Una mano nel buio
di
Lostmyself
genere
sentimentali
Ciao a tutti…
Ho deciso di pubblicare questo racconto senza pensarci troppo su, altrimenti tra due mesi ero ancora qua 🫣
È la prima volta che scrivo una cosa “erotica” o almeno ci ho provato 😅
Ammetto che non mi viene bene, e penso che la seconda parte non vedrà mai la luce 🤣
Però mi sono divertita a scrivere, anche se mi è scivolata la mano su altro che è più nelle mie corde… e forse di “erotico” c’è troppo poco 😩
Meglio leggere e basta per me 🙃 hahaha
Mi gira la testa. Mi corico goffamente sulla spiaggia e la sabbia fredda mi entra nei vestiti, setosa sotto la pelle.
Ci metterò giorni a togliermela dai capelli, annodati e un po’ cotti dal sole.
Sento voci di persone che passeggiano, spezzate a tratti dalle onde dolci del mare.
Dei bambini ridono e da qualche parte un cane abbaia giocoso.
Ho scelto una zona in ombra, lontana dai fari che illuminano a giorno la zona ombrelloni dello stabilimento, non troppo isolata.
Vorrei restare qui, a metà tra la terra, il mare e il cielo. Tra luce artificiale e il buio orizzonte notturno, nella zona di confine tra il tutto e il niente: vorrei crearmi un bozzolo in cui poter processare almeno un po’ ciò che è successo, e poi quando fossi pronta uscirne e ricominciare. Nuova. Pulita.
Mi bruciano gli occhi e mi pizzicano le guance. Guardo le stelle, così lontane da me, alcune spente da tempo, luce che è solo un ricordo. Ripenso a quanto mi sia resa ridicola. E a quanto non conti già più nulla.
Ho pianto, ho urlato, talmente tanto che mi fa male la gola. Ad un certo punto penso anche di avergli sputato in faccia, non ricordo bene.
Avrei solo dovuto andarmene, ma quando mi è venuto dietro tirandosi su i pantaloni e mi ha afferrato un braccio, un interruttore è scattato nella mia testa e il buon senso si è spento di colpo.
Solo buio e rabbia cieca.
Stanotte, Dimitri, il mio ragazzo da una vita, è stato con un’altra e come nei peggiori film tutti sapevano, tranne me.
O almeno così continuo a raccontarmi.
Ad un certo punto della festa è sparito: non riuscivo a trovarlo da nessuna parte e non rispondeva al cellulare.
Ho chiesto a tutti quelli che lo conoscevano se l’avessero visto, ma ho ricevuto solo risposte evasive.
«Provo ad andare fino alla macchina…»
Nel momento in cui ho avuto quell’idea, il suo amico ha iniziato a dissuadermi.
«Ma no dai, è pericoloso da sola.. la macchina è in una via isolata… e poi è lontano… Stai qui con me… Vedrai che tra poco torna…» mi stringe in un mezzo abbraccio, un po’ troppo amichevole per i miei gusti.
Da quando l’abbiamo fatto, ogni tanto supera i limiti, soprattutto quando Dimitri non c’è.
Sono mesi che il mio ragazzo ha problemi sul lavoro e anche la nostra vita intima ha iniziato a risentirne. Così, ha iniziato a chiedermi… delle cose.
Una delle sue idee preferite era guardare mentre il suo migliore amico mi scopava.
«Già solo l’idea mi eccita… vederti con un altro… Ma non uno qualsiasi… Voglio che sia Francesco: di lui mi fido come un fratello e so per certo che ti piacerebbe… Gliene ho già parlato e lui ci starebbe… Ti andrebbe di provare?»
Mi aveva chiesto mentre ero seduta su di lui, senza biancheria intima cercando di farlo eccitare strusciandomi sul suo cazzo. “Dry humping” l’aveva chiamato.
«Non lo so se me la sento…»
«Io sarei lì vicino a te e se non ti piacerà basta che me lo dici, vi fermerete subito e faremo come se niente fosse accaduto…»
Dopo pochi giorni ci eravamo trovati a casa del suo amico: bruciato l’iniziale imbarazzo, ci eravamo divertiti tutti e alla fine Dimitri era più che pronto per darsi a me.
