Storia di tutti noi 4 - fine?
di
Lostmyself
genere
sentimentali
“Qui i sogni sono in prestito dolcezza, e appartengono tutti a me…” afferma piano la figura appena entrata.
Non riesco a capire se sia una donna o un uomo: avvolta fittamente dal fumo nero di cui erano fatti, prima di umanizzarsi, anche Desiderio e Ricordo, la figura nera parla attraverso una voce che sembra registrata su un vecchio nastro e risulta rovinata, lontana.
Ad ogni passo che fa verso il letto, il fumo si dirada, spinto via dal vento sempre più forte che entra dalla finestra.
Il temporale sta per scoppiare, lo sento: il vento soffia sempre più forte, le cime degli alberi si piegano paurosamente, in strada corrono sirene di ambulanze in emergenza.
Si definiscono un po’ alla volta lunghi ricci scuri che scendono lungo la schiena: ne incorniciano il volto perfettamente glabro, sollevati dal vento delicati e morbidi, folte sopracciglia nere, una grande bocca carnosa.
La corporatura è tonica, muscolosa, il petto è piatto, quindi suppongo che si tratti di un uomo, ma indossa una tunica nera che gli arriva ai piedi nudi perciò è tutto quello che riesco a notare.
Desiderio e Ricordo salutano il nuovo arrivato con un cenno del capo.
“Non mi presentate? Sempre i soliti… - si schiarisce la voce - Io sono Sogno… Mi avete invitato ed ora eccomi qui… Ci ho messo un po’ scusate, ma avevo da fare da un’altra parte.
Mi spiace interrompere la vostra deliziosa festicciola, mi dovete lasciare il tempo di parlare con lei. Ora, via.”
Schiocca le lunghe dita smaltate di nero e i due si separano da me lasciandomi tutta scomposta, mi scalzano senza troppi complimenti.
“Te lo avevamo detto di fare attenzione a cosa chiamavi…” mi danno un bacio dolce sulle guance e svaniscono in un fumo nero che vola verso l’alto e viene spazzato via dalla tempesta in arrivo.
“Non ci sto capendo più niente… doveva essere il mio sogno… almeno un orgasmo me lo meritavo! Cazzo…” m’inginocchio incazzata e cerco di coprirmi alla meno peggio: non fosse per il dolore e per la voglia pazzesca che ancora sento, penserei di essermi immaginata tutto.
“Come ti ho già detto, i sogni qui sono solo in prestito… e no piccola, non ti sei immaginata niente. - anche Sogno ora legge nella mia testa! Ottimo! - È arrivata l’ora di andare adesso…”
“Andare dove? Di cosa stai parlando?” Un pugnale di ghiaccio mi si è piantato nel cuore.
“Non possiamo rimanere troppo a lungo… ti stavi divertendo molto, lo capisco… ma sai bene cosa succede se rimani troppo tempo qui.” Il suo sguardo si posa sul mio petto nudo, scende sui seni e tra le cosce.
Gli tendo una mano lasciando scoperti i seni. “Vuoi venire tu…? L’hanno lasciata bagnatissima e pronta…” dico con una voce che suona alle mie stesse orecchie come proveniente da una registrazione rovinata e lontana.
Inchiodo i miei occhi nei suoi: un lampo illumina a giorno la stanza, è troppo poco il tempo per notarli, riflessi sullo specchietto del comò, ma i miei occhi sono diventati completamente neri.
Con l’altra mano scendo a toccarmi, in poco tempo sono di nuovo sul filo dell’orgasmo.
Muovo le dita velocemente, penetrando nella carne, toccandola, sempre più forte.
Tendo sempre una mano verso di lui sperando che si unisca a me, ma non c’è più tempo: lui si limita a guardarmi mentre il respiro si fa più veloce, stringo le cosce intorno alla mia mano, alle dita che si muovono, la salivazione aumenta e il piacere mi trafigge da capo a piedi.
Chiudo gli occhi.
“Oh si… Sogno… vieni, vieni anche tu… sto venendo…” e alla fine quando l’orgasmo finalmente mi scuote con le ultime scariche elettriche, mi sciolgo stendendomi sul letto ancora ad occhi chiusi.
“Respira profondamente, così… brava…” dice Sogno, avvicinatosi al corpo della giovane ora addormentata. Felice, soddisfatta, appagata finalmente. Libera.
“È stato uno spettacolo guardarla godere, non credi?” dice un’altra figura ora in piedi accanto a lui, con una tunica simile alla sua.
Si porta le dita di una mano alla bocca e le succhia come se le avesse intinte in un vaso di miele.
“La prossima volta però fatti i cazzi tuoi e lasciami divertire fino infondo…” riprende la figura gemella di Sogno.
“Incubo… se ti avessi lasciato fare, lei si sarebbe svegliata con tutti i ricordi sbagliati in testa… e tu non avresti avuto nemmeno questo. Quindi ringrazia che te la sei in qualche modo goduta e non rompere i coglioni.” Risponde Sogno in tono severo.
