Rinascere nel desiderio
di
LtMilligan
genere
masturbazione
Alice si svegliò come ogni mattina con un senso di vuoto accanto a sé. Da quando suo marito era mancato, quelle lenzuola fredde le ricordavano che non l’avrebbe più sentito rientrare la sera, poggiare la mano calda sulla sua schiena o soffiare un bacio leggero sulla nuca. L’assenza era diventata una costante, un rumore di fondo che non se ne andava mai davvero.
Tuttavia, con il passare dei mesi, Alice aveva compreso qualcosa di fondamentale: anche se il dolore la accompagnava, il suo corpo non smetteva di vivere. Sentiva ancora pulsare desideri e brividi, specialmente nelle notti più solitarie, quando l’insonnia la coglieva e la memoria si confondeva in un mix di ricordi dolci e amari. Aveva iniziato a provare un leggero senso di colpa quando si scopriva a pensare al piacere fisico, come se stesse tradendo la memoria del marito scomparso. Ma, passo dopo passo, stava imparando a fare i conti con quel bisogno insopprimibile: desiderava sentire di nuovo la vita correre tra le vene, e sapeva che l’unica strada possibile, al momento, era riscoprire da sola la propria sensualità.
Nel ripostiglio della camera da letto, dietro una fila di scatole che racchiudevano vecchi documenti e lettere, Alice conservava una piccola scatola di cartone lilla. Al suo interno, un assortimento di giocattoli erotici che lei e suo marito avevano iniziato a esplorare insieme, poco prima che la malattia lo portasse via. All’epoca, erano un modo per ravvivare le notti di passione, giocando con la confidenza e la complicità che li univa da tempo. Ora, quello stesso assortimento costituiva una sorta di ponte tra passato e futuro, un invito a non dimenticare ma anche a rinascere.
Fu proprio in una di quelle mattine malinconiche che decise di aprire la scatola lilla. Le mani tremavano lievemente, colte da una commistione di nostalgia e curiosità. Dentro, una serie di oggetti dalle forme sinuose, di colori diversi, dal viola al nero satinato. Vibratori di varie dimensioni, un plug ancora confezionato, un paio di manette imbottite che non aveva mai avuto modo di usare sul serio. E, in un angolo, un lubrificante a base d’acqua, preso chissà quando, ancora perfettamente sigillato.
Stringendone uno tra le mani, un vibratore cilindrico color lavanda, Alice si sentì avvolta da un brivido inaspettato. Era come guardare una reliquia di un tempo in cui lei e Marco – così si chiamava suo marito – ridevano a letto, sperimentavano, si cercavano senza pensieri. Ora, però, quell’oggetto sembrava volerle parlare di un’altra possibilità: riabbracciare una dimensione carnale anche senza un partner, senza di lui.
Rimise il vibratore nella scatola, richiudendola con cura. Sentiva che non era ancora il momento. Tuttavia, quel semplice gesto di toccare e contemplare i giocattoli fece germogliare in lei la prima scintilla di desiderio, un fremito leggero che durò tutto il giorno. Sbrigò le faccende di casa, mise in ordine la cucina e passò diverse ore al computer a lavorare da remoto, ma ogni tanto, la mente volava a quel cassetto e a quegli strumenti di piacere.
Verso sera, dopo una cena leggera, Alice si concesse una doccia calda. L’acqua le scivolava sulle spalle contratte, donandole una carezza rassicurante. Chiuse gli occhi, immaginando di sciogliere non solo la tensione muscolare, ma anche la malinconia che spesso le appesantiva il petto. Con un guizzo di determinazione, decise che quella sarebbe stata la notte in cui avrebbe tentato di onorare il proprio corpo, senza sensi di colpa.
Uscita dalla doccia, indossò una vestaglia di raso color crema, annodata in vita in modo lieve, lasciando che la scollatura fosse appena accennata. Si guardò allo specchio, come per prendere confidenza con la donna che aveva di fronte: i capelli ancora umidi, i fianchi morbidi, il seno generoso. Non si sentì particolarmente attraente, ma desiderò esserlo, almeno per se stessa.
