21:00 e mezz’ora prima mi reco al locale. I tavoli all’interno e all’esterno sono tutti occupati e traboccanti di pinte. Fortunatamente il gestore ha pensato bene di sistemare alcune sedie in prossimità del maxi schermo allestito affianco al dehor esterno. Cinque sedie per fila, per un totale di venticinque posti, dove poter vedere comodamente la partita. Mi fiondo su una dei pochi punti ancora liberi assicurandomi un posto al centro in terza fila. Le due sedie sul lato destro sono occupate da due adolescenti esagitati, indossano entrambi la maglia della nazionale e discutono rumorosamente commentando le scelte sulla formazione da parte del tecnico sportivo, alla mia sinistra invece ha appena preso posto una giocane coppia, davanti ho la visuale abbastanza libera e dunque senza spilungoni o giraffe che mi ostruiscano la visuale. Alle 21 le squadre scendono in campo e immancabilmente alla fine dell’esecuzione dell’inno nazionale i due adolescenti, come tanti altri spettatori, si lasciano andare al solito “Siii” il grido di battaglia che chiude ormai l’inno nazionale durante tutte le competizioni sportive internazionali, penso chissà cosa ne penserebbero Mameli e Novaro di questa “licenza poetica” dei giorni nostri. La partita finalmente ha inizio e ora di sottofondo c’è un bel brusio e si avverte l’euforia, ma bastano pochi minuti per capire quale piega prenderà la partita, le furie rosse dominano il gioco per quanto riguarda il possesso palla e appena possono mettono in ginocchio la difesa azzurra, senza tanta fatica, costretta ad affidarsi letteralmente ai miracoli del portiere. Dopo venti minuti la partita è ancora bloccata sullo zero a zero, ma in realtà dovremmo essere sotto di almeno già tre reti. La folla freme e reclama un cambio di approccio, la tecnica degli avversari è superiore e le loro manovre in attacco più veloci e stringenti da non lasciare il tempo di riorganizzare le ripartenze. L’aria inizia a farsi incandescente e i due ragazzetti affianco continuano a commentare ogni azione della Spagna, come se fossero allo stadio, dopo altri venti minuti ormai è chiaro a tutti che gli iberici stanno svolgendo una sessione di allenamento nella nostra metà campo e che solo un miracolo ci potrebbe regalare la vittoria. Intorno alla fine del primo tempo il risultato è ancora pari, ne approfitto per andare all’interno del pub e ordinare una birra per contrastare la calura che inizia a diventare asfissiante. La fila per ordinare al banco è un po’ lunga e solo dopo quasi un quarto d’ora riesco a ottenere il mio premio ghiacciato. Torno al mio posto, mancano pochi secondi alla fine di questo deludente primo tempo. Al duplice fischio i due adolescenti sembrano più scarichi e per fortuna ora armati di cellulare affidano alla rete i loro inutili e patetici sfoghi, la coppia affianco è francese e discute di qualcosa forse di un loro recente viaggio, forse proprio in Spagna, mi pare di udire. Mentre assaporo il gusto della mia birra e quello dell’attesa della ripresa, rispondo a qualche messaggio su WhatsApp dei miei amici, gli stronzi sono partiti per un viaggio in Grecia e stanno guardando la partita in un bar a Mykonos, visualizzo il video che mi hanno appena mandato e un po’ gli invidio di non essere con loro, purtroppo il lavoro mi ha impedito di partire. Quando rialzo lo sguardo manca una manciata di minuti prima che il pallone venga ripristinato al centro del campo. Davanti a me le due sedie sulla destra nella fila di fronte ora sono occupate da una ragazza con un bambino. Ricordo che prima vi avevo scorto seduti una coppia di anziani, evidentemente saranno andati via dopo la fine del primo tempo, forse per il caldo torrido che si respira o forse per la figura barbina che calcisticamente stiamo facendo, non lo so … ma sta di fatto che il rimpiazzo non mi dispiace. Lei indossa un top bianco, tenuto su dalle traversine, che le lascia scoperta la parte superiore della schiena su cui si vede confusamente, sotto i lunghi capelli neri raccolti in un lunga coda, le rifiniture di un ampio e bellissimo tatuaggio stilizzato che si estende da spalla a spalla. Ricomincia la partita e la solfa non cambia assedio spagnolo sin dal primo minuto che costringe il nostro portiere agli straordinari. Dopo dieci minuti ci pensa la difesa italiana a premiare la perseveranza degli avversari buttando la palla oltre l’unico nostro giocatore valido in campo e degno di questo nome: il portiere. Autogol e Spagna in vantaggio. Affianco a me i due adolescenti si disperano come se avessero perso la madre o qualcuno a loro caro, la coppia accanto rimane impassibile, mentre la fila davanti si lamenta e parte un insulto verso il difensore azzurro reo di aver involontariamente depositato il pallone nella porta sbagliata. Forse l’insulto richiama l’attenzione della ragazza che si volta nella mia direzione e per la prima volta il mio sguardo incrocia il suo. Cazzo! E’ bellissima, carnagione chiara, labbra sottili, occhi verdi e un naso lineare con la punta leggermente verso l’alto che mi conquista. La fisso come un ebete con la bocca aperta, lei non si scompone e dopo un istante si volta dall’altra parte in direzione del bambino che le sussurra qualcosa all’orecchio. La osservo sorridere e amorevolmente passare la mano sul capo del pargolo, il suo modo di fare composto e i suoi gesti delicati mi affascinano. La partita riprende e ora per gli spagnoli la partita è tutta in discesa e fioccano le occasioni che richiamano il nostro portiere a impossibili prodigi, nel giro di dieci minuti tremano prima la traversa e poi il palo mentre i tiri della nostra squadra nell’area avversaria risultano non pervenuti. Alla metà del secondo tempo è chiaro che la debacle è vicina. Ormai la mia consolazione è lei, la scruto furtivamente e lo so perfettamente che non è bello fissare la gente ma sono completamente annichilito