Torre in H5: sesso matto - Capitolo 11
di
LtMilligan
genere
etero
Luigi non aveva mai avuto bisogno di spiegazioni.
Le donne entravano ed uscivano dalla sua vita senza lasciare traccia. Un gioco di conquista, sesso e addio.
Sapeva esattamente quando avvicinarsi e quando andarsene, quando nutrire un’illusione e quando spezzarla senza rimorsi. Era sempre stato lui a decidere.
Ma con Alessia era diverso.
Non perché provasse qualcosa per lei.
Non perché fosse speciale.
Ma perché non era mai davvero uscita dalla sua vita.
Non l’aveva cercata, non aveva voluto rivederla. Eppure, c’era sempre stata. Nei messaggi pungenti, negli incontri casuali che forse non erano mai stati casuali, nel modo in cui sembrava osservarlo anche da lontano.
E questo non gli piaceva.
Non era lui a dover rincorrere.
Quella sera, quando varcò la soglia del suo appartamento, non era lì per il sesso.
Voleva risposte.
E per la prima volta, sentiva di non essere certo di quello che avrebbe trovato.
Primo movimento: il mondo di Alessia.
Luigi conosceva già quell’appartamento.
C’era stato più di una volta, eppure, mentre attraversava la soglia quella sera, si rese conto che non lo conosceva affatto.
Fino a quel momento, la sua mente era stata focalizzata solo su di lei. Sul suo corpo, sul modo in cui si muoveva, sul tono della sua voce quando parlava o quando gemeva piano.
Ma ora, per la prima volta, notò i dettagli.
Le pareti non erano anonime, come le aveva sempre percepite. Erano di un bianco caldo, leggermente avorio, e sulle mensole erano posati libri senza un ordine apparente, alcuni con le pagine leggermente arricciate, segno che erano stati letti e riletti più volte.
Sul tavolino basso, accanto a una bottiglia di vino a metà, c’era un mazzo di tarocchi. Non un semplice mazzo decorativo, ma carte consumate, con gli angoli leggermente usurati dal tempo e dall’uso.
Luigi inarcò un sopracciglio.
«Non ti facevo il tipo da esoterismo.»
Alessia si avvicinò al tavolo con un sorriso enigmatico. Sollevò una carta a caso, la fece girare tra le dita, poi la posò davanti a lui.
Il Matto.
Luigi rise piano. «Sarebbe?»
«Il viaggiatore,» spiegò lei, accarezzando il bordo della carta. «colui che si muove senza una meta, senza legami. Un eterno inizio senza mai una fine.»
Il modo in cui lo guardava mentre parlava non lasciava dubbi. Stava parlando di lui.
Luigi lasciò cadere lo sguardo sulla carta, poi percorse la stanza con gli occhi, notando altri dettagli che gli erano sempre sfuggiti.
Sul mobile accanto alla finestra c’era una collezione di profumi. Flaconi di ogni forma e colore, alcuni di marchi che riconosceva, altri senza etichetta, come se fossero creazioni artigianali.
Ogni cosa in quella casa aveva un significato.
E per la prima volta, Luigi si chiese quanto davvero sapesse di Alessia.
Secondo movimento: la confessione.
Lei lo studiava, come se si godesse il fatto che lui, per la prima volta, stesse osservando davvero.
«Volevi parlarmi, no?» Alessia prese il bicchiere di vino e si sedette sulla poltrona di fronte a lui. «Dimmi, Luigi. Qual è la domanda che non ti fa dormire?»
Luigi si appoggiò al divano, incrociando le mani dietro la testa. «Voglio sapere perché giochi.»
«E se non fosse un gioco?»
«Lo è sempre.»
Alessia sorrise, portandosi il bicchiere alle labbra. «Dici questo perché ti fa comodo. Ma dimmi, ti sei mai chiesto cosa provano le donne che lasci?»
Luigi rimase impassibile. «So esattamente cosa provano.»
«No.» Lei posò il bicchiere e si sporse leggermente in avanti. «Sai esattamente cosa vuoi che provino.»
Silenzio.
