L'amore tossico
di
Bernardo GUY
genere
tradimenti
Leonardo:
Venivo a vederti tutte le volte che potevo, quando ti preparavi per un saggio; o insieme alle altre ballerine, preparavate una coreografia per qualche spettacolo. Non ti disturbavo, stavo in parte incollato alla parete e con gli occhi fissi su ogni tuo movimento, su ogni tuo passo. Eravamo 'insieme', come si diceva a quei tempi, da un anno, e ora che ne avevamo 18 , tutte le aspettative sognate, i cambiamenti, perché maggiorenni, si erano limitati al fatto: che potevamo votare e prendere la patente. Il resto era immutato, il solito motorino senza miscela, la tua bicicletta senza parafanghi e senza freni, la scuola, tu la danza, io il calcio. Fantasticavamo che una volta diciottenni, tutto non sarebbe stato più come prima: proiettati in un viaggio tipo quello del 21 luglio 1969, l'Apollo 11 con Armstrong e Aldrin che sbarcano sulla Luna. In realtà in quell'anno tante cose accaddero, ma la direzione era completamente opposta, siamo scesi negli inferi della terra. Non c'era cosa più soave, comunque, di veder muovere, con eleganza e grazia, quel tuo corpo armonico e sensuale. Ti adoravo così tanto, con una passione pura e trasparente, integerrima, come solo gli amori giovanili sanno essere.
Alice:
Quando uscivo dallo spogliatoio, la prima cosa che facevo era guardare se c'eri, quel posto vicino alla parete dove cercavi quasi di scomparire. Ti vedevo, cercavo i tuoi occhi, volevo sentire la tua forza, il tuo incitamento. Eri così importante per me, che non riuscivo a dirtelo, e ti corrucciavi aspettando il mio sì, per fare l'amore per la prima volta, però, assecondavi le mie ansie e le mie paure, cercando di capirmi. Anche per me era difficile, in molte serate, dopo esserci baciati a lungo, tornavo a casa con il corpo scosso da leggere palpitazioni, e arrossendo mi cambiavo le mutandine subito, perché bagnate di tentazione e voglia. Quella sera che ti ho baciato lì sotto è stato bellissimo, mi deliziava, mi faceva eccitare, e vedere che a te piaceva, aumentava il mio desiderio, ma non sai quanto mi sono vergognata con me stessa, il giorno dopo, come se avessi commesso l'azione più impura e immorale del mondo.
Voce narrante:
Poi è arrivata la 'prima volta', come a coronamento di un amore immacolato, incontaminato come neve, appena caduta. La notte di ferragosto i fuochi artificiali delineavano fontanelle iridescenti di luci e colori, ma Leonardo e Alice, pieni di dubbi e timori giocavano desiderosi e frenatici con i loro corpi eccitati, erano così vicini da sembrar essere una cosa sola. Le loro mani esploravano lembi di pelle già noti, ma quando la bramosia e la smania sono arrivate al punto massimo, lui, delicato e premuroso, ha penetrato la sua giovane e innocente passerina, quasi in apprensione, ha iniziato a muoversi dentro lei con il suo pene duro, saturo di desiderio. Lei ansimava, aspettandosi con paura il dolore per la rottura dell'imen; lui, temendo di farle male spingeva lento, ma quando il delirio del passione gli ha fatto sentire che le loro membrane si erano fuse, ha iniziato a pompare più forte, e le loro ansie sono diventati rantoli di beatitudine, e lamenti di godimento. Poi ai sussulti del corpo di Alice, Leonardo ha sfilato il pene e socchiudendo gli occhi per l'orgasmo in arrivo, e gli è venuto sul pancino. Alice non aveva sentito alcun male, anzi il respiro ancora vacillava ed il suo cuore stentava a ristabilire un battito normale. Ha controllato con una mano e si è accorta che il suoi liquidi erano rosati, tinti da un po' di sangue. Aveva perso la verginità.
Alice:
Non vedo l'ora di rifarlo, è stato meraviglioso, una sensazione di riempimento, ti sentivo muoverti, amore mio, e mi hai fatto godere, credo..
Leonardo:
E' stato tutto così strano, avevo paura di farti male, ma il tuo corpo caldo e quel buchetto umido mi hanno fatto impazzire. Sono venuto troppo presto? Ti è piaciuto?
Alice:
Oggi ultimo allenamento, domani la grande prova. Se gli osservatori mi selezioneranno, andrò a fare un provino alla Scala di Milano, sarebbe un sogno. Sono in forma, sono pronta, mi sento bene; l'unica mia potenziale avversaria per quel posto è quella stronza di Cristina. Sono due settimane che mi parla alle spalle e non mi saluta, ma sono determinata e sicura di vincere.
Voce narrante:
Appena termino l'allenamento, andando in doccia le ciabatte di Alice sono slittate sulle piastrelle umide dei bagni, ha sentito un 'crac', il suo ginocchio si è frantumato. Mentre, Nicola, il suo tecnico la accompagnava in ospedale, Alice continuava a gridare dal dolore e diceva: «E' stata Cristina, ne sono certa, c'era dello shampoo diluito fuori dalle docce, per terra; non era solo acqua, quando sono caduta ho sentito il profumo, è ancora sulla mia pelle, è stata lei...». L'esito brutalmente diceva: distorsione al ginocchio con lesione del legamento collaterale laterale; riposo, fisioterapia e soltanto dopo la valutazione, una possibile un'operazione in laparoscopia per la riduzione del danno. Alice ha pianto tutte le lacrime che aveva. Per i forti dolori le hanno prescritto dell'ossicodone. La 'zolla di terra' della sua vita si è staccata dal crostone della montagna.