dalla sua bellezza. All’ennesimo miracolo della nostra difesa, abbandono momentaneamente la mia postazione per usufruire del bagno del pub, fortunatamente la fila è corta e nel giro di cinque minuti sono dentro. All’interno mi sembra di rivivere la scena di Ewan McGregor in Trainspotting, meglio, un motivo in più per fare veloce e ritornare al mio posto. All’uscita dal bagno passo accanto al bancone e lei è lì, in piedi, in attesa della sua birra. Le passo accanto e per la seconda volta i nostri sguardi si incrociano, questa volta il mio forse assume un’aria meno da deficiente lei se ne accorge perché mi ricambio e abbozza un sorriso cordiale, poi si volta e stende il braccio destro per prendere la sua birra, su di esso è impresso un altro bellissimo tatuaggio, un fiore, credo sia di ciliegio. Afferrata la bevanda esce per tornare dal bambino che ora seduto è intento a leccare un cono gelato. Ritorno al mio posto entrando dal lato destro della fila, i due francesi sono appena andati via, li vedo allontanarsi tra la folla. Mancano pochi minuti e poi sarà recupero, speriamo tutti in un miracolo ma fino al novantesimo non accade più nulla. Allora lancio un’occhiata, l’ennesima, verso quella che è l’attrazione della serata, noto che il pargolo ha finito il gelato e reclama un fazzoletto per ripulirsi le mani sudice di cioccolato mi pare di capire, lei prontamente estrae dalla borsa un fazzoletto e glielo porge delicatamente. In pieno recupero arriva finalmente l’unico squillo della nostra squadra un tiro che esce di poco al lato del palo sinistro, da parte dello stesso autore dell’autogol che illude il pubblico estinguendo ogni speranza di redenzione. Il triplice fischio finale chiude la partita e viene accolto con liberazione dal pubblico intorno a me, il quale abbandona con amarezza le postazioni. Nel caos generale perdo di vista la mia musa, mi alzo in piedi e la cerco tra la folla che ora non fa altro che commentare la pessima figura appena andata in onda. Mi avvicino al pub e molti sono in fila per pagare le consumazioni ordinate, di lei nessuna traccia, non la vedo c’è troppa confusione. Quando ormai ho perso le speranze la vedo in lontananza percorrere di ritorno l’ingresso del pub, probabilmente avrà lascito al bancone il boccale usato per sorseggiare la sua birra. Noto che è da sola e con audacia provo a raggiungerla, ma la folla davanti è tanta e quando riesco a farmi spazio, lei e il bambino si sono ormai ricongiunti e sono mano nella mano. I due mi passano accanto, mi fermo concedendo loro il passo, il bambino proferisce qualcosa ma il rumore della folla non mi permette di udire bene, ma potrei giurare che fosse molto simile ad un “grazie”, lei in silenzio apprezza il gesto e sorride compiaciuta. Li osservo allontanarsi e non posso non notare il corpo foderato da diversi tatuaggi che la rendono ancora più sexy e gradevole ai miei occhi, regalandomi anche il malizioso pensiero di immaginare quanti altri ornano l’epidermide sotto i jeans, attillati, che coprono un sedere veramente ben fatto. Osservo le due figure allontanarsi mano nella mano finché non spariscono oltre l’angolo della strada. Il locale è ancora gremito di persone, ma all’interno ora alcuni tavoli sono vuoti, nonostante domani debba lavorare non ho ancora voglia di tornare a casa e decido di fermarmi. Trovo un tavolo vicino all’ingresso, mi siedo e ordino un’ultima birra e dopo pochi minuti vengo servito. Dopo un quarto d’ora la vedo entrare nel locale, questa volta è da sola, viene diretta verso di me e una volta raggiuntomi si sporge con il busto in avanti facendo leva sui palmi delle mani poggiati sul tavolo. Il suo sorriso mi abbaglia e quasi mi specchio tra i suoi denti bianchi, chiede se può sedersi, rispondo affermativamente con il capo. Ci presentiamo, si chiama Jorja, variante del nome italiano di Giorgia, ed è bellissima! Comprendo, nonostante il suo accurato italiano, che il suo prima idioma abbia origini diverse dal mio. Ordina una birra al cameriere che passa affianco al tavolo e nell’attesa iniziamo a parlare, mi dice che non pensava che sarebbe riuscita a trovarmi ancora qui e che aveva fatto il più presto possibile ad accompagnare il “nino” a casa per poi tornare. Piacevolmente incredulo e un po’stordito dall’immediatezza e spontaneità della “chica” dinanzi rispondo che ha un figlio molto carino ed educato. Lei scoppia in una risata, mi interrogo imbarazzato e lei si affretta a chiarire che non è suo figlio, ma suo nipote e mi mostra divertita le mani per farmi vedere che non ha anelli alle dita. Arriva la birra, una gustosa Guinnes ora scorre tra le sue mani. Vorrei chiederle che cosa l’abbia spinta a tornare e a cercarmi, poi però penso che la domanda sia stupida e mi impegno a farne una più intelligente, ma con scarsi risultati. Tipo se le piace il calcio, lei ascolta mentre fa un primo sorso e alla fine della domanda sorride. Sulle sue labbra dolci e sottili si è posata una leggera schiuma e mi risponde di no scuotendo il capo. Posa il bicchiere sul tavolo e con la mano ripulisce delicatamente la schiuma sulle labbra e mi spiega che era lì per caso. Nel pomeriggio la sorella, con cui è in viaggio vacanza, aveva un impegno e le aveva affidato il pargolo e per questo aveva deciso di portarlo con se a fare una passeggiata. Arrivata in zona aveva notato che trasmettevano la partita e si era inserita tra gli spettatori a guardare l’incontro su richiesta del bambino. Le rispondo che la sua presenza ha portato fortuna alla sua squadra. Lei scuote la testa poco convinta e seria ribatte che poi tra gli spettatori ha notato me e gli sono sembrato interessante. Sono disorientato da tale intraprendenza e mi limito a sorridere, ma la mia interlocutrice non si accontenta e ha bisogno di conferme quindi tuona:
“Quindi Andrea, la domanda è la seguente, sei interessante o ho preso un granchio” ?