Era stato bellissimo, come non lo era da tanto, e sentivo che ne fosse valsa la pena.
Non capivo la reale portata di ciò che avevo fatto. Avevo creato un precedente e da lì le richieste erano state sempre più grandi.
«Mi accompagni?» ma il suo sguardo si era spostato velocemente a terra.
«Lo prenderò per un no.» ovviamente il legame tra migliori amici vince sempre sulla ragazza di turno.
Mi sono girata senza aspettare e ho iniziato a camminare agitata: avevamo trovato parcheggio a circa venti minuti a piedi dallo stabilimento, accostando vicino agli alberi. Non pensavo avrei avuto troppe difficoltà a ritrovare l’auto.
Se fosse stato un cartone animato, il cuore mi sarebbe esploso fuori dalla gabbia toracica. Ma quella era la vita vera e in quel momento sentivo che stavo per perdere qualcosa di importante.
La vocina della mia coscienza aveva pronunciato un lapidario “te lo avevo detto”, si era richiusa la porta alle spalle e mi aveva lasciata lì, ad affrontare le conseguenze della mia ottusità da sola.
Arrivata al luogo del parcheggio, la macchina non era vuota.
E si muoveva.
Ho fatto ancora qualche passo, non volevo vedere ma allo stesso tempo ne avevo bisogno. Già troppe volte avevo voluto ignorare, giustificare, riempire i vuoti. Pensavo sempre a qualche errore, allo stress, al lavoro, a mille altre scuse del cazzo.
Ero io… trasandata? Non gli piacevo più? Ho iniziato a non mangiare per perdere qualche chilo, magari avrebbe aiutato… e ovviamente ho cercato sempre di interpretare e impersonare i suoi desideri, anche quelli più nascosti.
Attorno frinivano le cicale e da qualche parte si sentiva un ramo spezzarsi nella pineta. I miei passi scricchiolavano mentre procedevo lentamente verso di loro. Ero diventata una marionetta mossa a scatti dall’ansia di sapere.
Era ovvio che fossero concentrati su altro e non mi avevano sentita arrivare davanti al finestrino del guidatore.
Lei gli stava addosso, le gambe abbronzate a trattenerlo, le mani aggrappate alle sue spalle.
Lui le afferrava i fianchi e ne accompagnava i movimenti ritmici. Scopavano, sicuri che nessuno potesse vederli: dal respiro affannato e a giudicare dalla gamma di gemiti che potevo sentire, si stavano anche divertendo parecchio.
Ho fatto ancora pochi passi, sono arrivata davanti al loro finestrino.
Una parte di me, in fondo in fondo, trovava quella vista stranamente eccitante: era tutto sbagliato, dall’inizio alla fine, eppure vedere l’incastro dei loro corpi sudati aveva smosso qualcosa dentro di me.
Potevo sentire ansimare e ad ogni affondo richiamare dalle vette dell’Olimpo svariate divinità senza nome.
I seni nudi di quella ragazza oscillavano, gli occhi chiusi, concentrata, mentre il mio ragazzo era dentro di lei.
Non fossi stata tanto accecata dalla gelosia avrei trovato la scena invitante. Lei era veramente molto bella: avrei voluto allungare una mano e poterle stringere un capezzolo tra le dita… potevo quasi capire perché l’avesse scelta tra le tante alla festa.
Non posso esserne sicura, ma forse mi somigliava un po’…
«Ah, è proprio vero quindi.» sono riuscita a dire solo questo, a bassa voce, strozzata dalla cruda verità.
Non sapevo nemmeno se avesse sentito, ma non sarei rimasta a verificarlo e non lo avrei ripetuto.
Ora tutto appariva nella sua limpida precisione, tutti i frammenti traballanti del nostro rapporto si erano ricomposti a formare una realtà in cui non eravamo più “noi”, cosa che probabilmente non eravamo mai stati davvero.
Movimenti concitati dentro la macchina.
La ragazza si toglie da sopra di lui guardandomi esterrefatta.
Lui esclama «No aspetta! Ti posso spiegare!»