Poi Alessia si alzò in piedi e si tolse lentamente la giacca di seta che le scivolò lungo le spalle.
«All’inizio ero come loro.» La sua voce si abbassò, ipnotica. «Sono caduta nella tua rete. Ti ho voluto. Ti ho desiderato. E poi, proprio quando pensavo di averti capito, sei sparito.»
Fece qualche passo verso di lui, le mani che scorrevano lungo i bottoni del vestito.
«E sai cosa ho scoperto, Luigi?»
Lasciò cadere il tessuto a terra, rimanendo in lingerie.
«Che non sei perfetto.»
Si avvicinò ancora, le dita che si abbassarono lungo il ventre, più in basso, accarezzandosi con una lentezza esasperante.
Terzo movimento: il corpo come arma.
Alessia gemeva piano, lo guardava con occhi carichi di malizia, completamente aperta davanti a lui, provocandolo a fare la sua prossima mossa.
E Luigi sentiva che avrebbe dovuto prenderla.
Che in qualsiasi altra situazione l’avrebbe già fatta sua, senza esitazioni.
Ma c’era qualcosa di diverso.
La stanza era troppo reale.
I libri, i tarocchi, i profumi. Tutto parlava di lei in un modo che il suo corpo non poteva fare.
E improvvisamente, il sesso sembrò banale.
Meccanico.
Alessia era salita sulle sue gambe, lo baciava con foga, si strusciava contro di lui con una fame che fino a quel momento era stata solo sottintesa.
Eppure, Luigi non reagiva.
Il suo corpo diceva di sì.
La sua mente diceva di no.
Il suo istinto lo bloccava.
Perché stavolta non era solo sesso.
Perché Alessia non era come tutte le altre.
Perché, per la prima volta, non era lui a controllare.
E prima ancora che lei potesse dire qualcosa, la scostò.
Si alzò, si ricompose.
Nessuna spiegazione.
Nessuna parola.
Alessia lo guardò, il petto che si sollevava e si abbassava velocemente per il desiderio interrotto.
«Luigi…?»
Lui prese la giacca.
Si voltò.
E se ne andò.
Senza voltarsi.
Le donne entravano ed uscivano dalla sua vita senza lasciare traccia. Un gioco di conquista, sesso e addio.
Sapeva esattamente quando avvicinarsi e quando andarsene, quando nutrire un’illusione e quando spezzarla senza rimorsi. Era sempre stato lui a decidere.
Ma con Alessia era diverso.
Non perché provasse qualcosa per lei.
Non perché fosse speciale.
Ma perché non era mai davvero uscita dalla sua vita.
Non l’aveva cercata, non aveva voluto rivederla. Eppure, c’era sempre stata. Nei messaggi pungenti, negli incontri casuali che forse non erano mai stati casuali, nel modo in cui sembrava osservarlo anche da lontano.
E questo non gli piaceva.
Non era lui a dover rincorrere.
Quella sera, quando varcò la soglia del suo appartamento, non era lì per il sesso.
Voleva risposte.
E per la prima volta, sentiva di non essere certo di quello che avrebbe trovato.
Primo movimento: il mondo di Alessia.
Luigi conosceva già quell’appartamento.
C’era stato più di una volta, eppure, mentre attraversava la soglia quella sera, si rese conto che non lo conosceva affatto.
Fino a quel momento, la sua mente era stata focalizzata solo su di lei. Sul suo corpo, sul modo in cui si muoveva, sul tono della sua voce quando parlava o quando gemeva piano.
Ma ora, per la prima volta, notò i dettagli.
Le pareti non erano anonime, come le aveva sempre percepite. Erano di un bianco caldo, leggermente avorio, e sulle mensole erano posati libri senza un ordine apparente, alcuni con le pagine leggermente arricciate, segno che erano stati letti e riletti più volte.
Sul tavolino basso, accanto a una bottiglia di vino a metà, c’era un mazzo di tarocchi. Non un semplice mazzo decorativo, ma carte consumate, con gli angoli leggermente usurati dal tempo e dall’uso.
Luigi inarcò un sopracciglio.
