Nel silenzio del desiderio - Capitolo 2/2
di
LtMilligan
genere
masturbazione
La giornata successiva fu più intensa del solito. Viola si ritrovò a dover gestire un contrattempo in ufficio che le fece tornare tardi a casa, stressata e con la testa piena di pensieri. Sapeva bene, però, che il miglior antidoto per lei sarebbe stato quello di raccogliersi nella propria intimità. Il solo pensiero di ritrovare il tepore del suo letto le diede la forza di superare gli ultimi impegni con un mezzo sorriso sulle labbra.
Una volta chiusa la porta di casa alle spalle, buttò la borsa su una sedia e si tolse le scarpe, godendosi la sensazione del pavimento fresco sotto i piedi. Aprì la finestra per far entrare un po’ d’aria serale, poi preparò una tisana al finocchio, il suo rimedio preferito contro i malumori. Non aveva fame, ma percepiva un languore diverso, un desiderio di contatto che non poteva più ignorare.
Si concesse qualche minuto per fare una doccia rilassante. Lasciò che l’acqua calda scorresse sulla nuca e sulle spalle, massaggiando dolcemente i muscoli contratti della schiena. Adorava il rumore ritmico dell’acqua contro le piastrelle, come una piccola sinfonia segreta che accompagnava l’eccitazione in lento crescendo. Con il vapore che riempiva l’aria, si avvicinò al suo corpo con un nuovo sguardo: non era un semplice gesto di pulizia, ma una cerimonia personale, in cui ogni centimetro di pelle meritava attenzione.
Asciugandosi con l’accappatoio, non poté fare a meno di notare come i capezzoli fossero leggermente tesi per la temperatura o, più probabilmente, per il sottile senso di anticipazione che iniziava a pervaderla. Senza fretta, asciugò i capelli e indossò una vestaglia leggera, trasparente lungo i fianchi. Ritornò in camera da letto, accendendo solo una piccola luce soffusa. Il buio parziale rendeva tutto più intimo, quasi magico.
Sul comodino conservava alcuni dei suoi piccoli “strumenti di piacere”. Niente di troppo vistoso o complicato: giusto un paio di oggetti studiati per regalarle carezze mirate, vibrazioni delicate o più decise a seconda dell’umore. Stasera sentiva il bisogno di qualcosa di più intenso, come se volesse scrollarsi di dosso lo stress accumulato durante il giorno. Sedendosi sul letto, passò una mano sulla stoffa sottile della vestaglia, poi sollevò lo sguardo verso lo specchio di fronte.
Le piaceva osservare la propria espressione in quei momenti: vedeva i lineamenti del viso ammorbidirsi e lo sguardo farsi languido. Le guance leggermente arrossate, le labbra dischiuse in un sospiro. Prese il piccolo vibratore a forma di conchiglia, uno dei suoi preferiti, perché si adattava perfettamente alle sue curve più intime.
Prima di accenderlo, iniziò con il proprio tocco. Lasciò che la mano scivolasse tra le cosce, aprendole appena, godendosi il contrasto tra la vestaglia setosa e il tepore della pelle. Inclinò il capo all’indietro, chiudendo gli occhi, e immaginò di essere sospesa in uno spazio senza tempo. Avanzò con lentezza, centellinando le sensazioni, perché aveva imparato che la chiave di un piacere duraturo era proprio la pazienza.
Quando finalmente azionò la leggera vibrazione, un brivido la percorse dalla base della schiena fino alla nuca. La pressione costante contro i suoi punti più sensibili le fece trattenere il fiato. Alternate a piccoli massaggi più ampi, quelle vibrazioni le regalavano una sensazione di vertigine, come se il suo corpo si stesse aprendo a un universo sconosciuto. Di tanto in tanto, distoglieva il vibratore per qualche secondo, per poi riavvicinarlo, intensificando gradualmente la pulsazione fino a percepire un calore insistente dentro di sé.
Soprattutto, si lasciava guidare dai propri respiri: ogni esalazione era una liberazione, un lasciar andare lo stress, i pensieri, le paure. Ogni inspirazione era un assorbire il piacere, un farlo circolare in ogni fibra del suo corpo. Più la vibrazione si faceva intensa, più sentiva di poter toccare un limite oltre il quale non c’era più il controllo. Si aggrappò alle lenzuola, mordendosi il labbro per non emettere un gemito troppo forte, e si lasciò travolgere.
Quando l’orgasmo arrivò, fu un’ondata morbida e potente insieme, come un’onda del mare che s’infrange sulla battigia e poi si ritira, lasciando sabbia bagnata e scintillante sotto il sole. Restò ferma, immobile per qualche istante, il petto che ansimava piano, il vibratore spento a un lato del letto, mentre il cuore riprendeva lentamente il suo ritmo regolare. Si sentiva leggera, quasi svuotata di ogni tensione.
Rimanendo a occhi chiusi, avvertiva ancora il leggero formicolio di un piacere che non si esauriva immediatamente, ma si diffondeva in scie di calma lungo la spina dorsale. Viola si voltò sul fianco, accarezzandosi il viso con la mano libera. Sapeva che, entro pochi minuti, avrebbe ripreso a respirare con regolarità e che un dolce sonno l’avrebbe avvolta. E sapeva che, al risveglio, avrebbe trovato in se stessa una serenità che nessuna situazione esterna avrebbe potuto toglierle.