Leonardo:
Ti sento distante, tra stampelle, fisioterapia e l'università appena iniziata, non hai più tempo per me, e io ci sto male, mi manchi. So che stai soffrendo tanto, ma io sono sempre con te.
Alice:
Quella bastarda di Cristina ha rovinato la mia vita, niente danza, sto recuperando ma non riuscirò mai a tornare ai livelli di prima, ho un male al ginocchio che tengo a bada solo con gli antidolorifici. Ne sto prendendo troppi, molti di più di quelli consigliati dal medico. In questo periodo ho te e l'università. Ieri per la decima volta abbiamo fatto l'amore, è stato devastante, adoro il tuo corpo e tutto quello che mi fai provare. Sono ossessionata dal tuo pisello, non te lo dirò mai, ma è così, lo vorrei sempre in bocca. Spesso ci penso a quanto sono porca, ma a te farei tutto, ti amo. P.S: Mi piace anche il sapore del tuo bianco liqui.. /che vergogna). Prendo troppi antidolorifici. La 'zolla di terra' della mia vita, scende da un terrapieno poco inclinato.
Leonardo:
Ieri sera ho fatto l'amore con te, è stato intenso, adoro quando le tue labbra mi baciano 'lì', e tu ti dimentichi del tempo e continui, ancora e ancora. Hai goduto molto anche tu, l'ho capito dai tuoi occhi velati, come patinati da una sottile membrana traslucida. O sono gli antidolorifici a renderli così opachi?
Alice:
Sono passati sei mesi, sto riprendendomi pian piano, Nicola mi stimola, anche se sono certa che punti tutto su Cristina, ormai sono solo la sua seconda, se non terza scelta. Stamattina, libera dalle lezioni di Letteratura, sono andata ad allenarmi, in palestra eravamo solo io e Nicola. Voleva vedere con movimenti un po' più forzati i miei miglioramenti. La verità è che senza medicine non riuscirei, forse neppure a camminare bene. Ho ritrovato un vecchio amico, Francesco, lavora come farmacista da suo padre e mi procura, a pagamento e senza ricetta, altri tipi di antidolorifici: meperidina, pentazocina e altri. Mi danno un po' di sollievo in più, l'ossicodone: anche se mischiato con la tachipirina, mi danno un effetto troppo blando, forse sono assuefatta.
Mi stavo cambiando, e Nicola è entrato nello spogliatoio, io avevo solo l'intimo su, e mi ha detto di distendermi nel lettino, e che mi avrebbe passato una nuova crema sul ginocchio. Ero imbarazzata, ma senza di lui potevo dire addio alla danza, così mi sono stesa vergognandomi del perizoma troppo sexy, ma ho dormito da te, stanotte. Distesa supina, Nicola ha cominciato a massaggiarmi il ginocchio infortunato, i medicinali che avevo appena ingerito mi intontivano la testa. Poi le sue mani sono salite sulla mia coscia, sull'inguine. Ho fatto cenno di fermarsi, ho detto un «No!» senza determinazione, e ho visto la patta della sua tuta gonfia, paralizzata non ho opposto troppa resistenza. Avrei dovuto gridare, ma la danza per me era tutto. Mi ha sfilato il perizomino, mi ha aperto le gambe e ha messo la testa tra le mie cosce. Ha cominciato a leccarmi e quell'immorale e vizioso gioco mi piaceva, Leo, sì, mi sentivo bollire e i miei liquidi irrompevano nella sua calda bocca. Quando mi ha aperto le labbra della 'fessurina' e ha iniziato a leccarmi il clitoride, sotto i miei peli morbidi, sono venuta, istintivamente le mie gambe hanno serrato la sua testa, e con le mie mani dietro la sua nuca lo schiacciavo contro di me. Ho perso la ragione e quando si è avvicinato con il grosso cazzo, vicino al mio viso, gliel'ho preso in bocca e lo succhiavo come mi piace fare a te, ero estasiata. Mi ha tirata a se, ai piedi del lettino, mi ha spalancato le gambe ed è entrato forte, vigoroso dentro la mia fica, mi ha fatto male, a iniziato a pompare duro, con colpi ben assestati e dal dolore sono passata al piacere, ho goduto tanto, è stato intenso, la sua potenza mi dava la sensazione di essere posseduta come non mai. Mi dispiace. Poi, quando mi è venuto in bocca, vergognandomi mi sono pulita, e sono scappata a casa. Ho tradito l'unico amore della mia vita, tu Leo, da oggi non riuscirei più a vederti, ti lascio Leo, non supererei i sensi di colpa, e soprattutto, il fatto che farmi scopare da lui, mi abbia inebriato così tanto,, rovinerebbe tutto tra noi. Lascerò anche la danza per sempre, perché non riuscirei a vederlo in faccia. Ora mi rimane l'università ed il delirio della mia ricerca costante di medicine, secondo il mio medico non devo più prenderle, non mi fa più le ricette. Marcirò all'inferno, è il posto che mi merito, ma tu, non meriti una come me.
