Impeto

di
genere
etero

In piedi sciacqui i piatti davanti al lavello mentre io alle tue spalle beneficio delle tue armoniche movenze, il tuo culo vacilla sotto la gonnellina svolazzante dell’abito che stasera indossi e permette di scorgerne la sagoma in maniera distinta. Una piccola ma ravvisabile protuberanza, custodita all’interno di uno dei tanti abiti che indossi in casa - un abito corto a canotta viola, anzi credo sia più un viola sfumato tipo malva -, sormonta l’aderente tessuto e sussulta ad ogni tua movenza dettata dallo svolgere del compito che stasera ti sei voluta sobbarcare e lo scenario non mi lascia indifferente. Osservo in silenzio i tuoi movimenti, spesso sposti i piedi all’interno dello stretto spazio, ti issi sui talloni ma anche sulle punte della dita, lo fai lentamente e con una cadenza quasi regolare, come se fosse un passatempo e queste mosse benché disordinate ad un tratto mi appaiono addirittura sincroniche come un rito tribale il cui unico scopo è quello di incantare o stregare. Lo smalto rosa che ti adorna le unghie impreziosisce la sacralità del “rito” e gli regala un ‘esteriorità erotica che matura in me un intimo impulso carnale.
A volte come un idiota non ti riconosco le giuste attenzioni, forse dandoti per scontata, ma la vita coniugale diventa leggermente piatta per vari motivi e non dovrebbe essere così, ma in questo momento quel famoso pepe che a volte sento mancare tra noi è nuovamente presente e sta stuzzicando la mia fantasia mentre tu indaffarata canticchi e ignara mi concedi la miccia che accende codesta passione tramite il panorama delle tue magre e vellutate cosce che si muovono armoniose scoprendosi senza intenzione ad ogni piegamento.
Interrompi lo strepito dell’acqua che fuoriesce dal rubinetto e apri la lavastoviglie, a piccoli passi ti muovi sulla piastrella a fianco afferrando i piatti appena lavati, li avvicini a te e poi ti curvi per inserirli all’interno degli appositi ripiani. Il moto ti scopre la veste e intravedo il tuo intimo che mi è sempre più manifesto per via dei tuoi repentini e involontari piegamenti. Continui fino a quando la lavastoviglie è carica, mentre insistente ti osservo scoprirti e beneficiare del vista del perizoma nero che affondare tra i tuoi stretti glutei. Ti curvi ancora di più e raggiungi il ripiano più in basso per introdurre le posate nel cestello scoprendo integralmente la forma del tuo deretano. Ho un’erezione fulminea che rinvigorisce il cazzo, avverto il bisogno di toccarmi e annessa sale una gran voglia di te. Il glande tumido sporge dagli slip. Ti drizzi e finalmente chiudi il pannello, il suono acustico avvisa l’inizio del prelavaggio. Ti raggiungo e cingo i tuoi fianchi, bacio il tuo collo, non te lo aspetti e fingi di ritrarti dalla presa. Annuso il profumo del balsamo sui tuoi lunghi capelli biondi che morbidi scivolano lungo la tua schiena. Ti compiaci del mio abbraccio e ti avvicini a me facendo un passetto indietro trovando posto tra le mie braccia. Sorridi maliziosa, giri il collo e avvicini il tuo mento alla mia guancia, mi baci e la tua mano scivola giù alla ricerca della patta in basso. Allevi il mio appetito sessuale baciando la guancia e, con la lingua che fluttua verso l’alto e poi verso il basso, travasi su di essa la carica del tuo gusto. Accarezzo docile la tua nuca e il tuo collo soffice fino alle spalle. Le bretelle della canotta appaiono superflue sulla tua morbida pelle, le sollevo verso l’alto per poi sospingerle verso il basso correndo lungo le braccia e oltre le mani e senza più un appiglio l’indumento scivola e si trattiene sul bacino fasciandoti i fianchi. Libero i tuoi seni, come al solito non indossi il reggiseno, e li racchiudo tra le mani carezzandoli, fugace sfioro i capezzoli e mentre lo faccio avverto che si fanno più irti e prominenti, li serro tra l’indice e il pollice come una pinza, schiacciati tra i polpastrelli