Davis è tornato

di
genere
pulp

- Mamma! -
Trasalì e si voltò lentamente. Ero arrivato in silenzio mentre lei stava lavorando in giardino. Mi guardò e sembrava che stesse vedendo un fantasma. Era comprensibile, dopo dodici anni.
- Mamma, perdonami se non ho dato più mie notizie, ho saputo che papà è morto, mi dispiace tanto. -
Lei posò le cesoie, si tolse i guanti, si sfiorò i capelli grigi con una mano, mentre l'altra se la mise sul cuore.
- Davis...sei tu, sei proprio tu ? -
- Sì, sono io -
- Quanti anni hai adesso ? -
- Ventotto mamma, compiuti dieci giorni fa mentre fra pochi giorni tu ne fai sessanta. -
- Questo è il tuo regalo, allora...Andiamo in casa, ci vuole una bella tazza di tè. -
Mi precedette in casa, preparò il tè, mi fece sedere dopo avermi fatto posare il borsone che costituiva tutto il mio bagaglio. Per due ore le raccontai tutto quello che mi era successo in dodici anni. Mi ascoltò in silenzio.
- Non mi dici nulla, mamma ? Mi hai perdonato ? Non mi hai abbracciato o dato un bacio... -
- Hai ragione, sono così sconvolta, incredula...Ti dispiace se per qualche giorno ce ne stiamo fra di noi, senza dire nulla a nessuno ? Qualcuno ti ha visto quando sei arrivato in città ? -
- Nessuno. Hai ragione, è il caso di starcene in disparte. -
- Abbiamo ancora tante cose da dirci. Vai di sopra, la tua stanza è come l'hai lasciata, vai a fare una bella doccia. -
Presi il borsone, salii le scale: non potevo sbagliare, l'ultima stanza a sinistra. Entrai nella tipica camera di un adolescente, su una parete c'erano strani disegni di soggetto sacro, in uno un ragazzo veniva crocifisso con i jeans addosso. Sembrava che l'impatto fosse stato positivo ma nessuno poteva garantirmi che la vecchia in quel momento non stesse chiamando la polizia. Sapevo quello che rischiavo, la galera non mi spaventava, ne avevo passate di peggio. Trovai il bagno, mi infilai sotto la doccia e provai un grande sollievo. Chiusi gli occhi e sentii il getto dell'acqua che mi colpiva sul petto e si spandeva su tutto il corpo. Quandi li aprii, il telo della doccia era aperto e mia madre mi guardava.
- Mamma, ma cosa fai ? -
- Ti guardo, dopo tanto tempo...Ti vergogni ? Non ricordi quando facevamo la doccia insieme ? -
Allungò una mano e mi accarezzò fra le gambe. Ero stranito, chiusi la doccia e lei mi avvolse in un accappatoio, stringendomi fra le braccia.
- Oh Davis, come mi sei mancato. Baciami. -
Fui costretto a baciarla sulla bocca mentre lei continuava le sue manipolazioni che, mio malgrado, cominciavano a fare effetto. Si abbassò e cominciò a baciarmelo piano, poi a farmi dei succhiotti sulla punta.
Andammo nella sua stanza e qui mi cavalcò furiosamente lanciando grida di piacere. Ebbe un orgasmo incredibile. Una variante che non avevo previsto.
Non era la prima volta che andavo a letto con una donna anziana. Nella vita mi sono venduto indistintamente a uomini e donne. Ho aspettato clienti nelle aree di sosta dei camionisti, vendendo il culo e facendo pompini, ricevendo spesso in cambio cazzotti sul naso e calci nelle palle. Ho esibito il mio corpo sulle spiagge della Florida, adocchiando vecchie vedove o divorziate disposte a concedersi il regalo di un ragazzo. Finché tre mesi prima mi era capitato fra le mani un articolo di settimanale che parlava di ragazzi scomparsi nel nulla. C'era la foto di Davis Goldman, scomparso a sedici anni, con la rielaborazione computerizzata di come avrebbe dovuto essere dopo dodici anni. Il Davis sedicenne assomigliava molto a come ero a quell'età ma la rielabolazione era stupefacente. Ero io, due gocce d'acqua. Mi procurai tutto ciò che era stato scritto su Davis Goldman. Era cresciuto in una famiglia poverissima, il tribunale lo aveva tolto ai genitori e lo aveva dichiarato adottabile. All'età di nove anni era stato adottato dai facoltosi coniugi Goldman. Davis era stato un bambino affettuoso e affezionato ai genitori adottivi, poi qualcosa era andato storto, aveva iniziato a frequentare compagnie equivoche, a fare uso di droghe. E un mattino a sedici anni era uscito per andare a scuola ma a scuola non c'era mai arrivato. Si era portato via alcune migliaia di dollari presi dalla cassaforte del padre. Non se ne era saputo più nulla. Il progettò si formò lento nel mio cervello. Non avevo nulla da perdere. Imparai a memoria tutta la vita di Davis Goldman, almeno quello che era stato pubblicato dai giornali. E decisi di tentare il colpo: un vero azzardo, ma tutta la mia vita era stata un azzardo. Avevo il vantaggio di eludere qualsiasi controllo del DNA, visto che Davis era figlio adottivo, ma c'erano mille particolari della sua vita che solo la madre, morto ormai il padre due anni prima, poteva conoscere e chiedermene conto. Sapevo che Davis era stato operato di appendicite come me ma poteva avere sul corpo cicatrici o nei che a me mancavano. A dirla tutta avevo forse una chance su dieci di farcela ma avrei tentato anche se ne avessi avuta una su cento. Mi era sempre andata male e stavolta forse mi sarei ritrovato in mano il poker vincente. Quella variante però non l'avevo prevista: Davis aveva avuto rapporti incestuosi con la madre adottiva. Mi fermai a riflettere e pensai di poter girare a mio vantaggio la novità. Una vecchia sessantenne in calore era un soggetto ricattabile e se si fosse accorta che non ero Davis potevo ribattere che ormai sapevo troppe cose su di lei. In fondo era stato un colpo di fortuna fare quella scoperta.