Depositata la domanda nell’aria i suoi occhi chiari sprofondano nei miei mentre ritorna a bagnarsi l’ugola con un grande sorso di succo di luppolo irlandese. Il suo modo di fare così piacevolmente accattivante è difficile da arginare, così provo ad uscire dall’impasse invitandola a fare due passi, lei accetta e prima di uscire trangugia in un sorso la sua “cerveza”. Pago e usciamo dal locale, facciamo un breve tragitto e quando siamo lontani dal locale lei mi schiaccia contro il portone di una casa e mi infila la lingua in bocca, quasi togliendomi il respiro. Abbraccio il suo corpo esile e le cingo il sedere schiacciandolo contro la porta su cui lei mi ha attaccato. Le mani palpano le sue chiappe sode e una scivola all’interno dei suoi jeans e si staglia sui suoi morbidi e sodi glutei producendo prontamente un’erezione che Jorja avverte subito. La sua lingua ora è un pendolino che esplora tutta la bocca e io la lascio fare. Quando smette sussurra al mio orecchio quanto il mio sapore le piaccia, mi avvicino alle sue labbra e le premo nuovamente contro le mie, ma lei rapida si scosta dandomi la guancia destra che lambisco con le labbra e fiutando il profumo inebriante della sua pelle. Mi stringe e poi mi bisbiglia ancora all’orecchio se abito lontano, le dico che in cinque minuti potremmo essere a casa mia. La metto giù e percorriamo il tragitto a passo svelto e in pochi minuti siamo nel mio appartamento. L’ingresso è in ordine così come anche il salotto dove ci soffermiamo, le propongo un bicchiere di vino, lei accetta e mentre mi reco in cucina la osservo avvicinarsi alla libreria a muro dove custodisco il mio piccolo capitale letterario, la osservo incuriosito mentre stappo la bottiglia. voglio vedere su quale libro cadrà la sua attenzione. Verso il vino nei calici e la raggiungo, ha in mano “Uomini senza donne”, di Murakami, lo sfoglia con la schiena dritta delicatamente appoggiata alla libreria e con i sandali incrociati, da cui fanno capolino le dita, dei suoi affusolati piedini. Le porgo il bicchiere e prima che lei riponga il libro, mi ringrazia, sorseggiamo il vino guardandoci negli occhi. I suoi sono piccoli e di ghiaccio e le regalano un’aria maliziosa, lei ne è consapevole e ciò la diverte perché sa perfettamente come farmelo venire duro. Di fatti lo sento esplodere, faccio un passo verso di lei per afferrarla, ma lei è più rapida e con un passo indietro anticipa la mia mossa:
"Dov'è il bagno"?
Chiede smaliziata. Le indico la strada e la osservo sparire oltre la porta con il bicchiere ancora in mano. Rimasto solo verso nel mio calice ancora del vino e poi stringo la patta per calmare il mio organo duro che non vedo l’ora di mettere a disposizione di questa dea del piacere. Dopo pochi minuti compare nuovamente in salotto e sorprendentemente si presenta scalza e coperta dal solo tanga e dal reggiseno, mentre la mano destra stringe ancora il calice di vino mezzo vuoto. Avanza a grandi passi godendosi tutto il mio stupore e giunta all’altezza della mia faccia mi intima di smetterla di fare il bravo ragazzo, lascio il bicchiere sul tavolino in basso e la prendo per un braccio con impeto per portarla in camera, ma lei si divincola e riesce a spingermi sul divano, disperdendo le ultime gocce di vino per la stanza. Mi alzo di scatto, almeno ci provo, ma pronto il suo piede si poggia in pieno petto e mi colpisce mandandomi con il culo nuovamente in giù. Rapida disloca di un passo in modo che la sua gamba possa stendersi per dritta sulla mia volto e permettere al suo piede di schiacciarmi la faccia. La pianta del suo piede destro accarezza il mio viso. Dapprima il naso per poi digradare verso il basso sulla bocca, soffermandosi su di essa. Annuso e lecco le sue graziose dita insaporite dall’odore del sandalo che ha calzato per tutta la sera. le cospargo di saliva e a lei non dispiace, fino a quando autoritaria ritrae il piede e si assesta con le sue cosce sulle mie gambe divaricate. Smodatamente lecca le mie labbra e come una cagna in calore struscia la sua figa ancora coperta dal tessuto del tanga sul mio cazzo che inevitabilmente rigonfia la patta dei miei jeans che potrebbero bucarsi da un momento all’altro. Jorja lo sa e ci gode e continua a aizzarmi sussurrando al mio orecchio che mi sente, riferendosi ovviamente alla mia incontenibile erezione. Il suo petto è compresso contro il mio e la lingua scivola all’interno del mio orecchio umettandolo. Le slaccio il reggiseno che lei fa scivolare staccandosi dal mio petto per un istante liberando le sue piccole ma sode tette che sprofonderebbero perfettamente in una coppa di champagne, non resisto e mi fiondo su di esse, succhio immediatamente i capezzoli turgidi e sbavo sulle areole chiare. Le strizzo e le palpo con vigore, me lo lascia fare fino a quando decide di ristabilire la sua autorità, sprofondando di nuovo sul mio petto e avvinghiare meglio la sua lingua alla mia. Il calore è insostenibile e devo liberarmi della camicia, provo a raggiungere i bottoni schiacciati dal suo corpo, lei se ne accorge ma non si smuove e concitata continua a strusciare con impeto crescente la sua fica contro i miei calzoni. La lingua abbandona la mia bocca solo per rifiatare e per lasciarsi andare a dei gemiti energici. Forse smossa da pietà, ma senza smettere di sfregarsi la fregna contro il cazzo, solleva finalmente la schiena, poggia entrambe le mani sulla mia camicia e insinuatasi sotto di essa con foga la apre facendo saltare quasi tutti i bottoni. Rimango con il petto mezzo scoperto e a lei non frega nulla, perché continua a frizionare la passera e a godere della mia eccitazione. La guardo incantato e lei per tutta risposta mi pianta le sue unghie contro il petto graffiandomi con controllo. Ormai se continua così vengo nei pantaloni e non ne ho voglia, prendo in mano la situazione e la spingo lungo l’estremità opposta del divano. Lei scivola sulla schiena e la immobilizzo e finalmente le sono sopra. Non ancora doma con uno scatto felino riesce a mordermi il collo con forza, per poi succhiare il punto di contatto con prepotenza e in pochi secondi ho parte della zona arrossata. Il suo sussulto non dura molto e dopo poco si spegne e va giù nuovamente di schiena. Le serro le