accolgo tra di essi le tumide e gonfie sporgenze sfregandole. Hai sempre considerato il tuo seno piccolo e inconsistente ma a me eccita da morire e lo sai, e dunque ti inarchi all’indietro poggiandoti sul mio busto, concedendo il tuo petto alle mie mani e il soffice culo al mio cazzo eretto. Tormento i tuoi capezzoli mentre le nostre mucose entrano in contatto creando turbamenti impellenti e improcrastinabili. Poso la mano sulla canotta stropicciata che fascia la tua pancia, scivola oltre in cerca del tuo slip, si intrufola oltre l’elastico, sovrasta il pelo raso del monte di venere e decisa scivola tra le calde labbra della tua fica umida pronta ad accoglierla. Affondo prima il medio e poi l’indice dentro le gonfie labbra, ti compiaci e lasci scorrere la gamba leggermente verso la sinistra per concedermi più spazio e per continuare a dissacrare più agevolmente la tua carne. Riemergo, con le dita umettate, dal tuo compiacimento, le sollevo e le accompagno fino all’altezza della tua bocca, le accogli e le succhi, fino a quando non le lascio scivolarle via dalle tue labbra e correre lungo il petto tra l’incavo dei tuoi seni. Bisbigli debole, non comprendo bene cosa ma all’improvviso ti volti concedendomi le tue areole rosa e il loro bocciolo in fiore. Chino il capo su di essi e accolgo il primo in bocca, lo succhio avidamente, e tu reclini il capo, ti abbandoni al piacere, mugoli turpe e afferri la mano per guidarla verso il basso invitandomi a palpare i tuoi glutei con irruenza. Entrambe le mani raggiungono i tuoi piccoli e sodi solchi adoperando con brutale irriverenza, il rossore è immediato e i palpamenti insistenti dei tuoi glutei permettono alla striscia del perizoma di affondare tra il tuo segmento pallido. Abbandono il primo seno e vado alla ricerca dell’altro, lo ciuccio e lo mordo con cupidigia, regalandoti un fremito.
Le tue mani raggiungono i miei fianchi e sollevano la t-shirt con foga quasi stracciandola. Cerco di evitarlo accompagnando il tuo desiderio e distendo le braccia verso l’alto, ti aiuto a scoprire il mio petto su cui subito riversi attenzioni gradite.
Le tue labbra corrono sul mio petto ispido e si soffermano sui capezzoli che baci soffice, mentre la tua mano destra in basso sbottona i miei shorts e abbassa la zip spingendo i miei calzoni in basso. Liberi con la mano il mio sesso dalle mutande e lo custodisce nel palmo fino a racchiudere le dita intorno ad esso, impugni la mia virilità brutale e l’armeggi regalandomi piacere. I corpi ora sono un tutt’uno uniti e da parte tua il gran desiderio irrompe nella mia bocca rilasciando una quantità innumerevole di neurotrasmettitori. Non molli il cazzo e continui a segarmi mentre frenetica strofini la cappella sul clitoride. Assuefatto cerco nuovamente i tuoi seni. Il cazzo nel tuo pugno è turgido e la masturbazione si fa faticosa e smorza l’energia nel tuo polso, la tua presa grezza viene meno, ma non abbandoni l’asta e continui ad accarezzarla anche se meno lesta, ma non desisti e solchi con le dita la cappella violacea che svetta tumida come una freccia tesa in direzione del tuo grembo. Sevizi il cazzo con insistenza e il tuo sguardo diviene più vorace, le smorfie che si succedono sul tuo volto si fanno sempre più ammaliatrici e stimolano il mio animo volgare. Volitivo premo le tue magre spalle verso il basso e tu mi assecondi, una volta inginocchio avvicini la tua bocca al mio uccello che si impone davanti a te, mi concedi un’ultima occhiata bramosa prima di chiudere le palpebre e assoggettare la lingua alla mia dote erotica. Affondo gradualmente il cazzo che parzialmente occupa la tua cavità orale. Fatichi ad alloggiarlo in tutta la sua dimensione e forse mi gradiresti più domo per regalarmi un pompino meritevole del suo nome , ma ti metto in difficoltà, ed è voluto, considero molto più appetibile guardarti annaspare mentre insozzo la tua bocca del mio sapore.