Lo vedo ma non lo vedo allo stesso tempo, distaccata da me stessa, mentre scende, i pantaloni abbassati che rialza velocemente, mi viene dietro, poi non so… ho solo sentito la sua mano che mi afferrava un braccio per fermarmi.
Click. Addio autocontrollo.
«Sei… un… bastardo! Quante te ne sei scopate oltre a quella?! Dio! Dio lo sapevo! Erano un mare di cazzate quelle che mi raccontavi vero?! "Non mi si alza, fatti scopare da un altro” certo certo! Troppo stress a lavoro?! E io… Un’idiota! A cercare di comprenderti, di farti rilassare… ho fatto tutto ciò che volevi! Tutto!»
Urlavo talmente tanto che tutto attorno era calato il silenzio, come se la natura stessa avesse paura e si fosse ritirata al sicuro.
Avevo acconsentito a un sacco di cose, non mi ero mai tirata indietro davanti a nulla. Non che non mi fosse piaciuto, ma non lo avrei mai fatto se non per lui.
“Perché lo hai fatto per lui… vero…? Non lo hai fatto perché ti piaceva…?” Ancora la vocina della mia coscienza che bisbiglia da dietro la porta.
In ogni caso, non era bastato… Se non c’è più l’amore, niente è sufficiente, niente serve davvero.
«Piccola calmati… mi dispiace tanto, ho sbagliato ad andare da solo. Lasciami rimediare… Vieni, sistemeremo tutto… lascia che te la presenti…»
Ho registrato nella memoria che lui ha provato a trattenermi, mi ha detto qualcos’altro, è a quel punto che devo avergli risposto sputandogli in faccia, ma non sono sicura della sequenza esatta degli eventi.
Poco importa.
Così come ho marciato verso la fine della nostra storia, sono tornata indietro, alla festa, con tutto il corpo che mi tremava.
Ed ora eccomi qui, a sperare che il mare cancelli un po’ del mio dolore.
~~~~~~~~
«Respira sì… Hey mi senti…? Come stai? Devo chiamare qualcuno?»
Una voce maschile mi riporta al tremendo presente: sembra sinceramente preoccupato, ma il mio pensiero è solo "Scappa!"
Mi alzo di scatto per vedere dov’è e allontanarmi il più in fretta che posso, ma la testa mi gira paurosamente e mi sale un mezzo conato. Perdo l’equilibrio, ripiombo sulla spiaggia: l’impatto è duro, sabbia che vola ovunque e mi finisce negli occhi accecandomi parzialmente.
Qualcosa mi arriva addosso di peso: è un cane! Mi abbaia contro ma non è cattivo, mi lecca la faccia e peggiora la situazione già tragica del mio stato: ora ho bava di cane, peli e sabbia attaccate ovunque.
«No! Teo fermo! A cuccia!» il cane si allontana, abbaiando copre delle risate femminili vicine.
«Cazzo scusa… ti abbiamo vista a terra, non ti muovevi… Teo è il mio cane, si è spaventato quando ti sei alzata di scatto e poi sei caduta… Non ti ha fatto male vero?!»
Mi porge una mano: nel buio dei miei occhi irritati non so se accettarla o meno.
«Sto bene. Mi è solo finita della sabbia negli occhi…»
«Tranquilla ora ti aiutiamo noi… Ti portiamo a sciacquarti la faccia, vuoi?
Tentenno.
«Non è decisamente la mia serata questa… » Borbotto. Mi sento la sabbia che scricchiola persino sotto i denti e mi si rompe qualcosa dentro, inizio a piangere come un’imbecille. Siamo a posto. La collezione delle figure di merda che potevo fare stasera è completa.
«Okay, sfogati un po’…
La mia amica Penny intanto ti andrà a comprare una bottiglietta d’acqua naturale… Anzi due. Bevi un po’ e ti lavi la faccia qui, okay? Tranquilla.»
Dopo aver pianto per almeno mezz’ora ed essermi lavata la faccia, finalmente riesco a vedere chi sono queste persone: due ragazze e un ragazzo, più ovviamente il cane Teo, ora molto bravo ed educato. Mi guarda con il muso sporco anche lui di sabbia e due occhi comprensivi e dolci. Mi viene voglia di abbracciarlo ed affondare il viso nel suo pelo ispido.