All'ora di pranzo, odiando me stessa fino all'inverosimile: per quello che ti avevo fatto e perché il blister di pastiglie era finito, sono andata nella farmacia di Francesco, tesa e tremante come una foglia. La prima crisi di astinenza. Francesco vedendomi in quello stato mi ha dato 20 gocce di En per tranquillizzarmi, e sono tornata nel mio, ormai consueto, stadio larvale, catatonico. Non avevo contanti, ma dovevo assolutamente prendere qualcosa, e Francesco mi ha fatto, chiaramente capire, slacciandosi il camice che una possibilità c'era. Mi sono inginocchiata e gli ho fatto un pompino, lì nel retro della farmacia chiusa per la pausa pranzo. Oramai ero un'anima persa nel più schifoso e osceno dei mondi che non avrei mai presagito per me. In un solo giorno: mi ero fatta scopare per la danza, e avevo fatto un pompino per le medicine. Ho lasciato, per avere una confezione in più, che anche lui mi venisse in bocca. Sono andata al bar, ho bevuto due Sambuca al salto, ho comprato un bottiglietta di acqua e sono andata a intossicarmi al parco. La mia 'zolla di terra' della vita rotola sempre più rapidamente verso il fondovalle, verso lo schianto finale.
Leonardo:
Sono quattro mesi che mi hai lasciato, senza darmene una spiegazione, mi hai solo detto: «Leo, io no ti amo più, sono in un periodo difficile, di cambiamento e la nostra storia è solo un peso per me, ti ho amato tanto, ma non me la sento di prenderti in giro.» Sono quattro mesi che mi eviti, cambi strada se mi incroci, non rispondi né alle mie telefonate né ai miei messaggi. Ma ti rendi conto che sei tutto per me, e lo sei dal primo nostro giorno? Come posso non amarti, il periodo passerà e torneremo insieme. Paolo mi ha detto che ti vede spesso insieme a Filippo, non è una persona per te, ha brutti giri. Torna da me...
Voce narrante:
Alice aveva conosciuto Filippo, piccolo spacciatore della zona, e si era messa con lui, non certo per amore, ma per arginare quell'ormai definita e prepotente dipendenza da medicine. Non ne poteva fare a meno, Filippo così le procurava tutto quello che trovava, in cambio è ovvio della sua dedizione a tutte le sue più perverse fantasie. Alice aveva iniziato a perdere peso, girava sfatta con i capelli biondi crespi, i vestiti logori, i suoi professori universitari notando questo declino, avevano cercato di aiutarla, ma lei aveva sempre rifiutato. Gli esami però proseguivano spediti, l'unica cosa che la teneva salda in questo mondo, era la promessa fatta a suo nonno, poco prima che morisse, che si sarebbe laureata. Anche i suoi ricchi genitori le avevano voltato le spalle, quasi a disconoscere quella specie di clochard, quella barbona che amici e parenti vedevano in giro e criticavano aspramente. Ma come si può capire ed interpretare, quanto i fallimenti possano cambiare il percorso di una vita destinata alla serenità ed al successo. Tutti vecchi ricordi per Alice, che adesso viveva in un sottoscala, pagato dal suo padrone sessuale Filippo. Lui la scopava schifato, la trattava come un oggetto, e le infliggeva pesanti punizione, alle quali per un po' di droga Alice sopperiva, aspettando il rilassamento 'prestato' dagli stupefacenti. Aveva iniziato a bucarsi di eroina, ma per lei era uno sballo troppo devastante, non si abituava al flash iniziale e vomitava quasi sempre. Filippo dopo un anno stufo di pagare l'affitto di quel lurido sottoscala composto da: cucinino, camera e bagno, con due finestrelle che davano sopra al marciapiede della strada davanti, aveva iniziato a venderla, 50 euro a prestazione a qualche amico, dopo averla ripulita per lo meno esteriormente.
Alice:
Leo, sono una puttana, mi vendo, anzi mi vende Filippo, ma mi procura tutte le sostanze di cui ho bisogno. Mi fa scopare una o due volte alla settimana, io lo faccio, sempre i soliti tre suoi amici. Forse Leo, mi sono innamorata di Dario, uno di loro, è dolce e mi piace farlo con lui e lo soddisfo pensando che sia tu, qui con me. Ci verresti a letto con me?, o ti farei ribrezzo? Io lo farei subito con te, al buio però, non riuscirei a farmi vedere in faccia, ma mi piacerebbe farti quei giochi che tanto ci piacevano. Ma non farmi sognare, nella mia vita di adesso ci sono solo incubi. Mi sembra di vivere in "Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino", ti ricordi quando lo abbiamo visto insieme, che senso di malessere che ci aveva lasciato. La mia vita è quella, ho fatto bene a non cercarti, anche se avrei voluto un altro finale per noi, ma oggi se mi vedessi così, forse mi toglierei la vita, non sopporterei che i tuoi occhi blu, mi guardassero in queste luride condizioni. Devo cambiare. La mia 'zolla di terra' della vita si sta per schiantare.
Voce narrante:
Anche Leo proseguiva bene l'università, ma anche se aveva trovato un'altra ragazza, Valentina, la sua mente, spesso, tornava a quella 'prima volta' in spiaggia, e questo lo faceva quasi sorridere per la sua inesperienza, e per tutti i dubbi che si era fatto nei giorni successivi. Amava ancora Alice. Di lei sapeva solo che andava veloce con gli esami e che stava insieme a Filippo, ma quel vederla, seppur la incrociasse di rado, così trasandata, non lo convinceva molto. Quando cercava di avvicinarla, lei se ne andava senza una parola, uno sguardo rapido, e via per la sua strada. Poi, una sera di maggio, l'ambulanza con le sirene accese è arrivata fuori dal suo portone, i pompieri hanno aperto la porta, e l'hanno trovata priva di conoscenza distesa sul letto. L'unica amica che aveva, era una settantenne giapponese, Yuki, che era la sua vicina di casa, che non avendola né vista né sentita, aveva allarmato i soccorsi. Negli ultimi giorni Alice le era apparsa troppo giù e si era spaventata. La 'zolla di terra' della vita di Alice si è sgretolata, disfacendosi in piccoli granelli di sabbia.
