Torre in H5: sesso matto - Capitolo 1
di
LtMilligan
genere
etero
La seduzione era un gioco. Non un semplice passatempo, ma una partita di strategia da affrontare con astuzia e precisione. Luigi non lasciava nulla al caso, perché ogni conquista era una sfida, ogni donna un enigma da risolvere, ogni momento un’occasione per muovere il pezzo giusto sulla scacchiera.
Quella sera, il suo campo di battaglia era la biblioteca. Un luogo insolito per la caccia, ma non per lui. Le prede più interessanti erano spesso quelle che nessuno notava, quelle che si nascondevano dietro un libro, convinte di essere invisibili. Lui adorava l’idea di stanarle, di farle uscire dalla loro zona sicura e portarle esattamente dove voleva.
Eccola lì. Seduta a un tavolo vicino alla finestra, immersa in un libro troppo grande per le sue mani delicate. Occhiali dalla montatura sottile, un maglione largo che copriva più di quanto rivelasse, i capelli castani raccolti in una coda arruffata. Apparentemente insignificante agli occhi di chiunque altro.
Ma Luigi non guardava l’ovvio.
Primo movimento: analisi dell’avversario.
Non era il tipo di ragazza che si concedeva facilmente. Troppo timida, troppo insicura. Ma era proprio questo il punto. Le donne come lei non si rendevano nemmeno conto di avere un fuoco dentro, e lui era l’uomo giusto per accenderlo.
Si avvicinò con passo sicuro, senza fretta. Il segreto era sempre lo stesso: insinuarsi senza allarmare, diventare una presenza prima ancora di essere un’opzione. Si fermò accanto a lei, fingendo di cercare un libro sullo scaffale più alto. Il movimento fu calcolato al millimetro, abbastanza vicino da sfiorarle il braccio, abbastanza lontano da non farle sentire minacciata.
Lei si accorse di lui. Lo sentì. Perfetto.
Secondo movimento: l’inizio della partita.
«Scusa, stavi prendendo questo?» chiese con un sorriso leggero, indicando il libro davanti a lei.
Lei sollevò lo sguardo, sorpresa. I suoi occhi erano grandi, scuri, indecisi.
«Oh… io… sì. Ma se ti serve prendilo pure.»
La voce era incerta, quasi esitante. Un segnale chiaro. Timidezza o insicurezza? Luigi lo avrebbe scoperto presto.
Scosse la testa con un’aria casuale. «Possiamo dividercelo. O magari… potresti leggermelo tu.»
Colpo assestato. Lo vide nel modo in cui abbassò subito lo sguardo, nel rossore che le colorò le guance. Era imbarazzata. Ma l’imbarazzo non era un muro, era una porta socchiusa che aspettava solo di essere spinta con la giusta pressione.
Terzo movimento: costruire la fiducia.
Non insistette subito. Le donne come lei avevano bisogno di sentirsi al sicuro, di percepire un interesse che non fosse puramente fisico. Così, nei giorni successivi, la strategia fu sottile: incontri casuali, conversazioni leggere, piccoli dettagli che creavano familiarità.
La osservava mentre sfogliava i libri, mentre giocava con la penna tra le dita, mentre si mordeva il labbro quando era concentrata. Studiava ogni sua reazione, ogni sfumatura del suo comportamento.
Prevedere le mosse era facile.
Lentamente, lei iniziò a fidarsi. Gli rispondeva con più sicurezza, rideva ai suoi commenti, cercava il suo sguardo anche quando pensava che lui non se ne accorgesse.
E poi, la sera decisiva.
Seduti su una panchina fuori dalla biblioteca, l’aria fresca della notte intorno a loro, il silenzio interrotto solo dal rumore lontano della città. Lei era più rilassata, ma ancora combattuta.
Luigi lo sapeva. Sapeva che il desiderio si stava insinuando in lei, che le sue difese erano sempre più fragili.
Le sfiorò la mano. Un tocco leggero, come un test. Lei non si ritrasse.
«Hai paura di me?» chiese a bassa voce.
Lei deglutì, il respiro incerto. «Io… non lo so.»
