La storia di Marco
di
Alpha Master
genere
corna
LA VENDETTA E' UN PIATTO DA GUSTARE ALLA TEMPERATURA DELLO SPERMA
Parte 1
Io sono Marco, e come molti uomini ho fatto una cazzata, una sola ma che poteva rovinarmi la vita e farmi perdere Manuela, mia moglie. E' finita diversamente, ma la storia la dovete leggere finno in fondo. Abbiamo entrambi trent'anni, e siamo sposati da ben dieci dato che ci siamo conosciuti giovanissimi e dopo soli due anni di fidanzamento abbiamo deciso che eravamo perfetti come coppia. Sono un bell'uomo, faccio palestra e calcetto e fisicamente sono messo bene, e mia moglie è anche lei uno schianto grazie alla palestra e alla cura di se. Mora con gli occhi verdi, magra, terza di seno, culo perfetto, gambe che (citando il film "una pallottola spuntata") avresti leccato e ciucciato un giorno intero.
Eppure l'ho tradita, mi feci l'amante: una collega di ventiquattro anni carina ma che non aveva niente di meglio di mia moglie, solo che è bionda e gli uomini se una bionda gli mette la figa sotto il naso hanno difficoltà a dire di no. Io non l'ho detto e ci scopai, una sveltina contro la parete del bagno dell'ufficio, solo che mi sono fatto beccare come un coglione. Oddio, poi non è stata neanche tanto colpa mia farmi beccare. Cominciò tutto una sera quando mia moglie tornò dalla palestra.
"Marco, voglio il divorzio!" sono state le parole che mi disse entrando e contemporaneamente tirandomi contro la borsa della roba usata per allenarsi. Se gli occhi potessero emettere fiamme sicuramente sarei morto incenerito, era inviperita. "Aspetta, ma cosa dici amore? Non ti seguo, perché vuoi il divorzio?" balbettai con un certo sudore freddo dato che sapevo di avere la coscienza sporca. Lei ruggì "NON CHIAMARMI AMORE, STRONZO DI MERDA!". Riprendendo fiato riuscì ad abbassare il tono, ma non tanto: "Indovina in che palestra va la biondina troietta che lavora con te, stronzo?" - Stavo ovviamente sprofondando ma seguivo la regola aurea: negare sempre, anche davanti all'evidenza: "non capisco di cosa parli, intendi la Lucia? Che cazzo ne so di dove va, ma soprattutto chi se ne frega! Calmati, io non capisco!" - E niente, invece stavo capendo benissimo! Come cazzo facevo ora a uscirne? Lei invece non si calmò neanche un po'. "Io non avevo idea che fosse la tua collega che si allenava li, ma tra donne una confidenza tira l'altra mi ha detto che si era scopata uno a lavoro con lei. Me lo ha descritto e mi ha cominciato a bollire il sangue, poi le ho chiesto il nome, e mi ha spiattellato che si chiama Marco." - Niente, ero fottuto, ormai lo avevo capito, ma lei non aveva finito. "Le ho chiesto dove lavorava, e guarda caso lavora proprio con te. Aveva anche la tua foto sul telefono! TI SEI SCOPATO LA COLLEGA, BASTARDO!".
Il mondo mi era crollato addosso, e mentire non aveva più alcun senso. Stavo piangendo e non era per fare scena, le lacrime mi colavano sulle guance come se fossi tornato bambino: "E' vero, perdonami" dissi "è stata solo una volta, una sbandata di cui già ero pentito e che già avevo deciso di non ripetere. Io ti am..." – Lei non pareva affatto calmata dalla mia ammissione, e mi interruppe senza lasciarmi finire l'ultima parola "NON DIRE CHE MI AMI, stronzo. Non provarci. Voglio il divorzio, vattene di casa!" - Avevo distrutto tutto, la vita con lei che avevo progettato di condividere fino alla morte era svanita per aver messo il cazzo in quella fighetta bagnata. "Farò qualsiasi cosa per farmi perdonare, dammi una possibilità!" dissi con la voce che mi restava, e non era molta. Sentivo il cuore battere con forza nel petto, e mi pareva che mi stesse venendo un infarto. Mia moglie, l'adorabile moglie che avevo, non voleva più essere parte della mia vita. Mi tirò addosso una valigia e mi disse "mettici dentro un po' di roba e vattene, e intendo ADESSO." Non mi restava che chinare il capo e mettere i cocci della mia vita in quella Samsonite e andarmene. Lo feci, senza dire un'altra parola e continuando a piangere, ma dalla porta le dissi di nuovo "Dammi una possibilità, farò qualsiasi cosa. Ti prego!". La porta che mi sbatté in faccia fu la sua risposta.
