Penetrazione

di
genere
confessioni

Mi ero seduto come al solito nei banchi più alti dell’aula magna della facoltà. Di lì si domina tutto l’emiciclo e soprattutto il professore non ti rompe i coglioni con le domande. La lezione era appena cominciata. Mi resi conto in ritardo che a meno di un metro da me era seduta una ragazza. Piccolina, tette vistose che poggiavano sul banco, carnagione chiarissima, occhi neri. Insomma, un bel tipo. Le detti un’occhia, poi un’altra, poi un’altra ancora e ancora e ancora. Fin quando lei mi guardò fissandomi e scuotendo la testa come se mi volesse dire “Beh, che c’è?”. Io risposi con una vigliacchissima alzata di spalle tipo “Io? Ma mica ti sto guardando”. Dopo un po’ ripresi a fissarla. Era diventata per me come una calamita. Sarà stato forse per la gonna a fiori ampia che non faceva intravedere i contorni del suo culo. Ad un certo punto successe l’inimmaginabile. Almeno, per me.

Lei strisciò con sedere sul lungo sedile avvicinandosi “Ma mi dici che vuoi, perché mi guardi. Ci conosciamo?” Ero basito. Non sapevo che dire. Mi uscì un infelice “Mi piacerebbe penetrarti”. Ovviamente lei reagì con un “Cosa? Cosa hai detto? Ripeti. Non ho capito”. A me non resto che rifugiarmi in un “Nulla, nulla. Scusami, scusami”. Tornai a seguire il professore mentre – con la coda dell’occhio – vedevo lei salire a passo svelto gli ultimi scalini per uscire dall’aula dalle porte in alto. “Che coglione!” pensai “Si, proprio sono un coglione imbranato”.

La Cafeteria della facoltà era semi deserta. Ci entrai per prendere un gelato. Lei era lì, seduta ad un tavolino, da sola. La guardai. Mi fissò e mi disse “Allora? Vuoi farmi capire per cortesia?” Mi sedetti al suo tavolino e risposi “Ma no, era un complimento. In aula mi hai fatto venire voglia di penetrarti. Tutto qui” poi aggiunsi aggravando forse la mia posizione “Ma non sono un barbaro o un troglodita. Ho solo sentito il bisogno di dirtelo. Scusami”

Fu allora che lei mi piantò le unghie laccate della sua mano destra nel mio avambraccio. Più le affondava e più mi faceva male. Poi inspirò con un suono forte del naso e espirò – immagino – tutta l’aria che aveva nei polmoni. Mentre espirava mi tolse le unghie dal braccio, si alzò prendendomi per mano dicendomi “Portami via”. Totalmente affascinato da questa ragazzina ma anche stordito e assolutamente inconsapevole sul da farsi la seguii. Lei uscì dalla facoltà quasi correndo, io al suo seguito sempre tenendola per mano. Prendemmo via Padova non so perché. Sempre correndo, lei mi ripetette “Portami dove vuoi”. Avevo il fiatone. Vidi l’insegna “Pensione Luna”. Come se fossi un cliente abituale entrai tirandomela dietro. Al tizio alla ricezione dissi “Una stanza con bagno” quello rispose “Costano di più” io reagii allungandogli la mia carta d’identità. La mia compagna mi guardò sorridendo. L’aver chiesto una stanza con bagno era stato un colpo di teatro.

Salimmo in camera, ci baciammo e ci spogliammo in piedi come nei film. Lei mi saltò al collo. Io le presi quel suo bel culo fra le mani, per reggerla. Il mio cazzo cercò la sua fica e la penetrai non so come. Poi la posai sul letto e incominciai a chiavarla. Dopo una serie di colpi forsennati lei mi fa ”Rallenta, rallenta. Non volevi penetrarmi? Penetrami piano piano, stai a lungo dentro di me. Stai il più possibile. Sei così diverso dai tuoi coetanei che vogliono solo sborrarci in bocca, Stai dentro di me quanto vuoi. Io ho già avuto due orgasmi; in aula e alla cafetteria”.
scritto il
2025-03-11
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