Nei due giorni successivi la vecchia troia porca mi portò allo sfinimento. Non si accontentava mai, sembrava voler compensare gli anni di astinenza con una maratona sessuale. Mi faceva dormire con lei e la prima sera mi tolse i boxer che costituivano il mio unico indumento dicendo che non servivano: mi voleva pronto per l'uso in qualunque momento. Conobbi posizioni sessuali di cui non sospettavo nemmeno l'esistenza eppure non ero certo cresciuto in convento. Quando andavo a fare pipì mi chiudevo a chiave temendo che irrompesse e approfittasse dell'occasione. Pensai che Davis fosse scappato via per sottrarsi a quella schifosa ninfomane pervertita e non potevo certo biasimarlo.
- Oh Davis, fai un altro regalo alla tua mammina. -
Me ne sarei scappato il prima possibile. Il progetto era di farmi intestare o cointestare un conto corrente o di venire in possesso in qualche modo di una buona somma e fuggire lontano, magari in qualche isola dei Caraibi. Se potevo avere avuto qualche minimo scrupolo a ingannare una madre che aveva perso il figlio ora la troiona me lo aveva tolto. - State lontano da Satana - tuonava dal pulpito il pastore nella chiesa che frequentavo da bambino. Io ne ero rimasto lontano ma era lui che mi aveva cercato.
La mattina del terzo giorno mi alzai spossato dopo un'altra notte di infinite richieste erotiche della vecchia. La trovai in cucina, beveva una tazza di caffè, tutta pensierosa. Si riscosse, mi preparò la colazione, poi si mise a guardarmi mentre mangiavo.
- Domani torna la signora Foster. - disse.
- Chi è ? -
- La donna che mi aiuta in casa. - rispose.
- Ma noi non abbiamo mai avuto persone di servizio. -
- Sì, ma allora badavo facilmente a tutto, ora ho bisogno di aiuto. La signora Foster ha avuto l'influenza ma poco fa ha telefonato che sta meglio e domani torna. -
- Così tutti sapranno che sono tornato. -
- Sì, tutti sapranno. -
- Bisognerà avvertire anche la polizia, verranno i giornalisti, le tivù, se solo potessimo evitare tanta pubblicità...-
- Faremo il possibile, tesoro, poi ce ne andremo in vacanza tu ed io, dove vorrai tu: Las Vegas, la Florida, il Messico. Ora non te ne andrai più, vero? -
- No, non ti lascerò più. - Fottiti, pensai, dovrai adottarti un altro ragazzino per scopare.
- Davis, facciamolo qui, in cucina. -
- Ma mamma...io sono un pò stanco. -
- Non importa, mi accontento di baciarti tutto il corpo, non devi fare nulla. -
Se qualcuno avesse dato uno sguardo a quella cucina avrebbe visto un giovane che faceva colazione e un'anziana signora che sotto il tavolo affondava la testa fra le sue gambe.
Era il tardo pomeriggio. Avevo un gran mal di capo e pensai con piacere che la presenza della signora Foster l'indomani avrebbe limitato alla sera e alla notte le richieste erotiche della troiona. La raggiunsi in soggiorno, sferruzzava non so cosa (lavorare ai ferri era la sua occupazione preferita dopo scopare). Mi disse che avevo il viso stanco (come se non ne conoscesse il motivo) e mi offrì una tazza di té. Ho sempre odiato il tè e negli ultimi tre giorni ne avevo bevuto una quantità industriale. Dopo alcuni minuti me ne portò una tazza.