Una volta in camera da letto, lasciò la luce principale spenta e accese solo una lampada dal paralume rosato. La penombra avvolse tutto in un alone intimo, quasi protettivo. Aprì con decisione il cassetto, estrasse la scatola lilla e, questa volta, non indugiò: prese il vibratore lavanda e il lubrificante, appoggiandoli sul copriletto. Sentì un tuffo al cuore, un misto di desiderio e timore di non essere pronta.
Si sedette sul bordo del letto, sfiorando la stoffa morbida della vestaglia. Pensò a Marco. Probabilmente avrebbe sorriso, incoraggiandola a seguire i suoi bisogni, a non incatenarsi al passato. Con questa idea, distese la schiena sui cuscini, piegando le ginocchia e allargando leggermente le cosce, scostando appena il tessuto per esporre la pelle nuda all’aria tiepida della stanza.
Iniziò con delicatezza: le sue mani, ancora leggermente umide, presero a esplorare con calma le curve dei fianchi e la linea del basso ventre. Cercava un contatto sereno, come se fosse la prima volta che si concedeva di accarezzarsi senza dover pensare a nulla, se non al piacere. Lentamente, un leggero calore iniziò a diffondersi sotto il suo ombelico. Senza interrompere il fluire delle sensazioni, spostò la vestaglia, sfilandola a metà, così da mettere a nudo i seni.
Le dita sfiorarono i capezzoli, ancora un po’ irrigiditi dal passaggio dalla doccia all’aria più fresca. Si soffermò in cerchi concentrici, premendo quel tanto che bastava per sentire una scarica lieve di desiderio. Un sospirò affiorò dalle sue labbra, quasi a testimoniare che sì, il corpo era vivo, reattivo.
Prese il tubetto di lubrificante, ne versò qualche goccia tra le dita e lo fece scivolare con cura fra le sue pieghe più intime, accertandosi di stendere un velo leggero ma uniforme. La sensazione era piacevole, setosa, e già quell’atto di preparazione la fece fremere. Spostò poi lo sguardo al vibratore lavanda, che fino a quel momento aveva riposato accanto a lei come un compagno silenzioso.
Quando lo azionò alla velocità più bassa, una vibrazione costante riempì l’aria di un ronzio discreto ma insistente. Poggiò il giocattolo all’esterno, senza penetrare, per abituarsi a quel contatto. Il contrasto tra il fresco del silicone e il suo tepore le fece inarcare la schiena di un soffio, mentre il respiro si faceva leggermente più rapido. Era una sensazione nuova, eppure familiare: ricordava quando Marco glielo passava sul pube per stuzzicarla, un gioco erotico che spesso sfociava in risate prima ancora che in piacere.
Ora, però, non c’erano risate, solo il battito sordo del suo cuore e il crescere di una tensione dolce. Spinse lentamente il vibratore verso la sua intimità, facendo scorrere la punta lungo le labbra e il clitoride, esplorando i propri confini. Ogni millimetro guadagnato regalava una scossa, come un fulmine di piacere che le faceva serrare le cosce.
Aumentò l’intensità di una tacca, e il ronzio crebbe di volume e potenza. Chiuse gli occhi, lasciando che la testa affondasse nel cuscino e la mente si concentrasse su quelle vibrazioni. Con la mano libera, continuò ad accarezzarsi i seni, giocando con i capezzoli, ora tesi come se bramassero ogni piccola sollecitazione. Sentiva il desiderio montare, i muscoli delle gambe contrarsi e rilassarsi al ritmo di quel sottile tormento che si faceva via via più forte.
A un certo punto, desiderò qualcosa di più incisivo, più profondo. Senza quasi rendersene conto, abbassò un altro pulsante sul vibratore, che iniziò a pulsare a intermittenza, alternando scosse decise a pause brevissime. Questo ritmo le provocò un gemito inaspettato e delizioso, un suono che si era quasi dimenticata di poter emettere. La mente si svuotò di tutto: del lutto, dei pensieri cupi, del lavoro, persino del senso di colpa. Rimase soltanto l’esigenza primordiale di lasciarsi andare.
