Attrazione fatale
di
Rot43
genere
incesti
L’afa è fastidiosa e mi agito da un lato all’altro del materasso in cerca di frescura, dalla tapparella fluisce un piacevole alito di vento che sfiora il corpo nudo regalandomi un tenue sollievo, un po’ come dice F. Mannoia:
“un filo azzurro di luce passa dalle serrande e cerco invano qualcosa da inventare in mutande”…
ma non è la calura a tormentarmi o almeno non solo, c’è ben altro nella mia testa da cui non riesco ad evadere e credetemi inventerei qualsiasi cosa pur di far sparire questi pensieri ardenti che da sempre annebbiano la ragione.
Appena ho messo piede in salotto ti ho vista uscire dal bagno, avevi i capelli ancora umidi e addosso solo le mutande. Indubbiamente pensavi fossi sola e ti sei messa comoda, quando hai realizzato che non era così e mi hai visto in piedi in salotto, con le valigie ancora in mano, hai coperto imbarazzata il tuo petto a cui ambisco da una vita, più o meno da quando ti conosco, anzi da quando siamo sbocciati sessualmente e hai immediatamente accelerato il passo filando in camera tua. Ho disfatto le valigie nella mia stanza, quella in cui da piccolo trascorrevo i mesi estivi, e mi sono messo comodo. Il caldo è davvero asfissiante, che io ricordi lo è sempre stato a quest’ora del pomeriggio e persino le zanzariere alle finestre sembrano essere di intralcio alla corrente. Sono leggermente affaticato dal viaggio e ho appena fatto una doccia fredda nello stesso bagno da cui ti ho vista uscire prima e ora accaldato mi ritrovo a girarmi e rigirarmi nel mio giaciglio dove rimugino sulle forme del tuo abbondante seno, sul tuo saluto imbarazzato e sul tuo casto sguardo che hai subito chinato dopo esserti coperta con le mani le tue esuberanti vergogne prima di schizzare via e varcare la porta della tua camera.
Chissà cosa stai facendo rintanata lì dentro, sarai stesa sul letto e starai pensando a quanto successo con imbarazzo o con una punta di eccitamento? Non lo saprò mai, perché non ho il coraggio di avvicinarmi, alla tua bellezza, non l’ho mai avuto, come ora non ho l’ardire di accostarmi alla tua porta e chiederti se ti ha stizzito l’accaduto, né di origliare se ne stai gemendo e né scoprire se in realtà ci stai pensando o meno. So solo che ora sono qui mezzo nudo e penso a te mentre la mano scivola tra i miei slip e libera l’uccello che lentamente inizio a masturbare. La cappella è già dura e turgida così come l’estensione della dimensione del corpo del pene. Ti penso e mi do piacere afferrando il cazzo con entrambe le mani e il volume dei coglioni aumenta, sfioro la loro peluria e immagino di toccare il tuo monte di venere che ho sempre immaginato infiocchettato da un mazzetto di pelo castano. Disteso osservo soddisfatto il glande ora è gonfio e virile e assomiglia al capo di un fungo.
