Tranello

di
genere
tradimenti

Con Nicola, pensavo non ci saremmo sentiti più. Era stata un’avventura estemporanea vissuta nella cornice di un convegno d’aggiornamento a Milano(vedi “tacco 10”). Una parentesi molto piccante, ma fugace, senza storia. Quel venerdì, quando ormai gli uffici dell’istituto si stavano svuotando per il week end, squillò il telefono. “Dottoressa Alice?”, riconobbi la voce di Nicola, ”Ciao, tutto bene?”. “Si, si, pensavo…., si potrebbe…., insomma, da lunedì, per qualche giorno sarò ospite di un mio amico, che abita vicino al tuo Istituto e, se vuoi, potremmo incontrarci.” “Non so, fammici pensare, però…., in fondo….dai ok, si può fare. Fammi organizzare la cosa. Ti richiamo domani”.
L’amico di Nicola, lavora, con compiti di factotum, in una bella tenuta agricola, di proprietà di certi nobili di Firenze, che solo raramente si fanno vedere. Al centro della tenuta sorge una bella villa. Sarebbe stata a nostra disposizione esclusiva per qualche ora. Lì, avremmo potuto passare un pomeriggio soli, soletti.
Ci si accorda, fin nei minimi dettagli per martedì.
Finalmente è giunto il giorno dell’appuntamento. Biancheria intima di Perla, acquistata per l’occasione, camicetta di seta bianca, gonna e sandaletti bassi, molto sexy; sono pronta.
Mi guardo allo specchio e mi compiaccio. Sono una bella quarantanovenne, che dimostra 10 anni di meno, senza il bisogno di plastiche e botulino.
E’ una bella giornata, calda, di Giugno. A mio marito, ho detto che farò tardi al lavoro per un impegno accademico.
Sono felice, eccitata e non ho rimorsi. Si tratta di nient’altro che un’evasione, che non cambia niente fra me e Max. Non c’entra con l’amore, è solo sesso, voglia di un’evasione per puro divertimento. Al lavoro sono proprio di buon umore ed efficiente. All’ingresso il portiere mi squadra. “Lei, dottoressa è sempre bella, ma oggi è uno schianto” . “Troppo buono” rispondo sorridendo.
Alle 16 esco e mi dirigo, in auto verso l’appuntamento. Tutti sanno che ho una riunione di lavoro in università, così la copertura è perfetta. Il pomeriggio è caldo, il cielo terso, le colline ricoperte dai filari di vite, ordinati, curati. Si fa un buon vino da queste parti.
Il viaggio di circa 20 minuti, mi porta al punto di randez vous con Nicola e, da lì, seguendolo per una strada bianca, che si inerpica serpeggiando sulla collina, giungo a una bella casa.
Entriamo dal cancello, che si apre automaticamente.
Parcheggiata l‘auto sotto un pergolato ombroso, mi vengono incontro Nicola e un altro uomo, di media statura, tarchiato, abbronzato, dell’età apparente di 40 anni. Ha labbra carnose, sensuali. E’ vestito da lavoro, dalla camicia semiaperta spunta un petto villoso. Avvicinandomi, noto che emana un forte afrore. Facciamo le presentazioni e così conosco Franco. Trasuda, una carica sessuale palpabile. La villa sembra deserta, eccetto noi tre .
Alcune cose mi sfuggono: non capisco la presenza dell’altro uomo e l’atteggiamento cambiato, di Nicola, freddo e scostante.
Sotto un portico beviamo un buon prosecco e mangiamo qualcosa. Comincio a tranquillizzarmi. Però l’atmosfera è stranamente elettrica. Parliamo del più e del meno, ma la conversazione viene da loro abilmente diretta, su argomenti di sesso, di donne sposate che cercano avventure. Mi sento chiamata in causa, ma glisso. Mi chiedono anche di mio marito, ridendo maliziosamente. Io, sorrido, imbarazzata. Capisco, sempre più inquieta, che del mio corpo, non godrà solo Nicola, ma, non so come uscirne fuori. Provo ad alzarmi e dico che devo andare, che si è fatto tardi. Mi rispondono che non è più possibile, e mi costringono a rimanere seduta. Mi colpisce l’atteggiamento di Nicola, ora non ho più dubbi, per nulla romantico, ma strafottente, arrogante Sono turbata, ma ecco che subentra la rassegnazione, che sfocia in eccitazione. Una sorta di attrazione della vittima per il suo carnefice. Insomma la sindrome di Stoccolma. La mia camicetta di seta bianca contiene a stento le mie belle mammelle, tanto che, i bottoni sembrano sul punto di schizzare via, e i capezzoli turgidi si disegnano in rilievo, sulla stoffa leggera.