braccia con una mano mentre con l’altra mi libero degli ultimi lembi della camicia, con velocità riesco anche a liberarmi di pantaloni e mutande per liberare finalmente il mio gonfio uccello. La domino dall’alto ora e la osservo indifesa ed è bellissima sembra un angelo, ma mi basata poco per capire la vera essenza del suo essere. Riesco appena a distendermi sul suo esile corpo che la sua mano destra si libera dalla mia presa e scorre in basso andandosi a piantare tra le sue cosce. Sulla superficie del suo tanga che scosta delicatamente permettendo alle sue dita di perdersi all’interno. Mi ritraggo all’indietro per osservarla, vuole farsi guardare attentamente mentre si masturba. Osservo il suo viso che gode dell’atto mentre reclina insistentemente la testa verso il basso con gli occhi dischiusi. Le lascio spazio mi sposto per guardare meglio e mi lascio andare anche io all’autoerotismo, lei se ne accorge dopo pochi istanti e prontamente stende il suo piede che raggiunge il mio pene scostandomi le mani dall’attrezzo e accarezzandolo con le sue dita. Stende le piante dei suoi piedi e schiaccia in mezzo ad essi il mio cazzo con delicatezza coinvolgendomi in una sega spaziale, sto per venire e non voglio. Fortunatamente si ferma, recupera la posizione, si inginocchia sul divano e finalmente fa scivolare il tanga all’altezza delle ginocchia, poi lo sfila velocemente e lo spiega sul mio volto. Non mi oppongo e percepisco che è bagnato e pregno di sapore che dissemina sul mio viso prima di piantarmelo in bocca. Soddisfatta dal mio servilismo mi spinge sul divano di schiena e finalmente prende tra le mani la mia erezione, con maestria accarezza prima il glande e poi gioca con il corpo del pene, i suoi occhi di ghiaccio rimangono puntati sui miei, vuole godere di ogni mio movimento e per questo mi intima di succhiare le sue mutande e di assaporarle per bene. Mi sento uno stupido con un pezzo di cotone in bocca ma è così odoroso che non riesco a sputarle e ubbidisco alla mia dominatrice che continua oscenamente a ravanarmi il cazzo come più le piace. Tra una carezza e l’altra alla mia cappella, prende posizione sul mio corpo nudo e dopo aver raggiunto la bocca, mi bacia mentre ancora ho le sue mutande tra le fauci, poi con i denti afferra un lembo di esse e con destrezza mi libera dal bavaglio umido. Subito e con veemenza le infilo la lingua ancora inebriata dalla sapidità della sua passera e la mia mano scivola sotto la fica. Un dito scivola dentro, non c’è tanto spazio ma questo mi eccita ancora di più e ne affondo all’interno un altro. Jorja divarica le gambe per donare spazio al ditalino, ma non vuole quello, o meglio ancora no, così toglie le mie dita annaffiate dalla sua fessa e dopo averle leccate si sdraia in direzione contraria su di me. Mi ritrovo la passera sulle labbra e la lingua immersa in essa, dall’altra parte la sua bocca avvolge il mio duro e tumido lembo di carne. Mentre lecco il suo sesso il monte di venere glabro mi induce ad affondare con forza, tanto che mi sembra di immergere interamente il viso dentro di essa. La sua bocca insaliva per bene il mio uccello e sta facendo un gran lavoro là davanti, ma anche il mio non è da meno visto che lei continua a dimenare il culo permettendo alle sue labbra di affogarmi. Il cazzo in erezione svetta in gola alla dolce spagnola che ora ingurgita spasmodica ogni centimetro del glande, risistemandosi i capelli che inevitabilmente le finiscono tra le labbra sozze di saliva e di qualsiasi liquido il mio cazzo sia capace di produrre. Ad ogni inarcata mi si palese davanti il grande tribale che le adorna la schiena e che declina fino al bacino superiore. Lo ammiro mentre continuo a ciucciarle le labbra succose e devo dire che la vista mi eccita ancora di più, tanto da trovarmi a spingere verso l’alto il mio uccello schiacciandolo nella sua piccola e calda bocca, ora non sono più i capelli il suo problema. Si ritrae e abbandona il cazzo e siede pienamente sul mio viso, vuole essere sempre in vantaggio, e ora mi trovo io a soffocare con la sua vagina grondante che continua a spostarsi dal basso verso l’alto ostruendo il respiro. L’odore della passera mescolato a quello dell’ano che ogni tanto finisce sul mio volto mi invoglia a ribaltare la situazione. Le cingo i piccoli fianchi e con i pollici le allargo le chiappe sode del tondo culetto che coprono il suo orifizio e deciso le infilo la lingua nello sfintere anale. La odo gemere immediatamente e soddisfatto le irroro il buchino con più ampie e profonde sviolinate. I preliminari mi fottono il cervello e vorrei continuare a fotterla con calma e razionalità, ma ho voglia di squarciarle la fessa e farla urlare di piacere. Scivolo sotto la sua fica fradicia liberandomi anche del suo leggero peso, una volta in piedi la isso su e con una presa più decisa rispetto a prima la sollevo dal divano e la obbligo a seguirmi a letto. In camera, letteralmente, la scaravento di pancia sul materasso e in un nano secondo le sono sopra con il cazzo in tiro, la prendo da dietro mentre è ancora stesa e inizio a fotterla, ma lei dopo qualche colpo ben assestato tira fuori il mio uccello dalla bernarda fradicia, lasciandomi sorpreso, veloce stende la mano alla sinistra del materasso e apre il primo tiretto del comodino fianco letto. La osservo, sembra abbastanza sicura di sapere dove cercare quello che penso, infatti dopo pochi secondi si volta verso di me sventolando il guantino con un sorriso quasi irriverente. La guardo un po’ deluso, le strappo dalla mano il preservativo e scarto il rivestimento, ho il condom ancora in mano quando lei ha già ricominciato a succhiarmi l’uccello, lo inumidisce per bene e poi mi depreda del preservativo, rapida e con maestria mi incappuccia, poi veloce mi da la schiena e si aggancia alla spalliera del letto donandomi lo spettacolo di un deretano da paura. Prima di infilzarla le massaggio la fica umida e poi riprendo lo stantuffo interrotto pochi secondi prima, ma non dura nuovamente molto. Jorja lo interrompe e fa scivolare nuovamente fuori il mio cazzo, si volta mi guarda sadica e lo indirizza all’altezza dell’ano, mettendo in chiaro le intenzioni. Cattiva mi ammonisce:
“Smettila di fare il bravo ragazzo”.