Alice:
Ho deciso di scriverti una lettera, non so se te la invierò mai ma intanto mi aiuta a pensarti, a sperarti felice, e mi fa svagare almeno per un po' di tempo.
< Caro Leonardo, sono in una struttura psichiatrica, sono pazza? Credo di no, non ancora per lo meno, ma mi sono proiettata inabissandomi negli inferi della peggior vita possibile. Ho fatto tutto quello che non avrei dovuto, ho difficoltà, adesso, che mi stanno disintossicando da droghe e medicinali vari, a guardare: la mia faccia smunta, le mie occhiaie nere, i miei capelli spugnosi allo specchio. Ti spiegherò a voce, sempre se ne troverò il coraggio, tutto quello che mi ha portato in questa spirale di perdizione. Spero tu stia bene, a sì, mi sono laureata, con il massimo dei voti, una cosa da salvare c'è. Non so se sei sposato, ma Valentina è una stupenda ragazza, ti merita. ciao e a presto. >
Ho consegnato la busta affrancata, quasi senza pensarci, di getto, all'infermiera e le ho chiesto se cortesemente poteva spedirmela, altrimenti non lo avrei mai fatto.
Voce narrante:
Sono trascorsi anni, adesso Alice e Leonardo hanno 30 anni. Lei dopo essersi disintossicata, ha cercato di scavare dentro quel buio che l'aveva oppressa nel suo periodo peggiore, ed ha pubblicato tre romanzi che hanno avuto notevole successo, Leo, invece insegna in un liceo classico, lavoro che adora, soprattutto per il contatto che riesce ad instaurare con i suoi studenti. Si è lasciato con Valentina, troppi erano i dissapori tra loro, e della sua mente, nel bene e nel male c'era sempre il suo primo grande amore: Alice.
Leonardo:
Oggi ho ricevuto una tua lettera, sono talmente felice che ho preso una giornata libera per andare al parco, ho bisogno di respirarla, l'avrò letta ottanta volte, spero riescano a curarti e nel fisico e nella mente, io se vorrai sarò sempre con te.
Alice:
Oggi compio 30 anni, nessuno ad aspettarmi nel mio monolocale, la vita indecente del passato l'ho sepolta alle mie spalle, ma il percorso è ancora lungo. Camminando con un gelato in mano, ti ho visto dall'altra parte della strada, ho abbassato lo sguardo, stavo per girarmi e scappare poi presa da un impeto improvviso ti sono corsa incontro con le lacrime agli occhi. Ti ho buttato le mie braccia al collo, come ad inglobarti , che tu ancora non sapevi chi avevi tra le braccia, mi hai spostato indietro, mi hai osservata e mi hai, praticamente, schiacciato al tuo petto con una forza da farmi mancare il fiato. E' stato l'abbraccio più bello e sincero di tutta la mia vita.
Da quel giorno viviamo insieme, però da amici, ho ancora da smaltire il miei stomachevoli anni di oblio.
Leonardo:
Da quell'abbraccio, ti ho quasi trascinata a casa mia, ti ho fatto il letto nella cameretta, strapiena di libri: sulle mensole, sui mobili, per terra, accatastati come piccole torrette e da lì non ti ho fatto più andare via. Ora ti ho tutta per me, conviviamo dividendo le spese, ma io spero tanto, che tra un po' condivideremo il nostro futuro, perché ti amo più di prima.
Voce narrante:
Sono passati così 5 anni di tranquilla e pacata convivenza, certo i momenti di carezze e intimità non sono di certo mancati, ma Alice non si sentiva pronta, le nefandezze e la depravazione del passato la bloccavano. Una sera di maggio, hanno invitato a cena l'unica amica di Alice, l'ex docente universitaria di Lettere Orientali, Yuki, quella che aveva chiamato i soccorsi e praticamente salvata dall'overdose. E' una donna eclettica, simpatica e sa tantissime cose del Sol Levante, la sua terra. La serata è passata rapida e divertente, poi, prima di andare via, Yuki, con la sua eleganza, ha detto:« Alice, lo conosci il detto:"La pioggia che inizia dopo le quattro del pomeriggio e l'amore della cinciallegra non hanno fine"? le ha chiesto Yuki. Alice ha risposto: «No, che significa?»
«Se pensi che la parola 'shijùkara,' "cinciallegra", in giapponese, suona esattamente come se dicessi "dopo i quaranta", capisci che è un bel gioco di parole, no?, ne hai trentacinque, non farne passare altri cinque. »
Alice, credeva di aver compreso cosa volesse dire, quell'arguta signora, era ora di condividere il suo futuro con la miglior persona che aveva mai incontrato, con l'unica che aveva amato davvero. E quella notte fecero l'amore, lei e Leo, non come quella volta in spiaggia, ansiosi e timorosi di non farsi del male, ma in maniera totalizzante, da togliere il fiato e quando i primi raggi del sole filtrarono dalle finestre li trovarono ancora lì, a recuperare tutto il tempo andato..