Hai bisogno di rifiatare ed erompo placido dalle tue labbra sapide dai miei sperperi lussuriose. Ti concedo il tempo necessario per rifiatare, ma afferro i tuoi capelli dal basso e li attorciglio creando un mucchietto tra il palmo e il dorso della mano che stringo premendo verso il basso. La presa obbliga il tuo collo verso l’alto e di conseguenza anche il viso, con sguardo insofferente tenti di opporti alla sottomissione ma sei costretta a soccombere incapace alla mia barbarie. Concitato comprimo con la cappella turgida il tuo volto e lo imbratto rendendolo somigliante ad una tela sui cui predisporre i fluidi misti ai rivoli di saliva estratti dalla tua bocca calda. Modello sul tuo volto la mia opera scellerata impugnando il pennello dall’estremità più prossima alle palle e lo percuoto contro le guance, sul naso e sulle labbra semi aperte. Sai bene cosa voglio. Dall’interno delle sottili labbra la tua lingua fa capolino e si spiega in attesa che la verga la percuota, lo faccio una volta, poi una seconda e poi ancora e ancora … la lingua ciondola impaziente in attesa delle mie prossime vergate e ogni randellata su di essa è accompagnata da un tuo gemito che ti rende maledettamente puttana, una matrona volgare di cui ritrovo l’ineluttabile marchio nello scintillio fugace che caratterizza i tuoi occhi sbarrati rivolti verso me ed esautorati da qualunque opposizione morale. Asservita e indolente assecondi ogni mio capriccio compreso ogni indecente turpiloquio che ti rivolgo mentre sovrasto il bel faccino insozzato ormai da ogni putridume. Ti qualifico come una puttana e schiaffeggio il tuo volto con il cazzo coriaceo.
I tuoi capezzoli sono turgidi come chiodi e l’espressione sul tuo viso ora suggerisce di osare di più.
Interrogo la mia psicologia perversa e scopro che suggerisce di soddisfare il bisogno di violare ancora la tua bocca, dispongo il cazzo verso il basso e ti penetro nuovamente, la cappella eretta scivola adagio obbligandoti a dosare l’ossigeno, mi fermo solo una volta raggiunto il massimo punto di profondità. Dopo pochi secondi sei già in affanno, ma oltraggiare la tua bocca è l’unica cosa che desidero. Soffochi e batti le dita sui miei fianchi, arrivano i primi rigurgiti, il tuo viso inizia a colorarsi, ti concedo spazio e arretro il cazzo per permetterti di inalare un po’ d’aria ma non perdo tempo a ritornare in fondo giù nella tua gola più profonda. Stavolta non ce la fai, colpisci entrambi i i miei fianchi con i palmi delle mani, stai affogando e i tuoi occhi implorano comprensione, ritiro piano, la tua gola si libera del calvo ospite e riprendi a respirare animosamente, una volta fuori tossisci convulsa verso il basso relegando sulle mattonelle un consistente bolo di saliva. Asciughi le labbra sozze e gonfie con il dorso della mano, ritrovi la compostezza e ti alzi sulle tue magre gambe portando il tuo viso a pochissima distanza dal mio. Ci guardiamo per un istante eterno con appagamento e senza contatto, nonostante l’adiacenza fatichi ancora un po’ a deglutire, muta fai qualche passo indietro senza distogliere il tuo sguardo dal mio, raggiungi il piano della cucina e posi i tuoi glutei lungo il bordo del marmo spiovente. Le braccia si allargano e scivolano sulla lastra levigata regalandomi la vista del tuo petto integralmente nudo e velato soltanto dai setosi capelli che lasci scivolare lungo il solco che separa i tuoi piccoli monti rosa.