Da sempre sei la mia musa, sorella cara, già i primi turbamenti ricordo erano veri e propri tumulti sessuali che riservavo a te tramite lunghe e copiose seghe, il modesto atteggiamento misto all’antitetico sguardo smaliziato che ti caratterizza da sempre mi ha sempre affascinato, però nonostante queste morbose e velate attenzioni nei tuoi confronti, ti ho sempre difesa dalle attenzioni poco rispettose di ammiratori ruspanti e soprattutto non ti ho mai spiata né sotto la doccia né in altre occasioni, insomma ti ho sempre rispettata cara sorella. Ora sei una donna e io un uomo, condividiamo più o meno la stessa età e oggi ci troviamo in campagna, in quella che è stata la casa dei nostri genitori, qui abbiamo passato molte estati durante l’infanzia e l’adolescenza assieme a loro, una tradizione che poi abbiamo piacevolmente conservato anche da adulti. Tuo marito e i tuoi figli ci raggiungeranno in serata, mia moglie e mia figlia soltanto domani, i miei nipoti (i tuoi figli) e tua nipote (mia figlia) sono bellissimi e ci assomigliano tantissimo, fisicamente hanno preso da noi tutta la bellezza possibile. Vorrei solo dirti che mi piaci che ti ho sempre desiderata, ma nonostante il nostro ottimo rapporto non posso averti, allora continuo a sfiorarmi e immaginarti accanto distesa mentre facciamo conoscenza dei nostri corpi e della nostre personalità più indecenti. Potessi tornare indietro negli anni questo sentimento te lo confesserei e chissà se quelle passeggiate nel bosco che facevamo da adolescenti intorno al lago artificiale, alla ricerca delle rane, forse avrebbero avuto dei risvolti diversi. Lo so quanto siano inopportuni questi pensieri, ma ti bramo da così tanto tempo che mi sento in colpa di non averti mai messa al corrente del mio desiderio per te. A vent’anni abbiamo frequentato l’università in città diverse e io ogni tanto ti venivo a trovare e tu eri piena di corteggiatori, come sempre. A volte mi è capitato di doverti consolare, come quel giorno in cui frignasti per un pomeriggio intero, perché uno stronzo ti aveva tradita con una tua amica. Successivamente ci siamo laureati e poi prima tu e dopo io abbiamo trovato lavoro. A trent’anni ti sei sposata con Lucio e qualche anno dopo io con Simona e ora alla soglia dei quaranta abbiamo entrambi prole, ma nonostante quanto di bello io abbia costruito nella mia vita, in tutti questi anni non ho mai smesso di desiderarti. Sono innamorato segretamente di te e farei di tutto per averti.
La mia erezione prospera nel palmo della mano, vivi nella mia fantasia mentre ti immagino qui, ai piedi del letto, nuda a compiacerti del mio sollazzo. La forma erotica del tuo corpo è nitida nella mente e niente può distrarmi da essa, a parte il crepitio della porta che cigola lo fa da sempre e nessuno, sin da quando ne ho memoria, si è preoccupato di sistemarla. Lo stridio annuncia lo schiudersi dell’accesso alla stanza da letto e all’improvviso compari sull’ uscio. Alzo gli occhi e ci guardiamo, mi hai colto con le mani in fallo, ma non mi copro e non mi preoccupo nemmeno di farlo, mi limito a osservarti ancora agghindata solo dalle mutande bianche proprio come ti sei rivelata prima. Attendo una ghigno sorpreso, un cenno di disapprovazione, un grido di indignazione o anche un rimprovero, ma nulla, non avviene nulla. Il tempo ad un tratto si ferma e il silenzio si fa assordante e qualsiasi parola o gesto, da una parte e dall’altra, produrrebbero solo un gran rumore e nessuno dei due ora è intenzionato a interrompere questa silenziosa melodia composta da sguardi e intenti. Il profumo del balsamo si propaga in camera, i tuoi occhi verdi fissano immobili la mia erezione che non ha nessuna intenzione di placarsi e i testicoli sono così tumidi che inizio a provare un lieve fastidio.
Le tue labbra semi aperte tacciono e nascondono tutto il piacevole stupore, sono paralizzate dalla paura di esprimersi qualcosa capace di rovinare questo scandaloso istante.
Gli attimi che trascorrono sono immensi, la tua mano stringe la maniglia con forza saldandosi ad essa come se fosse l’unica presa su cui sperare di rimanere agganciata per non cadere nella tentazione che il fato ti sta riservando. Io ti guardo e non riesco a fermarmi mentre con intrepida naturalezza continuo a masturbarmi godendo della tua espressione esitante che ora campeggia sul tuo volto, una crasi tra castità e lussuria che lascia spazio ad una decisione da prendere nell’immediato o che forse presentandoti svestita hai già preso, ti manca solo di affiancare alla condotta l’azione e io non ti posso essere d’aiuto nella stima perché le tue tette esuberanti che poggiano leggermente sul busto, da cui svettano duri e scuri capezzoli che emergono come chiodi dalle areole rosa pallide, mi hanno già incantato.
Il silenzio tra noi fa sempre più rumore e ad un certo punto sei tu a interrompere questo tormento, decisa scavalchi le ultime barriere morali ed etiche, la tua mano abbandona la manopola e ti lanci all’interno della camera. Mi raggiungi e senza dire una parola con veemenza liberi il cazzo dalle mie mani, ti accovacci ai miei piedi e ti avvicini fino a far sprofondare tra le tue labbra carnose tutto il mio gusto che assapori. La cappella scivola scortata dalla lingua oltre i tuoi denti bianchi per poi essere spinta fuori e poi fagocitata e ancora baciata, succhiata e addirittura strizzata tra le tue gote arrossate.