Continuò per diversi minuti, sentendo che il corpo stava rincorrendo l’apice. Aprì appena le labbra, cercando aria, e con la mano libera aumentò la pressione sui seni, pizzicandosi i capezzoli in un misto di piccola sofferenza e piacere che si tramutò presto in un vortice denso di passione. Il cuore batteva all’impazzata, i polpacci si irrigidivano. Poi, all’improvviso, accadde: l’orgasmo la colse in un fiotto intenso, un’ondata di calore che la fece sussultare, quasi singhiozzare per l’euforia.
Era come se ogni cellula del suo corpo si fosse accesa in un lampo, e quell’esplosione continuava a riverberare, a pulsare dentro di lei. Lasciò il vibratore premuto ancora per qualche istante, prolungando la scossa, finché non sentì l’inevitabile necessità di arrestarsi e concedersi un momento di riposo. Spegnendolo, rimase con la mano abbandonata sulla pancia, ansimante, con goccioline di sudore che le imperlavano la fronte.
Il silenzio tornò ad avvolgere la camera da letto, ma non era più un silenzio di solitudine. Sembrava quasi pieno di una nuova vita, di un’energia che aleggiava sopra di lei. Per alcuni minuti, si limitò a respirare e a sorridere, con le palpebre chiuse, le gambe ancora leggermente aperte. Il sapore del suo stesso piacere era sulle labbra, e dentro di sé sentiva una gratitudine indefinita, quasi commovente.
Riaprì gli occhi, guardando il vibratore che giaceva lì, testimone silenzioso di quella piccola rinascita. Si chiese se fosse giusto continuare, regalarsi un secondo atto. La risposta arrivò spontanea: non c’era nessuna regola a impedirglielo. Passandosi la lingua sulle labbra, decise di metterlo da parte per un istante e prese uno dei dildo più grandi, rimasto a lungo inutilizzato nella scatola. Era un modello realistico, con venature e un aspetto vagamente intimidatorio.
In un primo momento, si sentì esitante: il ricordo del marito tornò a bussare. Marco era stato il suo primo e unico uomo, e inserire quel dildo le sembrò quasi un gesto di sfida. Ma, con la mente ancora inondata di endorfine, si disse che non stava rimpiazzando nessuno, ma soltanto riconoscendo i bisogni del proprio corpo.
Raggiunse nuovamente il lubrificante, questa volta applicandolo con gesti lenti, quasi cerimoniali, sul dildo. Ne versò un po’ anche su se stessa, spargendolo con cura dove sentiva il corpo caldo e umido. Avvicinò la punta del dildo alla sua apertura, respirando profondamente. Con un movimento graduale, iniziò a inserirlo, fermandosi a ogni fitta di tensione per dare tempo al suo corpo di abituarsi.
Era una sensazione diversa dal vibratore: più piena, più intensa, che simulava la penetrazione in modo realistico. Pian piano, si sentì riempita, e un nuovo brivido la attraversò. Mossi i primi colpi di anca contro il dildo, tenendolo con la mano destra, mentre la sinistra tornava a cercare il clitoride, umido e sensibile dopo il primo orgasmo. Ogni affondo le regalava un gemito, un sussurro, una scossa rapida.
Questa volta, l’orgasmo arrivò a ondate, senza lasciarle nemmeno il tempo di razionalizzare. Si ritrovò ad ansimare più forte, con i capelli che le ricadevano disordinati sul viso, mentre il corpo intero sembrava quasi tremare sotto la forza di un piacere prolungato. Lasciò che la testa scivolasse di lato, le cosce che serravano l’oggetto, quasi a volerlo accogliere ancora di più. Le contrazioni interne la fecero urlare un nome, forse quello di Marco, o forse era solo un verso incomprensibile. Non l’avrebbe mai saputo: in quell’istante era un tutt’uno con il suo corpo.
Quando infine si fermò, il dildo scivolò piano all’esterno, lasciandola con un senso di appagamento che non provava da mesi. Fece qualche respiro profondo, poi si tolse la vestaglia, ormai aggrovigliata intorno ai fianchi, e rimase nuda, in una quiete nuova. Sul viso le scorreva una lacrima, forse per la gioia, forse per il ricordo. Ma non sentiva più quel senso di colpa divorante: solo un profondo, autentico senso di liberazione.