Avviluppata ancora ai tuoi fianchi la canotta fascia la vita e oscilla verso il basso congiungendosi al tuo slip, dalla simile tonalità, che fodera il tuo femminino sacro. Imponi tutta la tua oscena appariscenza e ti concedi nutrice delle mie voglie. La tua esteriorità è fresca ed è una mirabile visione da anelare a tutti i costi e foriera di immaginifiche passioni oscure che eccedono oltre qualsivoglia libidine. Di colpo sei una dea, una vestale, una menade, un’etera e come Frine durante la festa di Posidone lasci scivolare sul pavimento ciò che cinge il tuo ventre rimanendo coperta solo dal perizoma. Godi del fascino che eserciti su di me e con i tuoi atteggiamenti sensuali domi la mia bestialità. Le braccia scivolano adagio lungo i fianchi e abbracciano il corpo, i seni si congiungono e la lingua sfiora le labbra obbligandomi a osservare la tua eroticità che si ripercuote su di me costringendomi a impugnare il pene eretto e ad abbandonarmi al più grossolano e sfrenato onanismo. Non hai ancora terminato, serri le gambe e quasi sorpresa dalla mia esibizione, raggiungi l’elastico del perizoma e con malizia inserisci i pollici lungo l’estremità centrale dell’elastico delle mutande facendolo scorrere giù lenta fino a farmi intravedere uno spicchio del pube celato. Accampi un’espressione maliziosa – per rendere meglio l’idea da gran troia! – per cui ora non riesco più ad arrestare la mano che corre veloce senza sosta sul cazzo eretto nella tua direzione. Appurato la mia totale soggiogazione al tuo fascino sorridi beffarda e ricopri la mezza peluria con lo slip, avanzi verso di me con la sicurezza degna di una femme fatale. Arresti la mano impegnata ancora sul cazzo, mi destituisci nel ruolo e ti sostituisci nella presa, lo afferri decisa e senza dire una parola mi obblighi a seguirti in camera. Una volta sul talamo mi spingi su di esso. Penso che tu voglia essere montata e questo mi dispiace, non lo voglio ancora, ma fortunatamente basta poco per capire che in realtà non è quello che vuoi, almeno non ancora, il tuo busto attraversa le mie gambe stese, il tuo capo si sofferma sul cazzo, baci la cappella e prosegui oltre l’addome e una volta all’altezza del mento la tua lingua attraversa la mia pelle fino a incontrare nuovamente le mie labbra e successivamente la mia lingua. Dopo un bacio breve e intenso, ti innalzi ancora, il ventre sfiora volontariamente il mio uccello eretto. L’addome si avvicina e una volta all’altezza del mento, poggi la tua fica sulla bocca. Mi obblighi a succhiare i tuoi liquidi e sapori che trasudano oltre l’unico lembo di cotone che indossi e sei perversa, sussurri parole oscene mentre l’odore acre e dolce della tua passera mi inebria, ha un sapore buonissimo che è difficile da spiegare, provo a fartelo presente nonostante le tua labbra mi stiano già schiacciando, ma tu non hai per un cazzo voglia di ascoltare l’elogio alla tua passera e tagli corto limitandoti ad un categorico:

:-Zitto e annusa!