Forse perché agognato e insperato, ma è il pompino migliore che abbia mai ricevuto. Mi muovo nella tua bocca mentre la tua lingua continua ad avvolgere il mio organo riproduttivo per succhiarlo e stringerlo sotto la morsa dei tuoi muscoli facciali. Sono preda del tuo animo barbaro, la saliva scorre sul glande a fiumi e tu umetti tutto e con ardore foderi di baci anche i gonfi testicoli insozzandoti inevitabilmente il viso dai filamenti dei miei umori che ti si appiccicano ovunque. I tuoi enormi seni posano i capezzoli sulle mie cosce e il contatto accresce ancor più indecentemente la mia erezione.
Delicata la tua mano sinistra risale fino alla mia testa, e si avvicini alla mia guancia. Il palmo si apre e dolcemente mi carezzi con fare materno. La fede nuziale che fascia l’indice si avvicina, si posa sulla mia pelle, ti ungo le dita e tu le porti sulle mie labbra, premi l’indice su di esse e io le dischiudo permettendoti di entrarvi, ciuccio il tuo dito e con la mia mano destra calco la tua nuca dritta contro il cazzo mentre tu imperterrita continui a ciucciare la mia erezione. L’uccello affonda con foga dentro la gola e annaspi, ti dimeni, stai affogando e la tua mano sulla mia guancia ora si fa più greve. Ti libero la bocca e riemergi rifiatando. Ti guardo stravolta in viso e con le labbra ancora zuppe di saliva, dei miei umori che insudiciano le tue grosse tette. Sei bellissima mentre respiri profondamente cercando di recuperare fiato. Stai ansimando forte, sai ! Forse hai compiuto che quella porta era meglio lasciarla chiusa, scorgo nei tuoi occhi smarrimento, per questo ora non ti sfioro e rimango con le braccia distese e in attesa di te. Poi il tuo respiro rallenta e si fa più corto, forse l’eccitazione ti fa perdere quella breve sensazione di sconcerto, dettata dalla lucidità di un istante, e ti divincoli dai tuoi slip, sollevi la gamba e lasci scorrere l’elastico lungo la gamba destra, mentre l’altro elastico scivola da solo rimanendo impigliato sotto il ginocchio sinistro. Mentre sollevi le gambe osservo fuggevole il pelo castano che come immaginavo ti orna la passera. Ti chini sulle mie gambe e torni a succhiarmi l’uccello, lo insalivi e poi lasci scorrere dalla bocca un bolo di bava sulla cima della cappella. Ti issi e rivitalizzato dalla tua persuasione, prendo coraggio, e inizio a dislocare le mani sul tuo corpo, palpo i tuoi glutei li afferro e con decisione ti aiuto a dirigere la tua fica contro il mio cazzo. Non capisco per quale motivo salti il resto, ti avrei subissata di preliminari, sorella mia, ma mi rendo conto che ciò che sta succedendo va oltre ogni tipo di interpretazione morale perciò mi adeguo, mentre sei sul mio uccello, palpo e schiaffeggio le tue chiappe sode. I colpi riecheggiano forti nella stanza e presto ad essi si aggiungono i tuoi gemiti. In un baleno sono già in fondo al tuo ventre sorella cara e il mio cazzo è completamente inghiottito dalla profondità della tua fradicia fica.
I tuoi occhi chiusi e il mento proteso verso l’alto sottolineano ancora un debole quanto incomprensibile imbarazzo, forse non vuoi che l’abisso si rifletta nei nostri sguardi invasati trascinandoci ancora più a fondo? Ma cara mia più a fondo di così non possiamo andare … le tue mani si muovono perfettamente anche al buio e continuano a poggiare sul mio addome e a premerlo delicatamente per favorire i saltelli sulle ginocchia che ora affondano nel materasso concedendo la voce anche al cigolio della rete.