I due uomini, mi guardano il seno, ridacchiando fra loro.
Comincio a sudare e la camicetta si bagna sotto le ascelle.
Percepisco l’odore del mio sudore, acre per la tensione.
Sono oggetto di attenzione anche le mie gambe abbronzate e i piedi, stretti nei sandali. Sento il cuore che batte più veloce e il respiro diventa affannoso e si trasmette ai seni che si innalzano e abbassano. Ormai i due sono sulla preda, e non ho scampo. Si avvicinano a me. Mi investono con la loro libidinosa voglia. Mi palpeggiano le tette da sopra la camicetta e mi baciano la bocca, il collo, i piedi. Mi sto eccitando sempre più, mio malgrado. La figa è umida e temo di bagnare la gonna. Sono rigida, da principio. Franco mi passa le mani fra le cosce fino a sentire le mutandine bagnate di umori. Ne aspira il profumo dalle sue dita, assorto, inebriato. L’uomo, sa che sono cotta a puntino, vittima sacrificale, pronta per essere immolata sull’ara del sesso. Sento che sto cedendo.
Franco e Nicola decisamente mi spingono, attraverso una stretta scala di pietra, al piano superiore, fino ad una stanza, pavimentata con un parquet a spina di pesce, arredata con un letto in ferro battuto, un po’ demodé, un comodino di legno, nulla di più. C’è odore di antico, ma non sgradevole.
Le persiane sono accostate, e il sole del caldo pomeriggio filtra fra le stecche. Il pulviscolo danza indifferente. Sudo, e non tanto per il caldo.
“Ora fai quello che ti diciamo, senza storie. Urla pure, se credi”, mi dice Nicola, “questo posto è isolato, e nessuno potrà sentirti . Ma penso, che troia come sei, alla fine ti piacerà il trattamento.” Sto cominciando a gustare di essere in loro potere.
Mi ordinano, con un tono che non ammette repliche, di spogliarmi in corrispondenza delle lame di luce, che filtrano dalle persiane. Loro mi guardano. Franco, in particolare, mi valuta, lanciando segni di assenso a Nicola.
Mi toccano le grosse tette naturali, mi fanno assumere alcune posizioni, per mettere in evidenza parti del mio corpo. Si compiacciono per il mio bel vello pubico. Mi sento un oggetto, ma mi piace nonostante tutto. Mi sto eccitando sempre di più. All’improvviso Franco mi afferra da dietro e mi immobilizza. E’ fortissimo ed è inutile resistere. Mi spavento quando i due mi legano al letto, gambe e braccia divaricate. Franco indugia, mi osserva minuziosamente ogni particolare del mio corpo. Escono dalla stanza.
Mi lasciano così, per 20 minuti, circondata dal silenzio della campagna, con il risultato di accrescere la mia umiliazione e inquietudine. So di essermi messa in un guaio molto grosso. Vorrei chiamare aiuto, ma è inutile.
Rientrano in stanza. Le prime parole che pronunciano, non aumentano di certo il mio ottimismo. Mi vien da piangere.
“Ora sei nostra, e soddisfaremo tutte, proprio tutte, le nostre voglie”, ghigna Franco. “Puoi strillare a tuo piacimento, le tue grida non faranno che aumentare il nostro godimento”. Sono in balia di quei due maschi infoiati, e non so cosa decideranno di fare di me.
“Cosa volete da me?”, imploro.