Capisco l’antifona e taccio concentrandomi sul tuo sapore, lasciando sprofondare la lingua nel cotone, la punta spinge il lembo delle mutande all’interno della tua cavità ed entra in contatto con una fetta delle tue piccole labbra sapide e irrorate di desiderio. Il cazzo tra le gambe è una dardo scappellato e bollente, lo impugno e mi masturbo concitato. Te ne accorgi solo dopo qualche istante e stendi la tua mano all’indietro, impugni la mia mano e la allontani, riportando il braccio in alto nel posto dove vuoi che si trovi, steso sul materasso affianco alla mia testa. Depredarti degli slip non è semplice senza l’ausilio delle mani, allora improvviso e addento il cotone dello slip, che la punta della lingua preme e fa affondare dentro di te, e con perizia lo aggancio. Sofficemente serro il tessuto tra le labbra e una volta sicuro della presa, lo lascio correre tra i denti. Strattono verso il basso ma lo slip è ben avvitato attorno alla tua vite, così strappo con più decisione ma ottengo soltanto un piccolo spostamento verso il basso da parte dell’elastico ancorato ai tuoi fianchi. Tu non mi aiuti, non vuoi e vorace continuo a tirare verso il basso e alla fine la vinco! La mia saliva e i tuoi fluidi rendono semplice il lavoro ai miei denti che con risolutezza rosicchiano il morbido e traspirante tessuto creando un piccolo buchino che ora posso allargare strappando con più decisione. Afferro la parte più lacerata e con uno strappo deciso allontano la mia bocca, da sotto le tue cosce, le mutande si lacerano nella parte centrale, ma non mollo, e continuo a strappare con forza fino a quando la tua fica diventa fruibile. Quando te ne accorgi la mia testa è già di nuovo sotto le tue cosce e la lingua tra le tue labbra succose. Punto sul clitoride, questo ti fomenta terribilmente e spingi la mia nuca contro la tua passera libera e schiusa, provi a contenerti e a non far rumore ma i tuoi gemiti sono distinguibili e i tuoi mugolii irrefrenabili. Con la mano sinistra strappo uno dei lembi che ancora alla tua vita le lacerate mutande, questo ti eccita e ti issi dal mio volto sommerso tra i brandelli di mutande e dalle tue labbra, agile sfili via quel tessuto malconcio e ti riabbassi stuprando il mio volto con la tua fica grondante. Ti muovi frenetica dissipando fiumi di fluidi. Oppresso dal tuo peso sotto intravedo le istantanee accattivanti che si celano sul tuo volto mentre strizzi le tette o mordi violenta la parte inferiore del labbro in preda ad una sordida euforia. Immobilizzo le tue cosce con le braccia mentre le mani comprimono il tuo ventre, la lingua sfiora il clitoride e un tuo gemito mi regala un intenso palpito di piacere. Sospiro e resto lì nella zona.
Ti contrai in preda alle contrazioni muscolari ed eccitata spingi la mia faccia tra le tue gambe imprigionandomi in una stretta dalla quale non ho intenzione di liberarmi. I versi di piacere accompagnano i baci sulle tue labbra e le movenze della mia lingua dentro di esse. Sei bagnata, anzi colante! Lecco il tuo sesso come un cane fa con le ossa della sua prede e non voglio fermarmi anche se più in basso il cazzo reclama altro, tuttavia non riesco a scegliere cosa sia meglio: continuare a regalarti piacere godendo simultaneamente della tua indecenza o penetrarti per raggiungere l’agognato ed estasiante orgasmo che questo amplesso sta prefigurando.
Riflessione inutile perché l’idea di continuare a dissetarmi dei tuoi umori mi piace di più. La tua voce è fioca e i tuoi gemiti flebili, sei in preda a degli spasmi, osservo il tuo ventre contorcersi e le gambe vacillare. Decido di proseguire nell’apatica scelta di seguitare a incensare la fragranza della tua fica. Dal diaframma si eleva fragile e sommessa il suono della tua voce contratta è gracile sovrastata dalle risonanze dei tuoi tenui e contenuti gemiti che riverberano come imprigionati tra i muri della stanza. Nonostante ciò debole e indecente sussurri:

-Fottimi!