«Grazie…» per la verità se loro non si fossero avvicinati, mi sarei rialzata con i miei tempi e avrei raggiunto di nuovo le mie amiche, che di sicuro mi stavano cercando ovunque. Ma lì per lì non mi viene in mente niente di meglio da fare, se non ringraziare.
«Io sono Enea, questa è Penny e lei è Meddy. Hai già conosciuto Teo, naturalmente… Scusa ancora per prima…»
Mi aiuta ad alzarmi e mi squadra con uno sguardo abbastanza storto: devo avere un aspetto ripugnante.
«Sei con qualcuno? Ti è successo qualcosa… di male…?»
«Mi sono solo mollata con il mio ragazzo… Mi ha messo le corna… Ero abbastanza sconvolta, ma ora sto un po’ meglio...»
«Meno male che è solo questo…!» è una delle due ragazze a parlare, ora mi sfugge il nome, sorride guardando prima l’amica e poi me.
Non so cosa dire… «Vi offro da bere se volete, per ringraziarvi dell’aiuto… In più le mie amiche ormai mi staranno cercando…» Mi volto verso il bar, pensando che ormai la notizia si sia estesa a macchia d’olio. Mi sembra così lontano, un altro mondo.
«Ma no figurati, abbiamo fatto il minimo… Anzi, il mio cane ti ha quasi accecata in modo permanente con tutta quella sabbia!»
Scoppiamo tutti a ridere e il cane Teo abbaia a suggellare quel momento di distensione.
«Sentite… Io ho fame, vi va di mangiare qualcosa?»
Andiamo verso il bar e ordiniamo patatine e toast per tutti.
Si chiacchiera del più e del meno, parlando a turno delle disavventure di corna vissute o messe da questi estranei a qualcun altro.
Quando abbiamo finito, mi alzo per andare a pagare.
Mi raggiunge poco dopo Enea: «Sai, mi stai simpatica Cally. Sei una forte. Ho deciso di farti un piccolo favore: io faccio una cosa per te… E poi, se sarai soddisfatta, tu ne farai una per me…»
Continua, forse.
O forse no, dipende se ne avrò voglia.
🥺
Ciao!
Ho deciso di pubblicare questo racconto senza pensarci troppo su, altrimenti tra due mesi ero ancora qua 🫣
È la prima volta che scrivo una cosa “erotica” o almeno ci ho provato 😅
Ammetto che non mi viene bene, e penso che la seconda parte non vedrà mai la luce 🤣
Però mi sono divertita a scrivere, anche se mi è scivolata la mano su altro che è più nelle mie corde… e forse di “erotico” c’è troppo poco 😩
Meglio leggere e basta per me 🙃 hahaha
Mi gira la testa. Mi corico goffamente sulla spiaggia e la sabbia fredda mi entra nei vestiti, setosa sotto la pelle.
Ci metterò giorni a togliermela dai capelli, annodati e un po’ cotti dal sole.
Sento voci di persone che passeggiano, spezzate a tratti dalle onde dolci del mare.
Dei bambini ridono e da qualche parte un cane abbaia giocoso.
Ho scelto una zona in ombra, lontana dai fari che illuminano a giorno la zona ombrelloni dello stabilimento, non troppo isolata.
Vorrei restare qui, a metà tra la terra, il mare e il cielo. Tra luce artificiale e il buio orizzonte notturno, nella zona di confine tra il tutto e il niente: vorrei crearmi un bozzolo in cui poter processare almeno un po’ ciò che è successo, e poi quando fossi pronta uscirne e ricominciare. Nuova. Pulita.
Mi bruciano gli occhi e mi pizzicano le guance. Guardo le stelle, così lontane da me, alcune spente da tempo, luce che è solo un ricordo. Ripenso a quanto mi sia resa ridicola. E a quanto non conti già più nulla.
Ho pianto, ho urlato, talmente tanto che mi fa male la gola. Ad un certo punto penso anche di avergli sputato in faccia, non ricordo bene.
Avrei solo dovuto andarmene, ma quando mi è venuto dietro tirandosi su i pantaloni e mi ha afferrato un braccio, un interruttore è scattato nella mia testa e il buon senso si è spento di colpo.