Trovai un albergo, le mandai un messaggio su whatsapp per dirle dove stavo e mi preparai per la notte. La mattina dopo trovai una risposta laconica sull'app: "Non è vero che faresti qualsiasi cosa per tornare, non ti credo". Non mi aveva bloccato, era già qualcosa... provai a rispondere "Mettimi alla prova, allora". Visualizzò ma non rispose. Al lavoro fu una giornata di merda, pesante sia per il mio morale sotto le scarpe sia perché lavoravo gomito a gomito con Lucia, con la quale avevo chiarito fin da appena entrato che era finita per sempre, mai più la avrei toccata neanche con un dito. Continuai a guardare il telefono, ma per due giorni non arrivarono ne telefonate ne risposte. Pensavo di aver perso qualsiasi possibilità e stavo pensando a come sistemarmi per non vivere in albergo per sempre, quando arrivò un messaggio da Manuela: "Alle mie condizioni!" - Non potevo crederci, sarei stato disposto a qualsiasi cosa, anche se non immaginavo cosa mi stava per arrivare tra capo e collo. "Dimmele!" le scrissi, una sola parola, per me carica di dolore e speranza. "Vieni domani sera a cena e te le dico. Lascia la roba in albergo perché finita la cena te ne andrai."
Altre ore passate all'inferno, torturandomi tra dolore e rimpianti, pensando a quanto ero stato stupido. Un intero giorno di lavoro passato a masticare amaro. Non sapevo come presentarmi da lei, pensavo che qualsiasi cosa portassi, dicessi o facessi avrebbe peggiorato le cose, e alla fine decisi di portarle dei fiori, sapevo che le piacevano le rose, ma non era il caso, scelsi dei giacinti viola che nel linguaggio dei fiori significa "ho sbagliato, perdonami". Mi parevano inadeguati, ma non volevo presentarmi a mani vuote. Arrivai a casa, ex casa mia? Casa sua? Casa nostra? Non sapevo cosa pensare, ma ci arrivai, e suonai il campanello e mi aprì Manuela. Non era la mia Manuela, la persona sorridente, solare e allegra. Era una donna triste e vestita di nero, che mi stringeva il cuore a vederla. Le porsi i fiori e lei senza neanche guardarli li buttò nella pattumiera entrando in cucina, ma non mi fece così male, direi che me lo aspettavo, era lei che mi aveva insegnato il significato dei fiori, il "linguaggio dei fiori", e quello era il suo modo di dire "non so che farmene delle tue scuse".
Per cena c'erano cibi pronti scongelati al microonde, e mi aspettavo anche quello. Non avrei mai neanche pensato che si sarebbe messa a preparare qualcosa con amore, ma era comunque un punto a cui 12 ore prima neanche avrei sperato di arrivare. Temevo di avere notizie dall'avvocato, senza neanche più sentirla.