Passò un tempo indefinito prima che si alzasse per ripulire i giocattoli. Li poggiò sul lavandino del bagno, accanto ai flaconi di sapone e shampoo, quasi come se fossero oggetti di uso quotidiano, e forse adesso lo sarebbero diventati davvero. Mentre li sciacquava con cura, osservò la propria immagine allo specchio. Vide una donna di trent’anni, con qualche ombra di tristezza negli occhi, ma anche con una luce diversa, una consapevolezza che prima non conosceva: la vita non si era fermata, e il suo corpo era ancora capace di dare e ricevere piacere.
Tornando in camera da letto, si infilò tra le lenzuola fresche. L’odore di sudore e umidità si mescolava a quello del lubrificante, ma a lei non dispiaceva: era il segno tangibile di un viaggio attraverso la riscoperta. Chiuse gli occhi, e un’immagine si fece strada nella sua mente: la silhouette di Marco che la guardava con un sorriso complice, come a dirle di continuare, di non avere paura.
Sotto quelle coperte, Alice si sentì più viva che mai. Non aveva sostituito suo marito: l’amore che aveva provato per lui era inestimabile, e la mancanza sarebbe rimasta. Ma in quella notte, nel battito accelerato del proprio cuore, aveva capito che il suo desiderio non era sbagliato, che non sminuiva niente di ciò che avevano condiviso. Anzi, era forse il modo più sincero di onorare la vita che, nonostante tutto, continuava a scorrere nelle sue vene.
Con un lento sorriso che le piegava le labbra, si abbandonò a un sonno sereno. Nel buio della stanza, la scatola lilla era ancora appoggiata sul comò, aperta. Al suo interno, i giocattoli ripuliti attendevano un nuovo capitolo, una nuova occasione per ricordarle che in ogni corpo c’è una sorgente di energia e piacere pronta a sgorgare, e che nemmeno la morte può spegnere davvero il fuoco di una donna pronta a rinascere nel proprio desiderio.
Tuttavia, con il passare dei mesi, Alice aveva compreso qualcosa di fondamentale: anche se il dolore la accompagnava, il suo corpo non smetteva di vivere. Sentiva ancora pulsare desideri e brividi, specialmente nelle notti più solitarie, quando l’insonnia la coglieva e la memoria si confondeva in un mix di ricordi dolci e amari. Aveva iniziato a provare un leggero senso di colpa quando si scopriva a pensare al piacere fisico, come se stesse tradendo la memoria del marito scomparso. Ma, passo dopo passo, stava imparando a fare i conti con quel bisogno insopprimibile: desiderava sentire di nuovo la vita correre tra le vene, e sapeva che l’unica strada possibile, al momento, era riscoprire da sola la propria sensualità.
Nel ripostiglio della camera da letto, dietro una fila di scatole che racchiudevano vecchi documenti e lettere, Alice conservava una piccola scatola di cartone lilla. Al suo interno, un assortimento di giocattoli erotici che lei e suo marito avevano iniziato a esplorare insieme, poco prima che la malattia lo portasse via. All’epoca, erano un modo per ravvivare le notti di passione, giocando con la confidenza e la complicità che li univa da tempo. Ora, quello stesso assortimento costituiva una sorta di ponte tra passato e futuro, un invito a non dimenticare ma anche a rinascere.
Fu proprio in una di quelle mattine malinconiche che decise di aprire la scatola lilla. Le mani tremavano lievemente, colte da una commistione di nostalgia e curiosità. Dentro, una serie di oggetti dalle forme sinuose, di colori diversi, dal viola al nero satinato. Vibratori di varie dimensioni, un plug ancora confezionato, un paio di manette imbottite che non aveva mai avuto modo di usare sul serio. E, in un angolo, un lubrificante a base d’acqua, preso chissà quando, ancora perfettamente sigillato.