- E' troppo dolce? - mi chiese.
- Un pò. -
- Vedi Davis, volevo raccontarti di come eravamo felici il giorno che ti portammo con noi dall'orfanotrofio. Tu ti stringevi a me come un cucciolo! Non avevamo potuto avere figli, tuo padre era rimasto impotente dopo le torture subite dai vietcong, laggiù in Asia. Io lo amavo ma ero una donna giovane, con i suoi appetiti. Era lui a scegliermi gli amanti, poi si eccitava a spiarmi mentre lo facevo con loro. Poi un giorno decidemmo di adottare un bambino e tu entrasti nella nostra vita. Per tre anni, Davis, siamo stati una famiglia felice. Hai avuto tutto l'affetto di veri genitori, io ero tutta presa da te e non sentivo più il bisogno di amanti e anche tuo padre sembrava diverso. Ma un giorno mi disse che provava di nuovo il desiderio di vedermi scopare con qualcuno. Io gli dissi che non volevo più, ora avevo te di cui occuparmi. Gli si illuminarono gli occhi. - Hai ragione, - disse. - è inutile, ora abbiamo un ragazzo in casa. - Ti giuro, Davis, lo supplicai di rinunciare a un'idea così aberrante, tu eri davvero un figlio per me ed eri ancora così piccolo. Piansi, gridai, mi opposi con tutte le forze ma quell'uomo riusciva sempre a farmi fare quello che voleva, aveva un potere su di me a cui non mi sono mai ribellata. Ricordo il tuo sguardo smarrito quando mi vedesti nuda per la prima volta e ti dissi che quel giorno avremmo fatto la doccia insieme. Tuo padre ci spiava dietro la porta socchiusa del bagno. Ah Davis, mi credi se ti dico che mai nessun uomo mi ha dato il piacere che, mio malgrado, provavo sempre più quando la notte mi infilavo nel tuo letto? E ben presto cominciammo a farlo anche quando lui era fuori casa e io mi sentivo più libera senza sentire il peso dei suoi occhi su di me. Tu eri stato un ragazzino allegro e affettuoso, ti trasformasti in un ragazzo cupo e taciturno. Gli insegnanti non sapevano spiegarsi una simile metamorfosi. Te ne stavi chiuso per giornate intere nella tua stanza a fare quei disegni che ancora sono lì appesi. Non ti lamentavi mai, non ti ribellavi mai quando venivo nella tua stanza e dal mio sguardo capivi che dovevi cominciare a spogliarti. Non ti ribellavi quando tuo padre riprendeva i nostri amplessi o faceva fotografie; ho distrutto tutto, ho conservato solo una foto in cui siamo nudi e io ti bacio su una guancia mentre i tuoi occhi sono rivolti verso il basso e il giovane sesso si alza forse contro la tua volontà. Cominciasti a fumare spinelli, a usare droghe più pesanti. Io vedevo che affondavi e dissi a tuo padre che ti stavamo uccidendo, che dovevamo finirla. Lui rispondeva di sì, ancora solo pochi giorni, ancora due o tre volte, ancora solo una settimana... Finchè quella sera per la prima volta esplodesti. Iniziasti a gridare, dicesti che tutti avrebbero saputo che eravamo due pervertiti, che avresti raccontato quello che succedeva in questa casa. Davis, potevamo permetterlo, secondo te? Noi, così stimati, due pilastri della società, membri autorevoli della comunità...Tuo padre ti diede due schiaffi, era la prima volta che ti metteva le mani addosso, tu uscisti di casa dicendo che andavi dallo sceriffo...Tuo padre ti rincorse, vide la vanga in giardino, la prese e ti colpì in testa. Voleva davvero ucciderti? Non lo so ma moristi sul colpo. Piansi disperata ma tuo padre mi convinse che dovevamo far sparire il cadavere. Sotto la rimessa c'è un piccolo locale segreto, una specie di cantina di cui solo io e lui conoscevamo l'esistenza. Mettemmo il tuo corpo in un telo di plastica, io ti diedi un ultimo bacio, e poi lo avvolgemmo in un sacco a pelo. La sera dopo denunciammo la tua scomparsa ma da dodici anni Davis riposi lì, sotto la rimessa. E da stasera non sarai più solo. -
- Che...che cosa mi hai messo nel tè ? -
- Non aver paura, non proverai nessun dolore. Ti farà solo addormentare. Mi aspetta una serata faticosa, stavolta sono sola a dover lavorare. -
Altro che poker vincente, fin dall'inizio aveva letto il mio bluff.
Chiusi gli occhi per sempre.
scritto il
2017-08-08
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