Seduti stavamo aspettando entrambi a mangiare, io sapevo che ero li per sentire cosa aveva da dirmi, e lei non credeva al mio pentimento, quindi eravamo in uno stallo, ma fu lei a uscirne: "Hai detto che farai qualsiasi cosa per dimostrarmi che vuoi essere perdonato, ma non ti credo. A questo punto io voglio pareggiare i conti, ma a modo mio," - Mi guardò inespressiva, e quella espressione vuota mi faceva più male dell'odio. "Punto primo, non saremo MAI pari. Tu sarai in torto e in debito per sempre." - volevo replicare ma era chiarissimo che non aveva finito, quindi mi limitai a tacere. - "Punto secondo, anche io mi scoperò qualcuno, troverò chi voglio io, ma non me lo farò di nascosto in un bagno come fanno i conigli, no." - Si fermò e mi guardò con uno sguardo gelido: "Scoperò nel mio letto, qui a casa." - Ecco, questo faceva malissimo, ma comunque pur inghiottendo amaro annuii, con nuovamente gli occhi gonfi per le lacrime che non volevo far uscire, ma non aveva finito. - "E non lo farò di nascosto, no." - avevo ormai la bocca secca, ma parlai lo stesso: "Vuoi dire che io saprò quando sarà? Dovrò lasciarti casa disponibile?"
Ecco, fu QUESTO il momento esatto in cui mi fece davvero male, MALISSIMO. Sorrise di un sorriso cattivo e disse "Oh, no, assolutamente! Tu dovrai essere a casa, in camera con noi, seduto su una sedia, non parlare mai, non emettere un singolo verso, neanche un lieve singhiozzo... " sospese la cosa per digrignare i denti: "e guardare tutto. Farò in modo che tu ti goda ogni istante delle corna che ti metterò. Vedrai ogni movimento, ogni sussulto delle mie mammelle sotto le sue spinte, sentirai ogni gemito di estasi, sentirai l'odore di femmina eccitata e l'odore di sperma, tutto." - Mi sentivo schiacciato, era come se mi avesse sparato, ma doveva ancora tirare l'ultimo colpo del suo caricatore. "E starai nudo a guardarci. Voglio che lo stallone che mi monta veda tutto di te come di me!" - Il suo sguardo era l'espressione del pitone che fissa il coniglietto. Io ero il coniglietto. Finii il trancio di salmone "al microonde", con lo sguardo basso mentre lei aspettava, poi le chiesi: "E' tutto?" - Lei si limitò ad annuire. Le parole mi bruciavano la bocca come vomito acido, ma dissi comunque "Va bene, se questa è la forca caudina da cui deve passare il vinto, ci passerò". Mi indicò la porta e mi disse solo "Ti farò sapere quando dovrai venire a casa a goderti le tue corna.
Parte 1
Io sono Marco, e come molti uomini ho fatto una cazzata, una sola ma che poteva rovinarmi la vita e farmi perdere Manuela, mia moglie. E' finita diversamente, ma la storia la dovete leggere finno in fondo. Abbiamo entrambi trent'anni, e siamo sposati da ben dieci dato che ci siamo conosciuti giovanissimi e dopo soli due anni di fidanzamento abbiamo deciso che eravamo perfetti come coppia. Sono un bell'uomo, faccio palestra e calcetto e fisicamente sono messo bene, e mia moglie è anche lei uno schianto grazie alla palestra e alla cura di se. Mora con gli occhi verdi, magra, terza di seno, culo perfetto, gambe che (citando il film "una pallottola spuntata") avresti leccato e ciucciato un giorno intero.
Eppure l'ho tradita, mi feci l'amante: una collega di ventiquattro anni carina ma che non aveva niente di meglio di mia moglie, solo che è bionda e gli uomini se una bionda gli mette la figa sotto il naso hanno difficoltà a dire di no. Io non l'ho detto e ci scopai, una sveltina contro la parete del bagno dell'ufficio, solo che mi sono fatto beccare come un coglione. Oddio, poi non è stata neanche tanto colpa mia farmi beccare. Cominciò tutto una sera quando mia moglie tornò dalla palestra.