Solo buio e rabbia cieca.
Stanotte, Dimitri, il mio ragazzo da una vita, è stato con un’altra e come nei peggiori film tutti sapevano, tranne me.
O almeno così continuo a raccontarmi.
Ad un certo punto della festa è sparito: non riuscivo a trovarlo da nessuna parte e non rispondeva al cellulare.
Ho chiesto a tutti quelli che lo conoscevano se l’avessero visto, ma ho ricevuto solo risposte evasive.
«Provo ad andare fino alla macchina…»
Nel momento in cui ho avuto quell’idea, il suo amico ha iniziato a dissuadermi.
«Ma no dai, è pericoloso da sola.. la macchina è in una via isolata… e poi è lontano… Stai qui con me… Vedrai che tra poco torna…» mi stringe in un mezzo abbraccio, un po’ troppo amichevole per i miei gusti.
Da quando l’abbiamo fatto, ogni tanto supera i limiti, soprattutto quando Dimitri non c’è.
Sono mesi che il mio ragazzo ha problemi sul lavoro e anche la nostra vita intima ha iniziato a risentirne. Così, ha iniziato a chiedermi… delle cose.
Una delle sue idee preferite era guardare mentre il suo migliore amico mi scopava.
«Già solo l’idea mi eccita… vederti con un altro… Ma non uno qualsiasi… Voglio che sia Francesco: di lui mi fido come un fratello e so per certo che ti piacerebbe… Gliene ho già parlato e lui ci starebbe… Ti andrebbe di provare?»
Mi aveva chiesto mentre ero seduta su di lui, senza biancheria intima cercando di farlo eccitare strusciandomi sul suo cazzo. “Dry humping” l’aveva chiamato.
«Non lo so se me la sento…»
«Io sarei lì vicino a te e se non ti piacerà basta che me lo dici, vi fermerete subito e faremo come se niente fosse accaduto…»
Dopo pochi giorni ci eravamo trovati a casa del suo amico: bruciato l’iniziale imbarazzo, ci eravamo divertiti tutti e alla fine Dimitri era più che pronto per darsi a me.
Era stato bellissimo, come non lo era da tanto, e sentivo che ne fosse valsa la pena.
Non capivo la reale portata di ciò che avevo fatto. Avevo creato un precedente e da lì le richieste erano state sempre più grandi.
«Mi accompagni?» ma il suo sguardo si era spostato velocemente a terra.
«Lo prenderò per un no.» ovviamente il legame tra migliori amici vince sempre sulla ragazza di turno.
Mi sono girata senza aspettare e ho iniziato a camminare agitata: avevamo trovato parcheggio a circa venti minuti a piedi dallo stabilimento, accostando vicino agli alberi. Non pensavo avrei avuto troppe difficoltà a ritrovare l’auto.
Se fosse stato un cartone animato, il cuore mi sarebbe esploso fuori dalla gabbia toracica. Ma quella era la vita vera e in quel momento sentivo che stavo per perdere qualcosa di importante.
La vocina della mia coscienza aveva pronunciato un lapidario “te lo avevo detto”, si era richiusa la porta alle spalle e mi aveva lasciata lì, ad affrontare le conseguenze della mia ottusità da sola.
Arrivata al luogo del parcheggio, la macchina non era vuota.
E si muoveva.
Ho fatto ancora qualche passo, non volevo vedere ma allo stesso tempo ne avevo bisogno. Già troppe volte avevo voluto ignorare, giustificare, riempire i vuoti. Pensavo sempre a qualche errore, allo stress, al lavoro, a mille altre scuse del cazzo.
Ero io… trasandata? Non gli piacevo più? Ho iniziato a non mangiare per perdere qualche chilo, magari avrebbe aiutato… e ovviamente ho cercato sempre di interpretare e impersonare i suoi desideri, anche quelli più nascosti.
Attorno frinivano le cicale e da qualche parte si sentiva un ramo spezzarsi nella pineta. I miei passi scricchiolavano mentre procedevo lentamente verso di loro. Ero diventata una marionetta mossa a scatti dall’ansia di sapere.
Era ovvio che fossero concentrati su altro e non mi avevano sentita arrivare davanti al finestrino del guidatore.
