I segreti di Sofia - Capitolo 3 (finale)
di
LtMilligan
genere
masturbazione
L’alba filtrava attraverso le tende leggere, disegnando ombre dorate sulle lenzuola stropicciate.
Sofia si svegliò lentamente, ancora immersa nel tepore della notte appena trascorsa.
Il suo corpo era rilassato, le membra pesanti di un piacere che la accompagnava ancora come un’eco lontana.
Si stiracchiò piano, lasciando che le dita scivolassero lungo la pelle nuda delle cosce, ripensando alle sensazioni che l’avevano attraversata poche ore prima.
Non c’era imbarazzo.
Non c’era vergogna.
Solo un sorriso lieve sulle labbra, un senso di completezza che la faceva sentire più forte, più viva.
Si voltò su un fianco, stringendo le lenzuola contro il petto mentre osservava il soffitto in legno sopra di lei.
La sua casa era un rifugio, un mondo in cui nessuno poteva giudicarla, in cui era libera di essere chi voleva, di toccarsi come voleva, senza paura.
Si chiedeva spesso come sarebbe stato provare piacere con un’altra persona.
Se sarebbe stato diverso, più intenso o più incerto.
Ma non si sentiva incompleta.
Non aveva bisogno di qualcun altro per conoscere il proprio corpo.
Non aveva bisogno di un altro paio di mani per scoprire cosa la faceva tremare.
Aveva trovato dentro di sé tutto ciò di cui aveva bisogno.
Si alzò dal letto con calma, lasciando che la brezza fresca del mattino le sfiorasse la pelle.
Si avvolse in una coperta di lana e si avvicinò alla finestra, osservando le montagne avvolte nella foschia dorata dell’alba.
Il mondo fuori continuava a scorrere lento, indifferente ai suoi segreti.
Ma a lei non importava.
Perché in quella casa, in quella pelle, si sentiva finalmente a casa.
Si sentiva completa.
Si sentiva libera.
E la libertà, pensò con un sorriso, era il più grande piacere che potesse esistere.
Sofia si svegliò lentamente, ancora immersa nel tepore della notte appena trascorsa.
Il suo corpo era rilassato, le membra pesanti di un piacere che la accompagnava ancora come un’eco lontana.
Si stiracchiò piano, lasciando che le dita scivolassero lungo la pelle nuda delle cosce, ripensando alle sensazioni che l’avevano attraversata poche ore prima.
Non c’era imbarazzo.
Non c’era vergogna.
Solo un sorriso lieve sulle labbra, un senso di completezza che la faceva sentire più forte, più viva.
Si voltò su un fianco, stringendo le lenzuola contro il petto mentre osservava il soffitto in legno sopra di lei.
La sua casa era un rifugio, un mondo in cui nessuno poteva giudicarla, in cui era libera di essere chi voleva, di toccarsi come voleva, senza paura.
Si chiedeva spesso come sarebbe stato provare piacere con un’altra persona.
Se sarebbe stato diverso, più intenso o più incerto.
Ma non si sentiva incompleta.
Non aveva bisogno di qualcun altro per conoscere il proprio corpo.
Non aveva bisogno di un altro paio di mani per scoprire cosa la faceva tremare.
Aveva trovato dentro di sé tutto ciò di cui aveva bisogno.
Si alzò dal letto con calma, lasciando che la brezza fresca del mattino le sfiorasse la pelle.
Si avvolse in una coperta di lana e si avvicinò alla finestra, osservando le montagne avvolte nella foschia dorata dell’alba.
Il mondo fuori continuava a scorrere lento, indifferente ai suoi segreti.
Ma a lei non importava.
Perché in quella casa, in quella pelle, si sentiva finalmente a casa.
Si sentiva completa.
Si sentiva libera.
E la libertà, pensò con un sorriso, era il più grande piacere che potesse esistere.
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