Imperterrita mi schiacci subissando prepotentemente con la fica la mia verga marmorea che ti lacera incontenibile. Brusca abbandoni l’addome e reclini le tue braccia sulle chiappe ormai rosseggianti per le percosse, depredi le mie mani del loro appiglio e sposti i miei palmi sui tuoi osceni seni. Nonostante le mani vigorose non riesco a contenerli, si presentano pieni e i capezzoli sono degli arpioni. Palpo il tuo seno burroso con forza e tu emetti una smorfia di dolore, ma ciò non impedisce alla tua cavalcata di arrestarsi o quantomeno di limitarsi. I liquidi li sotto si sprecano e infradiciano i peli pubici.
Decisa continui a montarmi, la tonalità dei tuoi gemiti si fa sempre più elevata, l’affanno aumenta e i tuoi muscoli iniziano a contrarsi. In pochi istanti i tuoi occhi si schiudono e il tuo sguardo ora eloquente più che mai si staglia contro il mio. Un orgasmo energico ti travolge e con forza lo liberi stampando i tuoi occhi dentro i miei, quel poco che basta per irrigidirmi a mia volte e lasciar partire il mio orgasmo. Ti insozzo tutta e tanto, è un orgasmo copioso, liberatore che non decresce affatto la mia erezione e rimango ormeggiato ancora tra le tue cosce. Capisci che non voglio mollare, la mano tra i seni si fa pesante e nonostante l’affanno continuo a strizzarli selvaggiamente, me lo lasci fare con asservimento con sguardo placido e soddisfatto, ti muovi ancora sul mio uccello anche se con più lentezza, mi stai concedendo l’ultimo giro di giostra, ma io non voglio smettere.
Ti voglio ancora, ma prima voglio baciarti, coccolarti, accarezzarti tra le mie braccia essere dolce. Quindi ti stringo e ti avvicino al mio petto, tu ti abbassi e allo stesso tempo liberi la tua passera dalla presenza del mio fallo mentre inevitabilmente da essa erompe parte del mio abbondante seme che sporca i nostri addomi uniti. Le nostre labbra si sfiorano, ti bacio, tu ricambi, ma improvvisa ti scosti, mi accarezzi la guancia teneramente, mi lanci un ultimo sguardo premuroso e agile ti allontani lasciandomi sul letto sfatto e ancora più innamorato di te. Di spalle tiri su i tuoi slip e senza voltarti scompari di nuovo nella fosca corsia del corridoio illuminato a intervalli dalla luce del crepuscolo.
“un filo azzurro di luce passa dalle serrande e cerco invano qualcosa da inventare in mutande”…
ma non è la calura a tormentarmi o almeno non solo, c’è ben altro nella mia testa da cui non riesco ad evadere e credetemi inventerei qualsiasi cosa pur di far sparire questi pensieri ardenti che da sempre annebbiano la ragione.
Appena ho messo piede in salotto ti ho vista uscire dal bagno, avevi i capelli ancora umidi e addosso solo le mutande. Indubbiamente pensavi fossi sola e ti sei messa comoda, quando hai realizzato che non era così e mi hai visto in piedi in salotto, con le valigie ancora in mano, hai coperto imbarazzata il tuo petto a cui ambisco da una vita, più o meno da quando ti conosco, anzi da quando siamo sbocciati sessualmente e hai immediatamente accelerato il passo filando in camera tua. Ho disfatto le valigie nella mia stanza, quella in cui da piccolo trascorrevo i mesi estivi, e mi sono messo comodo. Il caldo è davvero asfissiante, che io ricordi lo è sempre stato a quest’ora del pomeriggio e persino le zanzariere alle finestre sembrano essere di intralcio alla corrente. Sono leggermente affaticato dal viaggio e ho appena fatto una doccia fredda nello stesso bagno da cui ti ho vista uscire prima e ora accaldato mi ritrovo a girarmi e rigirarmi nel mio giaciglio dove rimugino sulle forme del tuo abbondante seno, sul tuo saluto imbarazzato e sul tuo casto sguardo che hai subito chinato dopo esserti coperta con le mani le tue esuberanti vergogne prima di schizzare via e varcare la porta della tua camera.
