Bianca 2. Natale
di
Joe Cabot
genere
incesti
Mario aveva messo su una villetta da cui si vedeva il tetto della casa patriarcale. Bianca invece era andata lontano, aveva studiato le lingue, viaggiato parecchio e Mario ricordava ancora la prima volta che era tornata a casa dalla Francia. Aveva 26 anni compiuti da poco, Mario lo ricordava bene, se ne era scesa da una macchina rossa e sportiva, aveva aspettato che il suo accompagnatore, un distinto avvocato di Nancy brizzolato e dal sorriso accattivante, le aprisse la portiera e con maestria aveva posato il tacco a punta sul ghiaino del cortile.
Adesso era diventata una signora distinta, vestiva elegante ed aristocratica, e se dal primo ritorno erano passati quasi 10 anni, lei viveva comunque con la leggerezza e la sicurezza di una donna in fiore. Teneva i capelli biondi raccolti sulla nuca, e gli occhiali neri, per nascondere forse le piccole espressive rughe ai lati degli occhi. Mario ogni volta le diceva che non era cambiata. Bianca sorrideva e rispondeva che nemmeno a lui era successo.
Per quel Natale tutta la famiglia si era ritrovata, come usava, nella casa dei nonni. Il vecchio, vedovo ormai da anni, aveva ancora la chiave nel taschino del gilet, ma non era quella vera perché non ragionava più molto.
Mario aveva ballato con Bianca come altri e serbava ancora la sensazione di tenere la deliziosa cugina tra le braccia. Bianca era smagliante nel suo vestito scollato e volteggiava spargendo attorno il suo profumo francese.
«Sei sempre riuscito a farmi ridere» gli aveva confidato facendolo arrossire, e poi aveva aggiunto malinconica «almeno tu…» ed a Mario era sembrato di sentire che la mano posata sulla sua spalla, impercettibilmente, gli avesse accarezzato il collo. Il ballo era terminato subito dopo e a lui era rimasto quel gesto incompiuto. Davvero Bianca l’aveva accarezzato? Che aveva voluto dirgli?
Un’ora dopo Mario stava ascoltando sua moglie sparlare di un nonsochì con degli amici. Bianca si era avvicinata e, dicendo che era stanca per il viaggio (“sai com’è l’aero…”), aveva chiesto se qualcuno poteva accompagnarla in albergo.
«Ma certo, ti accompagna Mario, vero caro?» aveva detto sua moglie interrompendo un attimo il flusso delle chiacchiere per salutare la cugina del marito. Del resto lei non sapeva com’era l’aereo.
«Sì certo, ti accompagno io.»
In macchina se ne erano stati zitti. Mario aveva sbirciato le belle gambe della donna quando era entrata in macchina, mentre lei guardava assorta dal finestrino. Arrivati nel parcheggio dell’albergo lui era sceso per prendere la valigia della donna dal bagagliaio, e si era offerto scherzosamente quale fattorino. In ascensore lei teneva gli occhi sulla luce del display che ad ogni passaggio di piano le illuminava il volto.
Una volta in camera, Mario posò la valigia ai piedi del letto e fece per uscire. Gli venne in mente che tra poco Bianca si sarebbe spogliata in quella stanza, si sarebbe infilata sotto quelle lenzuola.
«Beh, io vado» disse.
«Aspetta…»
Lui era sulla porta e Bianca gli si fece vicina, appoggiò il viso sulla sua spalla stringendolo e cominciò a piangere piano.
Mario era del tutto stupito, tanto più che la vicinanza della donna era tale da turbarlo fisicamente. La sentiva piangere, sentiva l’odore delle lacrime, sentiva l’umidiccio delle sue guance bagnate. L’uomo, non sapendo che fare, alzò le braccia posandole sulle spalle della donna.
«Scusami ho bevuto un po’, non so che mi prende» Bianca parlava rivolta direttamente al petto dell’uomo.
«Figurati, non importa.»
La donna si scostò un po’ dall’abbraccio dell’uomo.
«Va meglio adesso?»
Bianca fece un cenno di assenso con il capo, come una bambina, tirò su con il naso. Lui la teneva per le spalle con dolcezza. Poi con una mano le accarezzò una guancia rigata dalle lacrime. Le diede un bacio su uno zigomo, dove poco prima era passata una lacrima. Lei alzò gli occhi vacui e ancora densi di lacrime. Lui la baciò ancora a lato di un occhio, sentì sulle labbra il sapore acre delle lacrime, poi un altro e un altro. Lei sospirò, socchiuse gli occhi e sussurrò «Mario…». Solo allora lui osò sfiorarle le labbra con le sue, poi le diede un altro bacio cercando negli occhi chiusi della donna un segno di assenso. Le labbra tanto desiderate di Bianca erano ancora protese verso Mario e lui le baciò ancora, stavolta con più decisione. La lingua dell’uomo si infilò tra le labbra di lei in attesa di una risposta alla propria intrusione e lei si lasciava fare, muovendo appena le labbra, poco più che meccanicamente.