Stringendone uno tra le mani, un vibratore cilindrico color lavanda, Alice si sentì avvolta da un brivido inaspettato. Era come guardare una reliquia di un tempo in cui lei e Marco – così si chiamava suo marito – ridevano a letto, sperimentavano, si cercavano senza pensieri. Ora, però, quell’oggetto sembrava volerle parlare di un’altra possibilità: riabbracciare una dimensione carnale anche senza un partner, senza di lui.
Rimise il vibratore nella scatola, richiudendola con cura. Sentiva che non era ancora il momento. Tuttavia, quel semplice gesto di toccare e contemplare i giocattoli fece germogliare in lei la prima scintilla di desiderio, un fremito leggero che durò tutto il giorno. Sbrigò le faccende di casa, mise in ordine la cucina e passò diverse ore al computer a lavorare da remoto, ma ogni tanto, la mente volava a quel cassetto e a quegli strumenti di piacere.
Verso sera, dopo una cena leggera, Alice si concesse una doccia calda. L’acqua le scivolava sulle spalle contratte, donandole una carezza rassicurante. Chiuse gli occhi, immaginando di sciogliere non solo la tensione muscolare, ma anche la malinconia che spesso le appesantiva il petto. Con un guizzo di determinazione, decise che quella sarebbe stata la notte in cui avrebbe tentato di onorare il proprio corpo, senza sensi di colpa.
Uscita dalla doccia, indossò una vestaglia di raso color crema, annodata in vita in modo lieve, lasciando che la scollatura fosse appena accennata. Si guardò allo specchio, come per prendere confidenza con la donna che aveva di fronte: i capelli ancora umidi, i fianchi morbidi, il seno generoso. Non si sentì particolarmente attraente, ma desiderò esserlo, almeno per se stessa.
Una volta in camera da letto, lasciò la luce principale spenta e accese solo una lampada dal paralume rosato. La penombra avvolse tutto in un alone intimo, quasi protettivo. Aprì con decisione il cassetto, estrasse la scatola lilla e, questa volta, non indugiò: prese il vibratore lavanda e il lubrificante, appoggiandoli sul copriletto. Sentì un tuffo al cuore, un misto di desiderio e timore di non essere pronta.
Si sedette sul bordo del letto, sfiorando la stoffa morbida della vestaglia. Pensò a Marco. Probabilmente avrebbe sorriso, incoraggiandola a seguire i suoi bisogni, a non incatenarsi al passato. Con questa idea, distese la schiena sui cuscini, piegando le ginocchia e allargando leggermente le cosce, scostando appena il tessuto per esporre la pelle nuda all’aria tiepida della stanza.
Iniziò con delicatezza: le sue mani, ancora leggermente umide, presero a esplorare con calma le curve dei fianchi e la linea del basso ventre. Cercava un contatto sereno, come se fosse la prima volta che si concedeva di accarezzarsi senza dover pensare a nulla, se non al piacere. Lentamente, un leggero calore iniziò a diffondersi sotto il suo ombelico. Senza interrompere il fluire delle sensazioni, spostò la vestaglia, sfilandola a metà, così da mettere a nudo i seni.
Le dita sfiorarono i capezzoli, ancora un po’ irrigiditi dal passaggio dalla doccia all’aria più fresca. Si soffermò in cerchi concentrici, premendo quel tanto che bastava per sentire una scarica lieve di desiderio. Un sospirò affiorò dalle sue labbra, quasi a testimoniare che sì, il corpo era vivo, reattivo.
Prese il tubetto di lubrificante, ne versò qualche goccia tra le dita e lo fece scivolare con cura fra le sue pieghe più intime, accertandosi di stendere un velo leggero ma uniforme. La sensazione era piacevole, setosa, e già quell’atto di preparazione la fece fremere. Spostò poi lo sguardo al vibratore lavanda, che fino a quel momento aveva riposato accanto a lei come un compagno silenzioso.