Chissà cosa stai facendo rintanata lì dentro, sarai stesa sul letto e starai pensando a quanto successo con imbarazzo o con una punta di eccitamento? Non lo saprò mai, perché non ho il coraggio di avvicinarmi, alla tua bellezza, non l’ho mai avuto, come ora non ho l’ardire di accostarmi alla tua porta e chiederti se ti ha stizzito l’accaduto, né di origliare se ne stai gemendo e né scoprire se in realtà ci stai pensando o meno. So solo che ora sono qui mezzo nudo e penso a te mentre la mano scivola tra i miei slip e libera l’uccello che lentamente inizio a masturbare. La cappella è già dura e turgida così come l’estensione della dimensione del corpo del pene. Ti penso e mi do piacere afferrando il cazzo con entrambe le mani e il volume dei coglioni aumenta, sfioro la loro peluria e immagino di toccare il tuo monte di venere che ho sempre immaginato infiocchettato da un mazzetto di pelo castano. Disteso osservo soddisfatto il glande ora è gonfio e virile e assomiglia al capo di un fungo.
Da sempre sei la mia musa, sorella cara, già i primi turbamenti ricordo erano veri e propri tumulti sessuali che riservavo a te tramite lunghe e copiose seghe, il modesto atteggiamento misto all’antitetico sguardo smaliziato che ti caratterizza da sempre mi ha sempre affascinato, però nonostante queste morbose e velate attenzioni nei tuoi confronti, ti ho sempre difesa dalle attenzioni poco rispettose di ammiratori ruspanti e soprattutto non ti ho mai spiata né sotto la doccia né in altre occasioni, insomma ti ho sempre rispettata cara sorella. Ora sei una donna e io un uomo, condividiamo più o meno la stessa età e oggi ci troviamo in campagna, in quella che è stata la casa dei nostri genitori, qui abbiamo passato molte estati durante l’infanzia e l’adolescenza assieme a loro, una tradizione che poi abbiamo piacevolmente conservato anche da adulti. Tuo marito e i tuoi figli ci raggiungeranno in serata, mia moglie e mia figlia soltanto domani, i miei nipoti (i tuoi figli) e tua nipote (mia figlia) sono bellissimi e ci assomigliano tantissimo, fisicamente hanno preso da noi tutta la bellezza possibile. Vorrei solo dirti che mi piaci che ti ho sempre desiderata, ma nonostante il nostro ottimo rapporto non posso averti, allora continuo a sfiorarmi e immaginarti accanto distesa mentre facciamo conoscenza dei nostri corpi e della nostre personalità più indecenti. Potessi tornare indietro negli anni questo sentimento te lo confesserei e chissà se quelle passeggiate nel bosco che facevamo da adolescenti intorno al lago artificiale, alla ricerca delle rane, forse avrebbero avuto dei risvolti diversi. Lo so quanto siano inopportuni questi pensieri, ma ti bramo da così tanto tempo che mi sento in colpa di non averti mai messa al corrente del mio desiderio per te. A vent’anni abbiamo frequentato l’università in città diverse e io ogni tanto ti venivo a trovare e tu eri piena di corteggiatori, come sempre. A volte mi è capitato di doverti consolare, come quel giorno in cui frignasti per un pomeriggio intero, perché uno stronzo ti aveva tradita con una tua amica. Successivamente ci siamo laureati e poi prima tu e dopo io abbiamo trovato lavoro. A trent’anni ti sei sposata con Lucio e qualche anno dopo io con Simona e ora alla soglia dei quaranta abbiamo entrambi prole, ma nonostante quanto di bello io abbia costruito nella mia vita, in tutti questi anni non ho mai smesso di desiderarti. Sono innamorato segretamente di te e farei di tutto per averti.
La mia erezione prospera nel palmo della mano, vivi nella mia fantasia mentre ti immagino qui, ai piedi del letto, nuda a compiacerti del mio sollazzo. La forma erotica del tuo corpo è nitida nella mente e niente può distrarmi da essa, a parte il crepitio della porta che cigola lo fa da sempre e nessuno, sin da quando ne ho memoria, si è preoccupato di sistemarla. Lo stridio annuncia lo schiudersi dell’accesso alla stanza da letto e all’improvviso compari sull’ uscio. Alzo gli occhi e ci guardiamo, mi hai colto con le mani in fallo, ma non mi copro e non mi preoccupo nemmeno di farlo, mi limito a osservarti ancora agghindata solo dalle mutande bianche proprio come ti sei rivelata prima. Attendo una ghigno sorpreso, un cenno di disapprovazione, un grido di indignazione o anche un rimprovero, ma nulla, non avviene nulla. Il tempo ad un tratto si ferma e il silenzio si fa assordante e qualsiasi parola o gesto, da una parte e dall’altra, produrrebbero solo un gran rumore e nessuno dei due ora è intenzionato a interrompere questa silenziosa melodia composta da sguardi e intenti. Il profumo del balsamo si propaga in camera, i tuoi occhi verdi fissano immobili la mia erezione che non ha nessuna intenzione di placarsi e i testicoli sono così tumidi che inizio a provare un lieve fastidio.