Si baciarono in piedi finché Mario spinse la donna dentro la camera chiudendo la porta con un piede, senza smettere di tenerla a sé. Lei, con gli occhi resi languidi dalle lacrime, si lasciava stringere, si lasciava baciare, permise alla mano dell’uomo di scenderle lungo della schiena, giù fino al sedere, fino alle cosce. Mario sentì il contatto con le calze di nailon, si soffermò sulla sensazione particolare di una calza appena sfiorata, e poi si alzò alla ricerca di una più morbida carne nascosta dalla gonna. Mario strinse la rotondità del culo di Bianca e ripensò a quante volte l’aveva guardato con desiderio, “il culo rotondo di Bianca nelle mie mani”, pensò.
Bianca si lasciava fare e rispondeva ai baci con le labbra abbandonate. Ad un tratto spinse in avanti il petto dell’uomo e si girò di spalle, lasciandolo lì impalato in mezzo alla stanza mentre andava verso il tavolino dietro il quale c’era un ampio specchio. Sul tavolino prese la borsetta e la frugò in cerca delle sue affusolate sigarette francesi, le trovò e lasciò cadere la borsetta sul letto vicino. Mario si tolse la giacca e si mise alle sue spalle, le posò le mani sui fianchi e iniziò a baciarle il collo.
“Bianca, io ti amo” pensò, ma stette zitto e la tirò a sé mentre con le mani continuava ad esplorarla cercandole la fossetta dell’ombelico sotto il vestito. Finalmente si decise ad afferrarle i seni. Mario guardò nello specchio le proprie mani che cercavano di possedere i seni della cugina, guardava i polpastrelli che tastavano la pelle chiara della scollatura. La donna teneva in mano la sigaretta, la mano appoggiata al tavolino, e soffia fuori il fumo dalle labbra, mentre il suo sguardo evitava di posarsi sulle carezze ossesse dell’uomo. “Mi hai sempre voluta scopare, Mario, come se non le capissi certe cose”. Un mano della donna prese la mano dell’uomo come a volersela togliere di dosso. Ma poi esitò e la guidò verso il proprio pube, la lasciò là e scese a sollevarsi la gonna. E sotto la gonna s’infilò finalmente la mano trionfante dell’uomo, mentre Bianca si appoggiava al mobile offrendo al bacino dell’uomo il contatto con le proprie natiche.
Mario avvolse i fianchi della donna con entrambe le mani, le scoprì le cosce, con le dita s’infilò nelle pieghe di carne del suo inguine. Da lì s’insinuò sotto le mutandine e si spostò verso il centro, a cercare i riccioli dei peli pubici di Bianca, che si piegò ancora di più su se stessa. Mario spostò i riccioletti con le dita e cercò il vertice dello spacchetto, dove sapeva esserci il centro del piacere della donna. Mario la strinse forte con le mani tirandola a sé mentre con le dita trovava la piccola clitoride della cugina ed iniziò a titillarla.
«Prendimi Mario» disse la donna.
Mario allora si slacciò la cintura ed i pantaloni scesero a terra con un fruscio, tranne la fibbia della cintura che cozzò a terra, poi imperioso tirò giù le mutandine della donna, lasciandole sulla pelle delle striature, dove l’elastico stretto aveva sfregato troppo energicamente.
Mario si meravigliò perché il suo cazzo non era molto duro, ma insistette, perché Bianca, la cugina tanto voluta, era là, davanti a lui, e gli si offriva piegata in avanti, con la gonna alzata sulla schiena. L’uomo si prese l’uccello in mano e iniziò a menarselo piano mentre con l’altra mano percorreva il culo della donna, ne cercava le labbra della fica, le allargava. Mario si sentì abbastanza pronto e, con la mano, cercò di forzare il pene, non ancora del tutto eretto, nel pertugio della donna che spinse e mosse i muscoli vaginali per facilitare la penetrazione. Tenendolo ancora in mano, incoraggiato da un “ci sei”, l’uomo esaltato iniziò a sfregarlo sulle labbra della donna, mentre sentiva che gli stava diventando duro. Allora spinse e forza l’entrata facendo sfuggire un gridolino alla donna.