"Marco, voglio il divorzio!" sono state le parole che mi disse entrando e contemporaneamente tirandomi contro la borsa della roba usata per allenarsi. Se gli occhi potessero emettere fiamme sicuramente sarei morto incenerito, era inviperita. "Aspetta, ma cosa dici amore? Non ti seguo, perché vuoi il divorzio?" balbettai con un certo sudore freddo dato che sapevo di avere la coscienza sporca. Lei ruggì "NON CHIAMARMI AMORE, STRONZO DI MERDA!". Riprendendo fiato riuscì ad abbassare il tono, ma non tanto: "Indovina in che palestra va la biondina troietta che lavora con te, stronzo?" - Stavo ovviamente sprofondando ma seguivo la regola aurea: negare sempre, anche davanti all'evidenza: "non capisco di cosa parli, intendi la Lucia? Che cazzo ne so di dove va, ma soprattutto chi se ne frega! Calmati, io non capisco!" - E niente, invece stavo capendo benissimo! Come cazzo facevo ora a uscirne? Lei invece non si calmò neanche un po'. "Io non avevo idea che fosse la tua collega che si allenava li, ma tra donne una confidenza tira l'altra mi ha detto che si era scopata uno a lavoro con lei. Me lo ha descritto e mi ha cominciato a bollire il sangue, poi le ho chiesto il nome, e mi ha spiattellato che si chiama Marco." - Niente, ero fottuto, ormai lo avevo capito, ma lei non aveva finito. "Le ho chiesto dove lavorava, e guarda caso lavora proprio con te. Aveva anche la tua foto sul telefono! TI SEI SCOPATO LA COLLEGA, BASTARDO!".
Il mondo mi era crollato addosso, e mentire non aveva più alcun senso. Stavo piangendo e non era per fare scena, le lacrime mi colavano sulle guance come se fossi tornato bambino: "E' vero, perdonami" dissi "è stata solo una volta, una sbandata di cui già ero pentito e che già avevo deciso di non ripetere. Io ti am..." – Lei non pareva affatto calmata dalla mia ammissione, e mi interruppe senza lasciarmi finire l'ultima parola "NON DIRE CHE MI AMI, stronzo. Non provarci. Voglio il divorzio, vattene di casa!" - Avevo distrutto tutto, la vita con lei che avevo progettato di condividere fino alla morte era svanita per aver messo il cazzo in quella fighetta bagnata. "Farò qualsiasi cosa per farmi perdonare, dammi una possibilità!" dissi con la voce che mi restava, e non era molta. Sentivo il cuore battere con forza nel petto, e mi pareva che mi stesse venendo un infarto. Mia moglie, l'adorabile moglie che avevo, non voleva più essere parte della mia vita. Mi tirò addosso una valigia e mi disse "mettici dentro un po' di roba e vattene, e intendo ADESSO." Non mi restava che chinare il capo e mettere i cocci della mia vita in quella Samsonite e andarmene. Lo feci, senza dire un'altra parola e continuando a piangere, ma dalla porta le dissi di nuovo "Dammi una possibilità, farò qualsiasi cosa. Ti prego!". La porta che mi sbatté in faccia fu la sua risposta.
Trovai un albergo, le mandai un messaggio su whatsapp per dirle dove stavo e mi preparai per la notte. La mattina dopo trovai una risposta laconica sull'app: "Non è vero che faresti qualsiasi cosa per tornare, non ti credo". Non mi aveva bloccato, era già qualcosa... provai a rispondere "Mettimi alla prova, allora". Visualizzò ma non rispose. Al lavoro fu una giornata di merda, pesante sia per il mio morale sotto le scarpe sia perché lavoravo gomito a gomito con Lucia, con la quale avevo chiarito fin da appena entrato che era finita per sempre, mai più la avrei toccata neanche con un dito. Continuai a guardare il telefono, ma per due giorni non arrivarono ne telefonate ne risposte. Pensavo di aver perso qualsiasi possibilità e stavo pensando a come sistemarmi per non vivere in albergo per sempre, quando arrivò un messaggio da Manuela: "Alle mie condizioni!" - Non potevo crederci, sarei stato disposto a qualsiasi cosa, anche se non immaginavo cosa mi stava per arrivare tra capo e collo. "Dimmele!" le scrissi, una sola parola, per me carica di dolore e speranza. "Vieni domani sera a cena e te le dico. Lascia la roba in albergo perché finita la cena te ne andrai."
