Ombre di seta

di
genere
saffico

L’aria era satura del profumo del vino e dei fiori recisi. Nel grande salone della villa, l’atmosfera vibrava di conversazioni frivole e risate che suonavano finte. Irene si passò la lingua sulle labbra ancora umide di Bordeaux, cercando di dissipare il senso di noia che le stringeva la gola. Odorava di pelle calda, seta e impazienza.

Poi, la vide.

Sofia era una visione in nero, una falena nell’ombra della notte. Si muoveva con una grazia innata, le spalle scoperte come un invito sussurrato. Irene sentì qualcosa stringerle lo stomaco, un fremito sottopelle che conosceva bene.

E quando Sofia si voltò verso di lei, il mondo sembrò rallentare.

Non distolse lo sguardo.

Non poteva.

Si avvicinò senza pensare, attratta come un filo di seta al vento.

«Non ti piacciono le feste?» chiese, inclinando appena la testa.

Sofia sorrise di lato, quel sorriso che prometteva senza mai concedere.

«Non mi piacciono le attese inutili.»

Le parole la colpirono come un colpo di frusta sulla pelle nuda. Irene sentì il respiro farsi più pesante.

Era un gioco, ma le regole le stavano sfuggendo.

Senza un altro sguardo, Sofia si voltò e si incamminò lungo un corridoio. Il suo vestito scivolava sui fianchi con una lentezza ipnotica, il rumore dei tacchi attutito dai tappeti persiani.

Irene la seguì senza domande.

Entrarono in una stanza silenziosa, illuminata solo dalla luce della luna. I tendaggi scuri, il letto ampio, il profumo di legno e desiderio sospeso nell’aria.

Sofia si girò verso di lei e per un istante nessuna delle due si mosse.

Poi Irene fece il primo passo.

Sfiorò la pelle calda di Sofia con la punta delle dita, la scia di brividi seguì il suo tocco come polvere di stelle. Sofia inspirò piano, il petto che si sollevava appena sotto la seta.

Non avevano bisogno di parole.

Le mani di Sofia trovarono la chiusura del vestito di Irene e, con una lentezza esasperante, la fece scorrere lungo la schiena. Il tessuto scivolò via, lasciandola nuda alla luce morbida della notte.

Sofia la guardò.

Non con desiderio animalesco, ma con una fame più profonda, più pericolosa.

Irene sentì il respiro incastrarsi in gola mentre Sofia le afferrava il mento, le dita che tracciavano il profilo della sua mascella con una dolcezza crudele.

«Sei sempre così silenziosa quando desideri qualcosa?» sussurrò, la voce bassa, quasi un graffio.

Irene sorrise appena.

«Dipende da cosa voglio.»

La spinse contro la parete, il corpo premuto contro il suo, la pelle contro la seta. Il bacio fu un assalto, un incendio che divampava tra le labbra e scivolava giù, lungo il collo, fino ai seni tesi.

Sofia si lasciò andare contro di lei, il respiro spezzato da un gemito trattenuto.

Il letto accolse i loro corpi come un’onda, e il gioco si fece crudele.

Le mani di Irene esplorarono ogni curva, ogni fremito nascosto sotto la pelle. Sofia si arcuò sotto il tocco, le unghie affondate nelle lenzuola, le labbra dischiuse in un ansito spezzato.

Nessuna delle due voleva fermarsi.

Nessuna delle due voleva che finisse.

E quando finalmente i loro corpi si persero l’uno nell’altro, quando il piacere le travolse come una marea, capirono che non sarebbe mai bastato.

Che quella notte non era un errore.

Era l’inizio.
scritto il
2025-02-21
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