Luigi sorrise. «Dovresti.»
E la baciò.
Un bacio lento, studiato per travolgerla, per farle dimenticare ogni dubbio. Lei rispose con esitazione, ma quando le sue dita si aggrapparono alla sua camicia, capì che la partita era vinta.
Ultimo movimento: la resa.
Nel suo appartamento, la tensione era un filo elettrico nell’aria. Lei era nervosa, ma non si fermò.
Luigi la guidò con pazienza, con la sicurezza di chi sapeva esattamente cosa fare. Le tolse gli occhiali con delicatezza, li posò sul comodino, poi le sbottonò lentamente il maglione, lasciando che la pelle nuda si rivelasse a piccoli frammenti.
«Se vuoi fermarti, dimmelo adesso,» sussurrò, sfiorandole il collo con le labbra.
Lei tremò. Non per paura, ma per l’anticipazione.
Non disse nulla.
Il resto degli abiti volò via in pochi istanti.
La spinse sul letto con decisione, posizionandosi sopra di lei, sentendo il suo corpo rispondere con una voglia che non sapeva di avere. Le sue mani esplorarono ogni curva, le sue labbra scesero lentamente, lasciando segni invisibili sulla pelle.
Ogni suo movimento era studiato. La provocava, la accarezzava, la portava sull’orlo della resa, ma senza mai darle tutto subito. Voleva sentirla implorare.
E quando finalmente la prese, lo fece con lentezza esasperante, per farle sentire ogni centimetro, per farle perdere completamente il controllo. Lei si aggrappò alle lenzuola, il respiro spezzato, il corpo inarcato sotto il suo.
Lui controllava il ritmo, alternando velocità e profondità, giocando con la tensione, con il piacere che cresceva a ogni affondo. Lei si abbandonò completamente, il piacere travolgente la scosse fino all’ultimo gemito soffocato.
Scacco matto.
⋆
Quando si svegliò la mattina dopo, Luigi non c’era più.
Sul comodino, accanto ai suoi occhiali, c’era solo il libro che avevano finto di contendersi quella prima sera.
Nessun messaggio. Nessun biglietto. Nessuna spiegazione.
Era solo un’altra partita vinta.
E Luigi era già pronto per la prossima.
Quella sera, il suo campo di battaglia era la biblioteca. Un luogo insolito per la caccia, ma non per lui. Le prede più interessanti erano spesso quelle che nessuno notava, quelle che si nascondevano dietro un libro, convinte di essere invisibili. Lui adorava l’idea di stanarle, di farle uscire dalla loro zona sicura e portarle esattamente dove voleva.
Eccola lì. Seduta a un tavolo vicino alla finestra, immersa in un libro troppo grande per le sue mani delicate. Occhiali dalla montatura sottile, un maglione largo che copriva più di quanto rivelasse, i capelli castani raccolti in una coda arruffata. Apparentemente insignificante agli occhi di chiunque altro.
Ma Luigi non guardava l’ovvio.
Primo movimento: analisi dell’avversario.
Non era il tipo di ragazza che si concedeva facilmente. Troppo timida, troppo insicura. Ma era proprio questo il punto. Le donne come lei non si rendevano nemmeno conto di avere un fuoco dentro, e lui era l’uomo giusto per accenderlo.
Si avvicinò con passo sicuro, senza fretta. Il segreto era sempre lo stesso: insinuarsi senza allarmare, diventare una presenza prima ancora di essere un’opzione. Si fermò accanto a lei, fingendo di cercare un libro sullo scaffale più alto. Il movimento fu calcolato al millimetro, abbastanza vicino da sfiorarle il braccio, abbastanza lontano da non farle sentire minacciata.
Lei si accorse di lui. Lo sentì. Perfetto.
Secondo movimento: l’inizio della partita.
«Scusa, stavi prendendo questo?» chiese con un sorriso leggero, indicando il libro davanti a lei.
Lei sollevò lo sguardo, sorpresa. I suoi occhi erano grandi, scuri, indecisi.
«Oh… io… sì. Ma se ti serve prendilo pure.»