Quando lo azionò alla velocità più bassa, una vibrazione costante riempì l’aria di un ronzio discreto ma insistente. Poggiò il giocattolo all’esterno, senza penetrare, per abituarsi a quel contatto. Il contrasto tra il fresco del silicone e il suo tepore le fece inarcare la schiena di un soffio, mentre il respiro si faceva leggermente più rapido. Era una sensazione nuova, eppure familiare: ricordava quando Marco glielo passava sul pube per stuzzicarla, un gioco erotico che spesso sfociava in risate prima ancora che in piacere.
Ora, però, non c’erano risate, solo il battito sordo del suo cuore e il crescere di una tensione dolce. Spinse lentamente il vibratore verso la sua intimità, facendo scorrere la punta lungo le labbra e il clitoride, esplorando i propri confini. Ogni millimetro guadagnato regalava una scossa, come un fulmine di piacere che le faceva serrare le cosce.
Aumentò l’intensità di una tacca, e il ronzio crebbe di volume e potenza. Chiuse gli occhi, lasciando che la testa affondasse nel cuscino e la mente si concentrasse su quelle vibrazioni. Con la mano libera, continuò ad accarezzarsi i seni, giocando con i capezzoli, ora tesi come se bramassero ogni piccola sollecitazione. Sentiva il desiderio montare, i muscoli delle gambe contrarsi e rilassarsi al ritmo di quel sottile tormento che si faceva via via più forte.
A un certo punto, desiderò qualcosa di più incisivo, più profondo. Senza quasi rendersene conto, abbassò un altro pulsante sul vibratore, che iniziò a pulsare a intermittenza, alternando scosse decise a pause brevissime. Questo ritmo le provocò un gemito inaspettato e delizioso, un suono che si era quasi dimenticata di poter emettere. La mente si svuotò di tutto: del lutto, dei pensieri cupi, del lavoro, persino del senso di colpa. Rimase soltanto l’esigenza primordiale di lasciarsi andare.
Continuò per diversi minuti, sentendo che il corpo stava rincorrendo l’apice. Aprì appena le labbra, cercando aria, e con la mano libera aumentò la pressione sui seni, pizzicandosi i capezzoli in un misto di piccola sofferenza e piacere che si tramutò presto in un vortice denso di passione. Il cuore batteva all’impazzata, i polpacci si irrigidivano. Poi, all’improvviso, accadde: l’orgasmo la colse in un fiotto intenso, un’ondata di calore che la fece sussultare, quasi singhiozzare per l’euforia.
Era come se ogni cellula del suo corpo si fosse accesa in un lampo, e quell’esplosione continuava a riverberare, a pulsare dentro di lei. Lasciò il vibratore premuto ancora per qualche istante, prolungando la scossa, finché non sentì l’inevitabile necessità di arrestarsi e concedersi un momento di riposo. Spegnendolo, rimase con la mano abbandonata sulla pancia, ansimante, con goccioline di sudore che le imperlavano la fronte.
Il silenzio tornò ad avvolgere la camera da letto, ma non era più un silenzio di solitudine. Sembrava quasi pieno di una nuova vita, di un’energia che aleggiava sopra di lei. Per alcuni minuti, si limitò a respirare e a sorridere, con le palpebre chiuse, le gambe ancora leggermente aperte. Il sapore del suo stesso piacere era sulle labbra, e dentro di sé sentiva una gratitudine indefinita, quasi commovente.
Riaprì gli occhi, guardando il vibratore che giaceva lì, testimone silenzioso di quella piccola rinascita. Si chiese se fosse giusto continuare, regalarsi un secondo atto. La risposta arrivò spontanea: non c’era nessuna regola a impedirglielo. Passandosi la lingua sulle labbra, decise di metterlo da parte per un istante e prese uno dei dildo più grandi, rimasto a lungo inutilizzato nella scatola. Era un modello realistico, con venature e un aspetto vagamente intimidatorio.
In un primo momento, si sentì esitante: il ricordo del marito tornò a bussare. Marco era stato il suo primo e unico uomo, e inserire quel dildo le sembrò quasi un gesto di sfida. Ma, con la mente ancora inondata di endorfine, si disse che non stava rimpiazzando nessuno, ma soltanto riconoscendo i bisogni del proprio corpo.