Altre ore passate all'inferno, torturandomi tra dolore e rimpianti, pensando a quanto ero stato stupido. Un intero giorno di lavoro passato a masticare amaro. Non sapevo come presentarmi da lei, pensavo che qualsiasi cosa portassi, dicessi o facessi avrebbe peggiorato le cose, e alla fine decisi di portarle dei fiori, sapevo che le piacevano le rose, ma non era il caso, scelsi dei giacinti viola che nel linguaggio dei fiori significa "ho sbagliato, perdonami". Mi parevano inadeguati, ma non volevo presentarmi a mani vuote. Arrivai a casa, ex casa mia? Casa sua? Casa nostra? Non sapevo cosa pensare, ma ci arrivai, e suonai il campanello e mi aprì Manuela. Non era la mia Manuela, la persona sorridente, solare e allegra. Era una donna triste e vestita di nero, che mi stringeva il cuore a vederla. Le porsi i fiori e lei senza neanche guardarli li buttò nella pattumiera entrando in cucina, ma non mi fece così male, direi che me lo aspettavo, era lei che mi aveva insegnato il significato dei fiori, il "linguaggio dei fiori", e quello era il suo modo di dire "non so che farmene delle tue scuse".
Per cena c'erano cibi pronti scongelati al microonde, e mi aspettavo anche quello. Non avrei mai neanche pensato che si sarebbe messa a preparare qualcosa con amore, ma era comunque un punto a cui 12 ore prima neanche avrei sperato di arrivare. Temevo di avere notizie dall'avvocato, senza neanche più sentirla.
Seduti stavamo aspettando entrambi a mangiare, io sapevo che ero li per sentire cosa aveva da dirmi, e lei non credeva al mio pentimento, quindi eravamo in uno stallo, ma fu lei a uscirne: "Hai detto che farai qualsiasi cosa per dimostrarmi che vuoi essere perdonato, ma non ti credo. A questo punto io voglio pareggiare i conti, ma a modo mio," - Mi guardò inespressiva, e quella espressione vuota mi faceva più male dell'odio. "Punto primo, non saremo MAI pari. Tu sarai in torto e in debito per sempre." - volevo replicare ma era chiarissimo che non aveva finito, quindi mi limitai a tacere. - "Punto secondo, anche io mi scoperò qualcuno, troverò chi voglio io, ma non me lo farò di nascosto in un bagno come fanno i conigli, no." - Si fermò e mi guardò con uno sguardo gelido: "Scoperò nel mio letto, qui a casa." - Ecco, questo faceva malissimo, ma comunque pur inghiottendo amaro annuii, con nuovamente gli occhi gonfi per le lacrime che non volevo far uscire, ma non aveva finito. - "E non lo farò di nascosto, no." - avevo ormai la bocca secca, ma parlai lo stesso: "Vuoi dire che io saprò quando sarà? Dovrò lasciarti casa disponibile?"
Ecco, fu QUESTO il momento esatto in cui mi fece davvero male, MALISSIMO. Sorrise di un sorriso cattivo e disse "Oh, no, assolutamente! Tu dovrai essere a casa, in camera con noi, seduto su una sedia, non parlare mai, non emettere un singolo verso, neanche un lieve singhiozzo... " sospese la cosa per digrignare i denti: "e guardare tutto. Farò in modo che tu ti goda ogni istante delle corna che ti metterò. Vedrai ogni movimento, ogni sussulto delle mie mammelle sotto le sue spinte, sentirai ogni gemito di estasi, sentirai l'odore di femmina eccitata e l'odore di sperma, tutto." - Mi sentivo schiacciato, era come se mi avesse sparato, ma doveva ancora tirare l'ultimo colpo del suo caricatore. "E starai nudo a guardarci. Voglio che lo stallone che mi monta veda tutto di te come di me!" - Il suo sguardo era l'espressione del pitone che fissa il coniglietto. Io ero il coniglietto. Finii il trancio di salmone "al microonde", con lo sguardo basso mentre lei aspettava, poi le chiesi: "E' tutto?" - Lei si limitò ad annuire. Le parole mi bruciavano la bocca come vomito acido, ma dissi comunque "Va bene, se questa è la forca caudina da cui deve passare il vinto, ci passerò". Mi indicò la porta e mi disse solo "Ti farò sapere quando dovrai venire a casa a goderti le tue corna.
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