In quell’appagante silenzio, realizzò che ogni volta si riscopriva un po’ diversa, più sicura della propria capacità di volersi bene. Il piacere che provava era, in fondo, anche un atto di amore verso la propria anima, un riconoscimento di quanto il suo corpo fosse in grado di donarle gioia. Chiuse gli occhi con un sorriso, abbracciando il cuscino e accogliendo la notte come una compagna fedele, certa che il domani le avrebbe regalato nuove sfumature di consapevolezza.
Una volta chiusa la porta di casa alle spalle, buttò la borsa su una sedia e si tolse le scarpe, godendosi la sensazione del pavimento fresco sotto i piedi. Aprì la finestra per far entrare un po’ d’aria serale, poi preparò una tisana al finocchio, il suo rimedio preferito contro i malumori. Non aveva fame, ma percepiva un languore diverso, un desiderio di contatto che non poteva più ignorare.
Si concesse qualche minuto per fare una doccia rilassante. Lasciò che l’acqua calda scorresse sulla nuca e sulle spalle, massaggiando dolcemente i muscoli contratti della schiena. Adorava il rumore ritmico dell’acqua contro le piastrelle, come una piccola sinfonia segreta che accompagnava l’eccitazione in lento crescendo. Con il vapore che riempiva l’aria, si avvicinò al suo corpo con un nuovo sguardo: non era un semplice gesto di pulizia, ma una cerimonia personale, in cui ogni centimetro di pelle meritava attenzione.
Asciugandosi con l’accappatoio, non poté fare a meno di notare come i capezzoli fossero leggermente tesi per la temperatura o, più probabilmente, per il sottile senso di anticipazione che iniziava a pervaderla. Senza fretta, asciugò i capelli e indossò una vestaglia leggera, trasparente lungo i fianchi. Ritornò in camera da letto, accendendo solo una piccola luce soffusa. Il buio parziale rendeva tutto più intimo, quasi magico.
Sul comodino conservava alcuni dei suoi piccoli “strumenti di piacere”. Niente di troppo vistoso o complicato: giusto un paio di oggetti studiati per regalarle carezze mirate, vibrazioni delicate o più decise a seconda dell’umore. Stasera sentiva il bisogno di qualcosa di più intenso, come se volesse scrollarsi di dosso lo stress accumulato durante il giorno. Sedendosi sul letto, passò una mano sulla stoffa sottile della vestaglia, poi sollevò lo sguardo verso lo specchio di fronte.
Le piaceva osservare la propria espressione in quei momenti: vedeva i lineamenti del viso ammorbidirsi e lo sguardo farsi languido. Le guance leggermente arrossate, le labbra dischiuse in un sospiro. Prese il piccolo vibratore a forma di conchiglia, uno dei suoi preferiti, perché si adattava perfettamente alle sue curve più intime.
Prima di accenderlo, iniziò con il proprio tocco. Lasciò che la mano scivolasse tra le cosce, aprendole appena, godendosi il contrasto tra la vestaglia setosa e il tepore della pelle. Inclinò il capo all’indietro, chiudendo gli occhi, e immaginò di essere sospesa in uno spazio senza tempo. Avanzò con lentezza, centellinando le sensazioni, perché aveva imparato che la chiave di un piacere duraturo era proprio la pazienza.
Quando finalmente azionò la leggera vibrazione, un brivido la percorse dalla base della schiena fino alla nuca. La pressione costante contro i suoi punti più sensibili le fece trattenere il fiato. Alternate a piccoli massaggi più ampi, quelle vibrazioni le regalavano una sensazione di vertigine, come se il suo corpo si stesse aprendo a un universo sconosciuto. Di tanto in tanto, distoglieva il vibratore per qualche secondo, per poi riavvicinarlo, intensificando gradualmente la pulsazione fino a percepire un calore insistente dentro di sé.
Soprattutto, si lasciava guidare dai propri respiri: ogni esalazione era una liberazione, un lasciar andare lo stress, i pensieri, le paure. Ogni inspirazione era un assorbire il piacere, un farlo circolare in ogni fibra del suo corpo. Più la vibrazione si faceva intensa, più sentiva di poter toccare un limite oltre il quale non c’era più il controllo. Si aggrappò alle lenzuola, mordendosi il labbro per non emettere un gemito troppo forte, e si lasciò travolgere.
Quando l’orgasmo arrivò, fu un’ondata morbida e potente insieme, come un’onda del mare che s’infrange sulla battigia e poi si ritira, lasciando sabbia bagnata e scintillante sotto il sole. Restò ferma, immobile per qualche istante, il petto che ansimava piano, il vibratore spento a un lato del letto, mentre il cuore riprendeva lentamente il suo ritmo regolare. Si sentiva leggera, quasi svuotata di ogni tensione.
Rimanendo a occhi chiusi, avvertiva ancora il leggero formicolio di un piacere che non si esauriva immediatamente, ma si diffondeva in scie di calma lungo la spina dorsale. Viola si voltò sul fianco, accarezzandosi il viso con la mano libera. Sapeva che, entro pochi minuti, avrebbe ripreso a respirare con regolarità e che un dolce sonno l’avrebbe avvolta. E sapeva che, al risveglio, avrebbe trovato in se stessa una serenità che nessuna situazione esterna avrebbe potuto toglierle.
In quell’appagante silenzio, realizzò che ogni volta si riscopriva un po’ diversa, più sicura della propria capacità di volersi bene. Il piacere che provava era, in fondo, anche un atto di amore verso la propria anima, un riconoscimento di quanto il suo corpo fosse in grado di donarle gioia. Chiuse gli occhi con un sorriso, abbracciando il cuscino e accogliendo la notte come una compagna fedele, certa che il domani le avrebbe regalato nuove sfumature di consapevolezza.
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