«Non ti facevo il tipo da esoterismo.»
Alessia si avvicinò al tavolo con un sorriso enigmatico. Sollevò una carta a caso, la fece girare tra le dita, poi la posò davanti a lui.
Il Matto.
Luigi rise piano. «Sarebbe?»
«Il viaggiatore,» spiegò lei, accarezzando il bordo della carta. «colui che si muove senza una meta, senza legami. Un eterno inizio senza mai una fine.»
Il modo in cui lo guardava mentre parlava non lasciava dubbi. Stava parlando di lui.
Luigi lasciò cadere lo sguardo sulla carta, poi percorse la stanza con gli occhi, notando altri dettagli che gli erano sempre sfuggiti.
Sul mobile accanto alla finestra c’era una collezione di profumi. Flaconi di ogni forma e colore, alcuni di marchi che riconosceva, altri senza etichetta, come se fossero creazioni artigianali.
Ogni cosa in quella casa aveva un significato.
E per la prima volta, Luigi si chiese quanto davvero sapesse di Alessia.
Secondo movimento: la confessione.
Lei lo studiava, come se si godesse il fatto che lui, per la prima volta, stesse osservando davvero.
«Volevi parlarmi, no?» Alessia prese il bicchiere di vino e si sedette sulla poltrona di fronte a lui. «Dimmi, Luigi. Qual è la domanda che non ti fa dormire?»
Luigi si appoggiò al divano, incrociando le mani dietro la testa. «Voglio sapere perché giochi.»
«E se non fosse un gioco?»
«Lo è sempre.»
Alessia sorrise, portandosi il bicchiere alle labbra. «Dici questo perché ti fa comodo. Ma dimmi, ti sei mai chiesto cosa provano le donne che lasci?»
Luigi rimase impassibile. «So esattamente cosa provano.»
«No.» Lei posò il bicchiere e si sporse leggermente in avanti. «Sai esattamente cosa vuoi che provino.»
Silenzio.
Poi Alessia si alzò in piedi e si tolse lentamente la giacca di seta che le scivolò lungo le spalle.
«All’inizio ero come loro.» La sua voce si abbassò, ipnotica. «Sono caduta nella tua rete. Ti ho voluto. Ti ho desiderato. E poi, proprio quando pensavo di averti capito, sei sparito.»
Fece qualche passo verso di lui, le mani che scorrevano lungo i bottoni del vestito.
«E sai cosa ho scoperto, Luigi?»
Lasciò cadere il tessuto a terra, rimanendo in lingerie.
«Che non sei perfetto.»
Si avvicinò ancora, le dita che si abbassarono lungo il ventre, più in basso, accarezzandosi con una lentezza esasperante.
Terzo movimento: il corpo come arma.
Alessia gemeva piano, lo guardava con occhi carichi di malizia, completamente aperta davanti a lui, provocandolo a fare la sua prossima mossa.
E Luigi sentiva che avrebbe dovuto prenderla.
Che in qualsiasi altra situazione l’avrebbe già fatta sua, senza esitazioni.
Ma c’era qualcosa di diverso.
La stanza era troppo reale.
I libri, i tarocchi, i profumi. Tutto parlava di lei in un modo che il suo corpo non poteva fare.
E improvvisamente, il sesso sembrò banale.
Meccanico.
Alessia era salita sulle sue gambe, lo baciava con foga, si strusciava contro di lui con una fame che fino a quel momento era stata solo sottintesa.
Eppure, Luigi non reagiva.
Il suo corpo diceva di sì.
La sua mente diceva di no.
Il suo istinto lo bloccava.
Perché stavolta non era solo sesso.
Perché Alessia non era come tutte le altre.
Perché, per la prima volta, non era lui a controllare.
E prima ancora che lei potesse dire qualcosa, la scostò.
Si alzò, si ricompose.
Nessuna spiegazione.
Nessuna parola.
Alessia lo guardò, il petto che si sollevava e si abbassava velocemente per il desiderio interrotto.
«Luigi…?»
Lui prese la giacca.
Si voltò.
E se ne andò.
Senza voltarsi.
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