«Piano» soffiò lei irritata.
«Scusami» fece lui iniziando a possederla, forte delle dure sensazioni del suo pene ancora accompagnato dalla mano. Lo sentì indurire in quella vagina violata e solo allora mollò il proprio cazzo e prese saldamente in mano i fianchi della donna. Mario voleva toccarla là sotto e si chinò in avanti ma poi rinunciò perché non c’arriva. Voleva vederla godere, voleva vederla disposta a dargli tutto.
«Voglio che ti tocchi» le sussurrò, ma lo disse troppo piano e lei non sentì, o forse non voleva. Allora lui ripetè a voce più alta «voglio che tu ti masturbi.»
Bianca nemmeno sapeva perché si era comportata così quella sera, eppure obbedì ed iniziò a toccarsi, facendo sentire all’uomo gli scatti delle proprie dita sul pene che entrava in lei. Bianca non voleva pensare e allora si concentrò sulla propria fica, toccandosi con scatti sempre più nervosi e meccanici.
Mario sentì le dita di lei che gli sfioravano i testicoli, sentì che la donna iniziava a godere, si bagnava, e allora accelerò il suo ritmico va e vieni. Mario pensò che gli sarebbe piaciuto piacerebbe farsela a letto adesso, per poi sborrarle in bocca magari, che sarebbe stato magnifico sborrarle in bocca, facendole ingoiare tutta la sborra, come ad una puttana obbediente, come ad una zoccola. “Oh Bianca, piccola mia, voglio scoparti ancora” pensava, “voglio farti venire come nessun altro e poi sborrarti in bocca. Voglio che tu mi succhi il cazzo mentre io vengo e tu ti goda il mio sperma”.
«Mario...no...»
Mario la scopava con furia e pensava a quante volte aveva immaginato di scoparsi la cugina. Vorrebbe metterglielo fra i seni adesso, e venirle in bocca facendola venire.
«Basta Mario…Mario, no…basta!»
«Scusami…ma che c’è…non ti piace?»
Mario rimase con il cazzo diritto ed i pantaloni abbassati e pensò che stava proprio per venire.
«Scusami Bianca. Stavo per venire sai, …era più forte di me.»
Bianca si era spostata e cercava le sigarette nella borsetta abbandonata sul letto.
«Sì, certo Mario.»
Bianca fumava reggendosi un gomito con la mano libera, la gonna era scesa a coprirla e solo i capelli scompigliati ricordavano ciò che era accaduto. Con gli occhi fissava un angolo della camera, e aspettava solo che l’uomo se ne fosse andato per andare a farsi una doccia.
Adesso era diventata una signora distinta, vestiva elegante ed aristocratica, e se dal primo ritorno erano passati quasi 10 anni, lei viveva comunque con la leggerezza e la sicurezza di una donna in fiore. Teneva i capelli biondi raccolti sulla nuca, e gli occhiali neri, per nascondere forse le piccole espressive rughe ai lati degli occhi. Mario ogni volta le diceva che non era cambiata. Bianca sorrideva e rispondeva che nemmeno a lui era successo.
Per quel Natale tutta la famiglia si era ritrovata, come usava, nella casa dei nonni. Il vecchio, vedovo ormai da anni, aveva ancora la chiave nel taschino del gilet, ma non era quella vera perché non ragionava più molto.
Mario aveva ballato con Bianca come altri e serbava ancora la sensazione di tenere la deliziosa cugina tra le braccia. Bianca era smagliante nel suo vestito scollato e volteggiava spargendo attorno il suo profumo francese.
«Sei sempre riuscito a farmi ridere» gli aveva confidato facendolo arrossire, e poi aveva aggiunto malinconica «almeno tu…» ed a Mario era sembrato di sentire che la mano posata sulla sua spalla, impercettibilmente, gli avesse accarezzato il collo. Il ballo era terminato subito dopo e a lui era rimasto quel gesto incompiuto. Davvero Bianca l’aveva accarezzato? Che aveva voluto dirgli?
Un’ora dopo Mario stava ascoltando sua moglie sparlare di un nonsochì con degli amici. Bianca si era avvicinata e, dicendo che era stanca per il viaggio (“sai com’è l’aero…”), aveva chiesto se qualcuno poteva accompagnarla in albergo.
«Ma certo, ti accompagna Mario, vero caro?» aveva detto sua moglie interrompendo un attimo il flusso delle chiacchiere per salutare la cugina del marito. Del resto lei non sapeva com’era l’aereo.
«Sì certo, ti accompagno io.»