Non c’è tempo per lo stupore e la prendo in parola, in pochi secondi le sbatto dentro la mia più bieca virilità, le sue membra si aprono accogliendo il glande che si fa spazio all’interno dei suoi glutei sodomizzando così quel culetto aristocratico. Lei si contrae per un attimo, ma dopo poco si rilassa e si lascia andare raggiungendo un condizione di piacere. Nonostante abbia compreso il vezzo a prendere cazzi da dietro da parte della bella dea, decido comunque di incularla con delicatezza assicurandomi però che ogni successivo affondo sia leggermente più sostenuto e foriero di conquiste territoriali all’interno del pertugio. Assicuratomi che la mia invasione anale non disturbi la pulzella, anzi noto che la eccita enormemente visto che si concede anche un extra frizionando con le dita il clitoride, dopo qualche candido affondo percepisco di essere giunto a regime dello spazio che il mio pene può occupare all’interno del suo deretano, e dato che non se ne lamenta, i miei assalti si fanno più vigorosi e durevoli. Le sue urla sono un misto di fastidio e piacere che mi incoraggiano meschinamente a continuare a deflagrarle il culo, i colpi ora non hanno sosta e sono amplificati dagli schiaffi che indirizzo sulle sue dolci chiappe. Jorja è sovrastata da una mare di eccitazione e continua a urlare senza sosta oscenità e ho paura che la odano i vicini, ma non me ne frega nulla questa donna è uno spettacolo. Dal suo sfintere anale fuoriesce un buon odore che si propaga nel mio naso e solo i fiotti di sborra che si vanno ad infrangere contro la gomma, che custodisce la cappella, mi portano a ridurre i miei impeti ferini. Soddisfatto tiro fuori il cazzo e con esso inevitabilmente piccole scorie di deiezioni che sporcano la superficie della gomma. Lei non sembra aver accusato tanto i colpi profondi e con movimenti pur se miti si avvicina ancora al cazzo, lo svincola dal gommino insozzato lanciandolo per terra e a pancia in giù mi ripulisce l’uccello scoperto dai resti di sborra mentre continua a masturbarsi imperterrita, in realtà non ha mai smesso di farlo da quando ho iniziata a sodomizzarla. Il suo pompino è rigenerante e il mio uccello è di nuovo in tiro. Lei mi osserva con la stessa soddisfazione di quando qualcuno riesce a far ripartire una macchina ingolfata e mi lancia uno sguardo di approvazione. Rapida monta sul mio cazzo e mi cavalca come una tenace valchiria. Si dimena sul cazzo eretto nella sua pancia e dall’alto alterna colpi di schiaffi sul volto a graffi decisi sul petto. Sono uno schiavo a disposizione della sua padrona e l’unica reazione di difesa che ho è quella di ricambiare generandole una forma di sofferenza tramite vigorosi stizzii alle tette che effettivamente hanno come riscontro sul suo volto smorfie di sofferenza a cui lei non bada per un cazzo, anzi ciò non fa altro che accrescere l’intensità dei suoi schiaffi contro le mie guance. Lo fa per provocarmi, in modo che io possa darle soddisfazione, non vuole che molli, si sta divertendo e la sua espressione facciale traccia un delirio erotomanico da cui non vede l’ora di riaversi esplodendo in un travolgente orgasmo. Le strizzo le tette così forte che dai suoi capezzoli fuoriescono piccole gocce di liquido bianco come latte, lei urla dal fastidio e finalmente e questo mi concede del vantaggio per liberarmi dalla sua morsa e imporle una posizione diversa, ci dimeniamo nel letto, ma alla fine la obbligo alla pecora. Posso godermela nuovamente di spalle, la vista del culo mi fa esplodere la cappella che si posizione subito all’interno della sua calda fica, sento le sue labbra dilatarsi e accogliere tutto il corpo del mio uccello e la monto con decisione. Fisicamente vinco io e lei è costretta ad agganciarsi alla spalliera del letto e a piegarsi con la schiena in avanti. Entrambe le braccia cercano all’indietro i suoi piedi, le mani aggiungono i suoi talloni e scivolano lungo la pianta del piede fino a toccarle le dita che friziono con tormento. Sono pronto a scaricare di nuovo, ma prima voglio che lei soccomba sotto i miei colpi di reni che ora si sono fatti davvero robusti. Percepisco la sua eccitazione, ma ho voglia della sua bocca e con egoismo la volto e la stendo sul letto di schiena, Energico le isso entrambe le gambe verso l’alto e la penetro deciso. E’ uno spettacolo, un angelo inerme, accartocciato alle mie voglie, Jorja non ha più forze per divincolarsi e l’unica voglia che il suo corpo ora manifestata è quella di raggiungere l’orgasmo. Le sue cosce in aria sono sovrastate e serrate dalla mia pancia e i suoi piedi a mezz’aria sfiorano il mio volto offrendomi la possibilità di leccarli e baciarli. Necessito però dei suoi insaziabili baci e mi accanisco sul suo corpo inducendola a schiacciare le gambe lungo il suo busto, compresse dal mio peso, pur di soddisfare le mie voglie. La osservo sottomessa e ormai piegata al mio volere, il mio cazzo penetra in profondità coadiuvato dai suoi fluidi che ormai sgorgano copiosamente dalla sua stretta passerina, avverto i suoi muscoli improvvisamente contrarsi e capisco che l’orgasmo è imminente, a preannunciarlo un forte respiro che progredisce sempre più vigoroso finché non erompe dal suo corpicino con un’energia impetuosa che si estingue dopo uno strepito liberatorio che mi agevola a svuotare dentro di lei le ultime riserve di sperma prima di rovinare sul suo corpo esile e madido di sudore. Sfiniti e paghi ci abbracciamo, il suo bel volto ora sembra di nuovo illuminato da una luce angelica, si addormenta tra le mie braccia e poco dopo lo faccio anche io. Al mattino mi risveglio nudo e solo nel letto. La cerco con lo sguardo, non è in camera, mi alzo ricercandola per casa, ma non la trovo, inizio a convincermi che sia stato solo un sogno, ma lo specchio in bagno attesta il contrario rispecchiando i segni tangibili delle unghie e dei morsi sulla pelle. Assonnato torno in cucina e mentre mi arrabatto a cercare l’occorrente per preparare un caffè ristoratore, che mi permetta di affrontare la giornata di lavoro, appeso al frigo noto un post-it, mi avvicino per leggerlo, recita semplicemente:
“Italia - Spagna 1-1”.
Jorja.
“Quindi Andrea, la domanda è la seguente, sei interessante o ho preso un granchio” ?