Venivo a vederti tutte le volte che potevo, quando ti preparavi per un saggio; o insieme alle altre ballerine, preparavate una coreografia per qualche spettacolo. Non ti disturbavo, stavo in parte incollato alla parete e con gli occhi fissi su ogni tuo movimento, su ogni tuo passo. Eravamo 'insieme', come si diceva a quei tempi, da un anno, e ora che ne avevamo 18 , tutte le aspettative sognate, i cambiamenti, perché maggiorenni, si erano limitati al fatto: che potevamo votare e prendere la patente. Il resto era immutato, il solito motorino senza miscela, la tua bicicletta senza parafanghi e senza freni, la scuola, tu la danza, io il calcio. Fantasticavamo che una volta diciottenni, tutto non sarebbe stato più come prima: proiettati in un viaggio tipo quello del 21 luglio 1969, l'Apollo 11 con Armstrong e Aldrin che sbarcano sulla Luna. In realtà in quell'anno tante cose accaddero, ma la direzione era completamente opposta, siamo scesi negli inferi della terra. Non c'era cosa più soave, comunque, di veder muovere, con eleganza e grazia, quel tuo corpo armonico e sensuale. Ti adoravo così tanto, con una passione pura e trasparente, integerrima, come solo gli amori giovanili sanno essere.
Alice:
Quando uscivo dallo spogliatoio, la prima cosa che facevo era guardare se c'eri, quel posto vicino alla parete dove cercavi quasi di scomparire. Ti vedevo, cercavo i tuoi occhi, volevo sentire la tua forza, il tuo incitamento. Eri così importante per me, che non riuscivo a dirtelo, e ti corrucciavi aspettando il mio sì, per fare l'amore per la prima volta, però, assecondavi le mie ansie e le mie paure, cercando di capirmi. Anche per me era difficile, in molte serate, dopo esserci baciati a lungo, tornavo a casa con il corpo scosso da leggere palpitazioni, e arrossendo mi cambiavo le mutandine subito, perché bagnate di tentazione e voglia. Quella sera che ti ho baciato lì sotto è stato bellissimo, mi deliziava, mi faceva eccitare, e vedere che a te piaceva, aumentava il mio desiderio, ma non sai quanto mi sono vergognata con me stessa, il giorno dopo, come se avessi commesso l'azione più impura e immorale del mondo.
Voce narrante:
Poi è arrivata la 'prima volta', come a coronamento di un amore immacolato, incontaminato come neve, appena caduta. La notte di ferragosto i fuochi artificiali delineavano fontanelle iridescenti di luci e colori, ma Leonardo e Alice, pieni di dubbi e timori giocavano desiderosi e frenatici con i loro corpi eccitati, erano così vicini da sembrar essere una cosa sola. Le loro mani esploravano lembi di pelle già noti, ma quando la bramosia e la smania sono arrivate al punto massimo, lui, delicato e premuroso, ha penetrato la sua giovane e innocente passerina, quasi in apprensione, ha iniziato a muoversi dentro lei con il suo pene duro, saturo di desiderio. Lei ansimava, aspettandosi con paura il dolore per la rottura dell'imen; lui, temendo di farle male spingeva lento, ma quando il delirio del passione gli ha fatto sentire che le loro membrane si erano fuse, ha iniziato a pompare più forte, e le loro ansie sono diventati rantoli di beatitudine, e lamenti di godimento. Poi ai sussulti del corpo di Alice, Leonardo ha sfilato il pene e socchiudendo gli occhi per l'orgasmo in arrivo, e gli è venuto sul pancino. Alice non aveva sentito alcun male, anzi il respiro ancora vacillava ed il suo cuore stentava a ristabilire un battito normale. Ha controllato con una mano e si è accorta che il suoi liquidi erano rosati, tinti da un po' di sangue. Aveva perso la verginità.
Alice:
Non vedo l'ora di rifarlo, è stato meraviglioso, una sensazione di riempimento, ti sentivo muoverti, amore mio, e mi hai fatto godere, credo..
Leonardo:
E' stato tutto così strano, avevo paura di farti male, ma il tuo corpo caldo e quel buchetto umido mi hanno fatto impazzire. Sono venuto troppo presto? Ti è piaciuto?
Alice:
Oggi ultimo allenamento, domani la grande prova. Se gli osservatori mi selezioneranno, andrò a fare un provino alla Scala di Milano, sarebbe un sogno. Sono in forma, sono pronta, mi sento bene; l'unica mia potenziale avversaria per quel posto è quella stronza di Cristina. Sono due settimane che mi parla alle spalle e non mi saluta, ma sono determinata e sicura di vincere.
Voce narrante:
Appena termino l'allenamento, andando in doccia le ciabatte di Alice sono slittate sulle piastrelle umide dei bagni, ha sentito un 'crac', il suo ginocchio si è frantumato. Mentre, Nicola, il suo tecnico la accompagnava in ospedale, Alice continuava a gridare dal dolore e diceva: «E' stata Cristina, ne sono certa, c'era dello shampoo diluito fuori dalle docce, per terra; non era solo acqua, quando sono caduta ho sentito il profumo, è ancora sulla mia pelle, è stata lei...». L'esito brutalmente diceva: distorsione al ginocchio con lesione del legamento collaterale laterale; riposo, fisioterapia e soltanto dopo la valutazione, una possibile un'operazione in laparoscopia per la riduzione del danno. Alice ha pianto tutte le lacrime che aveva. Per i forti dolori le hanno prescritto dell'ossicodone. La 'zolla di terra' della sua vita si è staccata dal crostone della montagna.