“Tutto cambia così in fretta per loro: sono foglioline attaccate al grande albero della vita.
Quante volte, ripensando alla breve esistenza di questi piccoli umani, riusciamo a delineare in modo preciso i momenti che hanno contribuito a scolpire la loro vita? Sono sempre le stesse cose, nel corso di una storia più grande, che va avanti da secoli, che si ripete uguale a se stessa, solo… in luoghi e con vestiti di foggia differente.
Gioie, sofferenze, speranze, malattie, vittorie e tradimenti, traumi vari, un accendersi e spegnersi intermittente di vita e morte, legati insieme dal collante dei sogni, delle pulsioni profonde dell’inconscio, dei desideri nascosti, delle paure più oscure e fameliche.
Potevi spingerla sull’orlo del baratro…”
Sogno fa la ramanzina a Incubo.
“Farò più attenzione la prossima volta, d’accordo” taglia corto lui sbuffando.
“Ora andiamo, abbiamo molte cose da fare. Ti sei dilungato già troppo.
Ma che cazzo avevi in mente, metterglielo in culo così…” riprende Sogno in tono conciliante e divertito, certo che il fratello abbia afferrato la lezione.
Le due figure escono dalla stanza parlottando animatamente.
All’uscita del Luogo delle Partenze e degli Arrivi c’è sempre un treno che attende e loro prenderanno il prossimo.
Fuori intanto il temporale è scoppiato, la pioggia cade feroce sulla città, invadendo con qualche goccia la stanza della ragazza.
La temperatura è scesa e lei si è avvoltolata in qualche modo con un lenzuolo: tra qualche ora si sveglierà completamente nuda, ancora un po’ bagnata tra le gambe e con il ricordo di uno strano sogno che si sgretolerà man mano che il sole si farà via via più alto in cielo, lasciandole solo polvere.
“Gentili passeggeri, il vostro viaggio su questo treno sta per concludersi. Ricordiamo di raccogliere i vostri bagagli e non dimenticare niente.
Grazie per averci scelto per il vostro viaggio.
Vi raccomandiamo prudenza nella discesa.
Arrivederci!”
Il messaggio pronunciato con voce robotica si spegne nel giro di poco.
Il treno continua a viaggiare, sono migliaia di anni ormai: abbiamo visto passare tante stazioni, abbiamo sentito ripetere decine di volte questo messaggio.
Ma non ci siamo mai fermati davvero.
Questa è la storia di come stiamo procedendo nel nostro lungo viaggio, dai meandri più profondi del tempo.
Questa è la storia di tutti noi.
Non riesco a capire se sia una donna o un uomo: avvolta fittamente dal fumo nero di cui erano fatti, prima di umanizzarsi, anche Desiderio e Ricordo, la figura nera parla attraverso una voce che sembra registrata su un vecchio nastro e risulta rovinata, lontana.
Ad ogni passo che fa verso il letto, il fumo si dirada, spinto via dal vento sempre più forte che entra dalla finestra.
Il temporale sta per scoppiare, lo sento: il vento soffia sempre più forte, le cime degli alberi si piegano paurosamente, in strada corrono sirene di ambulanze in emergenza.
Si definiscono un po’ alla volta lunghi ricci scuri che scendono lungo la schiena: ne incorniciano il volto perfettamente glabro, sollevati dal vento delicati e morbidi, folte sopracciglia nere, una grande bocca carnosa.
La corporatura è tonica, muscolosa, il petto è piatto, quindi suppongo che si tratti di un uomo, ma indossa una tunica nera che gli arriva ai piedi nudi perciò è tutto quello che riesco a notare.
Desiderio e Ricordo salutano il nuovo arrivato con un cenno del capo.
“Non mi presentate? Sempre i soliti… - si schiarisce la voce - Io sono Sogno… Mi avete invitato ed ora eccomi qui… Ci ho messo un po’ scusate, ma avevo da fare da un’altra parte.
Mi spiace interrompere la vostra deliziosa festicciola, mi dovete lasciare il tempo di parlare con lei. Ora, via.”
Schiocca le lunghe dita smaltate di nero e i due si separano da me lasciandomi tutta scomposta, mi scalzano senza troppi complimenti.
“Te lo avevamo detto di fare attenzione a cosa chiamavi…” mi danno un bacio dolce sulle guance e svaniscono in un fumo nero che vola verso l’alto e viene spazzato via dalla tempesta in arrivo.
“Non ci sto capendo più niente… doveva essere il mio sogno… almeno un orgasmo me lo meritavo! Cazzo…” m’inginocchio incazzata e cerco di coprirmi alla meno peggio: non fosse per il dolore e per la voglia pazzesca che ancora sento, penserei di essermi immaginata tutto.
“Come ti ho già detto, i sogni qui sono solo in prestito… e no piccola, non ti sei immaginata niente. - anche Sogno ora legge nella mia testa! Ottimo! - È arrivata l’ora di andare adesso…”
“Andare dove? Di cosa stai parlando?” Un pugnale di ghiaccio mi si è piantato nel cuore.