Depositata la domanda nell’aria i suoi occhi chiari sprofondano nei miei mentre ritorna a bagnarsi l’ugola con un grande sorso di succo di luppolo irlandese. Il suo modo di fare così piacevolmente accattivante è difficile da arginare, così provo ad uscire dall’impasse invitandola a fare due passi, lei accetta e prima di uscire trangugia in un sorso la sua “cerveza”. Pago e usciamo dal locale, facciamo un breve tragitto e quando siamo lontani dal locale lei mi schiaccia contro il portone di una casa e mi infila la lingua in bocca, quasi togliendomi il respiro. Abbraccio il suo corpo esile e le cingo il sedere schiacciandolo contro la porta su cui lei mi ha attaccato. Le mani palpano le sue chiappe sode e una scivola all’interno dei suoi jeans e si staglia sui suoi morbidi e sodi glutei producendo prontamente un’erezione che Jorja avverte subito. La sua lingua ora è un pendolino che esplora tutta la bocca e io la lascio fare. Quando smette sussurra al mio orecchio quanto il mio sapore le piaccia, mi avvicino alle sue labbra e le premo nuovamente contro le mie, ma lei rapida si scosta dandomi la guancia destra che lambisco con le labbra e fiutando il profumo inebriante della sua pelle. Mi stringe e poi mi bisbiglia ancora all’orecchio se abito lontano, le dico che in cinque minuti potremmo essere a casa mia. La metto giù e percorriamo il tragitto a passo svelto e in pochi minuti siamo nel mio appartamento. L’ingresso è in ordine così come anche il salotto dove ci soffermiamo, le propongo un bicchiere di vino, lei accetta e mentre mi reco in cucina la osservo avvicinarsi alla libreria a muro dove custodisco il mio piccolo capitale letterario, la osservo incuriosito mentre stappo la bottiglia. voglio vedere su quale libro cadrà la sua attenzione. Verso il vino nei calici e la raggiungo, ha in mano “Uomini senza donne”, di Murakami, lo sfoglia con la schiena dritta delicatamente appoggiata alla libreria e con i sandali incrociati, da cui fanno capolino le dita, dei suoi affusolati piedini. Le porgo il bicchiere e prima che lei riponga il libro, mi ringrazia, sorseggiamo il vino guardandoci negli occhi. I suoi sono piccoli e di ghiaccio e le regalano un’aria maliziosa, lei ne è consapevole e ciò la diverte perché sa perfettamente come farmelo venire duro. Di fatti lo sento esplodere, faccio un passo verso di lei per afferrarla, ma lei è più rapida e con un passo indietro anticipa la mia mossa:
"Dov'è il bagno"?
Chiede smaliziata. Le indico la strada e la osservo sparire oltre la porta con il bicchiere ancora in mano. Rimasto solo verso nel mio calice ancora del vino e poi stringo la patta per calmare il mio organo duro che non vedo l’ora di mettere a disposizione di questa dea del piacere. Dopo pochi minuti compare nuovamente in salotto e sorprendentemente si presenta scalza e coperta dal solo tanga e dal reggiseno, mentre la mano destra stringe ancora il calice di vino mezzo vuoto. Avanza a grandi passi godendosi tutto il mio stupore e giunta all’altezza della mia faccia mi intima di smetterla di fare il bravo ragazzo, lascio il bicchiere sul tavolino in basso e la prendo per un braccio con impeto per portarla in camera, ma lei si divincola e riesce a spingermi sul divano, disperdendo le ultime gocce di vino per la stanza. Mi alzo di scatto, almeno ci provo, ma pronto il suo piede si poggia in pieno petto e mi colpisce mandandomi con il culo nuovamente in giù. Rapida disloca di un passo in modo che la sua gamba possa stendersi per dritta sulla mia volto e permettere al suo piede di schiacciarmi la faccia. La pianta del suo piede destro accarezza il mio viso. Dapprima il naso per poi digradare verso il basso sulla bocca, soffermandosi su di essa. Annuso e lecco le sue graziose dita insaporite dall’odore del sandalo che ha calzato per tutta la sera. le cospargo di saliva e a lei non dispiace, fino a quando autoritaria ritrae il piede e si assesta con le sue cosce sulle mie gambe divaricate. Smodatamente lecca le mie labbra e come una cagna in calore struscia la sua figa ancora coperta dal tessuto del tanga sul mio cazzo che inevitabilmente rigonfia la patta dei miei jeans che potrebbero bucarsi da un momento all’altro. Jorja lo sa e ci gode e continua a aizzarmi sussurrando al mio orecchio che mi sente, riferendosi ovviamente alla mia incontenibile erezione. Il suo petto è compresso contro il mio e la lingua scivola all’interno del mio orecchio umettandolo. Le slaccio il reggiseno che lei fa scivolare staccandosi dal mio petto per un istante liberando le sue piccole ma sode tette che sprofonderebbero perfettamente in una coppa di champagne, non resisto e mi fiondo su di esse, succhio immediatamente i capezzoli turgidi e sbavo sulle areole chiare. Le strizzo e le palpo con vigore, me lo lascia fare fino a quando decide di ristabilire la sua autorità, sprofondando di nuovo sul mio petto e avvinghiare meglio la sua lingua alla mia. Il calore è insostenibile e devo liberarmi della camicia, provo a raggiungere i bottoni schiacciati dal suo corpo, lei se ne accorge ma non si smuove e concitata continua a strusciare con impeto crescente la sua fica contro i miei calzoni. La lingua abbandona la mia bocca solo per rifiatare e per lasciarsi andare a dei gemiti energici. Forse smossa da pietà, ma senza smettere di sfregarsi la fregna contro il cazzo, solleva finalmente la schiena, poggia entrambe le mani sulla mia camicia e insinuatasi sotto di essa con foga la apre facendo saltare quasi tutti i bottoni. Rimango con il petto mezzo scoperto e a lei non frega nulla, perché continua a frizionare la passera e a godere della mia eccitazione. La guardo incantato e lei per tutta risposta mi pianta le sue unghie contro il petto graffiandomi con controllo. Ormai se continua così vengo nei pantaloni e non ne ho voglia, prendo in mano la situazione e la spingo lungo l’estremità opposta del divano. Lei scivola sulla schiena e la immobilizzo e finalmente le sono sopra. Non ancora doma con uno scatto felino riesce a mordermi il collo con forza, per poi succhiare il punto di contatto con prepotenza e in pochi secondi ho parte della zona arrossata. Il suo sussulto non dura molto e dopo poco si spegne e va giù nuovamente di schiena. Le serro le