Leonardo:
Ti sento distante, tra stampelle, fisioterapia e l'università appena iniziata, non hai più tempo per me, e io ci sto male, mi manchi. So che stai soffrendo tanto, ma io sono sempre con te.
Alice:
Quella bastarda di Cristina ha rovinato la mia vita, niente danza, sto recuperando ma non riuscirò mai a tornare ai livelli di prima, ho un male al ginocchio che tengo a bada solo con gli antidolorifici. Ne sto prendendo troppi, molti di più di quelli consigliati dal medico. In questo periodo ho te e l'università. Ieri per la decima volta abbiamo fatto l'amore, è stato devastante, adoro il tuo corpo e tutto quello che mi fai provare. Sono ossessionata dal tuo pisello, non te lo dirò mai, ma è così, lo vorrei sempre in bocca. Spesso ci penso a quanto sono porca, ma a te farei tutto, ti amo. P.S: Mi piace anche il sapore del tuo bianco liqui.. /che vergogna). Prendo troppi antidolorifici. La 'zolla di terra' della mia vita, scende da un terrapieno poco inclinato.
Leonardo:
Ieri sera ho fatto l'amore con te, è stato intenso, adoro quando le tue labbra mi baciano 'lì', e tu ti dimentichi del tempo e continui, ancora e ancora. Hai goduto molto anche tu, l'ho capito dai tuoi occhi velati, come patinati da una sottile membrana traslucida. O sono gli antidolorifici a renderli così opachi?
Alice:
Sono passati sei mesi, sto riprendendomi pian piano, Nicola mi stimola, anche se sono certa che punti tutto su Cristina, ormai sono solo la sua seconda, se non terza scelta. Stamattina, libera dalle lezioni di Letteratura, sono andata ad allenarmi, in palestra eravamo solo io e Nicola. Voleva vedere con movimenti un po' più forzati i miei miglioramenti. La verità è che senza medicine non riuscirei, forse neppure a camminare bene. Ho ritrovato un vecchio amico, Francesco, lavora come farmacista da suo padre e mi procura, a pagamento e senza ricetta, altri tipi di antidolorifici: meperidina, pentazocina e altri. Mi danno un po' di sollievo in più, l'ossicodone: anche se mischiato con la tachipirina, mi danno un effetto troppo blando, forse sono assuefatta.
Mi stavo cambiando, e Nicola è entrato nello spogliatoio, io avevo solo l'intimo su, e mi ha detto di distendermi nel lettino, e che mi avrebbe passato una nuova crema sul ginocchio. Ero imbarazzata, ma senza di lui potevo dire addio alla danza, così mi sono stesa vergognandomi del perizoma troppo sexy, ma ho dormito da te, stanotte. Distesa supina, Nicola ha cominciato a massaggiarmi il ginocchio infortunato, i medicinali che avevo appena ingerito mi intontivano la testa. Poi le sue mani sono salite sulla mia coscia, sull'inguine. Ho fatto cenno di fermarsi, ho detto un «No!» senza determinazione, e ho visto la patta della sua tuta gonfia, paralizzata non ho opposto troppa resistenza. Avrei dovuto gridare, ma la danza per me era tutto. Mi ha sfilato il perizomino, mi ha aperto le gambe e ha messo la testa tra le mie cosce. Ha cominciato a leccarmi e quell'immorale e vizioso gioco mi piaceva, Leo, sì, mi sentivo bollire e i miei liquidi irrompevano nella sua calda bocca. Quando mi ha aperto le labbra della 'fessurina' e ha iniziato a leccarmi il clitoride, sotto i miei peli morbidi, sono venuta, istintivamente le mie gambe hanno serrato la sua testa, e con le mie mani dietro la sua nuca lo schiacciavo contro di me. Ho perso la ragione e quando si è avvicinato con il grosso cazzo, vicino al mio viso, gliel'ho preso in bocca e lo succhiavo come mi piace fare a te, ero estasiata. Mi ha tirata a se, ai piedi del lettino, mi ha spalancato le gambe ed è entrato forte, vigoroso dentro la mia fica, mi ha fatto male, a iniziato a pompare duro, con colpi ben assestati e dal dolore sono passata al piacere, ho goduto tanto, è stato intenso, la sua potenza mi dava la sensazione di essere posseduta come non mai. Mi dispiace. Poi, quando mi è venuto in bocca, vergognandomi mi sono pulita, e sono scappata a casa. Ho tradito l'unico amore della mia vita, tu Leo, da oggi non riuscirei più a vederti, ti lascio Leo, non supererei i sensi di colpa, e soprattutto, il fatto che farmi scopare da lui, mi abbia inebriato così tanto,, rovinerebbe tutto tra noi. Lascerò anche la danza per sempre, perché non riuscirei a vederlo in faccia. Ora mi rimane l'università ed il delirio della mia ricerca costante di medicine, secondo il mio medico non devo più prenderle, non mi fa più le ricette. Marcirò all'inferno, è il posto che mi merito, ma tu, non meriti una come me.