Raggiunse nuovamente il lubrificante, questa volta applicandolo con gesti lenti, quasi cerimoniali, sul dildo. Ne versò un po’ anche su se stessa, spargendolo con cura dove sentiva il corpo caldo e umido. Avvicinò la punta del dildo alla sua apertura, respirando profondamente. Con un movimento graduale, iniziò a inserirlo, fermandosi a ogni fitta di tensione per dare tempo al suo corpo di abituarsi.
Era una sensazione diversa dal vibratore: più piena, più intensa, che simulava la penetrazione in modo realistico. Pian piano, si sentì riempita, e un nuovo brivido la attraversò. Mossi i primi colpi di anca contro il dildo, tenendolo con la mano destra, mentre la sinistra tornava a cercare il clitoride, umido e sensibile dopo il primo orgasmo. Ogni affondo le regalava un gemito, un sussurro, una scossa rapida.
Questa volta, l’orgasmo arrivò a ondate, senza lasciarle nemmeno il tempo di razionalizzare. Si ritrovò ad ansimare più forte, con i capelli che le ricadevano disordinati sul viso, mentre il corpo intero sembrava quasi tremare sotto la forza di un piacere prolungato. Lasciò che la testa scivolasse di lato, le cosce che serravano l’oggetto, quasi a volerlo accogliere ancora di più. Le contrazioni interne la fecero urlare un nome, forse quello di Marco, o forse era solo un verso incomprensibile. Non l’avrebbe mai saputo: in quell’istante era un tutt’uno con il suo corpo.
Quando infine si fermò, il dildo scivolò piano all’esterno, lasciandola con un senso di appagamento che non provava da mesi. Fece qualche respiro profondo, poi si tolse la vestaglia, ormai aggrovigliata intorno ai fianchi, e rimase nuda, in una quiete nuova. Sul viso le scorreva una lacrima, forse per la gioia, forse per il ricordo. Ma non sentiva più quel senso di colpa divorante: solo un profondo, autentico senso di liberazione.
Passò un tempo indefinito prima che si alzasse per ripulire i giocattoli. Li poggiò sul lavandino del bagno, accanto ai flaconi di sapone e shampoo, quasi come se fossero oggetti di uso quotidiano, e forse adesso lo sarebbero diventati davvero. Mentre li sciacquava con cura, osservò la propria immagine allo specchio. Vide una donna di trent’anni, con qualche ombra di tristezza negli occhi, ma anche con una luce diversa, una consapevolezza che prima non conosceva: la vita non si era fermata, e il suo corpo era ancora capace di dare e ricevere piacere.
Tornando in camera da letto, si infilò tra le lenzuola fresche. L’odore di sudore e umidità si mescolava a quello del lubrificante, ma a lei non dispiaceva: era il segno tangibile di un viaggio attraverso la riscoperta. Chiuse gli occhi, e un’immagine si fece strada nella sua mente: la silhouette di Marco che la guardava con un sorriso complice, come a dirle di continuare, di non avere paura.
Sotto quelle coperte, Alice si sentì più viva che mai. Non aveva sostituito suo marito: l’amore che aveva provato per lui era inestimabile, e la mancanza sarebbe rimasta. Ma in quella notte, nel battito accelerato del proprio cuore, aveva capito che il suo desiderio non era sbagliato, che non sminuiva niente di ciò che avevano condiviso. Anzi, era forse il modo più sincero di onorare la vita che, nonostante tutto, continuava a scorrere nelle sue vene.
Con un lento sorriso che le piegava le labbra, si abbandonò a un sonno sereno. Nel buio della stanza, la scatola lilla era ancora appoggiata sul comò, aperta. Al suo interno, i giocattoli ripuliti attendevano un nuovo capitolo, una nuova occasione per ricordarle che in ogni corpo c’è una sorgente di energia e piacere pronta a sgorgare, e che nemmeno la morte può spegnere davvero il fuoco di una donna pronta a rinascere nel proprio desiderio.
2
voti
voti
valutazione
6
6
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Nel silenzio del desiderio - Capitolo 2/2racconto sucessivo
Inaspettate vibrazioni di una fiamma condivisa
Commenti dei lettori al racconto erotico