Torre in H5: sesso matto - Capitolo 7
di
LtMilligan
genere
etero
Luigi aveva voglia di qualcosa di diverso.
Non la sfida di una donna sicura di sé. Non un corpo scolpito, abituato agli sguardi degli uomini.
Questa volta voleva carne.
Morbida, abbondante, insicura.
Una ragazza che non si aspettava di essere desiderata, che arrossiva quando veniva guardata troppo a lungo, che non sapeva ancora cosa significasse essere spogliata da mani esperte.
Fu così che notò Giulia.
Era seduta sola a un tavolo di un bar, gli occhi bassi sul telefono, i capelli castani che le ricadevano sulle spalle in un taglio semplice, senza pretese. Indossava un maglione largo, troppo grande per il suo corpo formoso, e un paio di jeans che coprivano più di quanto rivelassero.
Non era bella. O almeno, non nel senso convenzionale del termine.
Ma aveva un seno incredibile, due curve piene che il maglione cercava invano di nascondere. E Luigi sapeva che sotto quella timidezza c’era un desiderio inesplorato che non aspettava altro che essere risvegliato.
Perfetta.
Primo movimento: farla sentire scelta.
Si avvicinò con passo rilassato, senza fretta. Giulia era talmente assorta da non accorgersi subito della sua presenza.
«Dovresti smettere di guardarlo come se ti dovesse parlare.»
Lei sobbalzò, sollevando lo sguardo.
«Cosa?»
Luigi accennò un sorriso, indicando il suo telefono. «Quello. Hai lo sguardo di chi aspetta un messaggio che non arriverà.»
Giulia si affrettò a bloccare lo schermo, stringendolo tra le mani come se lui avesse appena scoperto un segreto inconfessabile.
«Non è vero…»
«Oh, lo è.» Luigi si sedette di fronte a lei senza chiedere il permesso. «Ma ora hai la mia attenzione, e fidati, è molto meglio di qualunque messaggio tu potessi ricevere.»
Giulia arrossì violentemente.
Prevedibile. Perfetto.
Secondo movimento: costruire la dipendenza.
I giorni successivi furono un crescendo di attenzioni mirate. Piccoli gesti che la facevano sentire importante, scelta, desiderata.
Messaggi improvvisi. Complimenti appena sussurrati, sempre un po’ ambigui, sempre abbastanza da farle venire voglia di sentirne di più.
Una sera, Luigi la invitò a bere qualcosa.
Giulia accettò, esitante, visibilmente nervosa.
«Non esco molto…» ammise mentre sedevano a un tavolo appartato.
Luigi la osservò con curiosità. «Perché?»
Lei abbassò lo sguardo. «Non sono il tipo di ragazza che la gente nota.»
Luigi sorrise, inclinando la testa. «Eppure io ti ho notata.»
La vide tremare leggermente, come se quelle parole avessero colpito un punto troppo sensibile.
Si stava già arrendendo.
Terzo movimento: la prima notte.
Fu lui a baciarla per primo, nel buio di una strada poco affollata.
Sentì il suo respiro bloccarsi, la tensione nel suo corpo mentre le sue mani esitavano su di lui, senza sapere se fosse giusto toccarlo.
«Rilassati,» sussurrò contro le sue labbra, guidandola con la sicurezza di chi aveva già vinto.
Lei si abbandonò.
Quando la portò nel suo appartamento, Giulia sembrava in bilico tra l’eccitazione e la paura.
Luigi la fece sedere sul letto, le prese il viso tra le mani e la baciò lentamente, lasciando che si abituasse al suo ritmo, alla sua presenza.
Poi, con una calma esasperante, le sfilò il maglione.
La vide trattenere il respiro quando il suo sguardo si posò sul suo corpo. Il reggiseno a stento conteneva i suoi seni abbondanti, la pelle morbida che fremeva sotto le sue dita.
«Sei bellissima.»
Lei chiuse gli occhi, quasi incapace di credere a quelle parole.
Luigi sorrise tra sé. Era esattamente dove la voleva.
Quella notte fu un’esplorazione lenta e sensuale. Luigi la fece tremare, la fece scoprire parti di sé che non sapeva nemmeno di avere. Ogni carezza, ogni bacio, ogni affondo era studiato per farla perdere completamente nel piacere.
E quando tutto finì, Giulia rimase rannicchiata contro di lui, il respiro ancora incerto, gli occhi lucidi.
Ultimo movimento: iniziare il gioco della dipendenza.
Il giorno dopo, nessun messaggio da parte sua.
Il giorno dopo ancora, lo stesso silenzio.
Giulia si stava già chiedendo se fosse stato solo un sogno.
Ma quando il suo telefono finalmente vibrò, il cuore le saltò in gola.
Luigi: L’altra notte avevi un sapore incredibile.
Sorrise, stringendo il telefono tra le mani.
Era fatta.
Messaggio in arrivo.
Alessia: Ti manca il gioco con me?
Luigi fissò lo schermo per qualche secondo, poi digitò una risposta lenta, calcolata.
Luigi: Il gioco non è mai finito.
Pochi secondi e apparve la notifica. Messaggio visualizzato.
Nessuna risposta.
Alessia continuava a stuzzicarlo, a lanciargli ami senza mai concedergli di tirare la lenza.
Ma per ora, c’era Giulia.
Timida. Insicura. Facile da amare. Facile da spezzare.
E Luigi aveva tutta l’intenzione di portarla fino in fondo, fino a quel momento inevitabile in cui lei avrebbe avuto bisogno di lui più di qualsiasi altra cosa.
Per poi sparire.