“Lo vedrai, cara la mia bellissimaAlice”. “A proposito”, mi dice Nicola, “l’averti scopato al congresso mi ha reso famoso fra i miei colleghi ”. Le foto scattate all’evento, hanno messo in evidenza che bella preda calda, sei stata. Ho raccontato di quella notte, di come ti sei comportata. Ho dovuto soddisfare la morbosa curiosità dei colleghi, raccontando i minimi particolari, perfino le tue parole, mentre raggiungevi l’orgasmo. Ora tutti ti conoscono per quella puttana che sei ”. Nicola mi dice questo per umiliarmi e accrescere il suo dominio.
Franco comincia a leccarmi la figa già molto umida e odorosa. “Ce l’hai bagnata fradicia, si vede che gradisci la situazione”. Mi succhia e beve tutti gli umori vaginali, giocando col mio clitoride, con la sua lingua vivace.
Franco si spoglia. È molto villoso, un bel fisico, ma soprattutto esibisce un cazzo maestoso, ancora più grande di quello di Nicola. “Lavoramelo bene”. Me lo appoggia al viso, ed io lo lecco dalla base al glande; me lo spinge in bocca, ma ho difficoltà a contenerlo, viste le dimensioni. Lui, ride: ”Attenta a non soffocare”. Poi Franco inizia a chiavarmi con il suo grande membro incordonito. Un vero palo di carne! Mi penetra potente e sembra esplodermi dentro da quanto è grosso; Nicola nel frattempo mi ha ficcato in bocca il suo pene che succhio e lecco. Poi è il turno di Nicola a scoparmi, mentre Franco mi titilla il clitoride e mi succhia i capezzoli. Urlo di piacere al raggiungimento dell’orgasmo. Forse adesso che sono soddisfatti , mi consentiranno di andarmene.
“Adesso basta, ragazzi, vi prego, ora liberatemi devo andare”. Imploro:“ Mi fate paura; Nicola, almeno tu! Ti supplico!”
“Zitta, zoccola.“ Dice cattivo, e con un ghigno mi strizza un capezzolo, facendomi strillare. Ho paura, sono umiliata ma sento irrazionalmente, una forte eccitazione. “ Sei ansiosa di tornare dal tuo maritino cornuto? Ma se tu non fossi una porcellina, mica saresti venuta qui. Hai goduto e ce ne siamo accorti, ma per noi è stato solo un assaggio. Ci stiamo solo riposando un po’; temi, cara la nostra troietta, che abbiamo già finito, hai paura di essertela cavata con una spanciata di figa e non sei appagata?” Mi strizza il monte di Venere, mi fa male e imploro:”Basta, finitela.”
“Non temere: è solo l’inizio, abbiamo ancora i coglioni gonfi e il contenuto è tutto per te, inoltre il tuo culo non lo abbiamo ancora sfondato”, aggiunge con grande volgarità Franco. “Vi prego, non sodomizzatemi, mi farete male, ho paura”. Ridono. “ Non c’è passato ancora nessuno, no?Siamo felici di essere i primi a prendere possesso di questo territorio vergine. Vedrai che ti piacerà. Poi, sotto sotto, ne hai una gran voglia. Fai la santarellina ma penso che tu sia la più troia che io abbia mai incontrato, e ne ho incontrate tante.” Cercano in tutti i modi si scegliere accuratamente le parole per esprimere la loro superiorità. Sghignazzano. Ora sono prona , con i quattro arti divaricati e legati: non posso oppormi. Mi considerano esclusivamente una schiava sessuale, l’oggetto del loro piacere. Mi lubrificano l’ano dapprima con la lingua che si insinua profondamente nel mio buchetto fino ad allora inviolato. Sento dei brividi che mi scorrono lungo il dorso. Introducono un dito, due dita. Umettano con la saliva. Allargano lo sfintere anale che fa resistenza, ma poi cede lentamente e si arrende alla imminente penetrazione. Un gel lubrificante mi viene spinto dall’esterno all’interno della cavità rettale. “Stai per prenderlo in culo finalmente." Queste parole sono il preludio alla mia deflorazione anale e trepido nell’attesa. Le strette pareti dell’orifizio si aprono sotto i colpi violenti e ritmici e avverto dolore e fastidio nonostante l’accurata lubrificazione, urlo e gli occhi si riempiono di lacrime di sofferenza. Poi