Emergo con il volto umido dalle tue cosce afferro i fianchi e ti spingo prona sul materasso, schiaccio il mio addome sul tuo e mi faccio largo tra le tue cosce mentre lascio scivolare il cazzo nella tua passera cocente. Un’occhiata alla tua espressione e di colpo la tua immagine dolce, di mogliettina premurosa si trasforma in quella di una oscena matrona affetta da una grave e irrefrenabile forma di ninfomania in grado di accendere echi primitivi che annullano ogni indugio nei tuoi confronti. I tuoi occhi rivoltati non manifestano altra espressione che non sia supplica di deflorazione carnale, mentre ti posseggo i pensieri divengono lerci e osceni. Ti sogno con altri uomini e ciò inquina ancora di più le mia fantasie in cui prendi parte come protagonista depravata, ti immagino: schiava alla mercé del tuo padrone, vittima di attenzioni di estranei, meretrice su di un viale in attesa dei clienti, sacerdotessa di un tiaso, vestale pronta a sacrificare se stessa in un rito orgiastico … La fica elastica mi incoraggia a staffilare il cazzo e a continuare a deflorare il tuo organo più succulento con veemenza mentre tu abbandonata con le cosce spalancate favorisci la dilatazione e accogli la mia foga balorda. Sei un dipinto erotico e voglio godere del tuo volto per bene, mi inginocchio sul materasso rimanendo dentro al tuo forno caldo, afferro le tue gambe e le porto in alto. Avvolgo con le mani il tallone e la pianta dei tuoi piedini morbidi e penetro la tua figa traboccante di siero erotico, i tuoi occhi persi sono stagliati contro i miei e sembri sotto l’effetto di una droga armoniosa che ti strappa maliziose smorfie. I tuoi piedi mi allettano e accarezzo i tuoi talloni per placare i miei istinti, ma presto mi ritrovo con le labbra attaccate alla pianta del piede che bacio e annuso. Ti contrai, porti le mani alla bocca, sta per succedere, non voglio, ma se deve avvenire voglio sentirti urlare voglio che mi concedi quella soddisfazione mascolina che mi piace tanto. Abbandono il tuo piede nella mano sinistra e raggiungo la tua bocca e la libero portando la tua mano contro la spalliera del letto, strabuzzi gli occhi indifesa e serri nuovamente la bocca, questa volta con la mano sinistra, ma anche in questo caso abbandono il tallone destro e divincolo la tua bocca dall’ingombro.
Tremi e chini il mento verso il basso, godo di te soggiogata dalla mia forza, rigida espiri e ti dimeni tentando di trattenere l’orgasmo, in parte ci riesci, ma parte del tuo strepito sfugge e mi travolge invogliandomi a continuare a pompare dentro di te il mio uccello marmoreo che arresta la sua marcia solo dopo aver depositato in profondità zampilli del suo seme seguiti da un primordiale e liberatorio orgasmo che tenti di smorzare coscienziosa con le tue mani facendo svanire quel ruvido aspetto da puttana che mi ha cullato per tutto l’amplesso. Mi accascio sul tuo addome con ancora il cazzo dentro di te, respiriamo insieme e rivedo nel tuo sguardo la responsabilità e la coscienziosità della donna e madre che ho sposato.
Mi accarezzi dolce e io ti bacio sulla guancia mentre i nostri corpi trasudano di ogni fluido, ti mordo l’orecchio, ti solletico e ridi, ti dico che mi è piaciuto un sacco e sto per aggiungere che dovremmo farlo più spesso, ma un vagito in lontananza mi ricorda il motivo per cui questi attacchi e improvvisi di sesso siano rari, non mi ascolti più neanche e responsabilmente salti dal letto come un grillo e nuda e con il mio marchio, che cola lungo le tue cosce, voli verso la culla a prenderti cura del piccolo principe frutto del nostro amore.
di
scritto il
2024-09-17
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