La voce era incerta, quasi esitante. Un segnale chiaro. Timidezza o insicurezza? Luigi lo avrebbe scoperto presto.
Scosse la testa con un’aria casuale. «Possiamo dividercelo. O magari… potresti leggermelo tu.»
Colpo assestato. Lo vide nel modo in cui abbassò subito lo sguardo, nel rossore che le colorò le guance. Era imbarazzata. Ma l’imbarazzo non era un muro, era una porta socchiusa che aspettava solo di essere spinta con la giusta pressione.
Terzo movimento: costruire la fiducia.
Non insistette subito. Le donne come lei avevano bisogno di sentirsi al sicuro, di percepire un interesse che non fosse puramente fisico. Così, nei giorni successivi, la strategia fu sottile: incontri casuali, conversazioni leggere, piccoli dettagli che creavano familiarità.
La osservava mentre sfogliava i libri, mentre giocava con la penna tra le dita, mentre si mordeva il labbro quando era concentrata. Studiava ogni sua reazione, ogni sfumatura del suo comportamento.
Prevedere le mosse era facile.
Lentamente, lei iniziò a fidarsi. Gli rispondeva con più sicurezza, rideva ai suoi commenti, cercava il suo sguardo anche quando pensava che lui non se ne accorgesse.
E poi, la sera decisiva.
Seduti su una panchina fuori dalla biblioteca, l’aria fresca della notte intorno a loro, il silenzio interrotto solo dal rumore lontano della città. Lei era più rilassata, ma ancora combattuta.
Luigi lo sapeva. Sapeva che il desiderio si stava insinuando in lei, che le sue difese erano sempre più fragili.
Le sfiorò la mano. Un tocco leggero, come un test. Lei non si ritrasse.
«Hai paura di me?» chiese a bassa voce.
Lei deglutì, il respiro incerto. «Io… non lo so.»
Luigi sorrise. «Dovresti.»
E la baciò.
Un bacio lento, studiato per travolgerla, per farle dimenticare ogni dubbio. Lei rispose con esitazione, ma quando le sue dita si aggrapparono alla sua camicia, capì che la partita era vinta.
Ultimo movimento: la resa.
Nel suo appartamento, la tensione era un filo elettrico nell’aria. Lei era nervosa, ma non si fermò.
Luigi la guidò con pazienza, con la sicurezza di chi sapeva esattamente cosa fare. Le tolse gli occhiali con delicatezza, li posò sul comodino, poi le sbottonò lentamente il maglione, lasciando che la pelle nuda si rivelasse a piccoli frammenti.
«Se vuoi fermarti, dimmelo adesso,» sussurrò, sfiorandole il collo con le labbra.
Lei tremò. Non per paura, ma per l’anticipazione.
Non disse nulla.
Il resto degli abiti volò via in pochi istanti.
La spinse sul letto con decisione, posizionandosi sopra di lei, sentendo il suo corpo rispondere con una voglia che non sapeva di avere. Le sue mani esplorarono ogni curva, le sue labbra scesero lentamente, lasciando segni invisibili sulla pelle.
Ogni suo movimento era studiato. La provocava, la accarezzava, la portava sull’orlo della resa, ma senza mai darle tutto subito. Voleva sentirla implorare.
E quando finalmente la prese, lo fece con lentezza esasperante, per farle sentire ogni centimetro, per farle perdere completamente il controllo. Lei si aggrappò alle lenzuola, il respiro spezzato, il corpo inarcato sotto il suo.
Lui controllava il ritmo, alternando velocità e profondità, giocando con la tensione, con il piacere che cresceva a ogni affondo. Lei si abbandonò completamente, il piacere travolgente la scosse fino all’ultimo gemito soffocato.
Scacco matto.
⋆
Quando si svegliò la mattina dopo, Luigi non c’era più.
Sul comodino, accanto ai suoi occhiali, c’era solo il libro che avevano finto di contendersi quella prima sera.
Nessun messaggio. Nessun biglietto. Nessuna spiegazione.
Era solo un’altra partita vinta.
E Luigi era già pronto per la prossima.
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