braccia con una mano mentre con l’altra mi libero degli ultimi lembi della camicia, con velocità riesco anche a liberarmi di pantaloni e mutande per liberare finalmente il mio gonfio uccello. La domino dall’alto ora e la osservo indifesa ed è bellissima sembra un angelo, ma mi basata poco per capire la vera essenza del suo essere. Riesco appena a distendermi sul suo esile corpo che la sua mano destra si libera dalla mia presa e scorre in basso andandosi a piantare tra le sue cosce. Sulla superficie del suo tanga che scosta delicatamente permettendo alle sue dita di perdersi all’interno. Mi ritraggo all’indietro per osservarla, vuole farsi guardare attentamente mentre si masturba. Osservo il suo viso che gode dell’atto mentre reclina insistentemente la testa verso il basso con gli occhi dischiusi. Le lascio spazio mi sposto per guardare meglio e mi lascio andare anche io all’autoerotismo, lei se ne accorge dopo pochi istanti e prontamente stende il suo piede che raggiunge il mio pene scostandomi le mani dall’attrezzo e accarezzandolo con le sue dita. Stende le piante dei suoi piedi e schiaccia in mezzo ad essi il mio cazzo con delicatezza coinvolgendomi in una sega spaziale, sto per venire e non voglio. Fortunatamente si ferma, recupera la posizione, si inginocchia sul divano e finalmente fa scivolare il tanga all’altezza delle ginocchia, poi lo sfila velocemente e lo spiega sul mio volto. Non mi oppongo e percepisco che è bagnato e pregno di sapore che dissemina sul mio viso prima di piantarmelo in bocca. Soddisfatta dal mio servilismo mi spinge sul divano di schiena e finalmente prende tra le mani la mia erezione, con maestria accarezza prima il glande e poi gioca con il corpo del pene, i suoi occhi di ghiaccio rimangono puntati sui miei, vuole godere di ogni mio movimento e per questo mi intima di succhiare le sue mutande e di assaporarle per bene. Mi sento uno stupido con un pezzo di cotone in bocca ma è così odoroso che non riesco a sputarle e ubbidisco alla mia dominatrice che continua oscenamente a ravanarmi il cazzo come più le piace. Tra una carezza e l’altra alla mia cappella, prende posizione sul mio corpo nudo e dopo aver raggiunto la bocca, mi bacia mentre ancora ho le sue mutande tra le fauci, poi con i denti afferra un lembo di esse e con destrezza mi libera dal bavaglio umido. Subito e con veemenza le infilo la lingua ancora inebriata dalla sapidità della sua passera e la mia mano scivola sotto la fica. Un dito scivola dentro, non c’è tanto spazio ma questo mi eccita ancora di più e ne affondo all’interno un altro. Jorja divarica le gambe per donare spazio al ditalino, ma non vuole quello, o meglio ancora no, così toglie le mie dita annaffiate dalla sua fessa e dopo averle leccate si sdraia in direzione contraria su di me. Mi ritrovo la passera sulle labbra e la lingua immersa in essa, dall’altra parte la sua bocca avvolge il mio duro e tumido lembo di carne. Mentre lecco il suo sesso il monte di venere glabro mi induce ad affondare con forza, tanto che mi sembra di immergere interamente il viso dentro di essa. La sua bocca insaliva per bene il mio uccello e sta facendo un gran lavoro là davanti, ma anche il mio non è da meno visto che lei continua a dimenare il culo permettendo alle sue labbra di affogarmi. Il cazzo in erezione svetta in gola alla dolce spagnola che ora ingurgita spasmodica ogni centimetro del glande, risistemandosi i capelli che inevitabilmente le finiscono tra le labbra sozze di saliva e di qualsiasi liquido il mio cazzo sia capace di produrre. Ad ogni inarcata mi si palese davanti il grande tribale che le adorna la schiena e che declina fino al bacino superiore. Lo ammiro mentre continuo a ciucciarle le labbra succose e devo dire che la vista mi eccita ancora di più, tanto da trovarmi a spingere verso l’alto il mio uccello schiacciandolo nella sua piccola e calda bocca, ora non sono più i capelli il suo problema. Si ritrae e abbandona il cazzo e siede pienamente sul mio viso, vuole essere sempre in vantaggio, e ora mi trovo io a soffocare con la sua vagina grondante che continua a spostarsi dal basso verso l’alto ostruendo il respiro. L’odore della passera mescolato a quello dell’ano che ogni tanto finisce sul mio volto mi invoglia a ribaltare la situazione. Le cingo i piccoli fianchi e con i pollici le allargo le chiappe sode del tondo culetto che coprono il suo orifizio e deciso le infilo la lingua nello sfintere anale. La odo gemere immediatamente e soddisfatto le irroro il buchino con più ampie e profonde sviolinate. I preliminari mi fottono il cervello e vorrei continuare a fotterla con calma e razionalità, ma ho voglia di squarciarle la fessa e farla urlare di piacere. Scivolo sotto la sua fica fradicia liberandomi anche del suo leggero peso, una volta in piedi la isso su e con una presa più decisa rispetto a prima la sollevo dal divano e la obbligo a seguirmi a letto. In camera, letteralmente, la scaravento di pancia sul materasso e in un nano secondo le sono sopra con il cazzo in tiro, la prendo da dietro mentre è ancora stesa e inizio a fotterla, ma lei dopo qualche colpo ben assestato tira fuori il mio uccello dalla bernarda fradicia, lasciandomi sorpreso, veloce stende la mano alla sinistra del materasso e apre il primo tiretto del comodino fianco letto. La osservo, sembra abbastanza sicura di sapere dove cercare quello che penso, infatti dopo pochi secondi si volta verso di me sventolando il guantino con un sorriso quasi irriverente. La guardo un po’ deluso, le strappo dalla mano il preservativo e scarto il rivestimento, ho il condom ancora in mano quando lei ha già ricominciato a succhiarmi l’uccello, lo inumidisce per bene e poi mi depreda del preservativo, rapida e con maestria mi incappuccia, poi veloce mi da la schiena e si aggancia alla spalliera del letto donandomi lo spettacolo di un deretano da paura. Prima di infilzarla le massaggio la fica umida e poi riprendo lo stantuffo interrotto pochi secondi prima, ma non dura nuovamente molto. Jorja lo interrompe e fa scivolare nuovamente fuori il mio cazzo, si volta mi guarda sadica e lo indirizza all’altezza dell’ano, mettendo in chiaro le intenzioni. Cattiva mi ammonisce:
“Smettila di fare il bravo ragazzo”.