Lei gli stava addosso, le gambe abbronzate a trattenerlo, le mani aggrappate alle sue spalle.
Lui le afferrava i fianchi e ne accompagnava i movimenti ritmici. Scopavano, sicuri che nessuno potesse vederli: dal respiro affannato e a giudicare dalla gamma di gemiti che potevo sentire, si stavano anche divertendo parecchio.
Ho fatto ancora pochi passi, sono arrivata davanti al loro finestrino.
Una parte di me, in fondo in fondo, trovava quella vista stranamente eccitante: era tutto sbagliato, dall’inizio alla fine, eppure vedere l’incastro dei loro corpi sudati aveva smosso qualcosa dentro di me.
Potevo sentire ansimare e ad ogni affondo richiamare dalle vette dell’Olimpo svariate divinità senza nome.
I seni nudi di quella ragazza oscillavano, gli occhi chiusi, concentrata, mentre il mio ragazzo era dentro di lei.
Non fossi stata tanto accecata dalla gelosia avrei trovato la scena invitante. Lei era veramente molto bella: avrei voluto allungare una mano e poterle stringere un capezzolo tra le dita… potevo quasi capire perché l’avesse scelta tra le tante alla festa.
Non posso esserne sicura, ma forse mi somigliava un po’…
«Ah, è proprio vero quindi.» sono riuscita a dire solo questo, a bassa voce, strozzata dalla cruda verità.
Non sapevo nemmeno se avesse sentito, ma non sarei rimasta a verificarlo e non lo avrei ripetuto.
Ora tutto appariva nella sua limpida precisione, tutti i frammenti traballanti del nostro rapporto si erano ricomposti a formare una realtà in cui non eravamo più “noi”, cosa che probabilmente non eravamo mai stati davvero.
Movimenti concitati dentro la macchina.
La ragazza si toglie da sopra di lui guardandomi esterrefatta.
Lui esclama «No aspetta! Ti posso spiegare!»
Lo vedo ma non lo vedo allo stesso tempo, distaccata da me stessa, mentre scende, i pantaloni abbassati che rialza velocemente, mi viene dietro, poi non so… ho solo sentito la sua mano che mi afferrava un braccio per fermarmi.
Click. Addio autocontrollo.
«Sei… un… bastardo! Quante te ne sei scopate oltre a quella?! Dio! Dio lo sapevo! Erano un mare di cazzate quelle che mi raccontavi vero?! "Non mi si alza, fatti scopare da un altro” certo certo! Troppo stress a lavoro?! E io… Un’idiota! A cercare di comprenderti, di farti rilassare… ho fatto tutto ciò che volevi! Tutto!»
Urlavo talmente tanto che tutto attorno era calato il silenzio, come se la natura stessa avesse paura e si fosse ritirata al sicuro.
Avevo acconsentito a un sacco di cose, non mi ero mai tirata indietro davanti a nulla. Non che non mi fosse piaciuto, ma non lo avrei mai fatto se non per lui.
“Perché lo hai fatto per lui… vero…? Non lo hai fatto perché ti piaceva…?” Ancora la vocina della mia coscienza che bisbiglia da dietro la porta.
In ogni caso, non era bastato… Se non c’è più l’amore, niente è sufficiente, niente serve davvero.
«Piccola calmati… mi dispiace tanto, ho sbagliato ad andare da solo. Lasciami rimediare… Vieni, sistemeremo tutto… lascia che te la presenti…»
Ho registrato nella memoria che lui ha provato a trattenermi, mi ha detto qualcos’altro, è a quel punto che devo avergli risposto sputandogli in faccia, ma non sono sicura della sequenza esatta degli eventi.
Poco importa.
Così come ho marciato verso la fine della nostra storia, sono tornata indietro, alla festa, con tutto il corpo che mi tremava.
Ed ora eccomi qui, a sperare che il mare cancelli un po’ del mio dolore.
~~~~~~~~
«Respira sì… Hey mi senti…? Come stai? Devo chiamare qualcuno?»
Una voce maschile mi riporta al tremendo presente: sembra sinceramente preoccupato, ma il mio pensiero è solo "Scappa!"