Ma non ancora.
C’era ancora molto da insegnarle.
Non la sfida di una donna sicura di sé. Non un corpo scolpito, abituato agli sguardi degli uomini.
Questa volta voleva carne.
Morbida, abbondante, insicura.
Una ragazza che non si aspettava di essere desiderata, che arrossiva quando veniva guardata troppo a lungo, che non sapeva ancora cosa significasse essere spogliata da mani esperte.
Fu così che notò Giulia.
Era seduta sola a un tavolo di un bar, gli occhi bassi sul telefono, i capelli castani che le ricadevano sulle spalle in un taglio semplice, senza pretese. Indossava un maglione largo, troppo grande per il suo corpo formoso, e un paio di jeans che coprivano più di quanto rivelassero.
Non era bella. O almeno, non nel senso convenzionale del termine.
Ma aveva un seno incredibile, due curve piene che il maglione cercava invano di nascondere. E Luigi sapeva che sotto quella timidezza c’era un desiderio inesplorato che non aspettava altro che essere risvegliato.
Perfetta.
Primo movimento: farla sentire scelta.
Si avvicinò con passo rilassato, senza fretta. Giulia era talmente assorta da non accorgersi subito della sua presenza.
«Dovresti smettere di guardarlo come se ti dovesse parlare.»
Lei sobbalzò, sollevando lo sguardo.
«Cosa?»
Luigi accennò un sorriso, indicando il suo telefono. «Quello. Hai lo sguardo di chi aspetta un messaggio che non arriverà.»
Giulia si affrettò a bloccare lo schermo, stringendolo tra le mani come se lui avesse appena scoperto un segreto inconfessabile.
«Non è vero…»
«Oh, lo è.» Luigi si sedette di fronte a lei senza chiedere il permesso. «Ma ora hai la mia attenzione, e fidati, è molto meglio di qualunque messaggio tu potessi ricevere.»
Giulia arrossì violentemente.
Prevedibile. Perfetto.
Secondo movimento: costruire la dipendenza.
I giorni successivi furono un crescendo di attenzioni mirate. Piccoli gesti che la facevano sentire importante, scelta, desiderata.
Messaggi improvvisi. Complimenti appena sussurrati, sempre un po’ ambigui, sempre abbastanza da farle venire voglia di sentirne di più.
Una sera, Luigi la invitò a bere qualcosa.
Giulia accettò, esitante, visibilmente nervosa.
«Non esco molto…» ammise mentre sedevano a un tavolo appartato.
Luigi la osservò con curiosità. «Perché?»
Lei abbassò lo sguardo. «Non sono il tipo di ragazza che la gente nota.»
Luigi sorrise, inclinando la testa. «Eppure io ti ho notata.»
La vide tremare leggermente, come se quelle parole avessero colpito un punto troppo sensibile.
Si stava già arrendendo.
Terzo movimento: la prima notte.
Fu lui a baciarla per primo, nel buio di una strada poco affollata.
Sentì il suo respiro bloccarsi, la tensione nel suo corpo mentre le sue mani esitavano su di lui, senza sapere se fosse giusto toccarlo.
«Rilassati,» sussurrò contro le sue labbra, guidandola con la sicurezza di chi aveva già vinto.
Lei si abbandonò.
Quando la portò nel suo appartamento, Giulia sembrava in bilico tra l’eccitazione e la paura.
Luigi la fece sedere sul letto, le prese il viso tra le mani e la baciò lentamente, lasciando che si abituasse al suo ritmo, alla sua presenza.
Poi, con una calma esasperante, le sfilò il maglione.
La vide trattenere il respiro quando il suo sguardo si posò sul suo corpo. Il reggiseno a stento conteneva i suoi seni abbondanti, la pelle morbida che fremeva sotto le sue dita.
«Sei bellissima.»
Lei chiuse gli occhi, quasi incapace di credere a quelle parole.
Luigi sorrise tra sé. Era esattamente dove la voleva.
Quella notte fu un’esplorazione lenta e sensuale. Luigi la fece tremare, la fece scoprire parti di sé che non sapeva nemmeno di avere. Ogni carezza, ogni bacio, ogni affondo era studiato per farla perdere completamente nel piacere.
E quando tutto finì, Giulia rimase rannicchiata contro di lui, il respiro ancora incerto, gli occhi lucidi.
Ultimo movimento: iniziare il gioco della dipendenza.
Il giorno dopo, nessun messaggio da parte sua.
Il giorno dopo ancora, lo stesso silenzio.
Giulia si stava già chiedendo se fosse stato solo un sogno.
Ma quando il suo telefono finalmente vibrò, il cuore le saltò in gola.
Luigi: L’altra notte avevi un sapore incredibile.
Sorrise, stringendo il telefono tra le mani.
Era fatta.
Messaggio in arrivo.
Alessia: Ti manca il gioco con me?
Luigi fissò lo schermo per qualche secondo, poi digitò una risposta lenta, calcolata.
Luigi: Il gioco non è mai finito.
Pochi secondi e apparve la notifica. Messaggio visualizzato.
Nessuna risposta.
Alessia continuava a stuzzicarlo, a lanciargli ami senza mai concedergli di tirare la lenza.
Ma per ora, c’era Giulia.
Timida. Insicura. Facile da amare. Facile da spezzare.
E Luigi aveva tutta l’intenzione di portarla fino in fondo, fino a quel momento inevitabile in cui lei avrebbe avuto bisogno di lui più di qualsiasi altra cosa.
Per poi sparire.
Ma non ancora.
C’era ancora molto da insegnarle.
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