Non c’è tempo per lo stupore e la prendo in parola, in pochi secondi le sbatto dentro la mia più bieca virilità, le sue membra si aprono accogliendo il glande che si fa spazio all’interno dei suoi glutei sodomizzando così quel culetto aristocratico. Lei si contrae per un attimo, ma dopo poco si rilassa e si lascia andare raggiungendo un condizione di piacere. Nonostante abbia compreso il vezzo a prendere cazzi da dietro da parte della bella dea, decido comunque di incularla con delicatezza assicurandomi però che ogni successivo affondo sia leggermente più sostenuto e foriero di conquiste territoriali all’interno del pertugio. Assicuratomi che la mia invasione anale non disturbi la pulzella, anzi noto che la eccita enormemente visto che si concede anche un extra frizionando con le dita il clitoride, dopo qualche candido affondo percepisco di essere giunto a regime dello spazio che il mio pene può occupare all’interno del suo deretano, e dato che non se ne lamenta, i miei assalti si fanno più vigorosi e durevoli. Le sue urla sono un misto di fastidio e piacere che mi incoraggiano meschinamente a continuare a deflagrarle il culo, i colpi ora non hanno sosta e sono amplificati dagli schiaffi che indirizzo sulle sue dolci chiappe. Jorja è sovrastata da una mare di eccitazione e continua a urlare senza sosta oscenità e ho paura che la odano i vicini, ma non me ne frega nulla questa donna è uno spettacolo. Dal suo sfintere anale fuoriesce un buon odore che si propaga nel mio naso e solo i fiotti di sborra che si vanno ad infrangere contro la gomma, che custodisce la cappella, mi portano a ridurre i miei impeti ferini. Soddisfatto tiro fuori il cazzo e con esso inevitabilmente piccole scorie di deiezioni che sporcano la superficie della gomma. Lei non sembra aver accusato tanto i colpi profondi e con movimenti pur se miti si avvicina ancora al cazzo, lo svincola dal gommino insozzato lanciandolo per terra e a pancia in giù mi ripulisce l’uccello scoperto dai resti di sborra mentre continua a masturbarsi imperterrita, in realtà non ha mai smesso di farlo da quando ho iniziata a sodomizzarla. Il suo pompino è rigenerante e il mio uccello è di nuovo in tiro. Lei mi osserva con la stessa soddisfazione di quando qualcuno riesce a far ripartire una macchina ingolfata e mi lancia uno sguardo di approvazione. Rapida monta sul mio cazzo e mi cavalca come una tenace valchiria. Si dimena sul cazzo eretto nella sua pancia e dall’alto alterna colpi di schiaffi sul volto a graffi decisi sul petto. Sono uno schiavo a disposizione della sua padrona e l’unica reazione di difesa che ho è quella di ricambiare generandole una forma di sofferenza tramite vigorosi stizzii alle tette che effettivamente hanno come riscontro sul suo volto smorfie di sofferenza a cui lei non bada per un cazzo, anzi ciò non fa altro che accrescere l’intensità dei suoi schiaffi contro le mie guance. Lo fa per provocarmi, in modo che io possa darle soddisfazione, non vuole che molli, si sta divertendo e la sua espressione facciale traccia un delirio erotomanico da cui non vede l’ora di riaversi esplodendo in un travolgente orgasmo. Le strizzo le tette così forte che dai suoi capezzoli fuoriescono piccole gocce di liquido bianco come latte, lei urla dal fastidio e finalmente e questo mi concede del vantaggio per liberarmi dalla sua morsa e imporle una posizione diversa, ci dimeniamo nel letto, ma alla fine la obbligo alla pecora. Posso godermela nuovamente di spalle, la vista del culo mi fa esplodere la cappella che si posizione subito all’interno della sua calda fica, sento le sue labbra dilatarsi e accogliere tutto il corpo del mio uccello e la monto con decisione. Fisicamente vinco io e lei è costretta ad agganciarsi alla spalliera del letto e a piegarsi con la schiena in avanti. Entrambe le braccia cercano all’indietro i suoi piedi, le mani aggiungono i suoi talloni e scivolano lungo la pianta del piede fino a toccarle le dita che friziono con tormento. Sono pronto a scaricare di nuovo, ma prima voglio che lei soccomba sotto i miei colpi di reni che ora si sono fatti davvero robusti. Percepisco la sua eccitazione, ma ho voglia della sua bocca e con egoismo la volto e la stendo sul letto di schiena, Energico le isso entrambe le gambe verso l’alto e la penetro deciso. E’ uno spettacolo, un angelo inerme, accartocciato alle mie voglie, Jorja non ha più forze per divincolarsi e l’unica voglia che il suo corpo ora manifestata è quella di raggiungere l’orgasmo. Le sue cosce in aria sono sovrastate e serrate dalla mia pancia e i suoi piedi a mezz’aria sfiorano il mio volto offrendomi la possibilità di leccarli e baciarli. Necessito però dei suoi insaziabili baci e mi accanisco sul suo corpo inducendola a schiacciare le gambe lungo il suo busto, compresse dal mio peso, pur di soddisfare le mie voglie. La osservo sottomessa e ormai piegata al mio volere, il mio cazzo penetra in profondità coadiuvato dai suoi fluidi che ormai sgorgano copiosamente dalla sua stretta passerina, avverto i suoi muscoli improvvisamente contrarsi e capisco che l’orgasmo è imminente, a preannunciarlo un forte respiro che progredisce sempre più vigoroso finché non erompe dal suo corpicino con un’energia impetuosa che si estingue dopo uno strepito liberatorio che mi agevola a svuotare dentro di lei le ultime riserve di sperma prima di rovinare sul suo corpo esile e madido di sudore. Sfiniti e paghi ci abbracciamo, il suo bel volto ora sembra di nuovo illuminato da una luce angelica, si addormenta tra le mie braccia e poco dopo lo faccio anche io. Al mattino mi risveglio nudo e solo nel letto. La cerco con lo sguardo, non è in camera, mi alzo ricercandola per casa, ma non la trovo, inizio a convincermi che sia stato solo un sogno, ma lo specchio in bagno attesta il contrario rispecchiando i segni tangibili delle unghie e dei morsi sulla pelle. Assonnato torno in cucina e mentre mi arrabatto a cercare l’occorrente per preparare un caffè ristoratore, che mi permetta di affrontare la giornata di lavoro, appeso al frigo noto un post-it, mi avvicino per leggerlo, recita semplicemente:
“Italia - Spagna 1-1”.
Jorja.
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