Torre in H5: sesso matto - Capitolo 6

di
genere
etero

Luigi aveva sempre pensato che ogni conquista fosse un’esperienza a sé. Nessuna donna era uguale all’altra, nessuna aveva lo stesso sapore, la stessa energia, la stessa reazione quando lui decideva che era finita.
Eppure, con Alessia, non riusciva a scrollarsi di dosso quella fastidiosa sensazione di incompiutezza.
Non perché si fosse affezionato.
No.
Era per come era finita.
Senza una rottura vera e propria, senza una vittoria netta.
Luigi non era abituato a questo. Non era abituato a guardare il telefono e sentire quel vago impulso di scriverle, solo per il gusto di capire se lei si aspettava che lo facesse.
Ma non lo fece.
Era un cacciatore, e i cacciatori non si voltano indietro.
Primo movimento: eliminare il passato.
La sera in cui decise di chiudere il capitolo Alessia, uscì con gli amici. Non aveva bisogno di consigli o distrazioni, ma serviva un pretesto per buttarsi di nuovo nel gioco senza sembrare affamato.
Il locale era affollato, la musica pompava nelle casse con un ritmo avvolgente, l’aria era satura di alcol e aspettative. Luigi si mosse con la solita sicurezza, lasciando che fosse il mondo a girargli intorno.
Occhi puntati su di lui, sorrisi lanciati da angoli della sala, corpi che si muovevano nel linguaggio universale della seduzione.
Aveva solo l’imbarazzo della scelta.
Secondo movimento: una nuova preda.
Alla fine, si fermò su di lei.
Capelli biondi, un vestito che lasciava poco all’immaginazione, una postura che parlava chiaro: voleva essere notata. Ma non era solo il corpo a renderla interessante.
Era lo sguardo.
Sfrontato, consapevole.
Una donna che sapeva di essere attraente e non aveva paura di dimostrarlo.
Perfetta per quella sera.
Luigi si avvicinò, senza fretta. Le passò accanto al bancone, fingendo di ignorarla. Le lasciò il tempo di notarlo, di percepirlo, di volerlo.
E funzionò.
Pochi minuti dopo, fu lei a cercarlo con lo sguardo.
Terzo movimento: lasciare che sia lei a pensare di aver scelto.
«Sei sempre così serio?» chiese lei, inclinando la testa mentre sorseggiava il cocktail.
Luigi sorrise, prendendosi un istante prima di rispondere.
«Solo quando il gioco diventa interessante.»
Lei rise piano, un suono leggermente stordito dall’alcol.
«E lo è?»
Luigi la osservò per un lungo istante, lasciando che la tensione si insinuasse tra loro come una fiamma lenta. Poi si avvicinò, riducendo lo spazio tra i loro corpi.
«Sta per diventarlo.»
Ultimo movimento: il ritorno alla normalità.
Non ci fu alcun dubbio su come sarebbe finita la serata.
La portò da lui, senza neanche il bisogno di troppe parole.
La spogliò appena entrati nell’appartamento, lasciando che gli abiti cadessero uno dopo l’altro lungo il pavimento.
Fu sesso puro, senza implicazioni, senza giochi mentali. Lei si lasciò prendere senza resistenza, si arrese al suo dominio, seguendo ogni movimento come se non aspettasse altro.
Era semplice. Senza complicazioni.
Eppure, quando tutto finì e Luigi rimase sdraiato sul letto, con il corpo ancora scaldato dall’adrenalina, si rese conto che qualcosa era diverso.
Non c’era l’euforia della vittoria.
Non c’era la soddisfazione di aver giocato bene.
Non c’era… niente.
Si girò a guardare la ragazza accanto a lui. Dormiva già, il respiro lento, un braccio abbandonato sopra il lenzuolo.
Era stata perfetta, esattamente quello di cui aveva bisogno.
E allora perché sentiva ancora quell’amaro in bocca?
Si passò una mano tra i capelli, sospirando. Poi si alzò, si infilò i jeans e andò in cucina a bersi un bicchiere d’acqua.
Il telefono vibrò sul tavolo.
Un messaggio.
Alessia: Hai già trovato qualcun’altra?
Luigi rimase immobile, il bicchiere a mezz’aria.
Poi sorrise.
La partita non era ancora finita.
scritto il
2025-03-03
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