All'ora di pranzo, odiando me stessa fino all'inverosimile: per quello che ti avevo fatto e perché il blister di pastiglie era finito, sono andata nella farmacia di Francesco, tesa e tremante come una foglia. La prima crisi di astinenza. Francesco vedendomi in quello stato mi ha dato 20 gocce di En per tranquillizzarmi, e sono tornata nel mio, ormai consueto, stadio larvale, catatonico. Non avevo contanti, ma dovevo assolutamente prendere qualcosa, e Francesco mi ha fatto, chiaramente capire, slacciandosi il camice che una possibilità c'era. Mi sono inginocchiata e gli ho fatto un pompino, lì nel retro della farmacia chiusa per la pausa pranzo. Oramai ero un'anima persa nel più schifoso e osceno dei mondi che non avrei mai presagito per me. In un solo giorno: mi ero fatta scopare per la danza, e avevo fatto un pompino per le medicine. Ho lasciato, per avere una confezione in più, che anche lui mi venisse in bocca. Sono andata al bar, ho bevuto due Sambuca al salto, ho comprato un bottiglietta di acqua e sono andata a intossicarmi al parco. La mia 'zolla di terra' della vita rotola sempre più rapidamente verso il fondovalle, verso lo schianto finale.
Leonardo:
Sono quattro mesi che mi hai lasciato, senza darmene una spiegazione, mi hai solo detto: «Leo, io no ti amo più, sono in un periodo difficile, di cambiamento e la nostra storia è solo un peso per me, ti ho amato tanto, ma non me la sento di prenderti in giro.» Sono quattro mesi che mi eviti, cambi strada se mi incroci, non rispondi né alle mie telefonate né ai miei messaggi. Ma ti rendi conto che sei tutto per me, e lo sei dal primo nostro giorno? Come posso non amarti, il periodo passerà e torneremo insieme. Paolo mi ha detto che ti vede spesso insieme a Filippo, non è una persona per te, ha brutti giri. Torna da me...
Voce narrante:
Alice aveva conosciuto Filippo, piccolo spacciatore della zona, e si era messa con lui, non certo per amore, ma per arginare quell'ormai definita e prepotente dipendenza da medicine. Non ne poteva fare a meno, Filippo così le procurava tutto quello che trovava, in cambio è ovvio della sua dedizione a tutte le sue più perverse fantasie. Alice aveva iniziato a perdere peso, girava sfatta con i capelli biondi crespi, i vestiti logori, i suoi professori universitari notando questo declino, avevano cercato di aiutarla, ma lei aveva sempre rifiutato. Gli esami però proseguivano spediti, l'unica cosa che la teneva salda in questo mondo, era la promessa fatta a suo nonno, poco prima che morisse, che si sarebbe laureata. Anche i suoi ricchi genitori le avevano voltato le spalle, quasi a disconoscere quella specie di clochard, quella barbona che amici e parenti vedevano in giro e criticavano aspramente. Ma come si può capire ed interpretare, quanto i fallimenti possano cambiare il percorso di una vita destinata alla serenità ed al successo. Tutti vecchi ricordi per Alice, che adesso viveva in un sottoscala, pagato dal suo padrone sessuale Filippo. Lui la scopava schifato, la trattava come un oggetto, e le infliggeva pesanti punizione, alle quali per un po' di droga Alice sopperiva, aspettando il rilassamento 'prestato' dagli stupefacenti. Aveva iniziato a bucarsi di eroina, ma per lei era uno sballo troppo devastante, non si abituava al flash iniziale e vomitava quasi sempre. Filippo dopo un anno stufo di pagare l'affitto di quel lurido sottoscala composto da: cucinino, camera e bagno, con due finestrelle che davano sopra al marciapiede della strada davanti, aveva iniziato a venderla, 50 euro a prestazione a qualche amico, dopo averla ripulita per lo meno esteriormente.
Alice:
Leo, sono una puttana, mi vendo, anzi mi vende Filippo, ma mi procura tutte le sostanze di cui ho bisogno. Mi fa scopare una o due volte alla settimana, io lo faccio, sempre i soliti tre suoi amici. Forse Leo, mi sono innamorata di Dario, uno di loro, è dolce e mi piace farlo con lui e lo soddisfo pensando che sia tu, qui con me. Ci verresti a letto con me?, o ti farei ribrezzo? Io lo farei subito con te, al buio però, non riuscirei a farmi vedere in faccia, ma mi piacerebbe farti quei giochi che tanto ci piacevano. Ma non farmi sognare, nella mia vita di adesso ci sono solo incubi. Mi sembra di vivere in "Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino", ti ricordi quando lo abbiamo visto insieme, che senso di malessere che ci aveva lasciato. La mia vita è quella, ho fatto bene a non cercarti, anche se avrei voluto un altro finale per noi, ma oggi se mi vedessi così, forse mi toglierei la vita, non sopporterei che i tuoi occhi blu, mi guardassero in queste luride condizioni. Devo cambiare. La mia 'zolla di terra' della vita si sta per schiantare.
Voce narrante:
Anche Leo proseguiva bene l'università, ma anche se aveva trovato un'altra ragazza, Valentina, la sua mente, spesso, tornava a quella 'prima volta' in spiaggia, e questo lo faceva quasi sorridere per la sua inesperienza, e per tutti i dubbi che si era fatto nei giorni successivi. Amava ancora Alice. Di lei sapeva solo che andava veloce con gli esami e che stava insieme a Filippo, ma quel vederla, seppur la incrociasse di rado, così trasandata, non lo convinceva molto. Quando cercava di avvicinarla, lei se ne andava senza una parola, uno sguardo rapido, e via per la sua strada. Poi, una sera di maggio, l'ambulanza con le sirene accese è arrivata fuori dal suo portone, i pompieri hanno aperto la porta, e l'hanno trovata priva di conoscenza distesa sul letto. L'unica amica che aveva, era una settantenne giapponese, Yuki, che era la sua vicina di casa, che non avendola né vista né sentita, aveva allarmato i soccorsi. Negli ultimi giorni Alice le era apparsa troppo giù e si era spaventata. La 'zolla di terra' della vita di Alice si è sgretolata, disfacendosi in piccoli granelli di sabbia.