“Non possiamo rimanere troppo a lungo… ti stavi divertendo molto, lo capisco… ma sai bene cosa succede se rimani troppo tempo qui.” Il suo sguardo si posa sul mio petto nudo, scende sui seni e tra le cosce.
Gli tendo una mano lasciando scoperti i seni. “Vuoi venire tu…? L’hanno lasciata bagnatissima e pronta…” dico con una voce che suona alle mie stesse orecchie come proveniente da una registrazione rovinata e lontana.
Inchiodo i miei occhi nei suoi: un lampo illumina a giorno la stanza, è troppo poco il tempo per notarli, riflessi sullo specchietto del comò, ma i miei occhi sono diventati completamente neri.
Con l’altra mano scendo a toccarmi, in poco tempo sono di nuovo sul filo dell’orgasmo.
Muovo le dita velocemente, penetrando nella carne, toccandola, sempre più forte.
Tendo sempre una mano verso di lui sperando che si unisca a me, ma non c’è più tempo: lui si limita a guardarmi mentre il respiro si fa più veloce, stringo le cosce intorno alla mia mano, alle dita che si muovono, la salivazione aumenta e il piacere mi trafigge da capo a piedi.
Chiudo gli occhi.
“Oh si… Sogno… vieni, vieni anche tu… sto venendo…” e alla fine quando l’orgasmo finalmente mi scuote con le ultime scariche elettriche, mi sciolgo stendendomi sul letto ancora ad occhi chiusi.
“Respira profondamente, così… brava…” dice Sogno, avvicinatosi al corpo della giovane ora addormentata. Felice, soddisfatta, appagata finalmente. Libera.
“È stato uno spettacolo guardarla godere, non credi?” dice un’altra figura ora in piedi accanto a lui, con una tunica simile alla sua.
Si porta le dita di una mano alla bocca e le succhia come se le avesse intinte in un vaso di miele.
“La prossima volta però fatti i cazzi tuoi e lasciami divertire fino infondo…” riprende la figura gemella di Sogno.
“Incubo… se ti avessi lasciato fare, lei si sarebbe svegliata con tutti i ricordi sbagliati in testa… e tu non avresti avuto nemmeno questo. Quindi ringrazia che te la sei in qualche modo goduta e non rompere i coglioni.” Risponde Sogno in tono severo.
“Tutto cambia così in fretta per loro: sono foglioline attaccate al grande albero della vita.
Quante volte, ripensando alla breve esistenza di questi piccoli umani, riusciamo a delineare in modo preciso i momenti che hanno contribuito a scolpire la loro vita? Sono sempre le stesse cose, nel corso di una storia più grande, che va avanti da secoli, che si ripete uguale a se stessa, solo… in luoghi e con vestiti di foggia differente.
Gioie, sofferenze, speranze, malattie, vittorie e tradimenti, traumi vari, un accendersi e spegnersi intermittente di vita e morte, legati insieme dal collante dei sogni, delle pulsioni profonde dell’inconscio, dei desideri nascosti, delle paure più oscure e fameliche.
Potevi spingerla sull’orlo del baratro…”
Sogno fa la ramanzina a Incubo.
“Farò più attenzione la prossima volta, d’accordo” taglia corto lui sbuffando.
“Ora andiamo, abbiamo molte cose da fare. Ti sei dilungato già troppo.
Ma che cazzo avevi in mente, metterglielo in culo così…” riprende Sogno in tono conciliante e divertito, certo che il fratello abbia afferrato la lezione.
Le due figure escono dalla stanza parlottando animatamente.
All’uscita del Luogo delle Partenze e degli Arrivi c’è sempre un treno che attende e loro prenderanno il prossimo.
Fuori intanto il temporale è scoppiato, la pioggia cade feroce sulla città, invadendo con qualche goccia la stanza della ragazza.
La temperatura è scesa e lei si è avvoltolata in qualche modo con un lenzuolo: tra qualche ora si sveglierà completamente nuda, ancora un po’ bagnata tra le gambe e con il ricordo di uno strano sogno che si sgretolerà man mano che il sole si farà via via più alto in cielo, lasciandole solo polvere.
“Gentili passeggeri, il vostro viaggio su questo treno sta per concludersi. Ricordiamo di raccogliere i vostri bagagli e non dimenticare niente.
Grazie per averci scelto per il vostro viaggio.
Vi raccomandiamo prudenza nella discesa.
Arrivederci!”
Il messaggio pronunciato con voce robotica si spegne nel giro di poco.
Il treno continua a viaggiare, sono migliaia di anni ormai: abbiamo visto passare tante stazioni, abbiamo sentito ripetere decine di volte questo messaggio.
Ma non ci siamo mai fermati davvero.
Questa è la storia di come stiamo procedendo nel nostro lungo viaggio, dai meandri più profondi del tempo.
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