Mi alzo di scatto per vedere dov’è e allontanarmi il più in fretta che posso, ma la testa mi gira paurosamente e mi sale un mezzo conato. Perdo l’equilibrio, ripiombo sulla spiaggia: l’impatto è duro, sabbia che vola ovunque e mi finisce negli occhi accecandomi parzialmente.
Qualcosa mi arriva addosso di peso: è un cane! Mi abbaia contro ma non è cattivo, mi lecca la faccia e peggiora la situazione già tragica del mio stato: ora ho bava di cane, peli e sabbia attaccate ovunque.
«No! Teo fermo! A cuccia!» il cane si allontana, abbaiando copre delle risate femminili vicine.
«Cazzo scusa… ti abbiamo vista a terra, non ti muovevi… Teo è il mio cane, si è spaventato quando ti sei alzata di scatto e poi sei caduta… Non ti ha fatto male vero?!»
Mi porge una mano: nel buio dei miei occhi irritati non so se accettarla o meno.
«Sto bene. Mi è solo finita della sabbia negli occhi…»
«Tranquilla ora ti aiutiamo noi… Ti portiamo a sciacquarti la faccia, vuoi?
Tentenno.
«Non è decisamente la mia serata questa… » Borbotto. Mi sento la sabbia che scricchiola persino sotto i denti e mi si rompe qualcosa dentro, inizio a piangere come un’imbecille. Siamo a posto. La collezione delle figure di merda che potevo fare stasera è completa.
«Okay, sfogati un po’…
La mia amica Penny intanto ti andrà a comprare una bottiglietta d’acqua naturale… Anzi due. Bevi un po’ e ti lavi la faccia qui, okay? Tranquilla.»
Dopo aver pianto per almeno mezz’ora ed essermi lavata la faccia, finalmente riesco a vedere chi sono queste persone: due ragazze e un ragazzo, più ovviamente il cane Teo, ora molto bravo ed educato. Mi guarda con il muso sporco anche lui di sabbia e due occhi comprensivi e dolci. Mi viene voglia di abbracciarlo ed affondare il viso nel suo pelo ispido.
«Grazie…» per la verità se loro non si fossero avvicinati, mi sarei rialzata con i miei tempi e avrei raggiunto di nuovo le mie amiche, che di sicuro mi stavano cercando ovunque. Ma lì per lì non mi viene in mente niente di meglio da fare, se non ringraziare.
«Io sono Enea, questa è Penny e lei è Meddy. Hai già conosciuto Teo, naturalmente… Scusa ancora per prima…»
Mi aiuta ad alzarmi e mi squadra con uno sguardo abbastanza storto: devo avere un aspetto ripugnante.
«Sei con qualcuno? Ti è successo qualcosa… di male…?»
«Mi sono solo mollata con il mio ragazzo… Mi ha messo le corna… Ero abbastanza sconvolta, ma ora sto un po’ meglio...»
«Meno male che è solo questo…!» è una delle due ragazze a parlare, ora mi sfugge il nome, sorride guardando prima l’amica e poi me.
Non so cosa dire… «Vi offro da bere se volete, per ringraziarvi dell’aiuto… In più le mie amiche ormai mi staranno cercando…» Mi volto verso il bar, pensando che ormai la notizia si sia estesa a macchia d’olio. Mi sembra così lontano, un altro mondo.
«Ma no figurati, abbiamo fatto il minimo… Anzi, il mio cane ti ha quasi accecata in modo permanente con tutta quella sabbia!»
Scoppiamo tutti a ridere e il cane Teo abbaia a suggellare quel momento di distensione.
«Sentite… Io ho fame, vi va di mangiare qualcosa?»
Andiamo verso il bar e ordiniamo patatine e toast per tutti.
Si chiacchiera del più e del meno, parlando a turno delle disavventure di corna vissute o messe da questi estranei a qualcun altro.
Quando abbiamo finito, mi alzo per andare a pagare.
Mi raggiunge poco dopo Enea: «Sai, mi stai simpatica Cally. Sei una forte. Ho deciso di farti un piccolo favore: io faccio una cosa per te… E poi, se sarai soddisfatta, tu ne farai una per me…»
Continua, forse.
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