Alice:
Ho deciso di scriverti una lettera, non so se te la invierò mai ma intanto mi aiuta a pensarti, a sperarti felice, e mi fa svagare almeno per un po' di tempo.
< Caro Leonardo, sono in una struttura psichiatrica, sono pazza? Credo di no, non ancora per lo meno, ma mi sono proiettata inabissandomi negli inferi della peggior vita possibile. Ho fatto tutto quello che non avrei dovuto, ho difficoltà, adesso, che mi stanno disintossicando da droghe e medicinali vari, a guardare: la mia faccia smunta, le mie occhiaie nere, i miei capelli spugnosi allo specchio. Ti spiegherò a voce, sempre se ne troverò il coraggio, tutto quello che mi ha portato in questa spirale di perdizione. Spero tu stia bene, a sì, mi sono laureata, con il massimo dei voti, una cosa da salvare c'è. Non so se sei sposato, ma Valentina è una stupenda ragazza, ti merita. ciao e a presto. >
Ho consegnato la busta affrancata, quasi senza pensarci, di getto, all'infermiera e le ho chiesto se cortesemente poteva spedirmela, altrimenti non lo avrei mai fatto.
Voce narrante:
Sono trascorsi anni, adesso Alice e Leonardo hanno 30 anni. Lei dopo essersi disintossicata, ha cercato di scavare dentro quel buio che l'aveva oppressa nel suo periodo peggiore, ed ha pubblicato tre romanzi che hanno avuto notevole successo, Leo, invece insegna in un liceo classico, lavoro che adora, soprattutto per il contatto che riesce ad instaurare con i suoi studenti. Si è lasciato con Valentina, troppi erano i dissapori tra loro, e della sua mente, nel bene e nel male c'era sempre il suo primo grande amore: Alice.
Leonardo:
Oggi ho ricevuto una tua lettera, sono talmente felice che ho preso una giornata libera per andare al parco, ho bisogno di respirarla, l'avrò letta ottanta volte, spero riescano a curarti e nel fisico e nella mente, io se vorrai sarò sempre con te.
Alice:
Oggi compio 30 anni, nessuno ad aspettarmi nel mio monolocale, la vita indecente del passato l'ho sepolta alle mie spalle, ma il percorso è ancora lungo. Camminando con un gelato in mano, ti ho visto dall'altra parte della strada, ho abbassato lo sguardo, stavo per girarmi e scappare poi presa da un impeto improvviso ti sono corsa incontro con le lacrime agli occhi. Ti ho buttato le mie braccia al collo, come ad inglobarti , che tu ancora non sapevi chi avevi tra le braccia, mi hai spostato indietro, mi hai osservata e mi hai, praticamente, schiacciato al tuo petto con una forza da farmi mancare il fiato. E' stato l'abbraccio più bello e sincero di tutta la mia vita.
Da quel giorno viviamo insieme, però da amici, ho ancora da smaltire il miei stomachevoli anni di oblio.
Leonardo:
Da quell'abbraccio, ti ho quasi trascinata a casa mia, ti ho fatto il letto nella cameretta, strapiena di libri: sulle mensole, sui mobili, per terra, accatastati come piccole torrette e da lì non ti ho fatto più andare via. Ora ti ho tutta per me, conviviamo dividendo le spese, ma io spero tanto, che tra un po' condivideremo il nostro futuro, perché ti amo più di prima.
Voce narrante:
Sono passati così 5 anni di tranquilla e pacata convivenza, certo i momenti di carezze e intimità non sono di certo mancati, ma Alice non si sentiva pronta, le nefandezze e la depravazione del passato la bloccavano. Una sera di maggio, hanno invitato a cena l'unica amica di Alice, l'ex docente universitaria di Lettere Orientali, Yuki, quella che aveva chiamato i soccorsi e praticamente salvata dall'overdose. E' una donna eclettica, simpatica e sa tantissime cose del Sol Levante, la sua terra. La serata è passata rapida e divertente, poi, prima di andare via, Yuki, con la sua eleganza, ha detto:« Alice, lo conosci il detto:"La pioggia che inizia dopo le quattro del pomeriggio e l'amore della cinciallegra non hanno fine"? le ha chiesto Yuki. Alice ha risposto: «No, che significa?»
«Se pensi che la parola 'shijùkara,' "cinciallegra", in giapponese, suona esattamente come se dicessi "dopo i quaranta", capisci che è un bel gioco di parole, no?, ne hai trentacinque, non farne passare altri cinque. »
Alice, credeva di aver compreso cosa volesse dire, quell'arguta signora, era ora di condividere il suo futuro con la miglior persona che aveva mai incontrato, con l'unica che aveva amato davvero. E quella notte fecero l'amore, lei e Leo, non come quella volta in spiaggia, ansiosi e timorosi di non farsi del male, ma in maniera totalizzante, da togliere il fiato e quando i primi raggi del sole filtrarono dalle finestre li trovarono ancora lì, a recuperare tutto il tempo andato..
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