Le tue labbra semi aperte tacciono e nascondono tutto il piacevole stupore, sono paralizzate dalla paura di esprimersi qualcosa capace di rovinare questo scandaloso istante.
Gli attimi che trascorrono sono immensi, la tua mano stringe la maniglia con forza saldandosi ad essa come se fosse l’unica presa su cui sperare di rimanere agganciata per non cadere nella tentazione che il fato ti sta riservando. Io ti guardo e non riesco a fermarmi mentre con intrepida naturalezza continuo a masturbarmi godendo della tua espressione esitante che ora campeggia sul tuo volto, una crasi tra castità e lussuria che lascia spazio ad una decisione da prendere nell’immediato o che forse presentandoti svestita hai già preso, ti manca solo di affiancare alla condotta l’azione e io non ti posso essere d’aiuto nella stima perché le tue tette esuberanti che poggiano leggermente sul busto, da cui svettano duri e scuri capezzoli che emergono come chiodi dalle areole rosa pallide, mi hanno già incantato.
Il silenzio tra noi fa sempre più rumore e ad un certo punto sei tu a interrompere questo tormento, decisa scavalchi le ultime barriere morali ed etiche, la tua mano abbandona la manopola e ti lanci all’interno della camera. Mi raggiungi e senza dire una parola con veemenza liberi il cazzo dalle mie mani, ti accovacci ai miei piedi e ti avvicini fino a far sprofondare tra le tue labbra carnose tutto il mio gusto che assapori. La cappella scivola scortata dalla lingua oltre i tuoi denti bianchi per poi essere spinta fuori e poi fagocitata e ancora baciata, succhiata e addirittura strizzata tra le tue gote arrossate.
Forse perché agognato e insperato, ma è il pompino migliore che abbia mai ricevuto. Mi muovo nella tua bocca mentre la tua lingua continua ad avvolgere il mio organo riproduttivo per succhiarlo e stringerlo sotto la morsa dei tuoi muscoli facciali. Sono preda del tuo animo barbaro, la saliva scorre sul glande a fiumi e tu umetti tutto e con ardore foderi di baci anche i gonfi testicoli insozzandoti inevitabilmente il viso dai filamenti dei miei umori che ti si appiccicano ovunque. I tuoi enormi seni posano i capezzoli sulle mie cosce e il contatto accresce ancor più indecentemente la mia erezione.
Delicata la tua mano sinistra risale fino alla mia testa, e si avvicini alla mia guancia. Il palmo si apre e dolcemente mi carezzi con fare materno. La fede nuziale che fascia l’indice si avvicina, si posa sulla mia pelle, ti ungo le dita e tu le porti sulle mie labbra, premi l’indice su di esse e io le dischiudo permettendoti di entrarvi, ciuccio il tuo dito e con la mia mano destra calco la tua nuca dritta contro il cazzo mentre tu imperterrita continui a ciucciare la mia erezione. L’uccello affonda con foga dentro la gola e annaspi, ti dimeni, stai affogando e la tua mano sulla mia guancia ora si fa più greve. Ti libero la bocca e riemergi rifiatando. Ti guardo stravolta in viso e con le labbra ancora zuppe di saliva, dei miei umori che insudiciano le tue grosse tette. Sei bellissima mentre respiri profondamente cercando di recuperare fiato. Stai ansimando forte, sai ! Forse hai compiuto che quella porta era meglio lasciarla chiusa, scorgo nei tuoi occhi smarrimento, per questo ora non ti sfioro e rimango con le braccia distese e in attesa di te. Poi il tuo respiro rallenta e si fa più corto, forse l’eccitazione ti fa perdere quella breve sensazione di sconcerto, dettata dalla lucidità di un istante, e ti divincoli dai tuoi slip, sollevi la gamba e lasci scorrere l’elastico lungo la gamba destra, mentre l’altro elastico scivola da solo rimanendo impigliato sotto il ginocchio sinistro. Mentre sollevi le gambe osservo fuggevole il pelo castano che come immaginavo ti orna la passera. Ti chini sulle mie gambe e torni a succhiarmi l’uccello, lo insalivi e poi lasci scorrere dalla bocca un bolo di bava sulla cima della cappella. Ti issi e rivitalizzato dalla tua persuasione, prendo coraggio, e inizio a dislocare le mani sul tuo corpo, palpo i tuoi glutei li afferro e con decisione ti aiuto a dirigere la tua fica contro il mio cazzo. Non capisco per quale motivo salti il resto, ti avrei subissata di preliminari, sorella mia, ma mi rendo conto che ciò che sta succedendo va oltre ogni tipo di interpretazione morale perciò mi adeguo, mentre sei sul mio uccello, palpo e schiaffeggio le tue chiappe sode. I colpi riecheggiano forti nella stanza e presto ad essi si aggiungono i tuoi gemiti. In un baleno sono già in fondo al tuo ventre sorella cara e il mio cazzo è completamente inghiottito dalla profondità della tua fradicia fica.
