Torre in H5: sesso matto - Capitolo 10
di
LtMilligan
genere
etero
Luigi sapeva che non bastava sedurre una donna per possederla.
Bisognava capire come funzionava la sua mente.
E Alessia era ancora un enigma.
Tutte le altre, prima o poi, crollavano. O si innamoravano e diventavano deboli, oppure si ribellavano e lui chiudeva il gioco.
Ma Alessia no.
Lei era ancora lì. Sempre un passo avanti, sempre capace di giocare sulla sua stessa scacchiera senza perdere l’equilibrio.
Luigi aveva bisogno di vederla. Non per toccarla, non per farla sua.
Ma per capirla.
E mentre lo faceva, avrebbe tenuto Giulia al suo fianco.
Primo movimento: marcare il territorio.
Il ristorante era stato scelto con cura.
Piccolo, riservato, abbastanza intimo da permettere di guardarsi negli occhi senza distrazioni.
Luigi arrivò con Giulia al fianco, mano nella mano.
Sapeva che questo avrebbe aggiunto un ulteriore livello alla partita. Giulia non era il tipo di donna che metteva in discussione la realtà davanti ai suoi occhi, e Alessia, con la sua naturalezza, avrebbe assecondato la messinscena senza battere ciglio.
Quella sera, per Giulia, sarebbero stati solo due vecchi amici che si rincontrano per caso.
Ma per Luigi e Alessia, sarebbe stato tutt’altro.
«Perché proprio qui?» chiese Giulia, mentre si sedevano al tavolo.
Luigi sorrise, versandole dell’acqua. «Mi piace l’atmosfera.»
Ma non era per l’atmosfera.
Era perché Alessia aveva accettato di vederlo nello stesso posto.
Secondo movimento: osservare l’avversaria.
Alessia arrivò con il solito passo sicuro, l’aria di chi sapeva esattamente quanto tempo ci avrebbe messo per essere notata.
E quando incrociò lo sguardo di Luigi, il sorriso che gli rivolse fu lento, studiato.
I suoi occhi scivolarono su Giulia accanto a lui.
E lì accadde qualcosa.
Un piccolo, impercettibile cambiamento nella sua espressione. Un lampo di interesse, forse sorpresa, forse qualcos’altro.
Poi, con una grazia perfetta, si avvicinò.
«Luigi?»
Il suo tono era quello di chi realmente non si aspettava quell’incontro. Ma Luigi sapeva che Alessia non lasciava nulla al caso.
Giulia si irrigidì per un attimo, sorpresa da quella familiarità.
Luigi si alzò, senza fretta.
«Alessia.»
«Ma guarda chi si rivede,» continuò lei, inclinando leggermente la testa. «E con una bella compagnia.»
Il suo sguardo si posò su Giulia con una cortesia perfetta.
«Posso unirmi a voi, o disturbo?»
Giulia, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, annuì in fretta. Se Alessia era un’amica di Luigi, non voleva sembrare scortese.
«Certo!» rispose, prima ancora che Luigi potesse dire qualcosa.
Alessia sorrise e prese posto.
Terzo movimento: la partita a tre.
«Da quanto tempo non ci vediamo?» chiese Alessia, inclinando il bicchiere di vino tra le dita.
Luigi la osservò. «Abbastanza.»
«Davvero? A me sembra ieri.»
Il suo sorriso era sfumato, leggero, appena percettibile.
«Vi conoscete da tanto?» intervenne Giulia, curiosa.
Alessia si voltò verso di lei con naturalezza. «Oh, sì. Da una vita. Eppure, con Luigi, anche un mese può sembrare un’eternità.»
Luigi sapeva che ogni parola che usciva dalla bocca di Alessia aveva un doppio significato.
Giulia sorrise. «Eri un suo amico d’infanzia?»
Alessia lo guardò. Aspettava di vedere come avrebbe risposto.
Luigi mantenne il controllo. «Qualcosa del genere.»
