Una gita in montagna
di
Lucciola fra le mani
genere
etero
Il caratteristico profilo dello Sciliar faceva capolino dietro le cime degli abeti, la meta era ormai raggiunta: Castelrotto Alpe di Siusi, Bolzano.
Io e la mia amica/collega Maura ci siamo presi una pausa dal lavoro:
alcuni giorni di ferie da trascorrere qui, in Dolomiti. Aria buona e passeggiate.
Abbiamo prenotato un B&B molto carino e riservato nel centro storico.
Sistemati i bagagli facciamo due passi per le tortuose viuzze scattando qualche foto e cercando le cartoline giuste da spedire.
È ormai pomeriggio inoltrato, il tempo è variabile, perciò decidiamo di rientrare in camera e preparare il vestiario e l'attrezzatura per l'escursione del giorno dopo.
Maura però dà subito forfait; vuole acclimatarsi, soffre un po' d'insonnia e preferisce rimanere in paese almeno domani.
Pazienza, andrò da sola.
Il sole non è ancora sbucato da dietro le creste dei monti e un'atmosfera invernale aleggia sul paese. Lascio Maura sotto il piumone non senza un pizzico d'invidia e mi avvio.
La mia meta, il rifugio Zallinger.
Dieci minuti di strada poi parcheggio l'auto nei pressi di un impianto di risalita; un'occhiata alla cartina, caspita! Mi aspettano almeno tre o quattro ore di marcia quindi, forza!
Zaino in spalla e via.
La salita non è di quelle che ammazzano ma soffro un po' l'altezza; decido quindi di fermarmi alla prima malga che incontrerò.
Sull'Alpe i montanari e i pastori hanno costruito fienili in legno per i periodi in cui sono all'alpeggio con gli animali.
Faccio una sosta ristoratrice nei pressi di una di queste baracche.
Addento con appetito un panino allo speck, il sole è limpido, scalda e abbronza facilmente, appoggio la testa sullo zaino e chiudo gli occhi.
"Scusi signora, posso sedermi qui?"
"Prego, si accomodi pure. Anche lei allo Zallinger?" Chiedo.
"Ja! Si. È la seconda volta che vengo quassù. Molto bello!"
Sui quaranta, atletico, biondissimo, accento tedesco.
Dice di chiamarsi Rudolf e lavora all'ufficio del catasto di Bolzano, sposato ma in attesa di separazione.
È simpatico oltre che attraente, ma la cosa che lo rende particolare è la sua voce, profonda e calda. Proprio un bel tipo.
E così un quarto d'ora dopo decidiamo di proseguire il cammino insieme.
Scherziamo, sembriamo due vecchi amici. Ci stiamo simpatici.
Arriviamo sulla terrazza del rifugio che sono quasi le tredici, abbiamo una fame da lupo e ci facciamo portare subito una omelette con mirtilli con pane nero per me e per lui un abbondante taglierino di salumi locali, il tutto annaffiato con dell'ottima birra weiss.
Mi sento a mio agio ed entro un tantino nel confidenziale raccontando dei miei trascorsi con l'altro sesso, Rudolf non mi toglie gli occhi di dosso poi allunga una mano e prende la mia accarezzandola.
Sono turbata per il suo gesto e per la situazione che si è creata. Cavolo!
Non sono una santa, anzi; ma è ancora un perfetto sconosciuto anche se simpatico, forse ho bevuto troppo?
Mi sfilo dalla presa ma dolcemente.
Gli sorrido e lo invito comunque a riprendere insieme il cammino.
Siamo circa a metà del percorso di ritorno quando il cielo (come spesso accade in montagna) diventa improvvisamente scuro e minaccioso.
Rade ma grosse gocce di pioggia cominciano a cadere, indossiamo i K-Way e acceleriamo il passo ma ormai sta diluviando.
Poi dalla foschia appare qualcosa di scuro, dai contorni sfumati.
Si! È una baracca! Evviva!