I tuoi occhi chiusi e il mento proteso verso l’alto sottolineano ancora un debole quanto incomprensibile imbarazzo, forse non vuoi che l’abisso si rifletta nei nostri sguardi invasati trascinandoci ancora più a fondo? Ma cara mia più a fondo di così non possiamo andare … le tue mani si muovono perfettamente anche al buio e continuano a poggiare sul mio addome e a premerlo delicatamente per favorire i saltelli sulle ginocchia che ora affondano nel materasso concedendo la voce anche al cigolio della rete.
Imperterrita mi schiacci subissando prepotentemente con la fica la mia verga marmorea che ti lacera incontenibile. Brusca abbandoni l’addome e reclini le tue braccia sulle chiappe ormai rosseggianti per le percosse, depredi le mie mani del loro appiglio e sposti i miei palmi sui tuoi osceni seni. Nonostante le mani vigorose non riesco a contenerli, si presentano pieni e i capezzoli sono degli arpioni. Palpo il tuo seno burroso con forza e tu emetti una smorfia di dolore, ma ciò non impedisce alla tua cavalcata di arrestarsi o quantomeno di limitarsi. I liquidi li sotto si sprecano e infradiciano i peli pubici.
Decisa continui a montarmi, la tonalità dei tuoi gemiti si fa sempre più elevata, l’affanno aumenta e i tuoi muscoli iniziano a contrarsi. In pochi istanti i tuoi occhi si schiudono e il tuo sguardo ora eloquente più che mai si staglia contro il mio. Un orgasmo energico ti travolge e con forza lo liberi stampando i tuoi occhi dentro i miei, quel poco che basta per irrigidirmi a mia volte e lasciar partire il mio orgasmo. Ti insozzo tutta e tanto, è un orgasmo copioso, liberatore che non decresce affatto la mia erezione e rimango ormeggiato ancora tra le tue cosce. Capisci che non voglio mollare, la mano tra i seni si fa pesante e nonostante l’affanno continuo a strizzarli selvaggiamente, me lo lasci fare con asservimento con sguardo placido e soddisfatto, ti muovi ancora sul mio uccello anche se con più lentezza, mi stai concedendo l’ultimo giro di giostra, ma io non voglio smettere.
Ti voglio ancora, ma prima voglio baciarti, coccolarti, accarezzarti tra le mie braccia essere dolce. Quindi ti stringo e ti avvicino al mio petto, tu ti abbassi e allo stesso tempo liberi la tua passera dalla presenza del mio fallo mentre inevitabilmente da essa erompe parte del mio abbondante seme che sporca i nostri addomi uniti. Le nostre labbra si sfiorano, ti bacio, tu ricambi, ma improvvisa ti scosti, mi accarezzi la guancia teneramente, mi lanci un ultimo sguardo premuroso e agile ti allontani lasciandomi sul letto sfatto e ancora più innamorato di te. Di spalle tiri su i tuoi slip e senza voltarti scompari di nuovo nella fosca corsia del corridoio illuminato a intervalli dalla luce del crepuscolo.
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