«Diciamo che ci siamo ritrovati più volte nel tempo,» aggiunse Alessia. «Eppure, ogni volta sembra sempre la prima.»
Giulia rise piano. «Allora siete quei tipi di amici che si perdono e si ritrovano?»
«Qualcosa del genere.» ripeté Alessia, lanciando un’occhiata fugace a Luigi.
Il gioco era appena iniziato.
Ultimo movimento: creare il dubbio.
La cena proseguì in un gioco sottile, una danza di parole e sguardi.
Alessia e Giulia parlavano con una fluidità naturale, scambiandosi sorrisi e domande come due persone che si conoscono per la prima volta e vogliono lasciare una buona impressione.
Eppure, ogni volta che Alessia diceva qualcosa, lo faceva con quel tono impercettibile che solo Luigi riusciva a leggere.
Un dettaglio lasciato in sospeso.
Una pausa più lunga del necessario.
Uno sguardo che diceva molto di più delle parole che uscivano dalla sua bocca.
Quando la cena terminò, Alessia prese la sua borsa e si alzò con un sorriso leggero.
«È stata una serata interessante.»
Si rivolse a Giulia con gentilezza, inclinando appena la testa. «Piacere di averti conosciuta.»
Giulia sorrise, sincera. «Anche per me.»
Poi, senza fretta, Alessia si voltò verso Luigi.
Non gli disse nulla subito.
Lo guardò solo per un secondo di troppo, con un sorriso appena accennato, come se tra loro esistesse ancora qualcosa di irrisolto, qualcosa che solo loro due potevano capire.
Poi si avvicinò appena, chinandosi verso di lui.
«Buona notte, Luigi.»
Le sue labbra sfiorarono l’aria vicino alla sua guancia, senza toccarlo. Senza dargli il piacere di un vero contatto.
E poi se ne andò.
Luigi rimase fermo a guardarla uscire.
E per la prima volta, non sapeva se fosse stata lei a muovere l’ultima mossa o se avesse solo preparato il terreno per la prossima.
Bisognava capire come funzionava la sua mente.
E Alessia era ancora un enigma.
Tutte le altre, prima o poi, crollavano. O si innamoravano e diventavano deboli, oppure si ribellavano e lui chiudeva il gioco.
Ma Alessia no.
Lei era ancora lì. Sempre un passo avanti, sempre capace di giocare sulla sua stessa scacchiera senza perdere l’equilibrio.
Luigi aveva bisogno di vederla. Non per toccarla, non per farla sua.
Ma per capirla.
E mentre lo faceva, avrebbe tenuto Giulia al suo fianco.
Primo movimento: marcare il territorio.
Il ristorante era stato scelto con cura.
Piccolo, riservato, abbastanza intimo da permettere di guardarsi negli occhi senza distrazioni.
Luigi arrivò con Giulia al fianco, mano nella mano.
Sapeva che questo avrebbe aggiunto un ulteriore livello alla partita. Giulia non era il tipo di donna che metteva in discussione la realtà davanti ai suoi occhi, e Alessia, con la sua naturalezza, avrebbe assecondato la messinscena senza battere ciglio.
Quella sera, per Giulia, sarebbero stati solo due vecchi amici che si rincontrano per caso.
Ma per Luigi e Alessia, sarebbe stato tutt’altro.
«Perché proprio qui?» chiese Giulia, mentre si sedevano al tavolo.
Luigi sorrise, versandole dell’acqua. «Mi piace l’atmosfera.»
Ma non era per l’atmosfera.
Era perché Alessia aveva accettato di vederlo nello stesso posto.
Secondo movimento: osservare l’avversaria.
Alessia arrivò con il solito passo sicuro, l’aria di chi sapeva esattamente quanto tempo ci avrebbe messo per essere notata.
E quando incrociò lo sguardo di Luigi, il sorriso che gli rivolse fu lento, studiato.