La porta è chiusa ma nel retro si apre un vano adibito a stalla con mangiatoia annessa;
ci fiondiamo dentro, l'ambiente è piccolo, sporco ma asciutto.
A terra della paglia. Rudolf posato lo zaino e toltosi il K-Way riassetta la più asciutta; ora almeno abbiamo un giaciglio dove sistemarci aspettando che spiova.
Mi aiuta a togliermi lo zaino ma mi impaccio nel cercare di sfilarmi la mantella, lui allora mi solleva le braccia e in un attimo la cerata è tolta.
Ora ho il suo volto ad una spanna dal mio, ci fissiamo! Una carezza sul viso poi:
il bacio. Profondo, dolce come miele.
"Sei bellissima! Ti voglio!" Mi sciolgo.
La sua lingua guizza giocando con la mia mentre il suo braccio mi depone sulla paglia.
Lo osservo muta, inebriata, le sue mani armeggiano frettolose con i miei calzoncini, me li sfila insieme alle mutandine già bagnate, poi è la volta della maglietta; mi bacia ancora sulla bocca, mi solleva il reggiseno e le mie tette sbocciano come palloni nella sua bocca.
I capezzoli duri brillano di saliva.
Ora sono io che gioco con la patta rigonfia dei suoi pantaloni l'accarezzo mentre apro le chiusure in velcro. Il cazzo svetta verso il cielo, lo spompino a dovere per farglielo intostire ancora di più mentre le dita della sua mano mi frugano sapientemente tra i peli della spacca. Sento montare l'orgasmo, ritrae la mano bagnata e me la strofina sulle labbra.
Lecco avida il mio nettare.
Ormai sono preda di una famelica passione e Rudolf è come una divinità
vichinga; divarico le cosce piegando le ginocchia, lui gli si adagia in mezzo
succhiandomi avidamente i seni mentre il suo uccello sparisce risucchiato senza sforzo dalla mia vagina affamata.
Rimango senza fiato alcuni secondi poi sincronizzo il ritmo del bacino al suo andirivieni.
È una lunga chiavata ma i suoi sono colpi profondi che arrivano a lambire, con i coglioni,
i petali della mia fica; ogni mia fibra, sia cerebrale che muscolare è concentrata sul godimento di quel meraviglioso, unico punto che ho in mezzo alle cosce!
Ecco! Sento che sta per venire; come una contorsionista mi sgancio da quella posizione e glielo prendo in bocca per il gran finale.
Ma l'arnese e di dimensioni più che ragguardevoli e lui pompa come se mi fosse ancora in fica; cerco d'ingoiarne più che posso mentre con la lingua fuori cerco di lappargli i coglioni ma sto letteralmente affogando e visto che mi trattiene ancora per la nuca lo colpisco con i pugni per non soffocare.
Ma Rudolf è giunto al capolinea; un gemito, poi una, due, tre siringate di sborra calda mi riempiono la gola.
Finalmente ritrae l'uccello grondante saliva catarro e sperma così come la mia bocca aperta per mostrargli, prima d'ingoiarlo, tutto il succo della sua passione.
Ci ricomponiamo, fuori ha smesso di piovere.
Dice che vuol rivedermi, che per lui sono importante ma io non ne sono convinta.
Ha manifestato una durezza durante l'amplesso che pensavo non gli appartenesse e che mi ha disturbata.
Forse sarà stata anche colpa della velocità con cui si sono succeduti gli eventi, ma non me la sento di coinvolgermi in una storia "seria".
Ci rimane male ma non trascende.
Questa volta non scendiamo assieme, ci congediamo qui, con un abbraccio.
Lui incupito come il cielo; io seria ma comunque appagata.
Ho goduto, donando alla dea lussuria tutta me stessa, ma ho anche saputo dire di no a quelle che mi sono sembrate come promesse da marinaio.
Raggiungo Castelrotto nel tardo pomeriggio e ritrovo Maura tranquilla in giardino a leggere un libro.
"Allora com'è andata l'escursione. Cos'hai visto di bello?"
"Dentro me stessa!"
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