In macchina se ne erano stati zitti. Mario aveva sbirciato le belle gambe della donna quando era entrata in macchina, mentre lei guardava assorta dal finestrino. Arrivati nel parcheggio dell’albergo lui era sceso per prendere la valigia della donna dal bagagliaio, e si era offerto scherzosamente quale fattorino. In ascensore lei teneva gli occhi sulla luce del display che ad ogni passaggio di piano le illuminava il volto.
Una volta in camera, Mario posò la valigia ai piedi del letto e fece per uscire. Gli venne in mente che tra poco Bianca si sarebbe spogliata in quella stanza, si sarebbe infilata sotto quelle lenzuola.
«Beh, io vado» disse.
«Aspetta…»
Lui era sulla porta e Bianca gli si fece vicina, appoggiò il viso sulla sua spalla stringendolo e cominciò a piangere piano.
Mario era del tutto stupito, tanto più che la vicinanza della donna era tale da turbarlo fisicamente. La sentiva piangere, sentiva l’odore delle lacrime, sentiva l’umidiccio delle sue guance bagnate. L’uomo, non sapendo che fare, alzò le braccia posandole sulle spalle della donna.
«Scusami ho bevuto un po’, non so che mi prende» Bianca parlava rivolta direttamente al petto dell’uomo.
«Figurati, non importa.»
La donna si scostò un po’ dall’abbraccio dell’uomo.
«Va meglio adesso?»
Bianca fece un cenno di assenso con il capo, come una bambina, tirò su con il naso. Lui la teneva per le spalle con dolcezza. Poi con una mano le accarezzò una guancia rigata dalle lacrime. Le diede un bacio su uno zigomo, dove poco prima era passata una lacrima. Lei alzò gli occhi vacui e ancora densi di lacrime. Lui la baciò ancora a lato di un occhio, sentì sulle labbra il sapore acre delle lacrime, poi un altro e un altro. Lei sospirò, socchiuse gli occhi e sussurrò «Mario…». Solo allora lui osò sfiorarle le labbra con le sue, poi le diede un altro bacio cercando negli occhi chiusi della donna un segno di assenso. Le labbra tanto desiderate di Bianca erano ancora protese verso Mario e lui le baciò ancora, stavolta con più decisione. La lingua dell’uomo si infilò tra le labbra di lei in attesa di una risposta alla propria intrusione e lei si lasciava fare, muovendo appena le labbra, poco più che meccanicamente.
Si baciarono in piedi finché Mario spinse la donna dentro la camera chiudendo la porta con un piede, senza smettere di tenerla a sé. Lei, con gli occhi resi languidi dalle lacrime, si lasciava stringere, si lasciava baciare, permise alla mano dell’uomo di scenderle lungo della schiena, giù fino al sedere, fino alle cosce. Mario sentì il contatto con le calze di nailon, si soffermò sulla sensazione particolare di una calza appena sfiorata, e poi si alzò alla ricerca di una più morbida carne nascosta dalla gonna. Mario strinse la rotondità del culo di Bianca e ripensò a quante volte l’aveva guardato con desiderio, “il culo rotondo di Bianca nelle mie mani”, pensò.
Bianca si lasciava fare e rispondeva ai baci con le labbra abbandonate. Ad un tratto spinse in avanti il petto dell’uomo e si girò di spalle, lasciandolo lì impalato in mezzo alla stanza mentre andava verso il tavolino dietro il quale c’era un ampio specchio. Sul tavolino prese la borsetta e la frugò in cerca delle sue affusolate sigarette francesi, le trovò e lasciò cadere la borsetta sul letto vicino. Mario si tolse la giacca e si mise alle sue spalle, le posò le mani sui fianchi e iniziò a baciarle il collo.
“Bianca, io ti amo” pensò, ma stette zitto e la tirò a sé mentre con le mani continuava ad esplorarla cercandole la fossetta dell’ombelico sotto il vestito. Finalmente si decise ad afferrarle i seni. Mario guardò nello specchio le proprie mani che cercavano di possedere i seni della cugina, guardava i polpastrelli che tastavano la pelle chiara della scollatura. La donna teneva in mano la sigaretta, la mano appoggiata al tavolino, e soffia fuori il fumo dalle labbra, mentre il suo sguardo evitava di posarsi sulle carezze ossesse dell’uomo. “Mi hai sempre voluta scopare, Mario, come se non le capissi certe cose”. Un mano della donna prese la mano dell’uomo come a volersela togliere di dosso. Ma poi esitò e la guidò verso il proprio pube, la lasciò là e scese a sollevarsi la gonna. E sotto la gonna s’infilò finalmente la mano trionfante dell’uomo, mentre Bianca si appoggiava al mobile offrendo al bacino dell’uomo il contatto con le proprie natiche.