cresce, divenendo prevalente il piacere per quel rapporto inedito che ho sempre considerato illecito, immorale, e questo sentimento alimenta il mio godimento che esplode alla contemporanea penetrazione vaginale e mi invade, come una marea, con un crescendo esaltante. Schiacciata fra quei due corpi sudati da cui sono posseduta, esclamo: “Come godo, sono infuocata, continuate così, è molto bello, stupendo!” Mi agito tutta, ma le corde vincolano i miei movimenti. L’estasi raggiunta mi disinibisce totalmente facendomi persino dimenticare la situazione in cui mi trovo. Raggiungono a loro volta, prima l’uno e poi l’altro, l’orgasmo, lanciando grida strozzate, inondano i miei due orifizi con il loro sperma caldo, di cui mi sento riempita. Estraggono i loro membri e sento lo sperma defluire all’esterno gocciolando. L’atto finale a cui sono sottoposta è la pulizia dei due cazzi, dai residui di sperma. Con fare autoritario: “Puliscili bene, non sprecare neppure una goccia, eh?” Lecco e ingoio ubbidiente. Ormai terminato l’orgasmo mi sento spossata, umiliata e prostrata. Finita l’eccitazione, di nuovo, si fa strada la paura. I due confabulano fra loro. Temo le loro decisioni, il cuore batte all’impazzata.
Finalmente con mio sollievo, vengo liberata.
Mi rivesto e scendiamo al piano inferiore. Ho una reazione nervosa, e comincio a piangere.
Franco, pur con i suoi modi rozzi, cerca di calmarmi e di giustificarsi. “Non avrai creduto che ti volessimo fare veramente del male? Era tutta una messa in scena, creata per farti vivere un’emozione indimenticabile”. Mi sussurra mellifluo: “Non ce l’avrai con noi? In fondo hai scelto di trasgredire consapevolmente; noi abbiamo aggiunto solo una variante pepata. Sei stata molto brava, disinibita e ci hai dato grande piacere con il tuo bel corpo. Tu stessa ti sei divertita moltissimo per ciò che mai avevi provato, e non puoi negarlo. E’ un segreto che è bene per tutti, rimanga fra di noi. Non credo che ti convenga pubblicizzarlo. Credo, anzi, che ti piacerà rivederci.”
Nicola è ritornato ad essere premuroso, ha un atteggiamento quasi deferente.“ Non è vero che ho descritto ai miei colleghi i particolari scabrosi del nostro precedente incontro, ma solo ho raccontato, di aver fatto l’amore con una donna straordinariamente sexy. Dirti quelle cose faceva parte del gioco.”
Riprendo il controllo di me. Sono però molto irritata soprattutto con Nicola, per il tranello tesomi.
Rispondo che si (ero anche scossa e spaventata per l’accaduto, e temevo che un mio diniego potesse nuocermi), che ci saremmo rivisti. Ma penso esattamente il contrario. Sono così impaziente di uscire che rinuncio alla doccia per lavarmi dal sudore e dallo sperma che ho addosso. Temo che vedendomi nuda sotto la doccia ci ripensino e ricomincino da capo. Finalmente torno a casa. Mentre salgo in macchina, con la coda dell’occhio vedo la loro espressione soddisfatta. Attendo ansiosa che il cancello si apra e poi via. Penso che questa esperienza, anche se a tratti inquietante, sia stata comunque indimenticabile per le emozioni, il gusto del proibito e il grande godimento sessuale. Ora che son più tranquilla e al sicuro, considero meritevole averla vissuta.
Arrivata a casa alle 7 del pomeriggio, Max mi chiede della giornata trascorsa. “Le solite cose”, rispondo.
“Curioso, hai una faccia così strana…”
“No non c’è nulla, davvero.”
”Ok ceniamo, e poi ….“
“No, ti prego, sono un po’ stanca, stasera proprio no. Ho bisogno anzi, di fare subito una bella doccia.“ Ne avevo avuto abbastanza di sesso per oggi e oltre tutto, sarebbe stato imbarazzante se Max mi avesse trovato addosso i residui di quegli amplessi infuocati. Dopo cena mi corico per un sonno ristoratore, senza rimorsi né vergogna.
di
scritto il
2016-01-08
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