I suoi occhi scivolarono su Giulia accanto a lui.
E lì accadde qualcosa.
Un piccolo, impercettibile cambiamento nella sua espressione. Un lampo di interesse, forse sorpresa, forse qualcos’altro.
Poi, con una grazia perfetta, si avvicinò.
«Luigi?»
Il suo tono era quello di chi realmente non si aspettava quell’incontro. Ma Luigi sapeva che Alessia non lasciava nulla al caso.
Giulia si irrigidì per un attimo, sorpresa da quella familiarità.
Luigi si alzò, senza fretta.
«Alessia.»
«Ma guarda chi si rivede,» continuò lei, inclinando leggermente la testa. «E con una bella compagnia.»
Il suo sguardo si posò su Giulia con una cortesia perfetta.
«Posso unirmi a voi, o disturbo?»
Giulia, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, annuì in fretta. Se Alessia era un’amica di Luigi, non voleva sembrare scortese.
«Certo!» rispose, prima ancora che Luigi potesse dire qualcosa.
Alessia sorrise e prese posto.
Terzo movimento: la partita a tre.
«Da quanto tempo non ci vediamo?» chiese Alessia, inclinando il bicchiere di vino tra le dita.
Luigi la osservò. «Abbastanza.»
«Davvero? A me sembra ieri.»
Il suo sorriso era sfumato, leggero, appena percettibile.
«Vi conoscete da tanto?» intervenne Giulia, curiosa.
Alessia si voltò verso di lei con naturalezza. «Oh, sì. Da una vita. Eppure, con Luigi, anche un mese può sembrare un’eternità.»
Luigi sapeva che ogni parola che usciva dalla bocca di Alessia aveva un doppio significato.
Giulia sorrise. «Eri un suo amico d’infanzia?»
Alessia lo guardò. Aspettava di vedere come avrebbe risposto.
Luigi mantenne il controllo. «Qualcosa del genere.»
«Diciamo che ci siamo ritrovati più volte nel tempo,» aggiunse Alessia. «Eppure, ogni volta sembra sempre la prima.»
Giulia rise piano. «Allora siete quei tipi di amici che si perdono e si ritrovano?»
«Qualcosa del genere.» ripeté Alessia, lanciando un’occhiata fugace a Luigi.
Il gioco era appena iniziato.
Ultimo movimento: creare il dubbio.
La cena proseguì in un gioco sottile, una danza di parole e sguardi.
Alessia e Giulia parlavano con una fluidità naturale, scambiandosi sorrisi e domande come due persone che si conoscono per la prima volta e vogliono lasciare una buona impressione.
Eppure, ogni volta che Alessia diceva qualcosa, lo faceva con quel tono impercettibile che solo Luigi riusciva a leggere.
Un dettaglio lasciato in sospeso.
Una pausa più lunga del necessario.
Uno sguardo che diceva molto di più delle parole che uscivano dalla sua bocca.
Quando la cena terminò, Alessia prese la sua borsa e si alzò con un sorriso leggero.
«È stata una serata interessante.»
Si rivolse a Giulia con gentilezza, inclinando appena la testa. «Piacere di averti conosciuta.»
Giulia sorrise, sincera. «Anche per me.»
Poi, senza fretta, Alessia si voltò verso Luigi.
Non gli disse nulla subito.
Lo guardò solo per un secondo di troppo, con un sorriso appena accennato, come se tra loro esistesse ancora qualcosa di irrisolto, qualcosa che solo loro due potevano capire.
Poi si avvicinò appena, chinandosi verso di lui.
«Buona notte, Luigi.»
Le sue labbra sfiorarono l’aria vicino alla sua guancia, senza toccarlo. Senza dargli il piacere di un vero contatto.
E poi se ne andò.
Luigi rimase fermo a guardarla uscire.
E per la prima volta, non sapeva se fosse stata lei a muovere l’ultima mossa o se avesse solo preparato il terreno per la prossima.
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