Mario avvolse i fianchi della donna con entrambe le mani, le scoprì le cosce, con le dita s’infilò nelle pieghe di carne del suo inguine. Da lì s’insinuò sotto le mutandine e si spostò verso il centro, a cercare i riccioli dei peli pubici di Bianca, che si piegò ancora di più su se stessa. Mario spostò i riccioletti con le dita e cercò il vertice dello spacchetto, dove sapeva esserci il centro del piacere della donna. Mario la strinse forte con le mani tirandola a sé mentre con le dita trovava la piccola clitoride della cugina ed iniziò a titillarla.
«Prendimi Mario» disse la donna.
Mario allora si slacciò la cintura ed i pantaloni scesero a terra con un fruscio, tranne la fibbia della cintura che cozzò a terra, poi imperioso tirò giù le mutandine della donna, lasciandole sulla pelle delle striature, dove l’elastico stretto aveva sfregato troppo energicamente.
Mario si meravigliò perché il suo cazzo non era molto duro, ma insistette, perché Bianca, la cugina tanto voluta, era là, davanti a lui, e gli si offriva piegata in avanti, con la gonna alzata sulla schiena. L’uomo si prese l’uccello in mano e iniziò a menarselo piano mentre con l’altra mano percorreva il culo della donna, ne cercava le labbra della fica, le allargava. Mario si sentì abbastanza pronto e, con la mano, cercò di forzare il pene, non ancora del tutto eretto, nel pertugio della donna che spinse e mosse i muscoli vaginali per facilitare la penetrazione. Tenendolo ancora in mano, incoraggiato da un “ci sei”, l’uomo esaltato iniziò a sfregarlo sulle labbra della donna, mentre sentiva che gli stava diventando duro. Allora spinse e forza l’entrata facendo sfuggire un gridolino alla donna.
«Piano» soffiò lei irritata.
«Scusami» fece lui iniziando a possederla, forte delle dure sensazioni del suo pene ancora accompagnato dalla mano. Lo sentì indurire in quella vagina violata e solo allora mollò il proprio cazzo e prese saldamente in mano i fianchi della donna. Mario voleva toccarla là sotto e si chinò in avanti ma poi rinunciò perché non c’arriva. Voleva vederla godere, voleva vederla disposta a dargli tutto.
«Voglio che ti tocchi» le sussurrò, ma lo disse troppo piano e lei non sentì, o forse non voleva. Allora lui ripetè a voce più alta «voglio che tu ti masturbi.»
Bianca nemmeno sapeva perché si era comportata così quella sera, eppure obbedì ed iniziò a toccarsi, facendo sentire all’uomo gli scatti delle proprie dita sul pene che entrava in lei. Bianca non voleva pensare e allora si concentrò sulla propria fica, toccandosi con scatti sempre più nervosi e meccanici.
Mario sentì le dita di lei che gli sfioravano i testicoli, sentì che la donna iniziava a godere, si bagnava, e allora accelerò il suo ritmico va e vieni. Mario pensò che gli sarebbe piaciuto piacerebbe farsela a letto adesso, per poi sborrarle in bocca magari, che sarebbe stato magnifico sborrarle in bocca, facendole ingoiare tutta la sborra, come ad una puttana obbediente, come ad una zoccola. “Oh Bianca, piccola mia, voglio scoparti ancora” pensava, “voglio farti venire come nessun altro e poi sborrarti in bocca. Voglio che tu mi succhi il cazzo mentre io vengo e tu ti goda il mio sperma”.
«Mario...no...»
Mario la scopava con furia e pensava a quante volte aveva immaginato di scoparsi la cugina. Vorrebbe metterglielo fra i seni adesso, e venirle in bocca facendola venire.
«Basta Mario…Mario, no…basta!»
«Scusami…ma che c’è…non ti piace?»
Mario rimase con il cazzo diritto ed i pantaloni abbassati e pensò che stava proprio per venire.
«Scusami Bianca. Stavo per venire sai, …era più forte di me.»
Bianca si era spostata e cercava le sigarette nella borsetta abbandonata sul letto.
«Sì, certo Mario.»
Bianca fumava reggendosi un gomito con la mano libera, la gonna era scesa a coprirla e solo i capelli scompigliati ricordavano ciò che era accaduto. Con gli occhi fissava un angolo della camera, e aspettava solo che l’uomo se ne fosse andato per andare a farsi una doccia.
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